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PERUGIA, ROCCA PAOLINA

a cura di Daniele Amoni

scheda    cenni storici


La rocca in un'antica stampa.

Resti della rocca.

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La rocca in un'antica stampa


Epoca: dal 1540.

Conservazione: ne rimane solo una parte.

Come arrivarci.

     

La storia

Costruita nel centro di Perugia, fu una delle fortezze più imponenti di tutto lo Stato Pontificio e raro esempio di architettura militare all’avanguardia per metodologie costruttive che ne facevano il vanto della Chiesa romana.

Nel 1534, con l’elezione di Paolo III (Alessandro Farnese, 1468-1549), i rapporti tra città ed autorità pontificia si fecero molto tesi, mentre le contese tra le varie fazioni fazioni nelle città si inasprirono in ragione dell’inconsistenza del governo municipale.

Perugia rappresentava uno dei centri dove il prestigio del potere temporale del papa trovava sempre qualche fiero oppositore e nello stesso tempo rappresentava per il papato un’anomalia quale repubblica dentro i confini dello Stato Pontificio.

Già dal 1537, espropriate le case dei Baglioni, il papa aveva pensato per la prima volta di edificare su quell’area un presidio militare, affidandone la progettazione al colonnello Pier Francesco Fiorenzuoli da Viterbo.

Nel 1540 Paolo III, uscito vittorioso dalla Guerra del Sale del 1539-40tassa che i perugini osteggiarono aspramente poiché aveva portato il prezzo del minerale da tre a sei quattrini la libbraper assecondare suo figlio Pier Luigi Farnese, incaricò il più celebre architetto militare dell’epoca, Antonio da Sangallo il Giovane (Firenze 1483 - Terni 1546), appartenente alla scuola bramantesca di Roma, di progettare un complesso difensivo proprio a Perugia «ad repellendam Perusinorum audacia».

Il progetto iniziale, al quale collaborò anche il fratello di Antonio, Aristide da Sangallo, prevedeva l’erezione della rocca vera e propria più a valle, verso le mura di Santa Giuliana, che sarebbe dovuta diventare la fortezza idonea alla difesa della città da eventuali attacchi esterni, più il palazzo fortificato, sulla sommità del Colle Landone, che avrebbe incorporato le case dei Baglioni.

L’8 novembre 1540, sotto la supervisione di Pierluigi Farnese, fu posta la prima pietra, dopo aver abbattuto ben 138 case, 27 torri, 10 chiese e la sede della Sapienza Nuova, uno dei collegi universitari più lussuosi di Perugia. Per la costruzione furono utilizzate le pietre delle case dei Baglioni che ebbero così la funzione sia di fondamenta che di pareti: furono mozzate quasi tutte le torri; le strade e i cortili ricoperti da volte. Restarono in piedi, per fortuna, la chiesa di S. Ercolano e la porta Marzia.

Anche la città partecipò attivamente alla costruzione sia con con la prestazione di manodopera che attraverso il pagamento di ingenti somme di denaro. Bernardino Castellario (monsignore Della Barba), governatore di Perugia, nel rispetto di tale principio, andò personalmente a portare le “barelle” (carriole) nei cantieri e l’esempio fu seguito da dottori, gentiluomini e altri cittadini.

Ma le cose non andarono lisce come nelle previsioni in quanto il papa volle cambiare il progetto provocando le ire dell’architetto che nel 1542 si allontanò dalla città in segno di protesta. Fu scelto, quindi, per la prosecuzione dei lavori il perugino Galeazzo Alessi (1512-1572) che provvide a sistemare la parte residenziale.

Nel 1543 la fortezza (inaccessibile montagna di laterizi, resistente anche alle cannonate) venne portata a termine insieme al palazzo del Governatore, progettato dall’Alessi e arricchito di pitture eseguite da Cristoforo Gherardi, Giorgio Vasari, Lattanzio della Marca, Raffaellino del Colle e Dono Doni.

Era costituita da due fortificazioni: la maggiore sul colle, la minore detta Tenaglia in pianura, vicino a S. Giuliana, collegate da un corridoio costituito da tre camminamenti fortificati per una lunghezza di 300 metri. Pierluigi lasciò Perugia quando fu sicuro che, ultimata la rocca, il potere papale non avrebbe corso più alcun rischio. Nel 1545 si portò via le artiglierie e un cospicuo bottino e andò a governare Parma e Piacenza, morendo assassinato nel 1549. Lasciò come castellano Bartolomeo Bourbon Del Monte.

Dal gennaio 1560 al febbraio 1566, dopo la reggenza di Bargello Bastari di Fabriano, ne fu capitano Alberto Angelelli, valente cavaliere, il quale nel marzo 1565 si era cimentato con successo in un torneo a Roma alla presenza del pontefice Pio IV e di 20 cardinali.

Intorno al 1565 fu nominato provveditore della rocca Cipriano Piccolpasso di Casteldurante (1524-1579), medico, ceramista, poeta, scrittore e architetto. L’impiego durò per poco tempo: fu destituito a causa di una rissa con un giovane della nobiltà perugina, tale Leandro de’ Sozi; imprigionato e torturato, fu rilasciato con l’impegno di non farsi più rivedere nel territorio perugino.

All’Angelelli subentrò Claudio Dal Pozzo di Alessandria. Il 13 maggio 1573 da papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572-1585) fu inviato come castellano il bolognese Fulvio di Vincenzo Marescalchi e per l’occasione fu coniata anche una medaglia celebrativa.

Nel 1591 ne divenne governatore Fabio di Filippo Albergati da Bologna che l’anno successivo fu sostituito da Metello Rinaldini da Ancona. Nel 1595 Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605) inviò al comando della fortezza Giovan Francesco (1545-1601) marito di sua nipote Olimpia I Aldobrandini.

Nel 1635 circa, assunse la carica di castellano Parisano Parisani da Tolentino, già colonnello di cavalleria e governatore di Civitavecchia; fu sostituito nel 1645 da Vincenzo Nuti da Gubbio, governatore della rocca di Senigallia. Nel 1713 vi morì Ludovico Pecci di Gubbio, già sergente di guarnigione nel castello di Ferrara.

La Fortezza Paolina era per i perugini simbolo di ingiustizia e sacrifici, anche se non esercitò mai la sua funzione in quanto al suo interno le guarnigioni di soldati rimasero sempre inattive, tanto da essere soprannominate le “guardie del fumo”.

Era prevedibile, pertanto, che ai primi tentativi di rivolta contro il governo pontificio essa diventasse il principale bersaglio dei rivoltosi.

Con l’avvento della Repubblica Romana (1798-99), i perugini si ribellarono buttando nel fossato della rocca la statua di Paolo III, cancellando le iscrizioni e danneggiando gli stemmi che abbellivano il mastio.

Altri anni dovettero trascorrere per la vera e propria demolizione. Nel 1800 il cardinale Agostino Rivarola (1758-1842), prefetto dei Sacri Palazzi Apostolici, fece colmare il fossato realizzando così una grande piazza che prese il suo nome (attuale piazza Italia). I lavori proseguirono nel 1805 allo scopo di fare spazio a nuove vie d’accesso alla città.

Negli anni ’30 dell’Ottocento la rocca risultava in stato di abbandono e l’area circostante aveva assunto le sembianze di una pubblica discarica. Per utilizzare lo spazio fu costruito un vasto circo – ornato da 59 archi che poggiavano su pilastri dorici – destinato al gioco del pallone che era diventato uno spettacolo molto in voga tra il ceto nobile cittadino.

La rocca rimase come simbolo della potenza papale per oltre tre secoli quando, il 15 novembre 1848, un discendente dei Baglioni, Benedetto, darà inizio con il primo colpo di piccone alla vera e propria demolizione. Negli anni successivi i lavori procederanno speditamente anche se per accelerare i tempi si ricorrerà all’uso delle mine che ogni volta provocavano delle vittime.

La demolizione colpì interamente il palazzo del Castellano, la cappella ed i bastioni, gran parte della cortina, quasi tutto il mastio e la loggia dorica; vennero invece risparmiati il corridore e la tenaglia. Internamente si ebbe lo sfondamento di gran parte delle volte. Fu in questa fase che si persero definitivamente le sale degli edifici baglioneschi che erano state incorporate nella struttura.

 

Nel giugno del 1849, con la restaurazione del governo pontificio, cessarono le demolizioni. Il capitano del Genio pontificio Costantino Forti fu inviato in città con l’incarico di provvedere a risistemare l’edificio, ormai gravemente danneggiato.

 

Nel 1854 si avviò la realizzazione di una caserma fortificata. Furono riedificate le parti demolite e rialzate le mura esterne, facendo assumere all’edificio quasi l’antico profilo. Dai sotterranei vennero innalzati possenti piloni rettangolari per sostenere la nuova struttura soprastante.

 

Il 14 settembre 1860 la Rocca assolse l’estremo compito di difendere lo Stato Pontificio. Investita da più lati dall’esercito piemontese dopo tre ore di accanito combattimento, capitolò. La guarnigione svizzera lasciò la fortezza che fu occupata dai soldati piemontesi del generale Manfredo Fanti (Carpi 1806 - Firenze 1865).

Proclamata l’Unità d’Italia, il 17 dicembre 1860 il Consiglio comunale autorizzò la definitiva demolizione per togliere «dinnanzi agli occhi un monumento di cotante ingrate ricordanze», proponendo però che alcuni spazi venissero salvaguardati e destinati a magazzini. Vennero abbattute le mura all’altezza di corso Vannucci, riempiti con materiali di scarico i vani sottostanti e sull’area dei poderosi bastioni a scarpa furono costruiti nuovi palazzi, il Belvedere, piazza Italia e più tardi la Prefettura (1869-70).

Con la rimozione delle macerie, iniziata nel 1932 e completata nel 1965, si riuscì a recuperare un intero quartiere, attualmente ben visibile dopo la costruzione delle scale mobili. Oggi della rocca originaria non resta che la quinta parte.

Dalla porta Marzia, la seconda porta monumentale etrusca sulla strada per Roma, che il Sangallo incorporò nella rocca, si accede ad una via suggestiva in cui si affacciano porte, finestre, torri medievali e rinascimentali. Proseguendo si accede alla Cannoniera: due ampie sale con feritoie utilizzate a scopo difensivo dalle artiglierie papaline. Tra pozzi, cisterne, cunicoli e vie, sapientemente illuminate, si aprono ampi saloni destinati ad avvenimenti espositivi o culturali, grazie anche alla sua valorizzazione come asse di transito pedonale meccanizzato all’interno di un nuovo piano di organizzazione dei trasporti.

       

      

©2004 Daniele Amoni.

       


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