Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


  


    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. LE EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


5. LE EPIDEMIE [1] FACEVANO MIGLIAIA DI VITTIME

 

… a  Berwick (al confine fra Scozia e Inghilterra), nel 1196, accadde che …

… viene seppellito un uomo ricco ma malvagio, che di notte “per il potere di Satana” esce dal sepolcro e terrorizza gli uomini e anche gli animali. Dopo pochi giorni nessuno ha più il coraggio di uscire di notte. Che si tratti di un artificio di Satana diventa chiaro quando il defunto stesso suggerisce a qualcuno il metodo per far cessare le sue apparizioni: si esumi il suo corpo e lo si bruci. Così viene fatto, ma il corpo non è affatto incorrotto: è invece orribilmente decomposto. Viene bruciato, ma i miasmi dell’esumazione causano una terribile pestilenza che si porta via la maggior parte della città. In nessun altro luogo la malattia fu così virulenta, benché certo nello stesso periodo vi fossero state epidemie nei diversi distretti dell’Inghilterra …

   

Nell’Europa medioevale il Drago era particolarmente temuto e si diceva che spargesse epidemie, avvelenasse le fonti, appiccasse gli incendi e rapisse le fanciulle. Esistevano principalmente due forme di drago in Europa, il drago araldico e la viverna. Il drago araldico è quello classico, con quattro zampe, due ali, una coda e che sputa fuoco. La viverna invece ha due zampe da aquila, due ali, la coda e oltre a sputare fuoco può avvelenare le fonti e diffondere epidemie.

  

Queste, come tante altre storie, vennero narrate, nelle varie parti del mondo medievale, per tentare di spiegare il succedersi di avvenimenti nefasti, quali l’avvicendarsi di malanni e vere calamità, che oggi possiamo racchiudere forse in un unico capitolo: le EPIDEMIE.

  

LE EPIDEMIE NELLA STORIA [2]

La storia è costellata di epidemie, spesso di tale portata da aver decimato intere popolazioni e nazioni, modificando il corso delle guerre e delle conquiste. La più antica epidemia viene riportata addirittura nella Bibbia e si racconta che fu una malattia sconosciuta a contagio sessuale che uccise 24 mila israeliti quando questi si unirono con delle prostitute moabite.

I rapporti tra l'uomo e gli agenti infettivi sono andati incontro a una serie di transizioni epidemiologiche caratterizzate da cambiamenti nei patogeni prevalenti e nelle dinamiche di trasmissione.

I viaggi e le guerre aumentarono tra civilizzazioni contigue dell'Eurasia e le malattie virali eruttive che originavano nell'Asia del sud cominciarono a diffondersi. L’esito dei conflitti tra le civiltà antiche, come poi sarà anche per molte guerre moderne, venne spesso condizionato dallo scoppio di improvvise epidemie dovute gli addensamenti di popolazioni in cui si potevano rapidamente diffondere agenti infettivi.

  

Se ne ricordano qui alcuni esempi dell’antichità:

La cosiddetta "peste di Atene" tra il 430  ed il 427 a.C., che fece forse 15-20.000 morti nella popolazione, per Tucidide veniva dall'Etiopia: verosimilmente il contagio fu favorito dalla concentrazione della popolazione in città conseguenza dell'arrivo degli sfollati dalle campagne davanti alle armi spartane; il vaiolo arrivò a Roma con le truppe che tornavano dalla Siria; la peste di Antonino del 165 d.C. ebbe un impatto devastante, mentre il vaiolo spopolava molte regioni nell'Impero occidentale. La peste vi fu nuovamente nel 262 d.C. e causò 5 mila morti al giorno. Di fatto, l'impero Romano crollò sotto l'aggressione delle tribù germaniche e delle epidemie. Così come l'arrivo della peste bubbonica a Costantinopoli nel 542 (peste di Giustiniano) destabilizzò l'Impero Romano d'Oriente.

Tra gli autori latini ricordiamo Lucrezio che descrisse gli orrori della peste nel De rerum natura e Virgilio che descrive la peste nel terzo libro delle Georgiche.

Tali fenomeni epidemici sono interpretati a posteriori, sulla base dei segni e sintomi descritti dagli antichi cronisti, come dovuti a malattie infettive che riconoscono come agenti causali microorganismi (virus, batteri, treponema, rickettsie) a noi oggi noti. Ovviamente vennero considerate varie cause ed a volte veramente fantasiose ed incredibili: nessuno conosceva i germi o come le malattie si diffondessero e men che meno gli eventuali rimedi.

  

I medici erano poco numerosi e non potevano raggiungere con le loro cure, comunque scadenti e basate spesso sulla stregoneria, il mondo campagnolo dove vi era una specie di selezione naturale e una lotta per la vita, definita una delle più importanti e tragiche caratteristiche della vita medievale.

Le fasce di età in cui si riscontrava il maggior numero di morti sono la nascita, l'infanzia e la pubertà: si era considerati fortunati se si superava l’età di cinque anni. L’età media di un adulto era tra 28 e 32 e quindi a 35 anni una persona si poteva considerare già vecchia.

La morte era vista come un fenomeno del tutto abituale e spaventava solo quando era fortemente dolorosa o di gran numero, cioè quando vi erano epidemie. La malattia veniva considerata legata al soprannaturale e quindi era curata con una mistura di magia e religione.

I medici avevano ben poca conoscenza per contribuire alla cura della gente e gli ospedali non curavano effettivamente le malattie. Quando qualcuno si ammalava, gli amici ed i parenti pregavano i Santi perché guarisse e fornivano all’ammalato tutto il conforto possibile.  

Il fatto che il malato e le malattie fossero all’ordine del giorno, portò l’uomo medievale a considerare il morbo come una peculiarità dell’umanità, erede del peccato originale di Adamo ed Eva.

Le epidemie perciò diventarono il flagello con cui Dio puniva i suoi figli, e proprio per questo vennero viste come un valore positivo.

 

Isidoro di Siviglia nel VI secolo scriveva di malanni dovuti al contagio e del contaminare ciò che si toccava. Tali malattie potevano essere provocate da vari elementi, presenti nell’armosfera o provenienti dalla terra. L’uomo ne era tramite e oggetto al tempo stesso. Pestilentia indicava e comprendeva le malattie contagiose, come supposto da Galeno (I sec.) e accreditato da Alberto Magno (XIII secolo) che descrisse il «morbus pestilentialis» che proveniva per lo più dall’aria. (Si parlerà in seguito, in 6.4, dell’igiene nell’Alto Medioevo, N.d.A.)

Nelle città un canale artificiale di drenaggio all’aperto correva lungo la mezzeria della strada e la gente vi gettava ogni giorno la pattumiera, animali morti, e rifiuti umani. Nessuno si lavava regolarmente, contribuendo così alle malattie della pelle e ad un ulteriore diffusione dei germi.

La malattia era circondata da misteri e superstizione. Diffuse erano la dissenteria, le affezioni respiratorie, la malaria (endemica in alcune aree); particolare gravità ebbero il morbillo (nome coniato in Italia, dove in ”volgare” significava "piccolo morbo") e la scarlattina, che furono anche mortali.

 

Tra le vere e proprie EPIDEMIE, quelle più diffuse durante tutto il Medioevo furono: il fuoco sacro, la peste bubbonica e polmonare, la lebbra, il vaiolo.

Queste patologie verranno trattate in seguito, ma prima è opportuno ricordare alcuni importanti aspetti del viver quotidiano nel quale si svilupparono.

  


1 Giuseppe Penso, La Medicina Medioevale, CIBA-GEYGY ed., 1991, pp. 359-372 e pp. 501-510. Arturo Castiglioni, Storia della Medicina, A. Mondadori, Milano 1936, pp. 219-220, 304-311, 488-493, e altri. Bibiografia: pp 350-351.

2  Gilberto Corbellini, Sezione di storia della medicina, Dipartimento di medicina sperimentale e patologia, Università di Roma "La Sapienza".

  

  

©2005 Raimondo G. Russo

  


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