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di Lawrence M.F. Sudbury

  

MuhammadMuhammad ibn Abdullah Ibn Abdul Muttalib, Ibn Hashim, Ibn Abdul Munaf, Ibn Qusayy, Ibn Kilab, Ibn Murra, Ibn Kab Ibn Luayy, Ibn Ghalib, Ibn Fihr, Ibn Malik, Ibn al-Nadr, Ibn Kinana, Ibn Khusayma, Ibn Mudrika, Ibn Ilyas, Ibn Mudar Ibn Nizar Ibn Maadd, Ibn Adnan, noto in Italiano come Maometto, è considerato da un miliardo e 800.000 persone nel mondo il "sigillo dei Profeti" il cui nome non può essere scritto o pronunciato senza aggiungere locuzioni quali "sia la pace su di lui", il "messaggero", il "servo di Dio" ('abd), il "presentatore" (bashir), l'"ammonitore" (nathir), il "promemoria di Dio" (mudhakkir), la "testimonianza vivente" (shahid), il "portatore di buone notizie" (mubashshir), "l'uomo che chiama Dio" (Da'i) e la "lampada che dà luce" (Siraj Munir) [1], la più alta espressione umana della storia e il tramite tra umanità e divino. 
Ma chi era Maometto, l'uomo che con la sua predicazione ha cambiato come pochi altri la storia dell'umanità?
 
  • LE FONTI DELLE NOSTRE CONOSCENZE
     

Naturalmente ricostruire la vita di un uomo, per quanto venerato già in vita, nato circa 1.500 anni fa non è impresa semplice. Il rischio maggiore è fidarsi eccessivamente delle fonti musulmane, cadendo inevitabilmente nell'agiografia, ma, purtroppo, quelle stesse fonti sono anche le uniche realmente "dirette" o legate a testimonianze non mediate in nostro possesso.

Quali sono, dunque, tali fonti?

Sacro CoranoNaturalmente il Corano è la nostra fonte principale di informazioni per tutto quanto riguarda l'Islam, essendone il testo fondativo, che i Musulmani credono rappresenti la parola di Dio rivelata a Maometto stesso attraverso l'angelo Gabriele. Anche se nel Corano si parla di Maometto direttamente solo quattro volte, numerosi dei suoi versi possono essere interpretati come allusioni alla vita del Profeta. 
Appena minori  per importanza sono le opere storiche di scrittori dei secoli III e IV dell'epoca musulmana, che  includono le biografie tradizionali musulmane di Maometto (la cosiddetta "letteratura della Sira") e che forniscono ulteriori informazioni sulla sua vita. Il più antico tra tali testi è una Vita del Messaggero di Dio scritta da Ibn Ishaq nel 767 circa: l'opera in sé è perduta, ma è stato lungamente ripreso alla lettera da Ibn Hisham e Al-Tabari in epoche appena successive, mentre altre fonte pressoché dirette sono la Storia delle Campagne di Maometto di al-Waqidi (morto nel 207 dell'era musulmana) e il lavoro del suo segretario Ibn Manoscritto su MaomettoSaad al-Baghdadi (morto nel 230 dell'era musulmana). Molti studiosi accettano l'accuratezza di queste prime biografie anche se la loro precisione è indeterminabile: recenti studi hanno portato gli studiosi a distinguere tra le tradizioni che toccano questioni legali e quelle puramente storiche: nel primo caso le tradizioni avrebbe potuto essere oggetto di invenzione, mentre in ambito puramente storico, a parte casi eccezionali, il materiale può essere ritenuto "tendenzialmente corretto" [2].

Un'altra fonte meno prossima è rappresentata dalle collezioni di "Hadith", cioè di racconti tratti dalla tradizione verbale sui fatti e discorsi della vita di Maometto, che datano diverse generazioni dopo la sua morte: in qualche modo esse potrebbero essere definite come una sorta di biografia di Maometto perpetuata dalla memoria a lungo termine della sua comunità come ammaestramento e monito all'obbedienza. Gli storici occidentali tendono a  considerare questi racconti come solo parzialmente utili alla ricostruzione storica: studiosi come Madelung [3] non respingono in toto tali narrazioni compilate in epoche successive, ma ritengono che esse debbano essere giudicate nel contesto delle conoscenze certe in nostro possesso e sulla base della loro compatibilità con eventi e figure note. Nonostante questo è Letteratura Hadithindubbio che la tradizione orale svolga un ruolo importante nella comprensione islamica di Maometto.
Diverso è il discorso per quanto riguarda le fonti non arabe. Le prime conoscenze in ambito cristiano su Maometto derivano da fonti bizantine e, pur rivestendo una qualche importanza come "cartina tornasole", sono di norma così tarde, lacunose e piene di elementi pregiudiziali da poter essere solo di scarso aiuto: in generale essi indicano che sia gli Ebrei che i Cristiani vedevano Maometto come profeta ingannevole e, così, ad esempio nel Jacobi Doctrina Nuper Baptizati del 634 Maometto è ritratto come "ingannevole [...] dal momento che è impossibile che dei profeti vengono con spada e carro da guerra [... e tale per cui] si scopre che nulla di vero è stato detto dal profeta ad eccezione dello spargimento di sangue umano [derivante dalla sua dottrina]" e non diversi sono i toni utilizzati dal cristiano-siraco Johannes ben Penkaye nel VII secolo o dal greco Teofane nel IX [4].

Facendo la "tara" alle fonti che possediamo è, comunque, possibile tracciare una biografia piuttosto precisa di Maometto, a partire dalla sua infanzia.
 

  • L'INFANZIA
     

Secondo le menzionate biografie e le Hadith [5] Abdul Muttalib, del clan dei Banu Hashim, capotribù dei Quraysh, ebbe dieci figli, tra i quali Abdullah, che egli diede in sposo a Amina, figlia di Ibn Wahb Abdu Munaf, capoclan dei Bani Zuhra, con i quali egli voleva stipulare un'alleanza perpetua.
Abdullah morì in giovane età durante un viaggio a Yathrib ma sei mesi dopo la sua morte Amina diede alla luce (non dopo aver  assistito a grandi presagi secondo le Hadith) suo figlio, la cui data di nascita è tradizionalmente datata Lunedi 12 (17 secondo gli Sciti) del mese di Rab'i-ul Awwal (approssimativamente marzo) dell'anno dell'Elefante (normalmente inteso come il 570 d.C. anche se alcuni studiosi hanno recentemente parlato del 568 o del 569 [6]), così chiamato dal fallito tentativo di distruzione della Mecca da parte del re aksumita Abraha che aveva nel suo esercito un certo numero di elefanti. 
Abdul Muttalib e MuhammadDopo la nascita del piccolo, come consuetudine Amina mandò qualcuno ad informare suo suocero e la leggenda narra che questi "venne, guardò il bambino con amore e lo portò alla Kaba dove lodò Allah e pregò per il bambino. Infine Abdul Muttalib gli diede il nome di Muhammad", che significa colui che è lodato, un nome effettivamente sconosciuto alla tradizione araba fino a quel momento[7].  
Thuwaybah, una schiava dello zio del futuro Profeta, Abu Lahab, allattò il neonato per qualche giorno, mentre Abdul Muttalib cercava una balia per nutrire il sua "nipote preferito". Era consuetudine alla Mecca dare i lattanti a balie delle tribù bedu del deserto, dove i bambini potevano crescere liberi, lontano dagli intrighi della città e imparando le tradizioni secolari dei beduini, in particolare l'eloquenza dalle loro tradizioni orali. 
 

Proprio per la particolare ricchezza nell'eloquio tra i beduini i più noti erano i  Bani Sad e per questo la scelta di  Abdul Muttalib cadde su di essi.  Sfortunatamente quello era stato un anno diAccampamento Bedu carestia per i Bani Sad e, pur essendo la tribù giunta alla Mecca proprio perché le donne trovassero lavoro come balie, molte di esse rifiutarono di accogliere il piccolo Muhammad, temendo che una giovane vedova non potesse ripagarle, ma la tradizione vuole che Halima Sadiya, una delle componenti della tribù, dopo un primo rifiuto, sentisse un'attrazione tale verso il piccolo da non poter rifiutare di allattarlo e per questo ottenesse da Dio prosperità per i suoi greggi, tanto che, sebbene come consuetudine essa dovesse svezzare il bambino e riportarlo alla madre quando il piccolo aveva due anni, la balia chiese ed ottenne da Amina di poter tenere il futuro Profeta per altri mesi. E' molto probabile che  questa leggenda abbia un fondo di verità: le condizioni economiche delle vedove nel mondo arabo erano piuttosto precarie ed è possibile che Amina, non potendo provvedere al figlio, avesse semplicemente ottenuto dalla balia di occuparsi del piccolo ancora per qualche tempo, offrendo in cambio la promessa che questi si occupasse delle greggi della famiglia ospite [8].
Certamente la vita nel deserto segnò molto Muhammed che, come riportato da molte fonti, durante l'età adulta era solito affermare: "io sono il più arabo di tutti voi, perché io sono di origine Quraysh e sono stato allattato tra i Bani Sad ibn Bakr" [9]. 
Tornato alla Mecca, quando il futuro Profeta aveva sei anni, sua madre lo poTomba di Abu Talib alla Meccartò a Yathrib a far visita alla tomba di suo padre ma sulla via del ritorno la giovane donna morì (alcuni pensano per un ictus [10]) in un luogo chiamato Abwa e   la schiava abissina di Amina, Umm Ayman Barkah, lo dovette portare da suo nonno alla Mecca. Abdul Muttalib lo adottò ma solo due anni dopo anch'egli morì, lasciando il piccolo Muahammad completamente orfano fino a che le autorità cittadine lo posero sotto la tutela di suo zio Abu Talib, il nuovo leader dei Banu Hashim. Secondo Watt, a causa della generale indifferenza dei guardiani nel prendersi cura dei membri deboli delle tribù della Mecca nel VI secolo, "le autorità fecero semplicemente in modo che Maometto non morisse di fame, ma era difficile per loro fare di più per lui, tanto più che le sorti del clan degli Hashim sembravano essere in declino in quel momento" [11].
 


 
  • LA GIOVINEZZA  
Racconto sulla carovana in SiriaAll'età di nove anni, sapendo che Abu Talib aveva programmato di andare con una carovana mercantile in Siria, Muhammad insistette per accompagnarlo. La leggenda (attestata da numerosissime fonti) narra che, essendosi la carovana fermata presso Busra in Siria per un breve soggiorno, un monaco eremita di nome Buhaira si fece incontro a Maometto avendo avuto una profezia sulla sua gloria futura e lo mettesse in guardia dalle tribù ebree della Mecca e ammonisse Abu Talib di prendersi cura del giovane. Probabilmente è una costruzione a posteriori, ma tutti i resoconti attestano che dopo quel viaggio, probabilmente essendosi Abu Talib reso conto delle capacità del nipote, Maometto continuò a lavorare co lo zio come carovaniere, evidentemente fino a divenire un membro rispettato del clan e della tribù dei Quraysh se ogni fonte attesta che il giovane Muhammad si guadagnò il soprannome comune di Al-Amin ("colui chePastori nomadi in Arabiaè degno di fiducia") e se in breve tempo fu in grado, dopo aver partecipato, forse intorno ai 14 o 15 anni, alla guerra tra Quraysh e Qays nota come "ul-Harb Fijar", di procurarsi un gregge di pecore e capre [12].
Sappiamo molto poco degli anni successivi, se non che Muahammad lavorò per qualche anno come pastore insieme a due suoi fratelli di latte dei Bani Sad. Evidentemente gli affari non andarono inizialmente molto bene se, intorno ai 20 anni, ritroviamo Muhammad non più come proprietario ma come pastore salariato e carovaniere a contratto [13].
Ma ciò fu, per molti versi, la sua fortuna perché in questo modo il futuro profeta conobbe la donna che avrebbe cambiato la sua vita: Khadijah.
Khadijah, figlia del capoclan Khuwaylid, era una vedova di 40 anni che aveva ereditato dal suo ultimo marito, AbuEffige tardomedievale di KadijahHala, una ricca attività commerciale carovaniera. Come altri mercanti della Mecca era solita assumere uomini per trasportare la sua merce al di fuori del Paese sulla base di un sistema di partecipazione agli utili e avendo saputo delle esperienze di Maometto con suo zio, assunse il giovane, finendo per innamorarsene.
Anche se la ricca vedova aveva già rifiutato diverse offerte di matrimonio da alcuni dei capi più importanti dei Quraysh, quando Muhammad, allora venticinquenne, le chiese, per bocca di suo zio Hamza, di sposarlo, acconsentì, dimostrandosi in seguito una ottima sposa per il Profeta e una perfetta madre per i suoi numerosi figli, ma anche dando a Maometto una sicurezza economica che questi non aveva mai conosciuto fino a quel momento.

 

 


NOTE:
(1) D.C. Peterson, K. Mohammed, Muhammad, Prophet of God, Eerdmans Publishing Company 2007, p. 9.
(2) M. Lings, Muhammad: His Life Based on the Earliest Sources, Inner Traditions 2006, pp.18 ss. passim.

(3) W. Madelung, The Succession to Muhammad: A Study of the Early Caliphate, Cambridge University Press 1998, p. 23.
(4) M. Lings, Citato.

(5) Qui e in seguito ci si è basati in particolare sul racconto di Ibn Hisham, ampiamente riportato in Ibn Warraq, The Quest for the Historical Muhammad, Prometheus Books 2000, passim.
(6) I. Ishaq, A. Guillaume, The Life of Muhammad, Oxford University Press 2002, p. 31.
(7) D.C. Peterson, K. Mohammed, Citato, p. 19.
(8) K. Armstrong, Muhammad: A Prophet for Our Time, HarperOne 2007, p. 49.

(9) Ibn Warraq, Citato, p. 54.
(10) K. Armstrong, Citato, p. 62.
(11) W.M. Watt, Muhammad at Mecca, Kazi Pub. Inc. 1993, p. 73.
(12) K. Armstrong, Citato, pp. 74 ss.
(13) W.M. Watt, Muhammad: Prophet and Statesman, Oxford University Press 1974, pp. 31 ss.
 


 

      

©2011 Lawrence M.F. Sudbury

 


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