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FINESTRA SUL PASSATO:

Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio

     a cura di Pasquale Fallacara


 
 

Immagini del Casino Ilderis. In basso a destra: l'ingresso laterale.

 

In basso, a sinistra: garitta; a destra: chiesetta interna.

 

In basso, sinistra: l'altare della chiesetta; a destra: topografia del Casino.

 

   

   

Il casino Ilderis anche impropriamente detto “Torre del Conte”, antica residenza settecentesca campestre della nobile e potente famiglia bitontina Ilderis, sorge libera fra i verdi ulivi penduli al centro di un esteso corpo rurale confinante a sud con l’antica via Appia–Traiana, a nord con la SS 98 ed a est con la vicinale “madre e figlia“. All‘imponente struttura si accedeva tramite tre viali lunghi circa mt. 300 e larghi mt.10, un tempo abbelliti da filari di “pinus pinea“, arbusti dalla larga chioma ad ombrello, dei quali oggi purtroppo residuano soltanto due esemplari ormai rinsecchiti e senza vita. Percorrendo i viali si giunge ad uno spiazzo “patio” a semicerchio cintato su cui si affaccia la villa avente pianta rettangolare, sviluppata su tre piani ed abbellita da due rampe di scale ornate da balaustre che portano al loggiato del primo piano.

L’immenso complesso è dotato di due capienti pescare e di una grande cantina della capacità di 14 botti dalla quale tramite una scalinata in pietra si giunge al piano terra , caratterizzato da una bella facciata in bugnato e costituito da vari locali voltati a botte. Qui troviamo la sala refettorio, le scuderie, le cucine con grandi focolai e grandi dispense,  l’abitazione del torriere e la cappella gentilizia. Quest’ultima situata all’estremità ovest del complesso, voltata a vela e coperta esternamente da una piramide rivestita da piccole tegole d’argilla, presentava sulla facciata in asse con il portale una targa marmorea a guisa di cartiglio. Internamente presentava un altare alla “Romana “ un’acquasantiera, credenzolette di marmo, ricche decorazioni in stucco ed un’antica tela a soggetto sacro ormai  scomparsa.

Tramite le due rampe di scale esterne o la scaletta interna a chiocciola, detta a “caracò”, si giunge al  primo piano, piano nobile, dove vi residuano vari ambienti destinati ad abitazione, servizi, un’ampia sala soggiorno con volta a padiglione completamente affrescata e due immense loggie. L’ ultimo piano è costituito dalle soffitte le cui volte sono a capriate lignee coperte da tegole.

L’imponente residenza di proprietà della nobile famiglia Ilderis (De Ilderis, Ilteris, Ildaris), proveniente dalla Boemia, giunta nel sec. XI nel Mezzogiorno d’Italia, fu fatta costruire inizialmente dal Conte Antonio, rampollo dell’omonima famiglia e portata a termine dal figlio Giovanni Antonio, inaugurata il 23 ottobre 1755 alla presenza del Vescovo di Giovinazzo D. Giuseppe Orlandi.  Giuseppe Antonio Ilderis fu Barone del Sacro Romano Impero, Conte Palatino e Consigliere Aulico dell’imperatore Austriaco, tenne la Commenda Gerosolomitana di Sovereto e S. Nicola di Molfetta.  Agli inizi del XVIII secolo, gli Ilderis acquistarono la “Selva di Primignano” e successivamente la “Selva di Durante” per circa 5000 ducati. In quest’ultima proprietà, denominata “Bosco del Sig. Conte Ilderis di Bitonto”, della grandezza di 271 vigne, immisero 182 braccianti agricoli bitontini e terlizzesi.

Dal rilievo topografico eseguito nel 1755 dal “compassale” (disegnatore) Michele Uva di Bisceglie, apprendiamo che a quei tempi tale proprietà avente una forma di trapezio rettangolare, era confinante rispettivamente con la via Traiana, con la vastissima proprietà della nobile famiglia Alburquerque, con la matina dell’Universitas di Terlizzi e con il Bosco della Commenda di Sovereto. I lavori per la realizzazione della villa furono diretti dal capomastro Nicola Valentino appartenente ad una nota famiglia di architetti e capimastri bitontini e coadiuvato dal muratore molfettese Anselmo Sgheza (carte Ilderis, fasc. 865/117).

Qui nel periodo estivo il conte soggiornava circondato dalla servitù, da guardie armate e da schiavi venuti dalla “Soria”, lontana terra situata nelle vicinanze di Gerusalemme. Qui i cavalieri Gerosolimitani, durante il loro peregrinare, avevano diritto di soggiorno.  In queste stanze, il patriota Don Giovanni Antonio si incontrò con Cozzoli per stabilire il convegno notturno fra i liberali del barese tenutosi il 1840 a S. Spirito.

L’antica struttura attualmente catalogata al foglio 177 della Carta d’Italia dell’Istituto Geografico Militare, inserita tra le masserie di particolare interesse storico-artistico, abbandonata a se stessa, a causa dell’incuria del tempo e dei soliti vandali (arredi, infissi e motivi decorativi sono stati in gran parte asportati), versa in completo disfacimento. E pensare che l’immensa villa, vicinissima alla statale 98, potrebbe trasformarsi in una bellissima e caratteristica struttura ricettiva, immersa nella quiete delle nostre verdi campagne, riappropriandosi dell’antica munificenza perduta.

           

   

  

©2011 Pasquale Fallacara

    


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