Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


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    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


 

5.1.5 AMBIENTE ED INQUINAMENTO

Mesi del calendario agricolo (S. Isidoro di Léon).

Nel Medioevo il sapere era saldamente nelle mani della Chiesa, infatti gli intellettuali erano quasi tutti religiosi e la cultura era incentrata sulla religione e sulla teologia. I problemi fondamentali riguardavano la fede e la salvezza dell’anima; la conoscenza della natura e dell’universo era invece un tema molto secondario.

Testimonianze dello sviluppo industriale del Medioevo - che ha preceduto e ha fondato, anche se soltanto dal punto di vista strettamente tecnologico, la rivoluzione industriale dei secoli XVIII e XIX - sono i fenomeni di inquinamento e di degrado ambientale, che in qualche modo colpiscono, certo meno che in epoca moderna, anche le popolazioni e il paesaggio dell’Europa medievale.

Possono essere individuate almeno quattro manifestazioni degne di nota: disboscamento indiscriminato, inquinamento atmosferico, inquinamento acustico e inquinamento delle acque  [5].

L’esplosione demografica che quasi raddoppia la popolazione europea fra il 1000 e il 1300, portando gli abitanti da 42 a 73 milioni circa, contribuisce a produrre guasti e distruzioni all’ambiente.

«Vennero distrutti migliaia di ettari di foresta per aumentare la superficie delle terre arabili e dei pascoli. Inoltre, a parte il fatto che all’epoca il legno era il principale combustibile sia per uso domestico che per uso industriale, serviva anche nella costruzione delle case, dei mulini ad acqua e a vento, dei ponti, delle installazioni militari, delle fortificazioni, delle palizzate di difesa, delle botti e dei tini dei vignaioli. Le navi erano di legno come pure le macchine e i telai dei tessitori.

I conciatori e i cordai utilizzavano la corteccia di certe specie di alberi. Le fabbriche di vetro soffiato e l’industria del ferro distrussero foreste intere per attivare i loro forni e le loro forge. Si può avere un’idea precisa dell’estensione dei danni causati alle foreste dai fonditori pensando che per ottenere 5 kg. di ferro occorreva trattare 200 kg. di minerale bruciando almeno 25 steri (25 m3) di legno. Si è stimato che in 40 giorni una sola carbonaia poteva disboscare una foresta nel raggio di un chilometro [...] ».

Già nel 1140 si abbatteva selvaggiamente la foresta!

Sugero [6], abate di Saint-Denis e primo ministro «[...] parla, in una delle sue opere autobiografiche, della difficoltà avuta per reperire le travi lunghe 35 piedi necessarie alla costruzione della navata dell’abbazia di Saint-Denis. I carpentieri del cantiere affermavano che era impossibile procurarsi una sola trave di quelle dimensioni nella regione parigina».  

Analogamente, in Inghilterra, a metà del secolo XIV, «la costruzione del castello di Windsor esigette il taglio di un’intera foresta: furono abbattute esattamente 3004 querce. E come se ciò non bastasse, dieci anni più tardi furono abbattute 940 querce nei boschi di Combe Park e di Pamber, portando il totale del taglio per il solo castello di Windsor a 3944 alberi».

 

Ben presto si fanno sentire le conseguenze di questo disboscamento selvaggio, perché il legno diviene materiale raro e costoso. Anche il legno come combustibile deve essere sostituito e il combustibile alternativo è il carbone. Facilmente estratto, almeno inizialmente, in pozzi che di rado superavano i 6-15 metri di profondità, il carbone viene a costituire anche una consistente fonte di introiti.

Tuttavia, insieme con l’uso quotidiano di questo combustibile, la società medievale conosce anche l’inquinamento atmosferico:

«La prima persona a soffrirne, o almeno a notarne gli effetti dannosi, fu la regina Eleonora d’Inghilterra che

 nel 1257 abbandonò precipitosamente il castello di Nottingham, lamentandosi di essere disturbata dai fumi pestilenziali della città industriale» .

La regina Eleonora non fu comunque la sola a subire i fastidi dell’aria inquinata dai fumi di carbone. Verso la fine del Duecento Londra, infatti, si apprestava a costruirsi la fama di città dello smog essendo in pratica «la prima città del mondo a soffrire per l’inquinamento atmosferico. Nel 1285 e nel 1288 sono menzionate lamentele contro i forni da calce che infettano e corrompono l’aria della città. Furono istituite commissioni d’inchiesta. Nel 1307 venne emesso un proclama reale a Southwark, a Wapping e a East Smithfield per vietare l’uso del carbone di mare nei forni da calce sotto pena d’ammenda».

Un fenomeno di minori proporzioni rispetto ai due appena descritti, ma chiaramente identificato, è nel Medioevo costituito dall’inquinamento acustico: infatti, nelle vicinanze delle fonderie e delle botteghe dei fabbri, era rilevabile il baccano delle forge e delle incudini. I documenti pervenuti fino a noi testimoniano le denunce di migliaia di persone i cui sonni erano disturbati dai rumori provenienti dalle fucine adiacenti. Assai curioso è un componimento in versi di un anonimo francese del secolo XIV che, esprimendo in modo pittoresco la sua collera per le notti perdute a causa dei rumori dei fabbri, così conclude:

Tik, tak, hic, hack, ticket, tacket, tyk, tyk,

Lus, bus, lus, das. Que Dieu les maudisse

ces gacheurs du sommeil de nos nuits.

«Tik, tak, hic, hack, ticket, tacket, tyk, tyk, 

Lus, bus, lus, das. Che Dio maledica

questi disturbatori del sonno delle nostre notti».

 

Più consistenti e più seri, tanto da interessare ancora una volta le autorità, sono i fenomeni di inquinamento delle acque. «I Macelli e le Concerie, queste ultime in modo particolare, ne sono ritenuti responsabili. Le municipalità si sforzarono sempre di allontanare i macellai e i conciatori [...] a valle dei fiumi e al di fuori delle città».

Due esempi valgono a dare un’idea dello stato delle acque nelle aree ad alta concentrazione industriale.

A Parigi, nel 1366, il Parlamento ordina che la macellazione e lo squartamento del bestiame, generalmente praticati sul posto, vengano fatti lungo un corso d’acqua a valle della città. Il decreto si rende necessario in quanto qualcosa come 250 mila capi di bestiame erano macellati ogni anno. Dati del 1293 testimoniano l’abbattimento di 188.522 ovini, 30.116 buoi, 19.604 vitelli e 30.784 maiali: una quantità più che sufficiente per inquinare la Senna.

In Inghilterra, nel 1425, a Colchester, nella contea dell’Essex, i birrai si lamentavano del fatto che i conciatori "infestassero" le acque da essi utilizzate per produrre la birra. Il termine "inquinamento" non esisteva ancora, ma il linguaggio del Medioevo era altrettanto espressivo. In un documento dell’epoca si legge che «la corruzione del fiume è così grande che gli stessi pesci muoiono».

Da ultimo, vale la pena di ricordare che la prima legge nazionale anti-inquinamento risale al 1388, ed è votata dal parlamento inglese riunito a Cambridge. Questa legge riguardava sia l’inquinamento atmosferico che quello delle acque. Molto puntualmente era fatto divieto di gettare qualsiasi rifiuto nei fiumi o di lasciarlo trascinare lungo le strade. Tutte le immondizie dovevano essere trasportate fuori della città, «altrimenti - affermava la legge - l’aria sarà fortemente corrotta e avvelenata, innumerevoli malattie e intollerabili epidemie imperverseranno ogni giorno».

Città medievale

 


5 Jean Gimpel, La révolution industrielle du Moyen Age, Éditions du Seuil, Parigi 1975.

6 Sugero fu l’artefice della ricostruzione di Saint Denis, di cui fu abate a partire dal 1122. Fu figura di grande spicco nella Francia del XII secolo: consigliere e biografo del re Luigi VI il Grosso, reggente di Luigi VII, quando il sovrano viaggiò in Terrasanta, coltivò svariati interessi, dalla letteratura alla teologia, dall'arte alla politica, mostrandosi infaticabile nelle diverse attività, saggio nel governare, rigoroso nella dottrina, cultore appassionato dell'arte.

  

©2005 Raimondo G. Russo

  


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