Sei in: Mondi medievali ® Castelli italiani ® Toscana ® Provincia di Pistoia

     LARCIANO, castello

a cura di Fernando Giaffreda

pag. 1

pag. 1  -  pag. 2    scheda    cenni storici


Il frontale del castello di Larciano che guarda alla Valdinievole. In basso, a sinistra: panoramica di Larciano dalla via di accesso al paese; a destra: Il cartello toponomastico all’ingresso del borgo.

 

  clicca sulle immagini in basso per ingrandirle

Mappa della località

  

Il robusto castello guidesco di Larciano  Dal piazzale di Larciano si scorge a ovest Montevettolini, il castello dove si rifugiarono i larcianesi durante la peste del 1348.  Il mastio di Larciano visto dalla strada che porta verso Pistoia  L’eroe etrusco Larth nella tomba degli scudi scoperta a Tarquinia nel 1870  La cinta muraria sul lato sinistro della porta di ingresso a Larciano  La cinta muraria sul lato sinistro della porta di ingresso a Larciano

  

L’attuale sistemazione urbana dell’ingresso a Larciano non onora granché la sua origine medievale  Una viuzza che porta alla piazza principale del borgo di Larciano  Il castello di Larciano con la chiesa secentesca del borgo  Un’immagine che dà l’idea dell’aria curtense che si respira a Larciano  Il saliente cartello turistico fornisce una sintesi del luogo  Il portale ferrato dell’ingresso al castello dei Guidi


Epoca: il castello è edificato dai conti Guidi intorno al X secolo su un sito dove c’era una villa prima etrusca e poi romana

Ubicazione: Larciano è l’ultimo comune dell’estrema parte sud-occidentale della provincia di Pistoia che si affaccia sul Padule di Fucecchio. Il suo castello si erge su un colle di 165 metri d’altezza sul versante del Montalbano a guardare Empoli e Vinci.

Stato di conservazione: il castello è ben conservato e di bell’aspetto. Dal 1976 la rocca ospita un Museo Civico gestito dal Gruppo archeologico della Valdinievole ed esibisce reperti e materiali tratti dalla Valdinievole orientale dalla Preistoria al tardo Rinascimento.

Come arrivarci: dall’A11 Firenze-Mare si esce a Montecatini Terme per prendere la SS 438 in direzione Monsummano Terme e poi Fucecchio, paese natale del giornalista Montanelli. Dopo 7-8 km si trovano più d’un paio di deviazioni a sinistra per Larciano, la prima all’incrocio di Castelmartini (un altro castello che non c’è più), le altre a Puntoni o a Castelletto. In altrettanti chilometri, salendo le prime pendici del Montalbano, si giunge a Larciano, non senza passare dalla frazione di San Rocco, sede del capoluogo e dove si trova il settecentesco municipio comunale. Si può anche arrivarci direttamente da Pistoia con la provinciale per Empoli, scollinando dal San Baronto (m. 348), ma a Lamporecchio, paese dei brigidini, si deve deviare a destra per raggiungere il castello.

Come visitarlo: piccolo com’è e chiuso dalla cinta muraria residua, si può parcheggiare fuori mura o nella piazza della vecchia podesteria che ora è una canonica, e incamminarsi verso la rocca in pochi passi.

   

Cenni storici.

Per via dell’articolazione del nome, Larciano appare un toponimo di origine primitiva, etrusca prima e romana poi, che almeno nel suono si stabilizza definitivamente solo a partire dall’Alto medioevo.

Larth infatti è il nome proprio di un’antesignana gens etrusca, forte e coraggiosa, un primo esponente della quale è mirabilmente raffigurato in una tomba, poi detta “degli Scudi”, scoperta quasi sul mare nel 1870 a Tarquinia, risalente al 340 a.C., laddove davanti a un banchetto imbandito, a torso nudo, l’uomo porge, o forse riceve, un uovo da Velia, sua moglie (ma la qualifica, che è un racconto successivo, vela per ipocrisia cristiana tutt’un’altra circostanza, datosi che lei, guardandolo, pone l’altra mano sulla spalla di lui, reduce palese da qualche fatica eroica). Col genitivo Larthial, Larthes (pron. Larcial, larces) prende nome e corpo qui una villa etrusca, detta appunto Larthiana, la cui designazione romana ulteriore in larcianus appare ricca di significanti e presupposti linguistici molteplici. Tutti denotano però la costituzione certa di un insediamento di un clan in quella zona caratteristica, tipica delle esigenze e forme di vita socio-naturali (oggi diremmo di habitat) degli Etruschi. C’è chi sostiene che intorno al 120 a.C. un colono centurione di nome Laertes abbia sviluppato il luogo sul precedente sito etrusco, ma il risultato è sempre lo stesso: la commistione storica e politica fra etruschi e romani è un dato acquisito.

Siamo alle ultimi pendici del Montalbano, che è una catena collinare che divide fra sud-est e nord-ovest due vecchie depressioni lacustri ora ridotte a pianure inurbate, su un’altura di 160 metri sul livello del mare, più esattamente in costa a quello che fino all’inizio del medioevo è ancora un immenso acquitrino (padule), attraversato da strade incerte (francigena) e da canali che si collegano all’Arno, e di lì, attraverso il porto marino di Pisa, al Tirreno. È una situazione eco-logica che in Toscana si ripete in molteplici siti, come a Fiesole per esempio, sorta di faccia al bacino lacustre dell’Arno medio. E accanto a Larciano, sempre in costa, c’è Cecina larcianese, una frazione fondata da quell’altro gentilizio etrusco piuttosto diffuso in Toscana: Kaikna.

Con un documento del 936, alcuni storici (1) hanno attestato che Larciano assumeva allora la denominazione di Arsianus, integrando successivamente l’articolo nell’odierna designazione. All’epoca il dominium apparteneva ai famosi conti Guidi, per antonomasia comites tusci «gentili» secondo Dante, i quali lo avevano ricevuto in appannaggio da Matilda di Canossa, cui erano molto fedeli, legati personalmente per scelte politiche. Ma già nel 927 il capostipite dei Guidi del ramo di Modigliana, il conte Tetgrimo, aveva ricevuto diverse terre con pievi e monasteri intorno a Larciano da Ugo re d’Italia, e com’erano soliti fare ovunque avessero possessi o signorie, i Guidi costruiscono a Larciano un’imponente torre di una quarantina di metri, la stessa che tuttora fa parte della rocca e del cassero a guardia mirabile della Valdinievole. Nell’ottobre del 941 Ranieri e Guido, figli di Tetgrimo, che risiedono a Pistoia per obbligo e osservanza delle deliberazioni statuite a Olona nell’825 (2), donano a Rambaldo, vescovo di Pistoia e perciò cattedratico della chiesa dei SS. Zenone, Rufino e Felice (oggi Duomo di S. Zeno), una piccola congerie di terre, vigne e masserizie poste in località Casise (Cascese), che per estensione si amplieranno di lì a poco a tutto il limitrofo incastellamento guidesco di Larciano. E poi, fra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII rispettivamente, i due imperatori svevi Enrico VI e Federico II, padre e figlio Hohenstaufen, confermano ai Guidi i feudi da loro posseduti «mediatatem plebis de Vajano […] cum omnibus appenditiis suis», cioè Larciano, Cecina, Vinci ecc.

Nel 1225, in piena sovranità federiciana, i quattro figli ereditari di Guido Guerra di Modigliana, perseguendo l’antico atteggiamento ostico e avverso al clericalismo municipale toscano, vendono al Comune di Pistoia, che lo riscatta con i fortilizi circonvicini, il castello di Larciano per la somma di 6.000 lire di conio pisano. Con quell’atto i rampolli del Guerra inaugurano una politica feudale loro caratteristica, consistente nell’alienazione per denaro di diversi castelli a nord della Toscana. Tale originalità costituiva anche un oggettivo indebolimento politico del gruppo comitale, una perdita di potere a favore delle municipalità nascenti. L’effetto immediato di questa cessione fu che i popoli di Larciano e dintorni, diventati sudditi del comune di Pistoia, si ritrovarono tributari della città, e perciò obbligati al versamento annuo di una forte somma, questa volta non in natura ma in denaro. Il Comune di Pistoia però investì le risorse nella fortificazione dell’edificio guidesco e fu quello il periodo di massimo fulgore di Larciano, il quale a malapena contava un migliaio di abitanti. Il vecchio castrum venne chiuso da una più solida cortina muraria fortificata, fornita di bertesche e torri oggi scomparse, con due porte denominate del Bagno e di San Marco. Sullo sperone roccioso della sommità s'innalzava la robusta rocca, con l’altissima torre merlata, dalla cui guardia si poteva controllare tutto il padule, il bacino dell’Arno e la via Francigena che dalla Valdinievole risaliva il Montalbano in direzione di Firenze.

Nel 1302 le città guelfe di Firenze e Lucca si coalizzano in una feroce offensiva contro Pistoia ghibellina assediando il castello di Serravalle, che cade nell’ottobre. La presa del castello di valico fra la piana di Lucca e quella di Firenze trascina con sé la presa anche di Larciano e dei castelli minori vicini. Tuttavia, con la pace del 1329 Larciano, tributaria di Lucca dal 1310, viene restituita a Pistoia con tanto d’armi e guarnigione, previo pagamento però, a Firenze, di 10.000 fiorini d’oro. Oltre al denaro Firenze pretese per la restituzione che Pistoia istituisse una podesteria, sulla nomina del titolare della quale era necessaria la sua approvazione.

L’epopea antiguelfa di Castruccio Castracani dei primi decenni del Trecento sospende il dominio sostanziale di Firenze su questa parte contado pistoiese. Esso comunque verrà ripristinato quasi per intero, insieme al controllo delle podesterie precedentemente istituite, Larciano compreso. Fu infatti in quegli anni che Firenze eresse nella piazza podestarile di Larciano, proprio di faccia al castello guidesco, una colonna a guisa di stele in cima alla quale si mostrava il Marzocco, cioè un leone seduto che nella versione scultorea di Donatello regge con la zampa destra lo scudo gigliato a simbolo di Firenze. Attualmente il Marzocco larcianese è decapitato, vittima di successive rivolte e sentimenti antifiorentini. Già immediatamente dopo il 1348, anno della famosa peste di origine estremo-orientale che diede al Boccaccio l’occasione dell’ambientazione del suo Decameron, gli abitanti sopravvissuti di Larciano si rifugiano, insieme ad altra gente vicina, nell’appena più elevato castello di Montevettolini, alla disperata ricerca di un’aria immaginata più salubre. Cosicché, la crisi politica del comune pistoiese da un lato e la carestia seguita ad annate agricole sfavorevoli dall’altro, sfociano in alcune piccole rivolte contadine di cui si ha notizia certa nel 1369, a Larciano come altrove. Nel confuso stato materiale delle genti, le sollevazioni si indirizzano indistintamente verso le concentrazioni urbane della ricchezza tributaria per tendere poi alla conquista di migliori terreni nelle zone più pianeggianti.

Nel 1391 scende alla conquista del Centro e della Toscana Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano. Attacca Pistoia e Firenze con un cospicuo esercito di cavalieri e fanti lombardi, ma i Pistoiesi resistono anche grazie all’opposizione militare del castello di Larciano e delle sue guarnigioni, fra l’altro già stanziate a partire dal 1329, guidate dal podestà in forza effettiva fin dal 1330.

Passato questo pericolo, l’11 ottobre del 1401 il Comune di Pistoia delibera la riforma politico-amministrativa generale del contado nei colli del Montalbano. La campagna che non dipendeva dalla «Montagna superiore» sarebbe stata da allora in poi possesso fiorentino a tutti gli effetti, cioè sottomesso alla giurisdizione tributaria di Firenze, e quattro sarebbero state le podesterie che la dovevano riunire: Serravalle, Larciano, Tizzana e Montale. Fu un assetto definitivo, che si sarebbe mantenuto inalterato lungo le epoche successive, dalla Repubblica di Firenze fino ai Medici e ai Lorena. Fra il 1772 e il 1774 il ramo cadetto austrico padrone di Firenze decretò anzi un assetto amministrativo-giurisdizionale ulteriore delle terre pistoiesi. Soppresse la podesteria di Larciano subordinandolo al tribunale di Serravalle pistoiese e lo unì alla municipalità di Lamporecchio. E qui non può non essere ricordato il podestà più famoso di Larciano, quel famoso Francesco Ferrucci che compare anche nel Canto degli Italiani di Mameli, dal 1947 divenuto l’Inno d’Italia, e che è rappresentato da una statua nella galleria all’aperto degli Uffizi a Firenze. Morì a Gavinana, sulla montagna pistoiese, il 3 agosto 1530 durante la discesa di Carlo V in Italia. Ferrucci, catturato da Fabrizio Maramaldo, un mercenario italiano al soldo spagnolo, fu portato nella piazza del piccolo paese montano, dove ora sorge un’imponente statua a cavallo che lo celebra, e giustiziato dopo essere stato ferito per vendicare l’uccisione in battaglia del principe d’Orange, Filiberto di Chalons, e la sconfitta personale subita a Volterra. Leggenda vuole però che prima di essere finito abbia apostrofato di viltà il Maramaldo (ora sinonimo di fellone) con la frase: «Tu dài a un morto!», in seguito rifatta nella versione addomesticata dello storico a lui contemporaneo Varchi «Vile, tu uccidi un uomo morto!».

Alla fine dell’Ottocento, in pieno periodo unitario, il governo del trasformista Francesco Crispi, vecchio garibaldino espressione della Sinistra (liberale) al potere, decretò la prima legge istitutiva dei comuni, nel 1897, e Larciano fu distaccata da Lamporecchio, per avere la sua definitiva autonomia amministrativa. Contava allora poco più di 2.000 abitanti.

 


NOTE

1 .Renzo Nelli, Giuliano Pinto, I comuni medievali della provincia di Pistoia dalle origini alla piena età comunale, Editore Società pistoiese di storia patria, Pistoia 2006, pp. 249-250.

2  Si trattava di un precetto politico per così dire sanzionato in Firenze a conseguenza dei deliberati dell'assemblea generale di Olona voluta da Lotario nell'825, il cui Capitolare istituiva, oltre alle «canoniche» abitazioni dei prelati da farsi adiacenti le chiese (atto confermato da papa Eugenio II l'anno dopo), la formazione e la preparazione all'insegnamento di professori ecclesiastici (cattedrali) sotto la direzione dei vescovi locali, così da ovviare all'handicap sociale, al decadimento morale e da consolidare l‘opera di conversione delle stirpi infeudate. L'obbligo di risiedere in città garantiva in un certo qual modo la frequentazione dei riti religiosi da parte della «nobiltà», che abitualmente risiedeva in campagna priva di educazione morale.

     

 

     

©2011 Fernando Giaffreda (testo e foto originali).

  


su   Toscana  provincia di Pistoia

Home

avanti