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BARATONIA (fraz. di Varisella)

RESTI DEL CASTELLO

a cura di Duilio Chiarle

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I resti del castello.

  

In basso: la pianta e la localizzazione.

 

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Baratonia


Il territorio di Baratonia


Epoca: basso Medioevo.

Conservazione: del castello rimangono solo ruderi non facilmente raggiungibili da chi non è esperto del territorio.

   

Cenni storici

Meglio noto oggi tra la gente della zona come "'l castlass",  ovvero il castellaccio, era il fulcro di un paese che ora non esiste più: Baratonia. Secondo il Canonico Giuseppe Fornelli, il nome deriverebbe dal gotico e significherebbe "terra allodiale". Il borgo certamente esisteva già in epoca longobarda e con ogni probabilità anche in epoca gallo-romana e sappiamo che nel XII secolo vi era fiorente l'industria della canapa. Un tempo citata da alcuni come "città di Baratonia", negli anni '70 del secolo scorso si era ridotta a due sole case abitate, poiché quasi tutte le famiglie del borgo si spostarono gradualmente in borghi più ospitali e dopo l'Unità d'Italia (che fu per la zona un vero disastro economico) i popolani emigrarono nelle Americhe o in Francia; nel censimento napoleonico del 1801 (anno IX repubblicano) risultavano 53 abitanti, 25 bovini da commercio e 10 buoi da lavoro. Il Comune fu soppresso il 18 settembre 1870 "per mancanza di abitanti" ed accorpato al confinante Comune di Varisella: restavano soltanto 45 persone, per la maggior parte anziani.

La parrocchia di Baratonia esisteva già nel IX secolo e la chiesa di S. Biagio oggi è spoglia e priva di affreschi che fortunatamente furono fotografati nel XIX secolo da Secondo Pia (il fotografo della Sindone) poiché di essi ne resta solamente un frammento recentemente recuperato ed esposto nella chiesa parrocchiale di Varisella. A causa della rinuncia alla sede del vescovo Uguccione dei Cagnola, la parrocchia però fu soppressa già nel 1243, sebbene la chiesetta ed il cimitero intorno alla chiesetta fossero comunque utilizzati sino al 1680.

Il castello di Baratonia appartenne ad Adelaide, signora di Susa e di Torino, ma alla sua morte fu oggetto di aspra contesa tra i feudatari di re Arduino. Tutta la zona era ricca di castelli, ora quasi tutti distrutti: era costellata da numerose fortificazioni erette per difendere le popolazioni dalle frequenti incursioni islamiche che si spingevano anche oltre questo territorio, invasioni che avevano desertificato la valle di Susa, pericolo poi definitivamente scongiurato da Arduino con la distruzione delle basi saracene e lo sterminio sistematico dei loro abitanti. Il titolo dei "Visconti di Baratonia" appare per la prima volta soltanto nel 1075, risulta infatti che Ottone fosse visconte sia di Torino che di Baratonia da un documento del 5 maggio 1075: nel XIII secolo la sua casata si divideva già nei quattro rami di Baratonia, di Balangero, di Viù e di Villafocchiardo ma a causa delle guerre oggi nessuno di quei castelli sopravvive tranne la casaforte di Villarfocchiardo. Ottone era discendente di Manfredo, conte di Orléans che fu poi duca di Neustria e di Tuscia nel 832 e che a sua volta discendeva da un altro Manfredo che era stato Camerario di Carlo Magno, da cui i Baratonia traggono lo stemma con l'aquila d'oro in campo azzurro.

Il castello di Baratonia fu distrutto da Amedeo VI di Savoia (il "conte verde") dopo un lungo e devastante assedio nel 1359: Ugonino di Baratonia, già espropriato delle terre dai Savoia nel 1357, se ne era di fatto riappropriato e si era schierato con Giacomo d'Acaja, cugino di Amedeo VI. Fu parzialmente recuperato ma i visconti non vi abitarono più. Già nel 1449 la comunità, pagando una somma di 64 fiorini, ottiene il diritto di non dover più fornire contingenti militari.

L'ultima citazione del "castello" come tale in un documento storico è dal 1556. L'abbattimento definitivo di ciò che ne restava avvenne sicuramente in quell'anno ad opera dei francesi del Brissac, che distrussero tutte le vestigia rimaste anche negli altri borghi vicini (Lanzo, Balangero e Givoletto) per evitare che le truppe spagnole lo riconquistassero come era già avvenuto nel 1554. In un documento del 1662 una certa Francesca Fioravante fa "consegnamento per una torre, giardino, edifici ed altri beni", probabilmente tutto ciò che restava del castello. Ne conosciamo la piantina, ma la gente della zona ha sempre affermato che i castelli dei dintorni fossero tutti collegati da passaggi segreti.

La costruzione in origine era disposta almeno su tre piani, oggi ne restano solamente alcuni monconi di muro. I pochi scavi condotti hanno testimoniato il suo abbandono alla fine del XVI secolo. Ciò che restava dell'antico splendore era stato dimenticato, i signori si erano trasferiti a Torino giá nel 1377 e gli abitanti superstiti avevano ricostruito il villaggio sulla collina adiacente, più in alto e al sicuro dai briganti. Con il passare del tempo la torre e i ruderi diventarono abitazione di contadini, probabilmente una porcilaia ed infine tutti disertarono l'edificio, oggi avvolto dalla boscaglia. Il luogo, verso il tramonto, ha fama di essere popolato da fantasmi. Resta delle antiche vestigia soltanto la cappella di S. Biagio (un tempo parrocchiale) cui nel 1904 fu rovesciato l'ingresso, che prima guardava verso il castello. Dell'antica città, più nulla resta.

NOTA
Nel Comune di Varisella (Torino) c'è un bellissimo "antiquarium" dedicato al castello di Baratonia, con l'esposizione di documenti e reperti ritrovati durante gli scavi: ceramiche, punte di freccia, ecc., nonché documenti originali antichi
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©2016 Duilio Chiarlie. Il video (2015) è di Andrea.

  


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