Sei in: Mondi medievali ® Chiese, abbazie, monasteri, edifici religiosi italiani ® Puglia ® Provincia di Foggia


a cura di Stefania Mola

pag. 2

Le immagini:  pag. 1    la chiesa e il monastero    l'edificio attuale    nuove ipotesi    la decorazione scultorea    l'icona mariana    la fontana lustrale    da leggere


 

Icona della Madonna

  

     

LA SCHEDA

Alla fine del XIV secolo l’abbazia garganica venne abbandonata del tutto ed i suoi beni dati in commenda a non residenti. Al cardinale Ginnasi (1586-1603) va il merito di aver restaurato il complesso monastico, così come attesta la presenza del suo stemma sul portale di accesso al monastero. Nella chiesa era custodita l’immagine della Madonna (foto sopra), realizzata verosimilmente nel XIII secolo secondo un tipo iconografico largamente diffuso in Puglia, che attirava ancora un certo numero di fedeli e pellegrini. L’irreversibile distruzione giunse nel 1646, quando un violento terremoto provocò la rovina degli edifici del complesso, nonché la perdita del suo prezioso archivi.

L’edificio attuale

Quella che vediamo oggi, racchiusa oggi entro le possenti mura del monastero e affiancata da ambienti la cui funzione non è, per il momento, riconoscibile, è la chiesa nella veste architettonica riconducibile all’operato dell’abate Gioele; la facciata, rifatta in un periodo imprecisabile (forse in relazione con il terremoto del 1646, che arrecò gravi danni a tutto il complesso monastico) accorciò l’originaria lunghezza della navata di una campata. Questa importante modifica è verificabile osservando proprio il prospetto, sul quale sono stati riposizionati il portale d’ingresso originario, due finestre ed un oculo decorati con motivi vegetali (che trovano confronti con la produzione scultorea della Capitanata e dell’Abruzzo della seconda metà del XII secolo): all’esterno, infatti, sono visibili in alto una mensola ed un capitello per lato che, “attraversando” la muratura, denunciano la loro appartenenza agli ultimi pilastri presenti all’interno dell’edificio.

L’interno è a navata unica, scandita sui muri perimetrali da arconi slanciati, con ampia zona presbiteriale orientata a nord, leggermente disassata rispetto al corpo longitudinale, e terminante con la grotta originariamente nucleo dell’insediamento. Lateralmente, due piccoli settori della grotta ospitano la tomba dell’abate Giordano (morto nel 1145) e un altare inglobato in una piccola costruzione in muratura dal tetto a spioventi.

Molto probabilmente in origine la navata doveva essere affiancata da navatelle; le arcate sul lato ovest, infatti, sono chiuse da muri di tompagno, lasciando intuire la presenza di vani laterali. La probabile navatella sul lato est potrebbe essere identificata con la serie di piccoli ambienti, oggi molto modificati, che si protendono verso la zona presbiteriale.

Nuove ipotesi

Un esame particolareggiato delle strutture architettoniche ha portato a formulare alcune nuove ipotesi circa le fasi di vita del complesso (Bertelli 1998 c.d.s.). L’edificio di Gioele, quello oggi visibile, utilizzò strutture già esistenti, realizzate ad un livello più basso rispetto all’odierno, come denuncia la presenza verso sud-ovest di alcune arcate impostate ad una quota inferiore all’attuale, dalle quali si dipartono attacchi di ulteriori arcate con andamento est-ovest. La chiesa precedente doveva avere quindi, come si è accennato, una campata ulteriore verso sud ed articolarsi almeno in due navate (molto probabilmente ve ne doveva essere anche una terza, che per motivi orografici si doveva sviluppare ancora più verso occidente). Inoltre verso nord, sia a fianco della chiesa di XII secolo, sia all’interno della stessa, dietro la tomba dell’abate Giordano, sono leggibili alcune strutture relative ad una fase architettonica precedente che permettevano l’accesso alla profonda grotta che si apriva nel fianco della montagna che, secondo la tradizione orale, viene ancora oggi chiamata “dell’Arcangelo”.

La sequenza insediativa di Pulsano sembra dunque articolarsi così: 1) esistenza di una vasta grotta; 2) chiusura della parte frontale con una serie di arcate con andamento est-ovest; 3) realizzazione di un edificio, probabilmente a tre navate; 4) realizzazione ad un livello più alto rispetto all’edificio già esistente della chiesa comunemente ascritta all’età di Gioele, consacrata da papa Alessandro II il 27 gennaio del 1177, e attestata da una bolla contenente tra l’altro l’elenco dei privilegi riservati all’abbazia garganica e delle sue dipendenze, tra le quali sono annoverati i monasteri di S. Stefano a Mattinata, di S. Giovanni presso Cagnano Varano, di S. Pietro in Cuppis presso Ischitella, di S. Lorenzo presso Vieste nonché quello femminile di S. Cecilia presso Foggia.

Assegnare una cronologia alle fasi precedenti il XII secolo risulta cosa ardua in mancanza di precisi riferimenti documentari. Alcuni elementi però sembrerebbero avallare, per la chiesa precedente quella oggi visibile, una datazione intorno al X secolo; la fase più antica è per il momento difficilmente individuabile cronologicamente, ma potrebbe, per motivi legati proprio alla presenza del santuario di S. Michele a Monte Sant’Angelo, essere collocabile in pieno alto medioevo. Solo accurate indagini archeologiche nell’area, in aggiunta ad una lettura stratigrafica delle murature, potranno permettere una rilettura più certa delle fasi di vita del complesso pulsanese.

La decorazione scultorea

Sugli alti pilastri della navata della chiesa si conservano mensole decorate da motivi a palmette, aquile angolari, testine umane con occhi arricchiti da pietre colorate e, verso la facciata, capitelli con animali appaiati. Fino a qualche tempo fa, all’interno, erano presenti alcune importanti decorazioni scolpite, oggi in parte conservate nel Museo Lapidario della basilica di S. Michele Arcangelo a Monte e in parte trafugate, strettamente legate dal punto di vista stilistico alla produzione scultorea abruzzese della seconda metà del XII secolo (S. Clemente a Casauria, Corfinio, Pentima), come testimoniano la ricorrenza di certi ornati vegetali – ad esempio, il fiore di giaggiolo – e i modi di certe suppellettili liturgiche. Tutto ciò, senza escludere contatti culturali consueti e tradizionali con la Francia meridionale, se non addirittura presenza di maestranze originarie di quelle zone, come farebbe pensare la raffinatezza e la complessità della fontana lustrale sistemata in origine all’esterno della chiesa (ed oggi nel museo del santuario di Monte), su cui si affollarono figurazioni plastiche legate all’iconografia biblica.

I frammenti erratici provenienti da Pulsano oggi conservati nel Museo di Monte Sant’Angelo, vengono unanimemente attribuiti al periodo dell’abate Gioele, quello di massimo splendore e disponibilità finanziaria dell’abbazia; l’indiscusso legame con opere abruzzesi compiute entro l’ottavo decennio del XII secolo ha fatto ipotizzare la presenza di maestranze, forse locali, attive in Abruzzo all’indomani della consacrazione di Pulsano.

L’icona mariana

Sino al 1966 la chiesa di Pulsano custodiva la veneratissima icona della Madonna con Bambino, tavola dipinta a tempera in seguito scomparsa e mai più recuperata. Essa raffigurava la Vergine Odegitria affiancata da angeli ed accompagnata in basso dalla figurina del committente.

Iconograficamente apparentata con il gruppo di immagini mariane convenzionalmente legate alla tavola di Andria (o a quella di S. Maria di Siponto), la Madonna di Pulsano se ne distaccava sul piano stilistico – soprattutto per certe asprezze grafiche – richiamando piuttosto i modi della scuola adrio-macedone. Da questo punto di vista appariva prossima alla Madonna di Corsignano custodita nella cattedrale di Giovinazzo, ed è stata unanimemente attribuita agli ultimi anni del Duecento nonché alla mano di un maestro pugliese.

 

La fontana lustrale

La fontana lustrale

Altrove citata come ciborio, tempietto, e, per affinità di forma e probabili funzioni, spesso confrontata con il fonte battesimale di S. Frediano a Lucca, quella di Pulsano era molto probabilmente una fontana lustrale (foto sopra) ad uso dei pellegrini, che potevano servirsene all’esterno del complesso abaziale. Oggi conservata nel Museo del Santuario micaelico, fino al 1971 risultava all'esterno dell’abbazia, presso l’ingresso sud-orientale.

La fontana si compone di un basamento, costituito da quattro figure zoomorfe accovacciate, intervallate da colonnine dotate di preziosi capitelli, e di una vasca, intorno alla quale si dispongono dieci protomi zoomorfe ed antropomorfe (lepre, montone, felini) e i fori per la fuoriuscita dell'acqua. Nella parte alta, costituita da una calotta che sovrasta la “coppa” e funge quasi da coperchio, quattro scene figurate ordinate su doppio registro, inserite in edicole con colonne angolari sostenute da protomi animali, i cui timpani sono affiancati dalle figure e dai simboli degli Evangelisti.

A parte le numerose e gravi lacune, maggiormente visibili in seguito alla ricomposizione, si riconoscono le raffigurazioni di Balaam sull’asina, accompagnato da un’iscrizione lacunosa [hic balaa(m) / hortante(m) / ter / .../...asellam] e sovrastato da una scena tradizionalmente indicata come la Natività (ma altrove come l’incontro tra Anna e Gioacchino, genitori di Maria, presso la Porta Aurea); poi la scena dell’Annuncio a Zaccaria della nascita del Battista (più probabilmente e semplicemente un’Annunciazione) sottostante alla raffigurazione di una mirrofora al sepolcro, sul quale campeggia la figura dell’angelo; ancora, San Pietro e San Paolo sovrastati dalla Crocifissione; e infine il miracolo di Mosè che fa scaturire l’acqua dalle rocce, accompagnato anch’esso da un’iscrizione assai lacunosa [p(er)cu.../hic moysis … fit unda] e sovrastato da una scena identificata come l’Ascensione.

La fontana è probabile opera di artefici operanti a Monte Sant’Angelo nel XII-XIII secolo. Tra tutti i frammenti del museo ricollegabili alla dispersa suppellettile di Pulsano spicca per dimensioni, singolarità e raffinatezza d’intaglio e, al pari degli altri reperti, è attribuibile verosimilmente al periodo di Gioele, terzo abate di Pulsano, in carica tra 1144 e 1177; fu questo infatti, secondo le fonti, il periodo di massimo splendore e disponibilità finanziaria dell’abbazia in relazione all’incremento del numero di altari ed all’arricchimento degli arredi liturgici.

Per forma ed iconografia rappresenta tuttavia una voce quasi isolata nel panorama del romanico meridionale. Anche la stessa funzione di vasca battesimale, giustificata con la presenza dell’episodio legato alla figura di Mosè, si rivela di debole consistenza proprio se confrontata con il noto fonte di S. Frediano a Lucca più volte chiamato in causa. Il colto programma iconografico della fontana pulsanese, infatti, che si svolge su doppio registro sul corpo della vasca, più che fare riferimento al tema del Battesimo inteso come rituale, individua un duplice percorso di rigenerazione imperniato sulla manifestazione di Dio: quello scandito dalle tappe salienti della vicenda di Gesù; e quello profetico, su cui si fonda l’annuncio della possibilità di salvezza, adombrata (attraverso alcune notissime prefigurazioni di Cristo) tanto nella profezia legata a Balaam («un astro sorgerà da Giacobbe»), quanto nella metafora dell'acqua (Mosè) e nella figura degli apostoli (Pietro e Paolo) che del messaggio di salvezza sono veicoli fondamentali insieme all'Angelo.

I due registri figurati sembrano instaurare una serie di relazioni incrociate tra le singole scene, alcune delle quali vanno plausibilmente reinterpretate. E, a parte il probabile legame tra le scene del registro superiore e le sovrastanti raffigurazioni degli evangelisti, nelle stesse scene può essere letto il compimento della profezia o dell’annuncio adombrati nelle figurazioni del registro inferiore. Tuttavia, contrariamente all’apparenza, il programma figurativo di questa fontana non è del tutto chiaro né per ciò che riguarda l’identificazione delle singole scene, né per quanto concerne la loro reciprocità e la sequenza. L’identificazione corrente incardina sulla presenza dei simboli dei quattro evangelisti lo svolgersi della vicenda cristologica, e tuttavia lascia spazio a diverse incongruenze, sebbene non manchino anche convincenti suggestioni legate all’identificazione certa (o talora presunta) delle scene.

La verosimile funzione di vasca lustrale ad uso dei pellegrini, anche in senso metaforico appare assai plausibile richiamando, attraverso il messaggio figurato, il senso stesso del peregrinare inteso come percorso di salvezza più che come raggiungimento di una meta.

      

Da leggere:

Per la storia, i documenti e l’architettura del complesso:  

P. Sarnelli, Cronologia de’ vescovi e arcivescovi sipontini, Manfredonia 1680;

S. Cosentino, Descrizione della sacra grotta di S. Michele Arcangelo in monte Gargano e dell’antica chiesa di Pulsano, Sansevero 1892;

L. Pascale, L’antica e la nuova Siponto, Torino 1912;

M. De Grazia, Appunti storici sul Gargano, I, Napoli 1913; II, Torremaggiore 1930;

N. Quitadamo, Cenni dell’antichissima Badia di Pulsano, in «Manfredonia e il Gargano» 1925, pp. 26-33;

L. Mattei Cerasoli, La congregazione benedettina degli eremiti pulsanesi. Cenni storici, Cava 1938;

C. Angelillis, Pulsano e l’ordine monastico pulsanese, «Archivio Storico Pugliese», VI (1953), pp. 421-466;

M.S. Calò Mariani, Aggiornamento all’opera di Emile Bertaux, L’Art dans l’Italie Méridionale, V, Rome 1978, pp. 811-901 (con bibliografia prec.); 

G. Fossi, La scultura romanica in Capitanata: l'abbazia di Pulsano ed i frammenti scolpiti del Museo di Monte Sant'Angelo, in «Garganostudi», 3 (1980), pp. 74-85;  

M. Milella Lovecchio, S. Maria di Pulsano. Monte S. Angelo, in Insediamenti benedettini in Puglia, Congedo, Galatina 1981, vol. II, t. I, pp. 51-64;  

M.S. Calò Mariani, L'arte medievale e il Gargano, in La Montagna Sacra. San Michele, Monte Sant'Angelo. Il Gargano, a cura di G.B. Bronzini, Congedo, Galatina 1991, pp. 9-96;  

F. Panarelli, Dal Gargano alla Toscana. Il monachesimo riformato latino pulsanese, Istituto Storico Italiano, Roma 1997;

G. Bertelli, Il monastero di S. Maria di Pulsano sul Gargano. Nuovi dati sulla origine e sulle fasi insediative, in Pellegrinaggi, Pellegrini e Santuari sul Gargano, Atti del V Convegno di Studi (Sannicandro Garganico 6-7 giugno 1998), in corso di stampa;

G. Bertelli – S. Mola, Pulsano. L’abbazia di Santa Maria, in L’Angelo la Montagna il Pellegrino. Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele del Gargano, catalogo della mostra documentaria a cura di P. Belli D’Elia, Grenzi, Foggia 1999, pp. 118-123.  

 

Per l’icona mariana:

P. Belli D'Elia (a cura di), Icone di Puglia e Basilicata dal Medioevo al Settecento, Mazzotta, Milano 1988, pp. 106-107, cat. 5 (scheda di M. Milella Lovecchio, con bibliografia precedente).

 

Per le sculture di Pulsano conservate a Monte Sant’Angelo:  

S. Mola, L’area dell’abbazia di Pulsano, in Fragmenta. Il Museo Lapidario del Santuario micaelico del Gargano, a cura di S. Mola e G. Bertelli, Grenzi, Foggia 2001, pp. 59-69.

 

In particolare per la fontana lustrale:  

F.P. Fischetti, Il ciborio dell’abbazia di Pulsano, «Garganostudi», dic. 1978, pp. 58-64

F.P. Fischetti, Un'acquasantiera con ciborio nell’abbazia di Pulsano, in «Arte Cristiana», LXVIII (1980), pp. 81-86

G. Fossi, La scultura romanica in Capitanata: l'abbazia di Pulsano ed i frammenti scolpiti del Museo di Monte Sant'Angelo, in «Garganostudi», 3 (1980), pp. 82-83;

M. Milella Lovecchio, S. Maria di Pulsano. Monte S. Angelo, in Insediamenti benedettini in Puglia, Congedo, Galatina 1981, vol. II, t. I, pp. 60-61;

M.S. Calò Mariani, L’arte del Duecento in Puglia, Torino 1984, pp. 49-57;

P. Belli D'Elia, La Puglia, [Italia Romanica, 8], Jaca Book, Milano 1987, p. 454;

M.S. Calò Mariani, L'arte medievale e il Gargano, in La Montagna Sacra. San Michele, Monte Sant'Angelo. Il Gargano, a cura di G.B. Bronzini, Congedo, Galatina 1991, pp. 77 ss., fig. 110;

S. Mola, scheda in L’Angelo la Montagna il Pellegrino. Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele del Gargano, catalogo della mostra documentaria a cura di P. Belli D’Elia, Grenzi, Foggia 1999, n. 24, p. 124;

S. Mola, scheda in Fragmenta. Il Museo Lapidario del Santuario micaelico del Gargano, a cura di S. Mola e G. Bertelli, Grenzi, Foggia 2001, n. 85, pp. 63-66;

S. Mola, L’iconografia della salvezza sulle strade dei pellegrini, in Tra Roma e Gerusalemme nel Medio Evo, Atti del Convegno Internazionale (Salerno-Cava dei Tirreni-Ravello ottobre 2000) a cura di M. Oldoni, Laveglia Editore, Salerno 2003, pp. 389-408 (in corso di stampa).

 

                  

   

   

Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.

   

©2003 Stefania Mola

   


indietro   su   Chiese della Puglia Home