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TIZZANA, CASTELLO DI CASTRUCCIO CASTRACANI

a cura di Fernando Giaffreda

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Il complesso della rocca di Tizzana trasformato in chiesa, canonica e oratorio; in primo piano un pozzo a deposito dell’acqua infrattato fra le canne incolte.

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Mappa della località

  

L’arco interno dell’ingresso alla piazza del castello. Sulla parete sono presenti ancora gli stemmi podestarili che hanno governato Tizzana.  La facciata cinquecentesca della Chiesa di San Bartolomeo che dà sulla piazza del castello. È eretta sull’antica pieve lungo la prima cinta muraria.  Il panorama collinare verso sud uscendo dalla piazza di Tizzana.  Le colline sud-occidentali che fanno da teatro al borgo. Sullo sfondo la catena del Montalbano.  Un pezzo di muro della prima cerchia muraria ormai inglobato in un’abitazione civile. Una tubazione del gas non fa pensare al muro pieno.  L’ultima salita che porta alla piazza del castello, dove si riconosce il loggiato della chiesa di San Bartolomeo.

  

La chiesa di San Bartolomeno con la canonica e l’oratorio. La torre campanaria faceva parte come torre del perimetro centrale del castello. Su richiesta si può accedere al campanile dove si scorge l’immenso panorama della piana pistoiese, pratese e fiorentina.  L’arco interno dell’ingresso alla piazza si appoggia all’antica sede podestarile, ora trasformata in civile abitazione privata.  Il retro della rocca di Tizzana dove si scorge la torre campanaria della chiesa.  Un perimetro murario lungo l’antica strada romana d’accesso al borgo.  L’arco interno dell’ingresso alla piazza si appoggia all’antica sede podestarile, ora trasformata in civile abitazione privata.  Particolare dell’arco del portone d’ingresso, dove si trovano gli stemmi podestarili di Tizzana.

  

Una probabile torre rotonda del primo perimetro murario trasformata in civile abitazione privata.  Una veduta da sud del colle di Tizzana. Sullo sfondo gli Appennini tosco-emiliani. Proprietà e diritti www.tizzana.net  Il portone d’ingresso al centro del castello  Il retro dell’arroccamento podestarile, ora civile abitazione  La parete sudovest della casa podestarile  L’erta salita che porta all’ingresso della piazza centrale del borgo. Nella luce dell’arco si scorge il campanile-torre della chiesa di San Bartolomeo.

  

Adesso quest’ingresso alla “rocca” è solo un cancello privato.  Le vestigia non più originali di un passaggio alla rocca.  Una serie di mura (restaurate e riprese) del fortilizio tizzanese.  Una stretta via lungo il secondo perimetro murario.  Le ristrette viuzze lungo il secondo perimetro murario.  Un altro moderno accesso alla rocca.


 


Epoca: certamente X-XI secolo, nonostante gli sparuti resti e documenti non permettano una datazione sicura o più precisa. 

Ubicazione: il castello di Tizzana, cioè quel poco che resta del suo più grande e antico vestigio, è un piccolo borgo rurale ora di poche decine di abitanti situato alla sommità di una collinetta attaccata al Monte Albano (o Montalbano), che è quella catena collinare che chiude a ovest nord-ovest la gran piana Firenze-Prato-Pistoia (quasi 2 milioni di abitanti).

Orograficamente parlando, si tratta di un poggio di circa 300 m d’altezza come insabbiato nella parte più bassa e paludosa della piana, nel comune di Quarrata, ma sufficiente per deviare alcuni fossi e torrenti nell’affluenza dell’Ombrone pistoiese, il più importante dei quali è lo Stella, piccolo rio regimato già dai Romani nel I secolo a. C. Ai piedi del rilievo di Tizzana corre la strada “vecchia fiorentina”, un percorso pedecollinare appena sopraelevato dalla piana allora paludosa, che da Pistoia attraversando Quarrata (“carratus” o più medievale “quadratus”), indirizzava i traffici a Firenze.

L’arroccato paesello fa da estremo confine pistoiese con la provincia di Prato, e per questo è molto vicino in linea d’aria a quell’altro castello di origine pistoiese, Carmignano.

Stato di conservazione: del castello pistoiese di Tizzana, che nell’alto Medioevo era munitissimo di mura e torri di guardia, rimangono assai poche vestigia, qualche muro posto su antichi tracciati romani, una torre divenuta il campanile della chiesa curtense quattrocentesca di S. Bartolomeo, il disegno di base della rocca ora divenuto un giardino pensile privato. Solo la forza dell’immaginazione è in grado di ben ricostruire il vecchio impianto castellare originario

Come arrivarci: da Firenze (30 km) si prende la SS 66 detta “pistoiese”, si supera S. Piero a Ponti, poi Poggio a Caiano, dove c’è una famosa e splendida villa medicea visitabile gratuitamente; all’incrocio della frazione Catena, esattamente all’altezza dell’ottimo ristorante toscano “La Bussola”, si svolta a sinistra per giungere in tre-quattro chilometri al castello-paese di Tizzana. Da Pistoia (17 Km) si prende la SS 66 per Firenze, la Strada Reale del tempo mediceo-lorenese, e all’altezza della frazione Catena (il toponimo era appunto la “catena” doganale di confine fra due podesterie), si svolta a destra per Tizzana. Da Prato (25 km) si esce per la principale via Roma, in direzione di Poggio a Caiano; e lì, trovandosi di nuovo sulla reale SS 66, si usano le stesse indicazioni da Firenze.

Come visitarlo: trattandosi di un piccolissimo borgo che un tempo (fino al 1959) era comune capoluogo (ora preso da Quarrata), la visita può esser fatta comodamente parcheggiando la macchina nella piazza della chiesa, e nel silenzio assolutamente rurale di un posto dimenticato e decaduto, passeggiare fra le case alla ricerca degli sparuti segni di un antico passato che come andiamo a vedere fu notevole.

   

Cenni storici.

«Chi volesse prestar fede a un privilegio attribuito a Carlo Magno in favore della Badia di Nonantola potrebbe credere che fosse questa la corte di Tizzano ivi rammentata, per quanto altri luoghi omonimi si trovino, o si trovassero allora nella Toscana Granducale».

Così, cioè lontanissimo e all’inizio del Medioevo, il famoso geografo Emanuele Repetti colloca in modo illustre il menzionato sito di Tizzana nel suo ottocentesco Dizionario Geografico Fisico della Toscana. In realtà i toponimi di “Tizzano” si trovano più negli Appennini padani che in Toscana, dove apparentemente ce n’è uno solo, quello originale appunto; e che un “Eremo di Tizzano” si trovi su un colle a qualche chilometro da Bologna sopra Casalecchio del Reno, e perciò quello sì probabilissimo tributario della potente abbazia modenese di Nonantola.

Al contrario, l’onore imperiale riguarderebbe più Quarrata, una vecchia frazione di Tizzana oggi comune capoluogo da 47 anni, che nel 997 fu toponimo romano menzionato in un diploma di Ottone III. Ora la situazione si è invertita a danno di questo antico colle prima etrusco e poi romano prim’ancor che medievale (“gens titia”): Tizzana infatti è decaduta dal 1959 a una frazione rurale del comune di Quarrata, quando un decreto del Presidente della Repubblica eresse la più popolosa “cittadina del mobile” a capoluogo, nuova sede municipale di un territorio di 46 km quadrati che era appartenuto da sempre alla sede podestarile di Tizzana. Anzi, Tizzana fino al 1927 apparteneva addirittura alla provincia di Firenze, solo che non aveva le caratteristiche di un gran centro, limitandosi ad essere un piccolissimo borgo rural-pedemontano coincidente col vecchio perimetro castellare originario, e perciò inadeguato a reggere l’impetuoso sviluppo industrial-manufatturiero del secondo dopoguerra.

Prima delle centuriazioni e delle ingegnose bonifiche dei Romani, essendo questa zona ancora lacustre, inondata e paludosa, il sito di Tizzana costituiva una delle tante tappe di collegamento dei numerosi insediamenti etruschi, che da Fiesole passando per il Montalbano portavano a Marzabotto e Bologna. La recente scoperta di un sito archeologico etrusco in una zona del tutto pianeggiante del pratese come Gonfienti (vicino al nuovo Interporto d’area vasta fiorentina), fa supporre con qualche certezza in più che Tizzana fosse parte del tracciato Fiesole-Artimino-Comeana-Carmignano-Seano-Tizzana-Cecina in Vignole-Val D’Agna-Limentra, poi Misa e infine Felsina. Un percorso che si sarebbe intersecato con la Cassia Clodia, la famosa e fumosa “variante nord” della seconda consolare romana che congiungeva l’Urbe con Florentia.

Sostituitisi ai Liguri e agli Etruschi, dunque i Romani bonificarono gran parte delle terre paludose ai piedi di Tizzana. Ne fa prova non solo la centuriazione presente sul territorio intorno all’Ombrone, al Brana e allo Stella, ma anche la strada in salita al poggio di Tizzana che è ancor’oggi riconoscibile quale sicuro tracciato romano.

Fin qui le deduzioni. Ma è grazie a una cartula di pergamena collocata nell’Archivio di Stato a Pistoia, in un fascicolo denominato “Libro-Croce”, che si può far risalire al 1034 la prima menzione, e quindi l’esistenza, del “Castello di Titano”, segno evidente che il castrum era già edificato qualche tempo prima quasi sicuramente da gens longobarda. Ciò viene addotto perché all’apparenza Tizzana non è facilmente annoverato o ammesso nel sistema castellare riconosciuto. La sua storia feudale infatti non è certamente di quelle più nobili o di alto lignaggio se nel 1006, quando la maggior parte delle fortificazioni longobarde limitrofe erano espressione dei conti Guidi, il castello risulta di proprietà di un signore locale, un certo Rodolfo di Pietro che si trovava a Pistoia al seguito del conte Lotario. Nel 1034 lo stesso Rodolfo sottoscrive un atto di donazione religiosa in favore della canonica di S. Zeno in Pistoia., legando così Tizzana alle sorti di Pistoia.

Un secolo più tardi, nel 1138, anno di fondazione della chiesa di S. Bartolomeo in Tizzana con annesso un piccolo oratorio, un postero perfettamente omonimo di ser di Pietro cedette tutto il borgo castellare di “Titiana” ad un collega di Vignole, che aveva il suo dominus in pianura, presso la chiesa di Vignole. Ed è durante la restante parte di quel XII secolo pistoiese che Tizzana acquistò il titolo giuridico di piccolo comune rurale, se è vero che nel 1223 il consistente affitto per 3 denari di una cinquantina di casamenti nel borgo servirono a Pistoia, proprietaria del castello, per pagare l’intero tributo esatto da Federico II imperatore. A quell’epoca il territorio comunale di Tizzana, ripartito in quattro sestieri, aveva un migliaio di abitanti di cui almeno tre centinaia presenti nel perimetro castellare. E in questa parte delle dipendenze territoriali del Comune di Pistoia, Tizzana faceva somma del più consistente territorio sud-occidentale insieme alle altre pievi rurali di Montemagno, Vignole e Quarrata.

Oltre al geografo Repetti, di Tizzana parlano due storici, o meglio, due cronachisti fiorentini, il Villani e il Malespini. Il secondo attesta che intorno alla metà del XIII secolo Tizzana era difesa da fornite mura castellari, da una rocca e da un cassero, giustificati dalla posizione naturale strategica dell’insediamento pievano. Il Repetti a sua volta riferisce che «attualmente però non restano del fortilizio di Tizzana altro che deboli tracce di mura dirute intorno alla sommità del colle, e scarsi fondamenti della sua torre, o cassero denominato costantemente la Piccola Rocca». Segno evidente che le ultime lotte fra guelfi e ghibellini prima e quelle per la supremazia italiana fra toscani e milanesi, l’avranno ridotta come il Repetti la descrive e come sostanzialmente noi la possiamo riscontrare adesso. Ma manca forse qualcosa come vedremo….

Già il Villani infatti parla del primo assedio sofferto da Tizzana nel 1252, quando, scomparso ormai Federico II, i guelfi pistoiesi aiutati da quelli fiorentini per cacciare dalle città i ghibellini posero l’assedio a Tizzana per riprenderne subito il possesso. Ma l’accerchiamento durò più a lungo dello sperato, tanto che il papa si rivolse ai ghibellini invitandoli alla pace e alla desistenza. Solo nel 1253 i ghibellini tizzanesi accettarono un armistizio offerto dai fiorentini che dovevano accorrere in aiuto di Lucca.

Al volgere del secolo come sappiamo la lotta fra guelfi e ghibellini si trasformò in guerra fra Bianchi e Neri. Cantino de’ Cavalcanti infatti nel 1300 reggeva una Pistoia bianca in aperto contrasto con Lucca e Firenze che mal sopportavano quella situazione politica. Le due città nere alleate mossero contro Pistoia con le rispettive truppe, quelle fiorentine capitanate da Roberto duca di Calabria, figlio di Carlo D’Angiò, e quelle lucchesi sotto il comando di Morello Malaspina. Nonostante il tentativo di mediazione papale, prima con Benedetto XI e poi con Clemente V, la pace non sopraggiunse se non dopo le numerosissime morti per fame, saccheggi e incendi, ovunque nel pistoiese, il 20 aprile 1306. Le condizioni della pace imponevano che i castelli di Carmignano e Tizzana, insieme ad altri più piccoli, fossero ceduti alla sovranità di Firenze, per poi passare sotto Pistoia nel 1314 a condizione che il governo cittadino si tingesse di nero guelfo.

Ma il resto della prima metà del XIV secolo vide Tizzana entrare nel turbinio dell’epopea di Castruccio di Castracani, l’antifiorentino per eccellenza. Partito da Lucca, conquistò Pistoia e tutti i castelli circonvicini fino ad arrivare una volta minacciosissimo alle porte di Firenze. Artimino si arrese a Castruccio il 22 maggio del 1325; poco dopo toccò a Carmignano, subito che anche Montemurlo e Montale furono guastate assai. Si dice che Tizzana resistette per molto tempo grazie alla sua munita difesa castellare. In realtà gran parte delle distruzioni che l’hanno ridotta alle strutture attuali si dovettero all’assedio cruento del Castracani. Ma il colpo esiziale per la perdita definitiva delle antiche strutture altomedievale, Tizzana lo patì alla fine del XIV secolo quando la signoria di Milano, sotto Gian Galeazzo Visconti, volle intendere di estendere il suo dominio sulla Toscana. Iacopo del Verme con le sue truppe milanesi si scontrò proprio in quel di Tizzana, nel 1391, con le truppe in difesa di Firenze, capitanate da Giovanni d’Augut, al soldo della Repubblica dell’Arno. Solo i milanesi lasciarono nelle campagne tizzanesi 400 morti fra fanti e cavalieri e 1000 prigionieri.

Scarse le notizie lungo il XV secolo, se non che Tizzana fu teatro di una guerra intranobiliare fra due delle più famose famiglie castellane del periodo, i Cancellieri e i Panciatichi, quest’ultimi che avevano eretto Tizzana a loro quartier generale durante la lotta.

Nel 1523 la peste poi colpì Tizzana in modo particolare, facendo cadere ogni speranza di riprendersi o ritornare all’importanza rurale di qualche secolo prima. Il dominio mediceo-lorenese stabilizzò la podesteria fondiaria di Tizzana, la quale visse come centro agrario e mercantile di una certa qual importanza grazie ai miglioramenti e alle bonifiche del dispotismo illuminato dei Lorena. Sappiamo infatti che nel 1772 la podesteria di Tizzana fu sottomessa al Vicario Regio di Pistoia e soppressa nel 1838 dopo la riorganizzazione restaurata del periodo postnapoleonico.

Il resto è stato detto, se non che non viene ricordato molto il fatto che durante il secondo conflitto mondiale, nel 1944, una postazione della retroguardia dell’artiglieria tedesca era posizionata sui colli più alti del Montalbano, laddove si potevano tenere sotto mira tutte le città dell’Arno superiore, dell’Ombrone e del Bisenzio, ma anche quelle dell’Arno inferiore, Empoli, Pisa, Lucca ecc. Gran parte della Toscana più popolata. Non è escluso che qualche distruttivo colpo di cannone nazista il castello di Tizzana, come altri borghi medievali del resto, non l’abbia patito.

     

     

©2007 Fernando Giaffreda (testo e foto originali). Le foto 15 e 42 sono tratte dal sito www.tizzana.net. © Antonio Caputo per il disegno dell'immagine 52. Il video (inserito nel 2013) non è stato realizzato dall'autore della scheda.

 


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