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FINESTRA SUL PASSATO:

Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio

     a cura di Pasquale Fallacara


 
 

Immagini del Casino del Carmine. In basso, a destra: veduta posteriore; a destra: l'ingresso della chiesetta.

 

In basso, a sinistra: lo stemma dei Carmelitani, un tempo presente sull'architrave della chiesetta; a destra: lo stemma dei Carmelitani.

 

   

   

Percorrendo la strada vicinale “Megra”, giunti in località “Malnome“, a circa 5 km da Bitonto, tra i verdi ulivi penduli sorge l’antico “Casino del Carmine”, che per la sua particolare architettura ed i materiali impiegati è databile agli inizi del XVIII secolo.

La vetusta struttura produttiva, caratterizzata da una possente torre vedetta difensiva, un tempo dislocata anche a difesa del territorio bitontino, di pianta quadrangolare, alta circa 6 metri, a due piani, presenta un paramento murario costituito dai classici tozzi conci calcarei appena sbozzati a martelletto e posti in opera secondo la tradizionale tecnica delle “pietre a secco”, differenziato dalla muratura di restauro, caratterizzata da “tufo carparo” a filari paralleli. La facciata principale è caratterizzata da uno stretto e basso ingresso incorniciato da massicci stipiti in pietra e da varie finestrelle le quali garantiscono una sufficiente illuminazione interna. Sui rimanenti lati, addossati alla torre vi sono vari ambienti destinati probabilmente a stalle, magazzini, resti di un “palmento” con cisterna, ed una piccola chiesetta. Quest’ultima, voltata a botte con altare in pietra, un tempo era abbellita dallo stemma araldico dei carmelitani (scudo incoronato sul quale è stilizzato il Monte Carmelo con alla base le tre stelle che simboleggiano Maria, Elia ed Eliseo, sormontato dalla croce di Gerusalemme), posto in asse sull’architrave d’ingresso, purtroppo ormai scomparso sottratto dai soliti ignoti.

L’antico casino, grancia della chiesa di S. Maria del Carmelo (sec. XVI) ubicata fuori le mura bitontine presso la “Porta della Lama maggiore”, apparteneva all’ordine dei “Carmelitani”, giunti a Bitonto a seguito di frate carmelitano Giovanni da Napoli, professore di sacra teologia. Nei dintorni del casino anticamente vi erano estesi vigneti dai quali i frati carmelitani raccoglievano l’uva che successivamente veniva lavorata nel palmento. Gli stessi frati, nei momenti di preghiera, si ritiravano all’interno della chiesetta, dove affluivano le genti delle masserie limitrofe per assistere alle funzioni religiose.

Nel settecentesco rilievo morfologico del territorio di Bitonto presente nella “Carta Rizzi Zannoni” il rustico viene indicato con il toponimo “Carmine”. Nella mappa edita nel 1874 dall’Istituto Topografico Militare (foglio 177 III), viene riportato con il toponimo “Casino del Carmine”, situato nelle immediate vicinanze di un rudere attualmente scomparso segnalato con “Torre di Cazzettograsso diruta”. Con lo stesso toponimo viene riportato nella “Carta d’Italia” (foglio 177 III S.E.) edita nel 1949 dall’Istituto Geografico Militare posizionato nella contrada detta “Cazzillo”. In questa località, nel tempo numerose sepolture sono tornate alla luce, restituendo molteplici reperti archeologici databili all’età del Bronzo, del Ferro, ed al V-IV sec. a.C. le quali attestano la presenza di un insediamento preclassico, sul quale si formò un notevole centro abitato quasi certamente circondato da muraglia.

Secondo una leggenda popolare, e dall’esame di alcuni reperti pare si trattasse di una località “Ad Veneris”, ove era in auge il culto fallico, orgiastico, dionisiaco. Col tempo il pudore cristiano ha cambiato denominazione alla contrada passando da “Cazzillo” a “Malnome”.

Attualmente di proprietà della famiglia Lovascio, il casino sta tornando al suo originario splendore grazie a lavori di restauro, durante i quali, a seguito di interventi interni, sul focolare è stata rilevata scolpita la data 1739 che confermerebbe la sua datazione.

           

   

  

©2011 Pasquale Fallacara

    


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