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MONTEGIOVE, CASTELLO

a cura di Daniele Amoni

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Montegabbione  Montegabbione  Montegiove


      


Epoca: innalzato prima del 1281.

Conservazione: buona.

Come arrivarci: con l'autostrada Roma-Firenze (A1), uscita per Fabro; con la strada provinciale per Monteleone d’Orvieto, dal cui centro abitato si prende la comunale per Montegabbione (5 km): giunti a Montegabbione si gira per S. Venanzo e dopo 7 chilometri si incontra Montegiove. In treno lungo la linea Roma-Firenze ci si ferma alla stazione di Fabro-Ficulle da cui si prosegue in autobus per Monteleone d’Orvieto.  

     

Cenni storici.

è senza dubbio uno dei castelli più antichi dell’Umbria, feudo della famiglia dei conti di Marsciano.

Secondo alcuni sorse su un preesistente insediamento occupato da un santuario umbro preromano (Jupiter Elicius) che con il passare dei secoli divenne un luogo fortificato. Nel 1250 proprio  da Montegiove proveniva Guiscardo che fu vescovo di Orvieto dal 1250 al 1259.

Il castello fu costruito prima nel 1281 da Raniero IV (Nerio) di Bulgaruccio (o Bulgarello) dei conti di Marsciano, famiglia di antica stirpe longobarda trapiantata in Umbria, in quanto in tale data egli fece richiesta al vescovo di Orvieto di costruire un oratorio “nella tenuta presso il castello di Montegiove”.  E lì sorse con tutte le regole fortilizie difensive: un blocco di pietra, massiccio, imponente con mura, cassero, torri, fossato, ponte levatoio, circondato da boschi di querce e castagni e con un solo sentiero di accesso.

Nerio, proprietario anche di sontuosi palazzi costruiti nel rione S. Giovanni di Orvieto, mentre provvedeva all’erezione del castello, vendette Marsciano ai Perugini per 5.000 libbre di denari, d’accordo con il fratello Bernardo detto Nardo e con lo zio Bernardino II (†1300), fratello di suo padre Bulgarello. Rimasto vedovo, prese i voti del terzo ordine francescano, vivendo devotamente in una chiesa fatta costruire in contrada Pornellese, fino alla sua morte avvenuta nel 1290.

Il castello passò quindi ai suoi discendenti, che a partire dal ‘300 furono chiamati anche conti di Montegiove, restando sempre sotto il dominio orvietano: Binolo o Bindo, marito di Fiandina della Corbara dei conte di Montemarte che gli portò in dote notevoli possedimenti; Iacopo o Giacomo di Binolo, marito di Alessandra Salimbeni, nobile senese; Notto di Iacopo, marito di Angela Monaldeschi dell’Aquila.

Nel 1346 la struttura difensiva si arricchì di nuove opere murarie, mentre con la morte di Notto, avvenuta nel 1362 a causa della peste, tutta la proprietà fu ereditata dai fratelli Mariano e Nicolò, che aveva sposato Lascia, sorella di Angela Monaldeschi dell’Aquila.

Nel 1363 morì anche Alessandra Salimbeni lasciando eredi i figli Nicolò, Mariano, Francesca e Angelina.

Le due figlie ebbero destini diversi. Francesca, sposerà Trincia VII Trinci, imparentando così i conti di Montegiove con i signori di Foligno.

Angelina, ultimogenita, nata tra il 1357 e il 1360, dopo la scomparsa dei genitori, sposò il conte Giovanni Termes, castellano di Civitella del Tronto, restando insieme con lui per due anni in stato di verginità. Morto il marito, distribuì tutta la sua immensa fortuna ai poveri e indossò il saio del Terzo Ordine francescano, seguita da alcune giovani contesse, sue cugine e discepole. Ciò le provocò l’infamante accusa di stregoneria presso il re Ladislao di Napoli da parte di alcuni mariti delusi. Stabilitasi insieme alla sorella Francesca a Foligno, entrò nel monastero di S. Anna.

Nel 1406 divenne badessa del monastero di S. Quirico in Assisi e, dopo aver fondato ben 16 monasteri, morì il 14 luglio 1435, dopo una vita dedicata alla preghiera e all’educazione della gioventù femminile. Riconosciuta coma la fondatrice delle Suore Terziarie Francescane Regolari Claustrali, fu proclamata beata da Leone XII nel 1825.

Orvieto, intanto, con la decisione di aumentare notevolmente i balzelli per i castelli sottomessi, provocò nel 1380 la sottomissione del castello a Perugia sotto la quale i conti di Montegiove restarono fino al 1394.

In quello stesso anno morirono sempre di peste i fratelli Nicolò e Mariano senza lasciare eredi, per cui si estinse il ramo dei conti di Montegiove e il castello passò nelle mani di Francesco di Petruccio, abate di Monteorvietano.

Nel 1400, dopo la morte dell’abate, i montegiovesi, stanchi delle continue vessazioni impositive, si ribellarono ed elessero a loro signore Francesco di Montemarte conte di Corbara il quale, nel 1417, vendette il castello a Pier Antonio Monaldeschi della Vipera.

Nel 1455 passò ai Gattamelata e dopo il matrimonio di Bianca Paola Gattamelata detta Todeschina, figlia del celebre condottiero Erasmo da Narni (Narni 1370 - Padova 1443), con Antonio di Ranuccio Bulgarelli (1429 - 1483), famoso capitano di ventura, ritornò ai Marsciano.

Giovanissimo, Antonio militò sotto il Gattamelata che lo avviò alla carriera delle armi. Nel 1459 fu nominato dai veneziani capitano del corpo delle «Lance spezzate», un manipolo scelto di combattenti, famosi per il loro coraggio. Nel 1461 tornò in Umbria per sposarsi con Paola Bianca. Gli sposi soggiornarono a lungo presso il castello di Montegiove ed avranno una nutrita schiera di bambini, ben tredici, tre dei quali seguiranno la carriera militare. Lasciò ben presto gli ozi della vita di provincia e riprese a combattere, partecipando all’assedio di Trieste insieme a Bernardino Fortebracci e a Berardo Martinengo. Nel 1483, nella guerra tra i veneziani e Ercole d’Este, fu fatto prigioniero nei pressi di Ferrara in quanto, visto il figlio Girolamo ferito mortalmente a terra, si era fermato a soccorrerlo. Per liberare il capitano, la Repubblica di Venezia propose agli estensi uno scambio tra prigionieri. Ritornato nei suoi feudi per un periodo di riposo fu accolto con tutti gli onori dai contadini che ne avevano sentito decantare tanto le gesta. La sua fama, però, lo obbligava a nuove imprese. Fu chiamato al servizio di Firenze e con il grado di capitano combattè contro Genova per la sovranità del feudo di Sarzana e Pietrasanta. Morì il 30 ottobre 1484 durante l’assedio di Pietrasanta, colpito da una palla di cannone.

Morto Antonio – la moglie lo seguirà nel 1498 le numerose proprietà, comprendenti i feudi di Montegiove, Parrano, Poggio Aquilone, Migliano, Castel di Fiore, le ville di Pornello, Fratta Guida, Pastignano e metà della Fratta Balda, si frazionarono tra i suoi 11 figli viventi: Ranuccio Marsciano 1452 - Capua 1501), Gerolamo († 1483), Lamberto, Bernardino, Mario († 1506), Ludovico (1471-1526), Gentile, Pirro, Alessandro, Laura, Lavinia) nei diversi rami collaterali: Montegiove fu ereditato da Bernardino e Alessandro.

Alessandro, celibe, vendette i beni al fratello Bernardino; da questo passò al figlio Girolamo, sposato con Prospera Maneri; gli successe Achille, con testamento rogato il 29 settembre 1571, maritato con Giulia di Girolamo della Corbara. La proprietà si frazionò ulteriormente quando Federico di Achille sposò Beatrice Bourbon di Sorbello, dalla quale ebbe dieci figli.

Intorno al 1650 si ritrovano proprietari: Felice I degli Atti di Viterbo (famiglia estinta nel 1770 con la morte di Felice II degli Atti), gli Avimonzi, i Misciattelli e i Marsciano. Nel 1817 il possedimento era diviso tra il conte Francesco Carcano Testa di Marsciano e le figlie Angelina e Vincenza;  Margherita e Lidia Passerini; il conte Antonio Baldelli.

I Marsciano – che avevano dato anche due conservatori romani Carlo (1718) e Alfonso (1826) – si estinsero con Don Castore, conte di Marsciano Carcano Testa (1817-1897) che nel 1861 aveva sposato la marchesa Caterina Longhi di Fumone (Frosinone) e dalla cui unione era nata Isabella, moglie di Leopoldo Frezzini, conte di Lorzano.

La proprietà di Montegiove fu ricostituita dai Misciattelli – propietari anche della Torre d’Orlando a Paciano che acquistarono gli antichi fondi agrari e che la detengono tuttora.

Il marchese Lorenzo Misciattelli, di Geremia di Mario, proprietario anche del castello di Vasanello (Viterbo), l’antico Bassanello, s’interessò anche di ceramica artistica favorendone lo sviluppo proprio nella località laziale. Da Lorenzo il castello passò al figlio Paolo.

Oggi Montegiove (m. 627 s. l. m.) si presenta molto ben conservato: massiccio, severo, con mura e fossato, torre angolare circolare, mastio e rivelino. Sopra la porta è collocato lo stemma gentilizio; all’interno si apre un vasto cortile con pozzo centrale, il palazzo merlato alla guelfa e la cappella dedicata alla beata Angelina, fatta erigere nei primi anni del ‘900 proprio dal marchese Lorenzo Misciattelli.

Ricchissima la suppellettile castellana e domestica: la biblioteca, l’armeria, ampi saloni di rappresentanza. Il territorio circostante è ricco di numerosi ettari di vigneti del marchese Misciattelli che producono vini di ottima qualità.

    

    

  

©2004 Daniele Amoni. La seconda immagine, di Ubimaior, è tratta da it.wikipedia.org. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

    


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