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di Lawrence M.F. Sudbury

 

QuranIl Corano è un libro a cui innumerevoli persone si rivolgono per innumerevoli scopi ed è difficile pensare che tutti costoro siano dei fanatici incatenati ad un testo ultramillenario e fermi ad un livello sociale medievale.
Eppure ciò è esattamente quanto molti mass-media occidentali tendono a presentare del testo sacro di milioni di esseri umani.
Il fatto è che chi vuole veramente capire il Corano, indipendentemente dal credere o non credere che esso sia rivelazione divina, deve sgomberare la mente, per quanto possibile, da ogni idea preconcetta, da parzialità e da pregiudizi: chiunque inizi a studiare il Corano con una serie di idee preconcette, infatti, è probabile che finisca per leggere quelle stesse idee nel libro, fraintendendo molti dei suoi insegnamenti.
Trattare dell'enorme massa di elementi sociali, morali, giuridici e teologici presenti nel testo richiederebbe una trattazione a parte, ma è utile, al fine di sviluppare una visione più oggettiva, almeno toccare brevemente alcuni dei nuclei significanti fondamentali della predicazione islamica, quantomeno per sgombrare il campo da una serie di costruzioni mentali occidentali riguardo ad essa, troppo spesso sviluppate da chi non si è neppure degnato di leggere il testo sacro della seconda religione del mondo prima di esprimere giudizi.
 
  • I PILASTRI
     

PillarsPillars2Nonostante una ricca diversità presente in relazione alle pratiche religiose nel mondo islamico, esistono cinque semplici precetti prescritti nel Corano che tutti i Musulmani praticanti devono accettare e seguire. Questi "Pilastri dell'Islam" rappresentano il minimo comun denominatore che unisce tutti i fedeli dell'Islam e distingue l'Islam stesso da ogni altra religione.
 

Indubbiamente seguire tutti i "Pilastri" richiede dedizione e comporta un lavorio continuo su mente, sentimenti e corpo e un notevole dispendio di  tempo, energie e beni materiali ma, di converso, far fronte agli obblighi da essi richiesti rafforza una presenza costante di Dio nella vita di tutti i credenti e ricorda loro continuamente l'appartenenza a un'unica comunità mondiale di fede [1].

Vediamo, dunque, quali sono tali prescrizioni coraniche.

shahada1. Il primo pilastro è chiamato Dichiarazione di Fede. Un Musulmano è, sostanzialmente, colui che dà testimonianza pubblica di fronte ad almeno due testimoni islamici adulti (o almeno ad un uomo, la cui testimonianza vale il doppio di quella di una donna), che "non c'è Dio all'infuori di Dio [Allah] e Muhammad è il messaggero di Dio". Questa dichiarazione è conosciuta come "shahada" ("testimonianza") e per diventare un Musulmano, basta proclamare questo semplice annuncio. La prima parte  afferma il monoteismo assoluto dell'Islam: tentare compromessi nella statuizione dell'unità di Dio o associare qualsiasi altra entità al concetto di divino rappresenta l'unico peccato imperdonabile, così risulta chiaro dal Corano [2], laddove si afferma: «In verità Allah non perdona che Gli si associ alcunché; ma, all'infuori di ciò, perdona chi vuole. Ma chi attribuisce consimili ad Allah, commette un peccato immenso». Ciò ci permette di comprendere la ragione per cui la "rivelazione" al Profeta è destinata, secondo la concezione islamica, a correggere e riportare sulla  "retta via" gli elementi distorti introdotti nella fede dal pensiero cristiano (si pensi al concetto della Trinità) e, in particolare, cattolico (ad esempio con la venerazione della Vergine Maria). La seconda parte della confessione di fede afferma che Maometto non è solo un profeta, ma anche un messaggero di Dio, un ruolo ancora maggiore di quello di Mosè e Gesù prima di lui: per i Musulmani, Maometto è il veicolo della rivelazione ultima e definitiva e nell'accettare Maometto come "sigillo dei Profeti" essi credono che la sua profezia confermi e completi tutte le rivelazioni precedenti, a partire da quella di Adamo. Inoltre, un po' come Gesù Cristo per il Cristiani, Muhammad serve come modello di vita meritevole con il suo esempio: lo sforzo del credente di seguire l'esempio di Maometto riflette l'enfasi sulla azione pratica tipica dell'Islam che, sotto questo aspetto, si avvicina più all'Ebraismo, con la sua enfasi sulla Legge, che al Cristianesimo, che dà maggiore importanza a dottrine e dogmi.
 

Questo orientamento pratico dell'Islam si riflette notevolmente sui restanti quattro pilastri.
Salat2. Il secondo pilastro dell'Islam è, infatti, la preghiera (salat). I Musulmani pregano (o, forse più correttamente, compiono atti di culto) cinque volte al giorno: all'alba, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto e alla sera. Anche se i tempi per la preghiera e le azioni rituali non sono specificati nel Corano, Maometto li ha stabiliti così come riportato nell'haddith. In molti paesi musulmani ogni momento di preghiera è preceduto da in "promemoria" dato dalla "chiamata alla preghiera", recitata da un muezzin dall'alto del minareto di una moschea, il cui testo proclama:
«Dio è il più grande [Allahu Akbar], Dio è il più grande, Dio è il più grande, Dio è il più grande, io rendo testimonianza che non c'è Dio se non Dio [Allah], io rendo testimonianza che non c'è Dio all'infuori di Dio. Io rendo testimonianza che Muhammad è il messaggero di Dio. Io sono testimone che Muhammad è il messaggero di Dio. Venite alla preghiera, venite alla preghiera! Venite alla prosperità; venire alla prosperità! Dio è il più grande. Dio è il più grande. Non c'è Dio all'infuori di Dio» [3].
 

Questi richiami durante il giorno aiutano a mantenere i credenti consapevoli della presenza di Dio in mezzo a loro nonostante tutte le preoccupazioni e distrazioni quotidiane e, nella filosofia che sottende la vita islamica, hanno lo scopo di mettere le  preoccupazioni mondane in una giusta ottica che ha come orizzonte la morte, il giudizio finale e l'aldilà. Le preghiere consistono in recitazioni del Corano in arabo e nella glorificazione di Dio, accompagnate da una sequenza di movimenti, in piedi, inchinandosi, in ginocchio, toccando il suolo con la fronte e seduti, in cui fine è esprimere  l'umiltà del fedele, la sua sottomissione e l'adorazione di Dio. I Musulmani possono pregare in qualsiasi ambiente pulito, da soli o tutti insieme, in una moschea o in casa, al lavoro o anche per strada ma è considerato preferibile e più meritorio pregare con gli altri, se possibile, come un corpo solo unito nel culto di Dio, dimostrando disciplina, fratellanza, uguaglianza e solidarietà. Mentre si preparano a pregare, i Musulmani si rivolgono sempre verso la Mecca, la città santa che ospita la Kaaba (la "casa di Dio" che si  ritiene sia stata costruita da Abramo e suo figlio Ismaele). Ogni atto di culto comincia con la dichiarazione che "Dio è il più grande" ("Allahu Akbar") ed è seguita da preghiere fisse che includono il verso di apertura del Corano, mentre al termine della preghiera, viene sempre recitata la shahada seguita dal "saluto di pace" («La pace, la misericordia e la benedizione di Dio siano su tutti voi»)  ripetuto due volte.
Zakat3. Il terzo pilastro dell'Islam è chiamato Zakat, che significa "purificazione". Come la preghiera, che è sia una responsabilità individuale che comunitaria, la zakat esprime il culto di un Musulmano e il ringraziamento a Dio attraverso il sostegno dei poveri. A ogni Musulmano si richiede un contributo annuale del  2,5% della ricchezza e dei beni del singolo globalmente intesi (e non solo una percentuale sul reddito annuo). Nell'Islam, il vero proprietario delle cose non è, infatti, l'uomo, ma Dio e agli esseri umani è data ricchezza solo come "prestito" da parte di Allah: conseguentemente  la zakat non viene vista come atto di "carità" ma come  obbligo per coloro che hanno ricevuto la loro ricchezza da Dio a rispondere ai bisogni dei  membri della comunità meno fortunati. Il Corano [
4], così come la legge islamica, prevedono, infatti che l'elemosina debba essere utilizzata unicamente per sostenere i poveri, gli orfani e le vedove, per la liberazione degli schiavi e dei debitori e per sostenere coloro che lavorano per la "causa di Dio "(ad esempio, con la costruzione di moschee, di scuole religiose, di ospedali, ecc.). In pratica, la zakat, sviluppata 1400 anni fa, funziona come una forma di previdenza sociale della società musulmana. Nello Scitismo, poi, in aggiunta alla zakat, che non è limitata al 2,5%, i credenti devono pagare una tassa religiosa ("Khums") sul loro reddito per il sostentamento di un leader religioso ("Imam").
ramadan4. Il quarto pilastro dell'Islam, il digiuno del Ramadan, è un atto compiuto una volta all'anno durante il mese di Ramadan (da cui prende il nome), il nono mese del calendario islamico in cui il Profeta ha avuto la prima rivelazione del Corano. Durante questo mese di digiuno, i Musulmani a cui la salute lo permette devono astenersi dall'alba al tramonto da cibo, bevande e attività sessuali. Il digiuno è una pratica comune a molte religioni, talvolta intesa come penitenza, altre volte come momento di riflessione per liberarci da una attenzione eccessiva ai bisogni fisici e ai nostri appetiti: nell'Islam la disciplina del digiuno del Ramadan ha come scopo stimolare la riflessione sulla fragilità umana e la dipendenza da Dio, permettere di concentrarsi su obiettivi e valori spirituali, e aiutare nel singolo l'identificazione con i meno fortunati. Al tramonto il digiuno viene rotto con un pasto leggero, popolarmente indicato come "prima colazione" e, in seguito, famiglie e amici condividono un pasto speciale, a tarda sera, tutti insieme, spesso anche con cibi speciali e dolci serviti solo in questo periodo dell'anno. Molti si recano alla moschea per la preghiera della sera  facendole seguire preghiere speciali recitate solo durante il Ramadan, oppure scelgono di recitare l'intero Corano (un trentesimo ogni sera del mese) da soli o pubblicamente. Verso la fine del Ramadan (il ventisettesimo giorno) i Musulmani commemorano la "Notte della Potenza", quando Muhammad ha ricevuto la prima rivelazione di Dio e il mese di Ramadan si conclude con una delle due grandi celebrazioni islamiche, la festa della rottura del digiuno, chiamati "Eid al-Fitr", che assomiglia, per certi versi, al Natale cristiano con il suo spirito di gioia, le sue celebrazioni speciali e l'usanza di scambiarsi doni.
hajj5. Il quinto pilastro è il pellegrinaggio alla Mecca o "Hajj". Almeno una volta nella sua vita ogni Musulmano adulto che ne sia fisicamente e finanziariamente in grado è tenuto a compiere un "sacrificio" di tempo, beni, status e comfort per effettuare questo viaggio durante il quale diventa un pellegrino del tutto al servizio di Dio. La stagione dei pellegrinaggi segue il Ramadan e ogni anno oltre due milioni di fedeli che rappresentano una diversità enorme di culture e lingue viaggiano da tutto il mondo alla volta della città santa della Mecca per formare una comunità unica che vive della sua fede. In aggiunta alla hajj esiste anche un rituale devozionale che viene indicato come  "pellegrinaggio minore" ("Umrah", cioè "visita") e che consiste nel  visitare i luoghi santi (Medina, Gerusalemme, etc.) in altri periodi dell'anno. è usanza comune che coloro che sono in pellegrinaggio eseguano anche i rituali della umrah prima, durante o dopo l'hajj, ma, comunque, nessuna umrah estingue l'obbligo dell'hajj.
 

  • INTOLLERANZA
Negli ultimi anni, dopo l'attentato alle Torri Gemelle, si è andato diffondendo una sorta di mito dell'Islam come una religione oscurantista, intollerante e violenta, leggendo il Corano come un testo che incitasse all'odio e alla lotta. In realtà la situazione, almeno dal punto di vista letterario e teologico in senso stretto, è ben diversa. Alcuni esempi, strutturati in forma di domanda e risposta, possono essere utili per comprendere come le cose stiano ben diversamente.

L'Islam è intollerante verso le altre religioni?
intolleranzaNonostante il recente esempio dei talebani in Afghanistan e sporadici conflitti tra Musulmani e Cristiani in Sudan, Nigeria, Pakistan e Indonesia, teologicamente e storicamente l'Islam ha una lunga tradizione di tolleranza.
Il Corano chiaramente e con forza afferma che
«non ci deve essere nessuna costrizione nella religione» [5], e che Dio ha creato non uno ma molti popoli e nazioni: molti passaggi sottolineano la diversità del genere umano e come Dio abbia deliberatamente creato un mondo di diversità. Un esempio in questo senso è dato dal versetto: «O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda. Presso Allah, il più nobile di voi è colui che più Lo teme.  In verità Allah è sapiente, ben informato» [6].
Certamente i Musulmani, come i Cristiani e gli Ebrei prima di loro, sono convinti di essere stati chiamati ad uno speciale rapporto di alleanza con Dio, dovendo costituire una comunità di credenti destinati a servire come esempio per altre nazioni  e a ristabilire un giusto ordine sociale [7]. è, però, altrettanto vero che i Musulmani hanno sempre guardato a Ebrei e Cristiani come "Gente del Libro", persone che hanno anch'esse ricevuto una rivelazione e una scrittura da Dio (la Torah per gli Ebrei e i Vangeli per i Cristiani) e che il Corano riconosce che i seguaci delle tre grandi religioni abramitiche, i figli di Abramo, condividono una credenza comune nell'unico Dio, nei profeti biblici come Mosè e Gesù, nella responsabilità umana e in un giudizio finale seguito da una eterna ricompensa o da una punizione infinita, tanto che leggiamo
«In verità, coloro che credono, siano essi giudei, nazareni o sabei, tutti coloro che credono in Allah e nell'Ultimo Giorno e compiono il bene riceveranno il compenso presso il loro Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti. Tutti condividono la comune speranza e la promessa della ricompensa eterna» [8].
Storicamente, mentre la prima espansione diffuse la legge islamica, i Musulmani non provarono a imporre la loro religione agli altri o li costrinsero a convertirsi. Come "Gente del Libro", Ebrei e Cristiani furono considerati come persone protette (dhimmi), a cui era consentito di mantenere e praticare la propria religione, di essere guidati dai loro stessi leader religiosi e di basarsi sulle proprie leggi e usanze religiose, a patto di pagare una tassa pro capite che provasse la loro fedeltà religiosa ("jizya"): mentre secondo standard moderni questo trattamento può essere considerato pari a una cittadinanza di seconda classe, in epoca pre-moderna poteva essere visto come un esempio molto avanzato di tolleranza (mentre, è bene ricordarlo, nessuna tolleranza esisteva nella Cristianità, dove Ebrei, Musulmani e Cristiani che non accettavano l'autorità del Papa venivano sottoposti a conversioni forzate, persecuzioni  o l'espulsioni).
coexist Nel tempo, alcune interpretazioni integraliste, dettate forse più da ragioni economiche e politiche che religiose, hanno contraddetto queste linee di fondo ma è indubbio che numerose scuole coraniche stanno cercando di reinterpretare le fonti della loro fede per produrre nuove interpretazioni religiose che parlino di pluralismo religioso nel mondo moderno. Molti riformatori sottolineano che la diversità e il pluralismo sono parte integrante del messaggio del Corano, che insegna che Dio ha creato un mondo composto di diverse nazioni, etnie, tribù e lingue e sostiene che
«Ad ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone: tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali siete discordi» [9].
Molti indicano l'esempio del Profeta e della sua comunità a Medina come esempio: la Costituzione di Medina acettava la convivenza di Musulmani, Ebrei e Cristiani e Muhammad discusse a lungo liberamente con i rappresentanti di altre religioni.
 
  • LE DONNE
     
Le donne sono cittadine di seconda classe per l'Islam?
Burqa La condizione delle donne nei paesi musulmani è stata pesso utilizzata per dimostrare che l'Islam è una religione oppressiva nei confronti del genere femminile sotto numerosi punti di vista, che vanno dalla libertà di vestirsi a proprio piacimento all'avere una rappresentanza legale o il diritto al divorzio. La vera immagine della donna nell'Islam è, però, molto più complessa di quanto possa apparire. In realtà, la rivelazione dell'Islam ha notevolmente sollevato la condizione delle donne arabe vietando l'infanticidio femminile, abolendo lo status delle donne come proprietà, stabilendo la capacità giuridica delle donne, concedendo alle donne il diritto di ricevere una loro dote personale, facendo passare il matrimonio da un contratto di proprietà a una definizione di relazione e permettendo alle donne di mantenere il controllo sui propri averi e sull'uso del proprio nome da nubile anche dopo il matrimonio. Il Corano, inoltre, ha stabilito il mantenimento finanziario delle donne da parte dei loro mariti e ha posto sotto controllo la possibilità del marito di divorziare senza ragione.
Il Corano, anzi, dice espressamente che uomini e donne sono uguali agli occhi di Dio e che l'uomo e la donna sono stati creati come parti uguali di una coppia, descrive la relazione tra uomini e donne come improntata ad "amore e misericordia", sostiene che uomini e donne sono uguali davanti a Dio [
10] e sono ugualmente responsabili del rispetto dei cinque pilastri dell'Islam, laddove è scritto che «I credenti e le credenti sono alleati gli uni degli altri. Ordinano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è riprovevole, eseguono l'orazione pagano la decima e obbediscono ad Allah e al Suo Messaggero. Ecco coloro che godranno della misericordia di Allah. Allah è eccelso, saggio. Ai credenti e alle credenti, Allah ha promesso i Giardini in cui scorrono i ruscelli, dove rimarranno in perpetuo, e splendide dimore nei giardini dell'Eden; ma il compiacimento di Allah vale ancora di più: questa è l'immensa beatitudine!» [11]. Questo versetto trae ulteriore significato dal fatto di essere l'ultimo del Corano ad affrontare i rapporti tra uomini e donne e alcuni studiosi sostengono, sulla base di contenuto e cronologia, che esso delinei la visione ideale delle relazioni tra i due sessi nell'Islam, improntate a uguaglianza e complementarità.
Di fatto, la maggior parte delle società islamiche sono state da sempre patriarcali e prima del ventesimo secolo Corano, hadith e legge islamica sono stati sempre interpretati da uomini il cui pensiero rispecchiava l'ambiente di provenienza. Le donne sono state attivamente impegnate nell'interpretazione delle fonti islamiche solo dall'inizio del XX secolo e da allora i riformatori hanno sostenuto che i versetti del Corano che favorivano gli uomini avevano bisogno di una reinterpretazione alla luce delle nuove realtà sociali, culturali ed economiche. Tradizionalmente alle donne è stato assegnato uno status di seconda classe sulla base del versetto in cui si dice
«Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande» [12], tuttavia, gli studiosi contemporanei hanno notato che la "priorità" in questo versetto si basa sulla responsabilità socio-economica degli uomini verso le donne ed esso non dice che le donne siano incapaci di gestire i propri affari, di controllarsi o di essere leader. Da nessuna parte nel Corano si trova che tutti gli uomini siano superiori, preferiti o migliori di tutte le donne, quanto piuttosto viene espresso il concetto che Dio abbia preferenze per alcuni individui sulla base della loro fede e non del loro genere.
Rights of womenTra l'altro, l'interpretazione del Corano è al centro di numerosi dibattiti e alcuni studiosi notano come il Corano stesso distingua tra due tipi di versi: quelli che sono principi universali e quelli che rispondono a specifici elementi legati a contesti sociali e culturali o a domande e che sono stati oggetto di interpretazione [
13]. Su questa base, essi ritengono che quei versi che assegnano maggiori diritti agli uomini (come, ad esempio, 2:223 e 2:228) riflettano un contesto patriarcale in cui gli uomini erano dominanti e responsabili unici del sostentamento delle donne e che oggi, piuttosto che essere interpretati alla lettera, questi versi dovrebbero essere riformulati in modo da riflettere gli interessi del benessere pubblico. Gli stessi riformatori sostengono, inoltre, che la parità di genere è l'ordine voluto da Dio, perché Dio non fa distinzioni basate sul sesso in materia di fede.
Un altro esempio ritenuto evidente di come le donne siano ritenute cittadine di seconda classe nel Corano è il versetto 2:282, nel quale si afferma che due testimoni femmine sono uguali a un testimone di sesso maschile. In tale versetto leggiamo:
«O voi che credete, quando contraete un debito con scadenza precisa, mettetelo per iscritto; che uno scriba, tra di voi, lo metta per iscritto, secondo giustizia. Lo scriba non si rifiuti di scrivere secondo quel che Allah gli ha insegnato; che scriva dunque e sia il contraente a dettare, temendo il suo Signore, Allah, e badi a non diminuire in nulla. Se il debitore è deficiente, o minorato o incapace di dettare lui stesso, detti il suo procuratore, secondo giustizia. Chiamate a testimoni due dei vostri uomini o in mancanza di due uomini, un uomo e due donne, tra coloro di cui accettate la testimonianza, in maniera che, se una sbagliasse, l'altra possa rammentarle. E i testimoni non rifiutino, quando sono chiamati. Non fatevi prendere da pigrizia nello scrivere il debito e il termine suo, sia piccolo o grande. Questo è più giusto verso Allah, più corretto nella testimonianza e atto ad evitarvi ogni dubbio; a meno che non sia una transazione che definite immediatamente tra voi: in tal caso non ci sarà colpa se non lo scriverete. Chiamate testimoni quando trattate tra voi e non venga fatto alcun torto agli scribi e ai testimoni; e se lo farete, sarà il segno dell'empietà che è in voi». In realtà numerosi studiosi contemporanei hanno rivisitato il senso del testo, che permette diverse osservazioni sul contesto storico-sociale in cui fu rivelato.
In primo luogo, il versetto precisa che stiamo parlando unicamente di una situazione legata a transazioni economiche o finanziarie ed è necessario ricordare che al tempo della rivelazione la maggior parte delle donne non erano attive nel mondo degli affari. Conseguentemente, l'esperienza di una donna in questi campi era molto probabilmente minore di quella di un uomo. Un'altra interpretazione, poi, sostiene che l'esigenza di due testimoni femminili per bilanciare la testimonianza di un uomo fosse basata sulla preoccupazione che i membri maschi della famiglia potessero fare pressione su una donna perché testimoniasse a loro favore. Altri ancora, infine, ritengono che il requisito di due donne come testimoni dimostri la necessità per le donne di avere accesso all'istruzione, sia laica che religiosa, al fine di ricevere la formazione e l'esperienza necessarie per essere uguali agli uomini in ambito lavorativo (ed è bene ricordare che il lavoro femminile non è proibito dal Corano): alla luce del diritto delle donne ad avere proprietà e fare i propri investimenti, chiaramente sancito dal testo coranico, questa interpretazione appare piuttosto in linea con i valori propugnati dal libro sacro.
famiglia islamicaDa ultimo, un altro settore in cui la discriminazione di genere è stata vista come storicamente evidente è la questione del divorzio: si ritiene che le donne abbiano poche possibilità di avviare una causa di separazione, mentre gli uomini non sono tenuti a fornire alcuna giustificazione o motivo per ripudiare le mogli. Tuttavia, il Corano non dà agli uomini tutta questa copertura legale e, anzi, garantisce l'uguaglianza femminile all'interno del diritto matrimoniale, laddove leggiamo:
«Le donne divorziate osservino un ritiro della durata di tre cicli, e non è loro permesso nascondere quello che Allah ha creato nei loro ventri, se credono in Allah e nell'Ultimo Giorno. E i loro sposi avranno priorità se, volendosi riconciliare, le riprenderanno durante questo periodo. Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini, ma gli uomini hanno maggior responsabilità. Allah è potente, è saggio» [14]. Questa uguaglianza di diritti nel divorzio si riflette anche nella letteratura hadith, e non a caso numerosi giuristi riformisti hanno rinviato al Corano e alle hadith per sostenere le odierne riforme del diritto di famiglia.
Per inciso, contrariamente a quanto si possa pensare, il Corano è servito anche come punto di riferimento per limitare la pratica della poligamia. Esso, infatti, al versetto 4:3, comanda:
«E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola o le ancelle che le vostre destre possiedono, ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti», affermazione che ha come corollario, al versetto 4:129, «Non potrete mai essere equi con le vostre mogli anche se lo desiderate. Non seguite però la vostra inclinazione fino a lasciarne una come in sospeso. Se poi vi riconcilierete e temerete [Allah], ebbene Allah è perdonatore, misericordioso», tanto che alcuni studiosi hanno voluto interpretare il tutto come un consiglio ad evitare la poligamia (che, per altro, aveva ragioni storiche legate alla necessità che qualcuno si prendesse cura, anche economicamente, delle donne  in un periodo in cui la mortalità maschile, a causa delle guerre, era altissima).

(continua ...)
 


NOTE:
(1) Per le analisi dei testi coranici cfr. in tutto il testo, A.Y. Ali, An English Interpretation of the Holy Quran, Lushena Books 2001, passim e  M.M. Ali, The Holy Qur'an with English Translation and Commentary, Ahamadiyya Anjuman Ishaat Islam 1991, passim.
(2) 4:48. Tutte le citazioni del Corano in italiano sono tratte da H.R. Piccardo, Il Corano, Newton Compton 2009.

(3) M. Clark, Islam for Dummies, For Dummies 2003, p. 47.
(4) 9:60.

(5) 2:256.
(6) 49:13.
(7) Rispettivamente in 2:143 e 3:110.
(8) 2:62.

(9) 5:48.
(10) Rispettivamente in 51:49, 30:21, 3:195.
(11) 9:71-72.
(12) 4:34.
(13) 3:7.
(14) 2.228.

 
    
  

    

      

©2012 Lawrence M.F. Sudbury

 


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