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Palermo, castello di Maredolce, cappella dei Santi Filippo e Giacomo

a cura di Pier Luigi Contino

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Il castello di Maredolce: fronte Sud-Est; in basso: fronte Nord-Est.

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Palermo  Palermo

 

Ricostruzione ideale della pianta del Castello di Maredolce secondo Adolfo Goldschmidt.  Tratto da Paolini M. G., Edifici civili di età normanna a Palermo, Accademia Nazionale di Scienze Lettere ed Arti, Palermo 1974, tav.  I.  Pianta della cappella dei Santi Filippo e Giacomo secondo il rilievo di Silvana Braida, per gentile concessione della ANISA  Cappella dei Santi Filippo e Giacomo: dettaglio dell’intradosso della cupola  Cappella dei Santi Filippo e Giacomo: arco trionfale  Cappella dei Santi Filippo e Giacomo: veduta esterna della zona absidale


       


Epoca: secolo XI, su precedente struttura.

Conservazione: buona.

Come arrivarci: il castello è ubicato nella zona industriale di Brancaccio, raggiungibile dall'ingresso alla città dall'autostrada Palermo-Messina seguendo le indicazioni per la via Giafara.

   

Oh quanto è bello il lago delle due palme e la penisola nella quale s’estolle il gran palagio!

L’acqua limpidissima delle due polle somiglia a liquide perle e il bacino a un pelagio

Par che i rami degli alberi si allunghino per contemplare il pesce nell’acqua e gli sorridano

Nuota il grosso pesce in quelle chiare onde e gli uccelli tra que’ giardini modulano il canto”.

Abd ar-Rahman da Trapani

  

Il sito

Il castello di Maredolce alla Favara, ricordato dai cronisti e celebrato dai poeti arabi nelle loro kaside, mantiene ancora oggi, nelle sue rovine, il fascino dell’antico splendore.

Dal punto di vista artistico rientra nel grande quadro dell’architettura siciliana del periodo arabo e normanno e rispecchia la cultura del tempo in cui è stato concepito. È il segno evidente della sintesi delle grandi tradizioni culturali ed architettoniche isolane che hanno caratterizzato la Sicilia fino alla realizzazione della fabbrica: quella bizantina, quella araba e quella normanna.

Si inserisce all’interno del vasto Parco Normanno della Fawarah ("sorgente che bolle") che si estende dalle pendici del monte Grifone fino al mare, in un luogo particolarmente ricco di acque, come testimonia Ibn Hawqal, che nel 937 scrive: «...nell’angolo della montagna (il monte Grifone) che sovrasta a Sud la città di Palermo erano due fawwàra, cioè due sorgenti una grande ed una piccola»1. Proprio questa abbondanza d’acqua permise al normanno re Ruggero la realizzazione di un bacino artificiale sul quale si specchiava il palazzo ricreando dei suggestivi effetti scenici tanto cari alla cultura artistica araba e normanna.

Una delle prime notizie di questo Palazzo è quella riportata da Romualdo Salernitano nel suo Chronicon, secondo il quale Maredolce non è da considerarsi una fabbrica ex novo, quanto una ricostruzione voluta da Ruggero II sul precedente palazzo dell’emiro Giafar.

Il palazzo si sviluppa attorno ad un cortile centrale porticato (di cui oggi rimangono solo delle tracce) su un impianto a base rettangolare larga 49 metri e lunga 55 (fig. 3). La linearità del fronte Nord-Est è spezzata da una rientranza. La fabbrica è circondata su tre lati dall’acqua del bacino artificiale che per la sua grande estensione è stato chiamato Maredolce, termine da cui prende nome anche il castello; al centro del Maredolce si ergeva un isolotto artificiale nel quale l’emiro si recava per sollazzarsi.

Sul fronte principale, quello non lambito dalle acque del Maredolce, si aprono quattro fornici archiacuti che permettono l’accesso al castello dall’odierno vicolo Castellaccio; il primo arco, partendo dall’estrema sinistra del fronte Nord-Ovest, da accesso al cortile interno, il secondo immette nella cappella dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, il terzo fornice permette l’accesso alla cosiddetta “Aula Regia”; la cappella e l’Aula Regia occupano entrambe le elevazioni del palazzo. Il quarto arco oggi è tompagnato ma probabilmente consentiva l’accesso diretto al lago attraverso delle piccole imbarcazioni.

Nella parte centrale si trovano una serie di stanze più piccole alle quali si accede attraverso il portico del cortile. Le due sale grandi e quelle più piccole sono tutte voltate a crociera; La grande sala verso Sud, formata da due ambienti comunicanti attraverso un ampio arco, era quella dal quale si godeva pienamente la vista del magnifico specchio d’acqua e dell’isoletta da un grande portone sul lato Sud-Est attraverso cui si poteva accedere a delle imbarcazioni per la fruizione del lago artificiale.

All’interno del castello di Maredolce, si colloca, come avviene di consuetudine anche negli altri edifici reali, una cappella palatina dedicata ai Santi Filippo e Giacomo. L’ambiente prescelto in epoca normanna per la sistemazione del luogo di culto è già adibito in epoca araba allo stesso uso. Questa supposizione è avallata dagli scavi eseguiti nel 1951, come ricorda l’architetto Silvana Braida, i quali hanno riportato alla luce alcuni resti umani e frammenti di stoviglie in argilla di fattura tipicamente araba: «Queste erano le abitudini dei muezin e dei precettori islamici che venivano sotterrati presso la moschea»2.

La cappella della Favara riprende temi classici dell’architettura religiosa bizantina; tipicamente bizantina è infatti non solo la tipologia a nave unica, ma anche la sua disposizione nello spazio in riferimento ai punti cardinali, essa è infatti orientata con l’abside rivolto ad oriente, seguendo la tradizione della chiesa di Bisanzio. Essa è formata da una nave rettangolare unica, lunga 8 metri e larga 4,5 metri coperta da due volte a crociera (fig. 4 e fig. 5).

Verso Nord uno stretto arco trionfale a sesto acuto (fig. 6), sormontato da una piccola finestra ogivale, separa la nave dal successivo ambiente del presbiterio. Il presbiterio è di forma quadrata ed è attraversato da un transetto illuminato da due finestre in corrispondenza delle quali, in basso, si aprono due nicchie rettangolari.

In fondo al presbiterio si trova l’abside (fig. 7) illuminata da una finestra ogivale posta in asse con la navata.

  

Il lago dell’Albehira

La presenza di un invaso artificiale al Parco di Maredolce è testimoniata dalla bellissima poesia di Abd ar-Rahman da Trapani che decanta la scintillante reggia chiamandola “Favara dai due mari” e ricorda la penisola dove sorge il palazzo, lo splendido isolotto nel quale crescono arance e limoni e le due palme che, come due amanti, hanno scelto questo luogo incantevole per il loro asilo.

Una delle prime descrizioni del lago di Albehira è quella fornita da Beniamino da Tudela contenuta nel diario del suo viaggio per le terre di Sicilia del 1172 sotto il regno di Guglielmo II. Il Tudelese scrive tra l’altro: «...È adornato quel lago di reali barchette ornate d’oro e d’argento, e dipinte, nelle quali il Re con le sue mogli spesso si dimena a sollazzo...»3.

Oggi è ancora possibile ripercorrere il perimetro dell’antico lago, che con il trascorrere dei secoli si è trasformato in orti e frutteti, vedere i resti dell’antico muro di contenimento delle acque con le tracce dello stesso intonaco idraulico rosso presente nella fascia basamentale del palazzo, e le tracce degli anelli attaccati al muro utilizzati per l’ormeggio delle barchette. Il lago oltre ad essere navigato dal re per soddisfare i suoi momenti di piacere personale, è utilizzato, data la moltitudine di pesci ricordata da Beniamino da Tudela, come riserva di pesca e, insieme alla riserva di caccia di Parco di Altofonte, costituisce uno dei luoghi di delizia preferiti da Ruggero II e dalla sua corte.

  


1 G. Bellafiore, 1996, p. 44.

2 S. Braida,1965, p. 25.

3 S. Morso, 1981, pp. 151, 152.

  

BIBLIOGRAFIA 

M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Le Monnier, Firenze 2002 (nuova ediz.).

L. Anastasi, L’arte nel parco reale normanno di Palermo – La Favara, Scuola tipografica ospizio di beneficenza, Palermo 1935.

G. Bellafiore, Parchi e giardini della Palermo normanna, Flaccovio, Palermo 1996.

S. Braida, Il castello della Fawara. Studi di restauro, in ‹‹Architetti di Sicilia››, anno I, n. 5-6, Palermo 1965.

V. Di Giovanni, Il castello e la chiesa della Favara di S. Filippo a Mare Dolce, in ‹‹Archivio Storico Siciliano›, XXII, Palermo 1897.

G. Di Stefano, Edifici della Sicilia Normanna, Flaccovio, Palermo 1979.

R. La Duca (a cura di), Storia di Palermo, II: Dal tardo-antico all’Islam, L’epos, Palermo 2002.

S. Morso, Descrizione di Palermo antico, Dafni, Catania 1981.

M.G. Paolini, Edifici civili di età normanna a Palermo, Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, Palermo 1974.

B. Patera, L’arte della Sicilia normanna nelle fonti medievali, I.L.A. Palma, Palermo 1980.

A. Schmidt (a cura di), Castelli dimore cappelle palatine, Fondazione culturale ‹‹Lauro Chiazzese›, Palermo 2002.

  

 

  

©2004-2012 Pier Luigi Contino. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

   


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