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di Lawrence M.F. Sudbury

      

La rivelazione di GabrieleL'Islam, così come il Cristianesimo, si definisce una "Religione rivelata", cioè una religione nata non dal pensiero umano ma da un messaggio trasmesso direttamente dal cielo a un tramite umano per la sua diffusione tra gli esseri viventi.
Di conseguenza, tutto il cuore dell'Islam sta proprio in quel messaggio che la tradizione sacra vuole dettato da un arcangelo a Maometto nel corso degli anni, a partire da una prima visione rivelatrice e contenuto nel libro sacro denominato Corano.
Ebbene, come avvenne il primo incontro tra il Divino e il "Sigillo dei Profeti"? Come venne inizialmente accettata la predicazione di quest'ultimo?
  • LA RIVELAZIONE

Ingresso della caverna del Monte HiraAbbiamo lasciato Muhammad ormai uomo maturo, senza problemi economici dopo una giovinezza travagliata grazie al matrimonio con una ricca vedova e da sempre legato alla sfera spirituale.

Tutte le fonti a nostra disposizione ci narrano che questo agiato carovaniere della Mecca, travagliato dall'intima necessità di comprendere più a fondo la natura del Divino, era solito trascorrere lunghi periodi in totale isolamento, lontano dalla città, per dedicarsi alla meditazione [1].

Proprio durante uno di questi "ritiri spirituali" sul monte Hira (un'area brulla e rocciosa sulla via tra Mecca e Talib, oggi chiamata anche "Jabal-al-Nur", "Montagna della Luce"), effettuato nel 610 d.C. (o 612 secondo altre fonti), quando aveva raggiunto l'età di quarant'anni, Mohammad ricevette, secondo la tradizione [2], la prima rivelazione da parte dell'Arcangelo Jibril (Gabriele), che gli era apparso improvvisamente. 
 

In questa prima apparizione, secondo le Hadith, Gabriele ordinò a Maometto: "Iqraa", che significa "leggi" o "recita". Maometto, sotto shock, rispose semplicemente: "Non so leggere", perché, come sappiamo, egli non aveva ricevuto alcuna istruzione formale ed era, come la maggior parte dei mercanti del tempo, completamente analfabeta. L'angelo, allora, lo abbracciò così strettamente da fargli raggiungere il limite della sopportazione e, dopo averlo rilasciato, ripeté: "Iqraa". La risposta di Maometto fu la stessa della precedente e Gabriele lo abbracciò nuovamente e gli chiese di ripetere dopo di lui la formula: "Recita! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un’aderenza. Recita, che il tuo Signore è il Generosissimo, Colui che ha insegnato mediante il Calamo, che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva."
La prima SuraQueste rivelazioni formano oggi i primi cinque versi della Sura (capitolo) 96 - "Il grumo di sangue" - del Corano [3]. 
Muhammad, naturalmente, rimase terrorizzato da tutta l'esperienza, pensando addirittura di essere in preda ad una visione demoniaca [4],e fuggì dalla grotta [Corano 81:19-29]. Quando arrivò a casa, stanco e spaventato, ordinò alla moglie: "coprimi, coprimi" e Khadijah lo avvolse in una coperta. Passato qualche tempo, una volta calmatosi, Muhammad raccontò alla donna il motivo del suo terrore ma ella lo rassicurò affermando: "Allah non ti deluderà perché sei un uomo gentile con la tua famiglia, dici solo la verità, aiuti i poveri, gli orfani e i bisognosi e  sei onesto" [5]. Khadijah, poi, si consultò con suo cugino Waraqa [6], un uomo vecchio e santo che possedeva la conoscenza delle rivelazioni precedenti e delle Scritture. Questi le confermò che il visitatore non era altro che quello stesso Arcangelo Gabriele che era apparso a Mosè e aggiunse che Muhammad era il Profeta preannunciato. 
 

Da quel momento Khadijah accettò la rivelazione come verità di fede, divenendo, così, la prima persona ad accettare l'Islam: in seguito la tradizione vuole che sostenne il marito in ogni difficoltà, in particolare durante i tre anni di "boicottaggio" del clan del Profeta da parte dei Quraysh pagani. Rimase la sola moglie di Maometto fino alla morte, avvenuta all'età di 65 nel mese di Ramadan del 620 d.C., subito dopo la revoca del boicottaggio.
Gabriele visitò il Profeta su ordine di Allah molte altre volte nel corso dei 23 anni successivi, rivelandogli l'"Ayat" (il "significato dei segni", genericamente tradotto come "versetti") in lingua araba: le rivelazioni a volte erano di pochi versi, altre di Predicazione del Profeta alla Meccauna parte di un capitolo o addirittura di un capitolo intero, alcune erano spontanee, altre in risposta a richieste di chiarimenti da parte dei non credenti. Tutti i  versi rivelati sono stati registrati su una varietà di materiali (pelle, foglie di palma, corteccia, le ossa della spalla di animali), memorizzati non appena rivelati dai credenti e oggi sono recitati quotidianamente dai Musulmani, secondo quanto prescritto dall'angelo, che indicò anche la disposizione dei versi perché Muhammad la riferisse agli scribi [Corano 75:16-19 e 41:41-42]. Una volta all'anno, per tutta la vita, il Profeta recitava tutti i versetti rivelatigli fino a quel momento, poi compilati nel Corano che, dunque, secondo la fede islamica, non contiene neanche una parola del Profeta ma unicamente la verità rivelata da Dio (mentre le parole di Muhammad verranno poi registrate separatamente nelle collezioni chiamate Hadith) [6].

 
  • I PRIMI DISCEPOLI

La tomba di ZaidIn sostanza, la missione del Profeta era quella di restaurare il culto dell'unico vero Dio, creatore e sostenitore dell'universo così come insegnato in precedenza dal Profeta Ibrahim (Abramo) e da tutti i Profeti di Dio e di ricordare e completare le leggi morali, etiche, di condotta legale e sociale e relative a tutte le altre questioni di importanza per l'umanità in generale.
Le prime persone che seguirono la fede trasmessa dal Profeta furono suo cugino Ali, suo servo Zayd ibn Harithah e il suo amico Abu Bakr con sua moglie e le figlie. Essi testimoniarono per primi la conversione pronunciando la "tayyab", la formula che, ancora oggi, viene richiesta (ed è il solo presupposto per dirsi musulmano) a chiunque voglia diventare "vero credente" e che è l'attestazione del "primo pilastro" islamico: "Non c'è divinità tranne Allah e Muhammad è il Messaggero di Allah".
La parola "Islam", che deriva dal temine "salam" ("pace")  significa "pace nella sottomissione e nell'obbedienza alla volontà e ai comandamenti di Dio" e, di conseguenza, fin dall'inizio coloro che accettavano l'Islam furono chiamati "musulmani", dall'arabo "muslim" ("sottomesso") [8].
Ritratto di Abu BakrNei primi tre anni della predicazione del Profeta una quarantina di persone (uomini e donne) accettò l'Islam: questo piccolo gruppo era composto da giovani e anziani provenienti da ogni  contesto economico e sociale e tendeva a riunirsi in privato fino al momento in cui Muhammad non ricevette una rivelazione sulla necessità di iniziare la predicazione dell'Islam a tutti e, di conseguenza, non iniziò a svolgere la sua missione apostolica recitando pubblicamente le sue rivelazioni. 
 

I Quraish, leader della Mecca, accolsero tale predicazione con ostilità, temendo che il monoteismo fosse d'intralcio alla prosperità della città e ai loro commerci. I più ostili (e, paradossalmente, i più vicini in termini di parentela al Profeta) erano suo zio Abu Lahab e la moglie. 
 

Inizialmente alcuni leader Quraish cercarono di corrompere Muhammad con denaro e promesse di posizioni di prestigio (addirittura arrivando ad offrirgli di diventare re della Mecca) a patto che cessasse la sua predicazione ma quando si resero conto che questi metodi non avevano assolutamente presa sul Profeta, un gruppo di notabili locali cercò di convincere suo zio Abu Talib ad adottare come nipote il miglior giovane della Mecca al posto di Maometto e di consentire loro di uccidere quest'ultimo. Suo zio cercò di convincere il Profeta a smettere di predicare, ma Muhammad, secondo la tradizione, rispose: "Oh zio, se anche dovessero mettere il sole nella mia mano destra e la luna nella mia mano sinistra per farmi smettere di predicare l'Islam, non potrei mai smettere di mia volontà e continuerei a predicare finché Allah farà prevalere l'Islam o morirò" [9].

 

  • LA PERSECUZIONE
A questo punto i Quraish cominciarono a perseguitare i Musulmani con percosse, torture e boicottando le loro attività e quelli che erano deboli, poveri o schiavi venivano addirittura pubblicamente torturati: la prima persona a morire per la sua fede per mano loro fu una donna musulmana di nome di Umm Ammar (madre di Ammar Ibn Yasser) e spesso i Musulmani erano fisicamente e forzatamente rinchiusi nelle case delle famiglie più facoltose e  veniva loro ordinato di abiurare per riottenere la libertà. Nel contempo, il Profeta veniva continuamente e pubblicamente ridicolizzato e umiliato, anche gettandogli addosso escrementi mentre camminava per strada e pregava nella Ka'bah. A dispetto di queste grandi difficoltà e senza apparente sostegno, il messaggio dell'Islam si stava, però, diffondendo e Dio desiderava che Muhammad fosse paziente e predicasse il Corano: a sua volta, il Profeta insegnava ai suoi fedeli a non vendicarsi perché egli non aveva ancora ricevuto alcuna rivelazione in tal senso da Allah [10].
Simbolo odierno dell'amicizia spirituale tra Arabia ed EtiopiaQuando la persecuzione divenne insopportabile per la maggior parte dei Musulmani, il Profeta, ormai al quinto anno della sua missione (615-616 d.C.), consiglio ad alcuni di loro di emigrare in Abissinia (l'odierna Etiopia), dove regnava come negus il cristiano Ashabah: un'ottantina di persone, senza contare i bambini piccoli, seguirono tale consiglio e si mossero in piccoli gruppi per evitare di essere scoperti. Quando, poco dopo,  i leader dei Quraish scoprirono la loro fuga mandarono due inviati al negus per chiedergli di scacciare i rifugiati e rimandarli indietro, ma, dopo aver investigato sulla fede musulmana, in particolare riguardo alle rivelazioni su Gesù e Maria presenti nella sura 19 ("Maria") del Corano, il re permise loro di rimanere sotto la sua protezione e concesse loro piena libertà di culto [11].
Per rendere la vita del Profeta ancora più difficile i Quraish, allora, emisero un ordine di divieto totale di contatto con la sua famiglia (Bani Hashim e Muttalib): tale divieto durò per tre anni senza, però, ottenere l'effetto desiderato. Infine, poco prima che il divieto venisse revocato, il Profeta venne contattato dai capi-clan Quraish perché accettasse un compromesso in base al quale tutti avrebbero potuto praticare qualunque religione (ad esempio,Il Profeta e Sawda Islam e idolatria) ma, sentendo questa proposta, secondo le Hadith, Muhammad recitò una sura (la 109) che aveva appena ricevuto e che si conclude con le parole: "... Per voi la vostra religione e per me la mia".
La leggenda narra che il divieto venne revocato solo quando i leader Quraish scoprirono che il loro documento segreto che conteneva i termini del bando, conservato nella Ka'ba, era stato completamente mangiato dai vermi e tutto quello che ne rimaneva erano le parole di apertura "nel tuo nome, o Allah" [12]
Gli anni del boicottaggio amareggiarono profondamente il Profeta, ma fu dopo la loro fine che egli provò i più grandi dolori personali, con la perdita della moglie Khadijah e dello zio Abu Talib. Dopo la morte di Khadijah, nel 620 d.C. egli sposò una vedova cinquantenne musulmana, Sawdah: lei e suo marito erano emigrati in Abissinia nei primi anni della persecuzione e, dopo la morte del marito, tornata alla Mecca ella aveva cercato rifugio da Muhammad, il quale, riconoscendo il sacrificio della donna per l'Islam, decise di sposarla. Più tardi nello stesso anno il Profeta, dopo aver ricevuto in sogno un comando divino e dopo aver ricevuto l'approvazione di Sawdah, contrasse matrimonio anche con Aisha, la figlia del suo più caro amico Abu Bakr. 
Dopo la morte di suo zio Abu Talib, il Profeta si spostò a LA Moschea di Al-AqsaTaif (circa 50 miglia a sud-est della Mecca) per cercare la protezione dei clan locali ma venne rifiutato e deriso e venne persino ferito dalle pietre gettategli dai figli dei capi-clan locali, incitati dai padri. Le Hadith vogliono che in quest'occasione l'arcangelo Gabriele facesse visita al Profeta e gli dicesse che gli angeli erano pronti a distruggere la città se solo egli avesse chiesto ad Allah la giusta punizione ma che, al contrario, Muhammad pregasse solo Dio che le future generazioni di Taif potessero accettare l'Islam.
Subito dopo la terribile delusione a Taif, il Profeta visse le vicende di "al-Israa" e "al-Miraaj" (621 d.C.). Nella "Al-Israa", Gabriele prese il Profeta dalla moschea sacra presso la Ka'ba e lo trasportò in volo, in una sola notte, ad al-Aqsa, nella città santa di Gerusalemme.Immagine del MirajQui Muhammad incontrò i Profeti precedenti (Abramo, Mosè, Gesù e altri) e li condusse in preghiera. Dopo questo evento (ovviamente gravido di conseguenze future, ancora oggi in parte presenti), il Profeta visse l'"Al-Miraj": fu assunto in cielo e gi vennero mostrati i cieli e gl'inferi. Fu in questo viaggio che gli venne prescritto di predicare le cinque preghiere quotidiane obbligatorie per ogni aderente all'Islam [13]. Sentendo di queste esperienze (narrate nella sura 17), il popolo della Mecca si fece beffe del Profeta ma egli poté descrivere Gerusalemme nei particolari e parlare di una carovana che stava giungendo alla Mecca e che arrivò poco dopo il suo racconto, svergognando chi non gli credeva.

 


NOTE
 
(1) M. Lings, Muhammad: His Life Based on the Earliest Sources, Inner Traditions 2006, pp. 37 ss.
(2) Qui e in seguito la narrazione della rivelazione è ripresa dalla Hadith di Al -Bukhari.

(3) Qui e in seguito ogni riferimento al Corano è tratto dalla versione italiana: H. Piccardo (a cura di), Il Corano, Newton-Compton 2010.
(4) Secondo Ibn Ishaq, riportato da Ibn Isham. Cfr. F. McGrew Donner, Narratives of Islamic Origins: The Beginnings of Islamic Historical Writing,  Darwin Press 1998, p. 132.

(5) Al-Bukhari, citato.
(6) Waraqa ibn Nawfal ibn Asad ibn ʿAbd al-ʿUzzā, cugino del padre di Khadija, era, probabilmente, un cristiano (o, certamente, un monoteista) e viene considerato il primo a certificare l'asperienza teopatica di Maometto, figurando, di conseguenza, nella categoria "eletta" dei Compagni del Profeta. Cfr.: U. Rubin, Ḥanīfiyya and Kaˁba: an Inquiry into the Arabian pre-Islamic background of dīn Muḥammad, in "Jerusalem Studies in Arabic and Islam", XIII (1990).
(7) T. Winter, The Cambridge Companion to Classical Islamic Theology, Cambridge University Press 2008, p. 23.
(8) A. Stern, Etymological Dictionary, ABC Press 2003, p. 467.

(9) Al-Bukhari, citato.
(10) A. Afsaruddin, The First Muslims: History and Memory, Oneworld 2007, pp. 83 ss.
(11) M.A. Alula Al-Hashimi, The oppressed Muslims in Ethiopia, El-Hajj Malik El-Shabazz Press 1987, passim.
(12) F. McGrew Donner, Citato, pp. 113 ss.
(13) M. Lings, citato, pp. 173 ss.
 
 

  
 

      

©2011 Lawrence M.F. Sudbury

 


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