ANDRIA, RESTI DEL CASTELLO NORMANNO-SVEVO
a cura di Vincenzo Zito

In alto: la fortificazione bastionata svevo-aragonese come si presenta oggi. In basso: cartiglio di chiave della porta aperta nella fortificazione nell’800 con l’epigrafe «Custos Domus 1827».
  
 
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Conservazione: sono oggi visibili solo alcune strutture.
Come arrivarci: percorrendo l'autostrada A-14, uscita Andria, o la strada statale 98.
	
	Il
  primo nucleo del castello di Andria fu costruito dai Normanni nell’ambito
  del processo di “incastellamento” dagli stessi attuato durante e dopo la
  conquista dell’Italia meridionale. Ubicato in corrispondenza del punto più
  alto della città, nei pressi della porta omonima (demolita nel XIX secolo),
  la struttura normanna originaria doveva consistere probabilmente in poco più
  che un palazzo fortificato (dongione) costruito a ridosso del ciglio delle
  mura.
	
	Nel
  periodo svevo il castello fu ampliato con la costruzione di una imponente
  torre quadrangolare, il cui lato esterno misura circa 15 metri, protesa verso
  l’esterno, con il lato ovest appoggiato alla cinta muraria. Il tratto
  inglobato di quest’ultima è visibile all’interno. La torre è dotata di
  una sortita in direzione dell’attigua porta detta “del Castello”, per
  consentire di sorprendere sul fianco eventuali assalitori della porta. Verso
  il 1239-40, quando le spese per la guerra nell’Italia settentrionale
  imposero una riduzione della frenetica attività edilizia nel Meridione, esso
  compare nello Statutum federiciano sulla manutenzione dei castelli di
  pertinenza regia.
	
	Successivamente,
  probabilmente in periodo aragonese, a seguito dell’aumentata potenza
  distruttiva delle armi da fuoco, la torre sveva fu inglobata in un baluardo
  poligonale con muratura esterna configurata a scarpa. Inoltre, per renderla
  meno esposta al tiro delle artiglierie, la torre fu ridotta in altezza. Nel
  contempo il castello fu ampliato verso Sud con la costruzione di alloggiamenti
  militari. Successivamente, in epoca imprecisata a partire dal XVI secolo, gli
  alloggiamenti militari furono trasformati in mulini dalla famiglia Carafa,
  ultimi duchi di Andria. Il castello non ebbe altre trasformazioni sostanziali
  sino al 1799, quando fu utilizzato per l’ultima volta dagli andriesi che,
  dalla sommità del bastione poligonale, cannoneggiarono i francesi durante la
  battaglia del Venerdì Santo, conclusasi con la capitolazione della città.
Venuta meno la sua funzione militare, verso la prima metà dell’800 la struttura originaria normanna divenne proprietà privata e trasformata in abitazioni civili. Il bastione poligonale e parte della zona dei mulini, invece, rimasero di proprietà dell’Università. Nel 1810 il bastione risultava adibito a deposito di salnitri. Successivamente, nel 1827, il bastione fu trasformato il sede del corpo di guardia urbano: una porta aperta a forza attraverso lo spessore murario reca nel cartiglio di chiave l’iscrizione «Custos Domus 1827». Successivamente l’intera struttura, compresa la zona dei mulini, è divenuta di proprietà privata. Nella seconda metà del XIX secolo la parte a nord del bastione è stata demolita per la costruzione di un edificio civile. Quello che resta del castello svevo-aragonese è oggi incastrato tra un palazzo tardo ottocentesco a sinistra, costruito sull’area delle fossate, ed un palazzo contemporaneo sulla destra.
D’Urso
  R., Storia della città di Andria dalla sua origine al corrente anno 1841,
  Napoli 1842.
Haseloff
  A., Architettura sveva nell’Italia meridionale, edizione italiana,
  Bari 1992.
Zito V., L’antica “Porta del Castello” di Andria, Bari 2004.
Di Gioia A., Andria. Il castello e le mura, Bari 2011.
Zito V., Il castello normanno-svevo di Andria. Una questione controversa, Andria 2012.
©2005-2012 Vincenzo Zito