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CARMIGNANO, ROCCA

a cura di Fernando Giaffreda

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La rocca vista da sud con il Campano e due perimetri murari.

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Carmignano  Carmignano

 

La “torre ficata” di cui parla Giovanni Villani nella sua Cronica secondo la più fedele ricostruzione figurata di Antonio Caputo  Il percorso sudorientale che porta alla sommità del Campano  Il logo lapideo della Provincia che descrive sommariamente la fortificazione di Carmignano  Portale d’ingresso a tutto sesto alla cella settentrionale della seconda cinta muraria  Particolare della struttura della seconda cinta muraria

 

Muraglia orientale d’appoggio alla seconda cinta muraria con sottopasso, che si collega al terzo perimetro del fortilizio  Due edicole didascaliche sul bastione sudoccidentale della seconda cinta muraria  Fra un leccio e il bastione si può scorgere, sull’orizzonte, Firenze  Le ville padronali esterne alla Rocca viste dalla sommità  L’ultima salita a ritroso che porta al Campano

 

Un leccio secolare incastrato nel muro in prossimità della lapide antifiorentina (“Va, Fiorenza, fatti in là Carmignan si fa città”)  Il bastione meridionale con il Campano seminascosto fra i lecci  Percorso lungo la seconda muraglia in direzione orizzontale di Pistoia  Scorcio del secondo perimetro di mura  Il secondo perimetro murario col percorso pedonale a terrazzo


      


Epoca: a partire dal X secolo. Un diploma del sacro imperatore romano Ottone III di Sassonia conferma nel 998 al vescovo Antonio di Pistoia la giurisdizione (infeudamento) di questa terra collinare (curtis carminiana), segno a quel punto che almeno un piviere doveva esserci.

Posizione geografica: Carmignano è un Comune ubicato nella provincia di Prato dal 1992, anno di istituzione della decima circoscrizione amministrativa locale della Toscana. La posizione collinare della cittadina (12mila abitanti circa) si trova sul versante nordorientale della catena montuosa del Montalbano, là dove questi lambisce finalmente l’Arno che vi riceve l’Ombrone. Dalla Rocca si domina a vista tutta la piana triprovinciale Firenze-Pistoia-Prato
1 (2 milioni di abitanti), con scorci splendidi anche sul Montalbano etrusco-mediceo.

Come arrivarci: in auto sia da Firenze che da Pistoia, lasciando la Statale 66 che unisce i due capoluoghi all’altezza di Poggio a Caiano. Al capolinea fiorentino dell’A11 Firenze-Mare, in corrispondenza con l’aeroporto A. Vespucci, inizia proprio la direttrice SS 66. Da Poggio a Caiano allora si imbocca la provinciale verso Empoli e in sei-sette chilometri, ma assai prima di scollinare il Montalbano, ci si imbatte nel comune di Carmignano. Dopo la chiesa di San Michele, una stretta strada a destra permette di raggiungere, in salita, la Rocca con l’auto. Diversamente, parcheggiando nella centrale Piazza Matteotti, si può raggiungere a piedi il fortilizio salendo accanto al municipio l’apposito e segnalato percorso pedonale.

Stato di conservazione: i lavori pubblici di manutenzione ambientale e di ripristino storico-culturale commissionati dal Comune proprietario (fine lavori primavera del 2005), restituiranno il castello alle buone sembianze della struttura attuale, che risale al XIV secolo con modifiche medicee e lorenesi, e poi ottocentesche.

Come visitarlo: dopo la fine lavori, la visita sarà libera anche se “guidata”, con orari, percorsi a piedi e in auto prestabiliti, soste e ristoro compresi. I siti internet ufficiali dedicati al turismo culturale per Carmignano faranno da sicuro riferimento a chi volesse visitarlo.

  

Cenni storici

«…e ‘l castello di Carmignano s’arendé al Comune di Firenze. E nota che in su la rocca di Carmignano avea una torre alta LXX braccia, e ivi due braccia di marmo, che faceano le mani le fiche a Firenze, onde per rimproccio usavano gli artifici di Firenze quando era loro mostrata moneta o altra cosa, diceano: “No-lla veggo, però che m’è dinanzi la rocca di Carmignano”; e per questa cagione feciono i Pistolesi le comandamenta de’ Fiorentini, si come seppino divisare i Fiorentini, e feciono disfare la detta rocca di Carmignano».

   

Così Giovanni Villani, contemporaneo di Dante, nella sua Cronica2 (libro settimo, capitolo quinto) attesta l’esistenza nel castello pistoiese di Carmignano di una rocca difesa da una torre alta una quarantina di metri, la quale venne completamente demolita nel 1228 dai Fiorentini, vittoriosi su Pistoia. La conquista aveva anzi fra i suoi scopi la soppressione di quelle due ignominiose braccia di marmo che indirizzavano le corna a Fiorenza in segno di disprezzo e di irriverenza, propri dei pistoiesi di Carmignano. La città del Fiore si rivelava fin dall’inizio la più forte fra gli altri comuni toscani, anche in virtù del privilegio di coniar soldi e di usarli proficuamente a proprio vantaggio negli scambi esterni: l’ambìto Fiorino d’oro. Ecco perché se per le normali transazioni di scambio e di baratto veniva loro offerta quella moneta che rimandava a quel caratteristico ambiente speculativo, i carmignanesi, in quanto pistoiesi, rimettevano le loro valutazioni di diniego, rifiuto e nullità alle fiche della loro torre («No-lla veggo…»). Un gesto apotropaico e alessiterico di antichissime origini popolari, latine e romane, legato agli atti propiziatori concernenti l’uso della significazione duplice e iperbolica della fava, e che si ritrova pure in una delle probabili etimologie del toponimo Carmignano3. Anche Dante riferisce esser fatta la mossa con la stessa valenza psicologica, e perciò teologica, da un famoso ladro sacrilego pistoiese dell’epoca, nei riguardi di Dio addirittura, a prova di un’inaudita superbia:

«Al fin delle sue parole il ladro
le mani alzò con ambedue le fiche
gridando ‘Togli, Dio, ch’a te le squadro’».

  (Inferno, Canto XXV, vv. 1-3)

 

Si tratta del guelfo nero Vanni Fucci da Pistoia, che impersonava magistralmente, agli occhi dell’Alighieri, il carattere politico malvagio e sobillatore della gens pistoiese5. È noto infatti che la divisione a Firenze del partito guelfo fra bianchi e neri ebbe origine proprio in quella città con le lotte cittadine fra i Cancellieri e i Panciatichi.

Insomma, questo gesto di sfida e di malocchio insieme, che non viene riportato tanto volentieri dalle più zelanti ricostruzioni storiografiche riguardanti Carmignano, era invece giudicato assai riprovevole agli inizi del XIII secolo, sia teologicamente che politicamente; e del resto era sanzionabile socialmente se è vero che lo Statuto del comune di Prato, per esempio, stabiliva che chiunque avesse compiuto il segno delle fiche verso il Cielo, cioè l’immagine di Dio e della Vergine, doveva pagare «dieci lire per ogni volta; se no, frustato».

        

Nel X secolo la curtis di Carmignano era la più consistente di popolo nella zona, e la più strutturata se è vero che con la donazione del 998 di Ottone III di Sassonia alla chiesa di Pistoia venivano raggruppate a giurisdizione anche altri borghi minori (fochi) quali Artimino, Seano e Capezzana. Con quell’atto imperiale fu creato il presupposto per un’adeguata fortificazione della collina, che avrebbe dovuto proteggere la sottostante pieve dedicata a San Michele, ma anche le fiere liturgiche e il mercato che vi si svolgevano. La struttura era destinata a formare i consueti tre perimetri murari con una torre d’avvistamento alla sommità (oggi il cosiddetto “Campano”, allora la “torre ficata”), che in quella posizione l’avrebbero resa imprendibile.

Nel 1125, anno della prima conquista militare fiorentina che tolse Carmignano al vescovo Ildebrando di Pistoia, la rocca si presentava in via di progressivo potenziamento, e la sua fortificazione sarebbe durata fino al completamento nel 1138, atto allo stanziamento delle guarnigioni pistoiesi. L’anno dopo, 1126, la famiglia Fabbroni di Signa, proprietaria del locale castello, legata all’ambiente fiorentino, si appropriò momentaneamente di Carmignano senza poterlo reggere a lungo, a causa delle diverse pressioni politiche e per gli eccessivi oneri di mantenimento difensivo. Alla fine i Fabbroni dovettero liberarsene, restituendolo a titolo gratuito al dominio questa volta non della chiesa, ma del comune di Pistoia.

È a partire dal 1154 che anche intorno a Carmignano si presenta lo storico scenario delle lotte fra gli emergenti comuni e la feudalità toscana rappresentata nella zona dai conti Alberti di Val Bisenzio e dai conti Guidi, acquartierati nella Rocca di Montemurlo. Una storia che vedrà la Rocca  subire molteplici e alterni passaggi fra l’originaria Pistoia e la predestinata Firenze. All’inizio si sviluppa una prima rivalità fra pistoiesi e pratesi, sulla quale si innesta la politica di calcolo, opportunista ed espansionista, del comune di Firenze. Questi decide di infoltire un manipolo di soldati pratesi lanciati all’assedio della postazione carmignanese con la ragione di controllarne il mercato. Ma il conte montemurlese Guido Guerra I, accorso in appoggio ai carmignanesi alla guida di un esercito pistoiese capitanato da messer Nesi Ricciardi, difese con successo il castello fino a catturare quasi tutta la legione pratese e fiorentina, e a imprigionarla nelle celle della Rocca.

L’anno dopo questo episodio, cioè nel 1155, l’imperatore Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, riassegna il titolo di possesso della giurisdizione di Carmignano al vescovo di Pistoia, ma ormai la posizione della chiesa pistoiese nella contesa fra feudalità e comuni sul contado castellare è collocata in secondo piano. La sovranità di fatto resta nelle mani dei Conti Guidi, i quali sbilanciati dalla parte di Pistoia ghibellina manterranno con questa città il controllo della Rocca almeno fino al 1228, non senza qualche difficoltà. Sono i conti Guidi infatti a rappresentare la feudalità sconfitta dai Fiorentini, i quali faranno fallire sotto la spinta della moneta gigliata quei caratteristici accordi guideschi di cessione “politica” dei diritti feudali sui castelli ai ghibellini di Pistoia, intese stipulate coi metodi contrattuali tipici della gens longobarda (mantenimento della proprietà indivisa nella successione e nell’alienazione).

Pur non essendo disponibili prove documentali che accertino quando furono installate esattamente quelle “due fiche” sulla torre di Carmignano, si può star sicuri che vi furono poste nel periodo di possesso pistoiese antecedente il 1228, anno in cui, secondo le parole del Villani, «i Fiorentini feciono oste sopra la città di Pistoia col carroccio… e guastarla intorno»[4]. Quel potente ed esclusivo mezzo militare corazzato permise a Firenze, retta allora dal Podestà Messer Andrea da Perugia, di espugnare diversi castelli, dall’Appennino pistoiese (Montefiore) fino al Montalbano. La rocca di Carmignano, con la sua “torre ficata”, fu rasa al suolo proprio in quell’anno e Pistoia, ritrovatasi sottomessa, dovette promettere in cambio della pace di non ricostruirvi più alcuna fortificazione.

Nel 1301 Carlo di Valois raccolse i frutti del colpo di stato “nero” perpetrato da Bonifacio VIII ai danni del partito bianco dei Guelfi che governavano Firenze, vittima sacrificale Dante Alighieri. Al regio franco gli si parò il lusso dell’ingresso trionfale in città con tanto di benedizione papale, e subito consegnò in dono Carmignano all’uomo di fiducia Musciatto Franzesi (cognome eloquente), padrone di Staggia. Stabilizzatasi la situazione, Musciatto nel 1306 ci ricavò pure dei soldi, rivendendo per danaro lo stesso castel donato al Comune di Firenze. Dopo l’inutile discesa in Italia di Arrigo VII per ristabilire le sorti ghibelline, e durante le lotte civili fra Ludovico il Bavaro e Federico d’Asburgo, nel 1314 Carmignano decise, dividendosi in un plebiscito, di tornare sotto il governo di Pistoia per poi chiedere di tornare di nuovo sotto Firenze nel 1325, quando l’odiato Filippo Tedici aprì le porte di Pistoia al bellicoso suocero Castruccio Castracani degli Alteminelli. Questi, già signore di Lucca, appoggiava l’elezione di Ludovico al trono imperiale, e per questo in Toscana si fece capo militare a scorrazzare contro Firenze, e per stroncarne l’impegno filoasburgico.

La saga bellica di Castruccio costituisce un capitolo a sé nella storia toscana della prima metà del Trecento, ma sta di fatto che nel togliere fortezze ai guelfi fiorentini egli fece di Carmignano, una volta conquistato, uno dei suoi quartieri generali preferiti, e anzi, a differenza della sua abitudine punitiva di distruggere i castelli (borghi) strappati ai Fiorentini, fortificò ulteriormente la Rocca con nuove muraglie, terrapieni e protezioni. Quando poi il Bavaro lo chiamò a Roma per presenziare alla sua elezione imperiale in Campidoglio, Firenze approfittò dell’assenza per togliergli di nuovo, con l’aiuto ancora dei pratesi, questa preziosa posizione sul Montalbano. Tuttavia, precipitatosi di ritorno in Toscana, Castruccio riuscì a riprendersi la Rocca poco prima di morire, nel settembre del 1328. La morte del Castracani favorì la stabilizzazione guelfa: la pace con Pistoia dell’11 novembre 1329 assegnò definitivamente Carmignano a Firenze, che l’accorpò alla sovranità del Comune gigliato in un unico possedimento composto da Comeana, Artimino, Bacchereto, Baccheretano e Seano. Più tardi, nel 1334, con nuovi rinforzamenti territoriali e agricoli sostenuti dai Fiorentini, Carmignano si avviò al periodo che l’avrebbe fatta sede podestarile, con riti e leggi fiorentine, dal 1355.

Questa elevazione politica di Carmignano sotto l’insegna di Firenze fu diretta dal Priore Francischo Vannis Niccholis, il quale, dopo che l’anno precedente nella pieve francescana di San Michele furono scelti i sindaci carmignanesi a condizione di sottomettersi ufficialmente a Firenze, convocò nella stessa chiesa i Difensori di Carmignano e quei dodici Buonomini del luogo che   avrebbero dovuto riunirsi in Consiglio per stendere le norme costitutive della podesteria: in pratica nient’altro che il sistema elettorale per nominare il primo Podestà. L’ufficio ebbe assegnata una remunerazione di trecento lire fiorentine per una durata di sei mesi, e per questo fu costituito il classico sistema fiscale (dazio fondiario e mercantile) sul territorio allo scopo di finanziare la nuova struttura politica. Il fondo azzurro dello scudo eretto a stemma cittadino rappresentava la regalità francese del Valois, primo regio di Carmignano,  la banda rossa orizzontale fu imposta dai fiorentini che avevano preso la Rocca, mentre il leone rampante sullo sfondo fu un’aggiunta successiva a ricordare il potere impersonato dal primo governatore nobile nominato, Musciatto Franzesi.

Durante la signoria dei Medici, ma poi anche con quella dei Lorena, Carmignano e la sua Rocca conobbero la stagione migliore, completamente diversa dal costante tergiversare da Pistoia e Firenze e viceversa fra il XII e XIV secolo: potenziamento della produzione agricola, accrescimento della popolazione (3.000 abitanti nel primo calcolo censuario del 1551), mantenimento della fortificazione, assimilazione della comunità podestarile alle tradizioni politiche fiorentine, con progressivo distacco dal carattere pistoiese originario.

A questo proposito, il motto tutt’oggi rappresentato in voga («Va, Fiorenza, fatti in là, Carmignan si fa città»), che della cittadina vuole caratterizzare lo spirito finalmente indipendente,  assume per certi aspetti un sapore un po’ contraddittorio e contrario alla storia di questa Rocca. Perché se da un lato la divisa ha senso solo se non si scorda l’origine pistoiese del luogo, dall’altro essa rimuove col suo tono il fatto che è proprio in forza della medievale conquista fiorentina che Carmignano è diventato città autonoma. Non solo, ma si rischia il beffardo quando si ripristini il significato di quelle due corna poste sull’attuale “Campano”.

Infine una curiosità. Prima dell’istituzione della provincia di Prato si tenne a Carmignano (e Poggio a Caiano) un referendum di iniziativa popolare per scongiurare il passaggio del paese sotto Prato. L’immagine di un paese vinicolo, e l’idea che anche per questo ha di se stesso, si sentiva danneggiata o sminuita se sull’etichette delle pregiate bordolesi del Ruspo di Carmignano si sarebbe dovuto scrivere da un certo momento in poi «Vino dei Colli Pratesi» e non più «Vino dei Colli Fiorentini».

E allora dove va qui questa nostalgia dei tempi medievali: dall’irriverente ma combattiva Pistoia si preferisce battere sulla soggiogante Firenze tanto per evitare la squalificante Prato?

   

    

© 2005 Fernando Giaffreda, testo e foto. I video (inseriti nel 2013) non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

    


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