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           MEDIOEVO TEMPLARE

    a cura di Vito Ricci


 

a cura di Vito Ricci

N.B.: In questa pagina ci si limita a segnalare opere, articoli ed eventi, al fine di contribuire a discutere sulle tematiche legate al mondo dei Templari e ai fenomeni storici che interessarono i secoli XII-XIV. Ciò non implica, necessariamente, che il curatore condivida quanto segnalato.


  1) Conferenza a Trani - 2) Eresia e terrorismo nell'Europa centrale - 3) Dopo la crociata il Catarismo diventa clandestino - 4) Dossier: I Nuovi Templari - 5) Puglia e Islam. Le civiltà a confronto - 6) La convivenza tra etnie differenti


     

Conferenza su "I Templari - Storia e leggenda"
Domenica 3 luglio, presso l'Auditorium della chiesa di San Luigi, Piazza Lambert (Trani)

è stata programmata, nel quadro delle attività culturali dell'Associazione "Obiettivo Trani", dal Centro Studi Templari "San Bernardo di Clairvaux" di Trani e della Società di Storia Patria per la Puglia Sez. di Trani, la conferenza: "I Templari - Storia e Leggenda".

Il Relatore è il prof. Paolo Lopane. L'occasione sarà propizia per la presentazione del volume, scritto
dallo stesso relatore della serata. La Conferenza si terrà il 03 luglio 2005 alle ore 19.30, presso l'Auditorium della Chiesa di San Luigi, Piazza Lambert in Trani. L'introduzione-relazione della Conferenza, su "La Genesi degli Ordini Monastico Cavallereschi di Terrasanta", sarà curata dal dott. Pietro Vitale, Tenente com. (cdo.) Corpo Militare E.I. Ass. dei Cavalieri Italiani del Sovrano Ordine Militare di Malta.


Mirko Pazienza, Eresia e terrorismo nell'Europa medievale

da www.barisera.it e dal quotidiano «BariSera» dell'8 giugno 2005

    

«... abbiamo visto come fenomeni di natura terroristica, non siano caratteristici soltanto della modernità, ma  sono presenti anche nel passato, soprattutto durante periodi di  crisi. Il movimento religioso manicheo del Bogomilismo, sorto e  radicatosi negli ambienti di frontiera tra Bulgaria e impero di  Romània nella prima metà del X secolo, come reazione alla politica  di cristianizzazione promossa dai sovrani bulgari, nei secoli XI- XII, conobbe un'intensa attività missionaria sia nella stessa Romània, dove fu combattuto con la repressione politica e con il  sorgere di centri monastici ortodossi, e sia in Occidente.

Le crociate e le attività commerciali delle repubbliche marinare, portarono infatti alla diffusione in Occidente della dottrina bogomila, come anche dalla Dalmazia (che nei secoli XII-XIV fu una delle "centrali" bogomile), a sua volta raggiunta da missionari provenienti dalla Macedonia attraverso la Serbia (dove i Bogomili sono noti come Babuni). Ricordiamo che caratteristica del Bogomilismo era il dualismo tra il Dio del Bene, entità puramente spirituale di cui Gesù era un'emanazione (l'Incarnazione e la crocifissione e la Resurrezione erano considerate simboliche), e il Dio del male, creatore della materia, il quale aveva imprigionato  parti della Luce-Dio, creando il mondo. Questa visione radicalmente pessimistica dell'uomo traeva origine dal mistero devastante del male, da cui ci si poteva liberare soltanto lasciandosi morire.

In realtà non tutti i bogomili arrivavano a conclusioni così estreme, ma soltanto i membri del loro clero, i cosiddetti Perfetti, i quali condannavano anche l'alimentazione con cibi di derivazione animale, come la carne, il latte e i suoi derivati, le uova. Inoltre era condannato il matrimonio, considerato il più grave peccato, in quanto attraverso la nascita di nuove vite prolungava il male. Nei fatti i Perfetti non potendo imporre a tutti la castità, predicavano per i loro fedeli una sessualità non feconda, col risultato di favorire la rottura del vincolo matrimoniale. Per cui un movimemto ascetico e puritano che condannava le Chiese Ortodossa e Cattolica di immoralità finì per diventare esso stesso causa di un'immoralità ancor peggiore.

La diffusione del Bogomilismo in Occidente, dove è conosciuto come Catarismo (dal greco khataros che significa puro), ebbe quindi degli effetti devastanti e rischiò di annientare il Cristianesimo, soprattutto nell'area tra i Pirenei e le Alpi, e cioè Linguadoca e Provenza, nella Lombardia (allora sinonimo di gran parte dell'Italia settentrionale) e in parti della Toscana e del Ducato di Spoleto (Umbria), dove questo movimento conquistò vasti strati della popolazione nei secoli XII-XIII.

Perché fu possibile la diffusione di questo messaggio di morte? La risposta varia a seconda delle situazioni. In Linguadoca e Provenza il Catarismo attecchì su  società "boccaccesche" i cui poeti e cantastorie (i trovatori),  esaltavano l'amore libertino. Queste terre inoltre non sopportavano la crescente autorità del settentrionale re di Francia di cui erano vassalle, ma in cui non si riconoscevano in quanto parlavano una lingua diversa dal francese, il provenzale (lingua d'Oc appunto), ed erano più colti e raffinati dei francesi. Diverso è il discorso per l'Italia centro-settentrionale. Qui nell'XI secolo la società feudale era stata attraversata da un profondo movimento di rinnovamento spirituale cattolico, quello dei Patarini (straccivendoli dall'antico milanese), movimento a carattere popolare che accompagnandosi alla nascita dei comuni e alla ripresa dei commerci, aveva supportato il clero monastico cluniacense e il Papato nella lotta contro il clero coniugato e i vescovi feudatari, considerati servitori più del potere che di Cristo.

Alla fine dell'XI secolo però la Chiesa, avendo imposto il celibato ecclesiastico e rafforzato la sua autorità sui vescovi, aveva terminato la lotta, scontentando l'ala più intransigente del movimento patarino, una parte del quale finì per cadere sotto l'influenza del Catarismo, di cui occorrerà parlare ancora...».

PER SAPERNE DI PIù: MEDIOEVO ERETICALE, a cura di Andrea Moneti


Mirko Pazienza, Dopo la crociata il Catarismo diventa clandestino

da www.barisera.it e dal quotidiano «BariSera» del 22 giugno 2005

    

«La pace del 1229 al termine della lunga crociata durata vent'anni, proclamata da papa Innocenzo III (1198-1216), aveva distrutto il braccio politico-militare del Catarismo, ma non lo stesso Catarismo che era entrato in clandestinità. La crociata, proclamata dopo l'ennesimo atto di terrorismo cataro, che da decenni ormai insanguinava il paese tra i Pirenei e le Alpi, e condotta con atti di efferatezza da entrambe le parti, non aveva fatto altro che rafforzare odii e rancori e non bastava certo un'azione di pura repressione politico-militare a porre da sola le basi per una riconquista cattolica di queste terre.

Molti Catari infatti si rifugiarono in Lombardia, rafforzandovi le comunità catare locali, le quali in certi casi riuscirono a conquistare le classi dirigenti di alcuni comuni, soprattutto quelli di orientamento ghibellino, favorevoli cioè al Sacro Romano Imperatore, supremo sovrano dell'Italia centro-settentrionale e in lotta col papa per la supremazia sulla Cristianità. Per cui il Papa dovette cercare altre strade per la rievangelizzazione, come l'istituzione dell'Inquisizione e l'appoggio ai nuovi ordini religiosi mendicanti dei Domenicani e Francescani.

L'Inquisizione, oggetto di leggende nere e calunnie in tanta letteratura e cinematografia, era in realtà un tribunale, conforme ai tempi e previsto dal diritto romano e da quello ecclesiastico, incaricato di reprimere le eresie, che nel mondo medievale erano equiparate al terrorismo, in quanto negando l'Ortodossia religiosa condannavano all'Inferno chi vi aderiva. Gli eretici inoltre finivano per entrare in contrasto anche col potere politico, in quanto Stato e Chiesa erano intimamente legati. Già alla fine del XII, preoccupato per il dilagare del Catarismo e pressato dai sovrani, il papa aveva affidato ai vescovi l'incarico di cercare gli eretici e di riportarli al Cattolicesimo, ma i vescovi non si erano dimostrati all'altezza del compito, in quanto spesso legati, soprattutto in Linguadoca all'aristocrazia catara da legami familiari. Per cui, dopo la crociata, papa Gregorio IX (1227-1241), istituì un tribunale unificato, affidato ai Domenicani, a cui si affiancarono i Francescani, per combattere l'eresia. Inquisitori quindi, estranei all'ambiente in cui operavano, e per questo spesso visti con ostilità a cominciare dai vescovi, che però ebbero spesso la funzione di moderare gli eccessi degli inquisitori. 

Gli inizi dell'inquisizione, infatti, furono caratterizzati da un rigore eccessivo di parecchi inquisitori, alcuni dei quali finirono assassinati e altri come Roberto il Bulgaro (detto così perché era stato cataro, e il Catarismo come vedemmo era nato in Bulgaria), addirittura deposti e incarcerati per ordine del Papa stesso. Il quale di fronte a questi eccessi, apportò delle correzioni alle procedure inquisitoriali, che conformi allo spirito dei tempi, prevedevano il ricorso alla tortura per ottenere confessioni nei casi di maggiore "ostinazione", e il rogo per i recidivi. Bisogna aggiungere che queste procedure repressive erano comuni nell'epoca anche nei paesi ortodossi e musulmani, in quanto l'eresia era sinonimo di terrorismo. Tuttavia i fini della Chiesa erano differenti da quelli del potere, in quanto alla prima interessava il recupero del "reo", e solo di fronte all'ostinazione, la condanna al rogo. 

In questi ultimi anni però, lo studio sempre più approfondito dei meccanismi dell'Inquisizione, ha attenuato i giudizi severi su di essa, in quanto si è scoperto che torture e roghi erano relativamente poco diffusi, e alcuni inquisitori considerati particolarmente duri come Bernardo Gui e Nicola Eymerich, diffidavano in realtà della tortura come mezzo per ottenere confessioni. In sintesi l'Inquisizione svolse soltanto un ruolo parziale nella riconquista cattolica delle aree catare. Domenicani e Francescani, i nuovi ordini nati agli inizi del XIII secolo, nel clima di profondo rinnovamento spirituale cattolico in risposta al Catarismo, ad opera di santi come Domenico di Guzman (1170-1221), Francesco d'Assisi (1182-1226) e Antonio da Padova (1195-1231), la resero possibile più con la predicazione e l'esempio. Essi dimostrarono che la fedeltà a Cristo non è incompatibile con l'obbedienza verso una gerarchia, non sempre degna, come del resto aveva detto Cristo stesso nel Vangelo».

PER SAPERNE DI PIù: MEDIOEVO ERETICALE, a cura di Andrea Moneti

 


Michele Loconsole, Puglia e Islam. Le civiltà a confronto

da www.barisera.it e dal quotidiano «BariSera» del 6 luglio 2005

    

«La Puglia, la regione più orientale d'Italia, ha svolto nel corso dei secoli l'importante ruolo di ponte e cerniera tra le civiltà e le culture d'occidente e d'oriente. Incuneata nel Mar Mediterraneo, quasi a protendersi verso il Levante afro-asiatico, si è comportata, nel corso dei secoli, come la tappa privilegiata per quanti giungendo da Est hanno calcato prima i porti e poi le città d'Europa. Importante snodo commerciale dell'intero bacino mediterraneo fin dall'età del bronzo, la Puglia ha vissuto da protagonista anche il complesso ma affascinante rapporto tra la cristianità latino-romana e l'islam, eventi che a partire dal VII secolo d.C., fino a tutto il XVIII, hanno "agitato" le calme e calde acque del "Mare Nostrum", il nome che i romani avevano dato al Mar Mediterraneo.

L'antico e fecondo rapporto tra l'islam e la cristianità si è dimostrato nei fatti un perpetuo incontro-scontro: l'osmosi tra le due religioni monoteiste ha prodotto, infatti, sia alternate invasioni, occupazioni e guerre, sia reciproci scambi di ricchezze, idee e cultura, contribuendo a configurare, in ultima analisi, l'identità e la storia non solo del Mediterraneo, che si presenta evidentemente eteroclito ma uno nell'essenza, ma anche della nostra regione, che di esso fa parte. Elencare i segni e le tracce che i seguaci di Maometto hanno lasciato nella "Terra lunga", nome dato alla Puglia dai saraceni per i suoi 800 chilometri di costa, o nell'"Ankubarda", come chiamavano gli arabi la nostra regione perché credevano fosse abitata dai longobardi, è in questo contesto impossibile. Proveremo, tuttavia, ad elencarne soltanto alcuni, ritenuti dagli storici i più significativi.

Tra il VII e il IX secolo i contatti tra arabi e latini si limitarono a ripetuti ma fugaci rapporti, per lo più di natura bellicosa: leggendarie sono le scorrerie piratesche e saracene che hanno colpito per diversi secoli tutta l'area mediterranea. Soltanto sul finire del IX secolo possiamo registrare una presenza più stabile delle genti islamiche in Puglia e nel Meridione d'Italia, grazie ai due Emirati istituiti nel Dar al-islam, la porzione di territorio che i musulmani individuano come il luogo ancora da conquistare alla fede di Allah: per cinque lustri a Bari (847-871) e per un quarantennio a Taranto (840-880), dove oggi troviamo le cattedrali cittadine, o poco distanti da esse, furono erette le due moschee. A Bari, per esempio, si alternarono tre emiri: Khalfun (il berbero che conquistò la città), Muffarray Sallam (l'autore della costruzione della moschea) e il terribile Sawan, soprannominato il pestifer e nefandissimus, che, secondo le fonti, beveva nei calici sacri e banchettava sui mucchi di cadaveri cristiani. Fu arrestato nell'871 quando Ludovico II e Basilio il Macedone liberarono Bari e parte della Puglia dal giogo islamico.

Noto è anche l'episodio della liberazione di Bari dal giogo saraceno, i berberi comandati dal siciliano Safi, per altri da Luca Kafiros V, giunti sulle nostre coste nel 1002. Il doge veneziano Orseolo II, su indicazioni papali, partì nello stesso anno da Venezia, e dopo aver sottomesso i berberi e pagato il tributo di guerra per conto dei baresi, liberò Bari dalle genti islamiche. L'evento è stato ricordato sia nel monumento di piazza del Ferrarese, il leone e la colonna infame (la gogna), sia con l'opera dell' Armenise che aveva riprodotto l'evento storico sulla tela del proscenio del Teatro Petruzzelli, andata purtroppo perduta nel tragico incendio del 1991.

Un'altra curiosa traccia della presenza musulmana in Puglia è quella che possiamo vedere recandoci nella basilica di San Nicola: il mosaico che adorna il pavimento absidale, al cui centro è posta la cattedra dell'abate Elia (la sedia in pietra dove sedeva il vescovo), riporta una serie di riquadri che riproducono in caratteri cufici la parola "Allah", il nome di Dio per i musulmani, per secoli scambiati per ornamenti floreali o geometrici. I saraceni, infatti, abili artigiani e scalpellini, ruolo che svolsero egregiamente anche al tempo di Federico II nella sua Lucera, per dileggiare il potere ecclesiastico e militare degli occidentali, occultavano la loro appartenenza religiosa attraverso operazioni che oggi definiremmo da "controspionaggio": nel luogo dove per secoli l'abate della basilica nicolaiana e in alcuni casi anche l'arcivescovo di Bari hanno pregato e celebrato i santi riti liturgici, riecheggiavano, silentemente, sotto i loro piedi, decine di invocazioni ad Allah. Scherzo riuscito».


Mirko Pazienza, La convivenza tra etnie differenti

da www.barisera.it e dal quotidiano «BariSera» del 20 luglio 2005

    

«I problemi di convivenza tra etnie e religioni diverse non sono una tragica novità, ma sono  presenti anche in epoche lontane dalla nostra. Un esempio ci viene proprio dal nostro passato, dalla Sicilia a maggioranza arabo-berbera di religione musulmana, che nella seconda metà dell'XI secolo era stata conquistata dai Normanni francesi e cattolici. Conquista incoraggiata e sostenuta dalla Santa Sede, sia per liberare la Longobardia Minor o Puglia dalle razzie islamiche, che partendo proprio dalla Sicilia, fin dal IX secolo provocavano migliaia di schiavi, e sia per riconquistare a Cristo l'Isola. Tuttavia il conte Ruggero I e i suoi immediati successori (dal 1130 re di Sicilia), essendo soltanto un'esigua minoranza, cui si aggiungevano i Romei (Greci) di rito bizantino del Messinese, avevano inaugurato una politica di tolleranza nei confronti dei Musulmani, maggioritari soprattutto nella Sicilia occidentale.

La stessa corte normanna aveva acquisito usanze islamiche e i sovrani normanni abitavano in palazzi in stile nordafricano e pur Cattolici, possedevano un harem. A corte vi erano numerosi funzionari musulmani e l'Arabo era, insieme al Greco e al Latino, una delle lingue dello Stato. Nello stesso tempo i sovrani normanni avevano aperto la Sicilia alla colonizzazione dei Lombardi (Italiani del Nord Ovest), provenienti soprattutto dal Monferrato, dalla Liguria e da Lucca, le aree più povere d'Italia, per costituire una popolazione cattolica che bilanciasse quella araba e, alla lunga, favorisse la rievangelizzazione dell'Isola. Questi coloni si trasferirono nell'Isola al seguito dei loro feudatari a cui venivano concessi territori, come nel caso della contessa Adelaide degli Aleramici, signori del Monferrato, che andò sposa al conte Ruggero I. Migrazione così massiccia, che alla metà del XII secolo i Lombardi costituivano la maggioranza della popolazione nei territori tra Enna, Catania e Caltanissetta.

Anche i Romei, sebbene in misura minore, soprattutto le fondazioni monastiche bizantine, composte da monaci e coloni calabresi, parteciparono alla colonizzazione, nel Messinese, nelle Madonie e ad Agrigento. Per cui a metà del XII secolo la Sicilia costituiva una sorta di ponte tra Oriente ed Occidente, ma la coesistenza che a corte a Palermo, dava risultati discreti in campo culturale e scientifico, si basava su un equilibrio molto delicato e non sentito a livello popolare. Infatti nel 1160 - 1161, a seguito della perdita degli avamposti nordafricani tra l'Algeria e Tripoli, che Ruggero II (1105-1154) aveva conquistato per combattere la pirateria tunisina e per propagare il Cristianesimo, perdita causata dal costituirsi nel Magreb dell'impero degli Almohadi, berberi fondamentalisti, scoppiò un golpe a Palermo. Il re Guglielmo I (1154-1166), figlio di Ruggero II, venne arrestato e l' Emiro (primo ministro) Maione di Bari, assassinato da una congiura di baroni. La popolazione latina di Palermo assaltò i quartieri musulmani, mentre i Lombardi della Sicilia orientale al comando del barone Ruggero Sclavo, parente del re, scatenarono dei pogrom contro gli Arabi, molti dei quali fuggirono o si convertirono al Cristianesimo per salvarsi. Guglielmo però, liberatosi, represse la rivolta espugnando le roccaforti lombarde di Piazza Armerina e Butera, basi dei ribelli. Tuttavia lo stesso Re riuscì a sedare a stento l'ostilità della parte cristiana del suo esercito contro quella musulmana che partecipavano alla campagna, e da allora non si ha più notizia di insediamenti islamici nella Sicilia orientale.

Anche la stessa politica normanna accelerò la latinizzazione dell'Isola, con la fondazione dell'Abbazia di Monreale, a sud di Palermo, in pieno territorio musulmano, nel 1174, e i funzionari musulmani furono costretti ad abbracciare il Cristianesimo. Per cui alla fine del XII secolo la coesistenza tra etnie e religioni diverse in Sicilia appariva oramai seriamente compromessa, provocando la crisi che avrebbe accelerato l'omogeneizzazione della società isolana».


Michele Allegri e Irene Sarpato, Dossier: I Nuovi Templari, Italianuova Editori:

 www.italianuova.com/allegri_sarpato.htm

    

      

©2005 Vito Ricci

    


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