Sei in: Mondi medievali ® Castelli italiani ® Piemonte ® Provincia di Cuneo

TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI CUNEO

in sintesi, pagina 2

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

Fermando il puntatore del mouse sulla miniatura di ogni foto, si legge in bassa risoluzione (tooltip) il sito da cui la foto è tratta e, se noto, il nome del suo autore: a loro va riferito il copyright delle immagini.


  = click image to enlarge / clicca sull'immagine per ingrandirla.
= click also image to enter / puoi entrare nella pagina anche cliccando sull'immagine.
= click image to castelliere.blogspot / clicca sull'immagine per castelliere.blogspot.
= click image to wikipedia / clicca sull'immagine per wikipedia.


pagina 1


Mombasiglio (castello delle Frabose)

Dal sito www.visititaly.it   Dal sito www.piemonteoutdoor.it

«Posto sulla cima del colle che ospita il borgo storico di Mombasiglio, gode di uno spettacolare panorama sulle colline sottostanti. Nel 1095 il Castello è feudo di Ottone vassallo del marchese di Savona, nel 1346 il Marchese Corrado di Ceva ne riceve l'investitura: vi è un'alternanza di possesso, per ragioni di confine, fra Asti e Ceva. Danneggiato nelle guerre tra Francia e Spagna nel XVI sec., il Castello divenne nel 1602 proprietà della famiglia fossanese dei Trotti, Marchesi di Mombasiglio, che, con una sostanziale ristrutturazione, ne privilegiarono le funzioni residenziali e produttive, essendo scadute le necessità di ordine militare. Successive mutazioni di proprietà non alterarono la consistenza architettonica dell'edificio; graffiti tuttora leggibili (di rilevante interesse filologico) documentano la presenza di soldati francesi all'epoca di Napoleone Bonaparte (1796-1799). All'inizio del secolo XVII si colloca l'intervento edilizio dei Trotti. Dal 2001 è proprietà della Fondazione Castello di Mombasiglio, sede del G.A.L. Mongioie e del Museo Generale Bonaparte. Imponente si eleva sul complesso la torre, alta 35 metri, mentre una seconda torre, non terminata, fu conglobata all'interno del castello. Il maniero è inserito nel circuito Castelli Aperti».

http://www.comune.mombasiglio.cn.it/Guidaalpaese/tabid/10103/Default.aspx?IDPagina=3400


Monasterolo di Savigliano (castello dei Solaro)

Dal sito www.comune.monasterolodisavigliano.cn.it   Dal sito http://castelliere.blogspot.it

«L'erezione dell'imponente maniero risale alla prima metà del XIII secolo ed è comunemente attribuita all'iniziativa dei marchesi Raimondo e Ottone Boverio di Busca. Distrutto durante le guerre che dal 1357 al 1363 sconvolsero Monasterolo, venne ricostruito dai marchesi di Saluzzo fra il 1363 ed il 1378, cioè prima dell'assegnazione del feudo ai Solaro. Risalgono infatti a questo periodo la massiccia struttura conservatasi intatta fino ai nostri giorni, nonché le tre torrette angolari e la torre cilindrica posta a sud-ovest, le sole testimonianze del primo impianto, unitamente al fossato perimetrale ed alla porta detta del "Rivellino". Importanti lavori di ristrutturazione furono effettuati fra il XVI ed il XVII secolo, e comportarono il restauro di alcuni locali ornati da volte unghiate, la costruzione della scala a tre rampe su pilastri, e la copertura dell'edificio con il tetto in tegole. I pregevoli soffitti a cassettoni intagliati e dipinti a tinte policrome dei due saloni al primo piano appartengono ai primi anni del Seicento. Nel corso del secolo successivo furono realizzate le decorazioni rococò dei due saloni al piano rialzato (graziosa è la cosiddetta "sala d'oro", per la ricchezza e la finezza delle cesellature e per le sei graziose tele incastonate nelle pareti, raffiguranti alcuni mazzi di fiori ed i busti di due donne), e la costruzione del padiglione nord del castello con la conseguente apertura dell'ingresso sulla piazza omonima. L'ultimo intervento riguardò, all'inizio dell'Ottocento, l'erezione dell'ala rivolta a nord-ovest per completare la facciata. La contessa Maria Solaro di Monasterolo, moglie del cavaliere Carlo Buglione di Monale, con rogito del 3 gennaio 1928, alienò il castello al comune di Monasterolo».

http://www.comune.monasterolodisavigliano.cn.it/ComSchedaTem.asp?Id=3381 (a c. di Lorenzo Cera)


Mondini (castello della Salza)

Foto di Rosanna Cordero, dal sito www.panoramio.com   Dal sito wWw.delcampe.net

«L'erezione del castello della Salza risale alla seconda metà del Duecento per l'iniziativa della nobile famiglia Saviglianese dei Gorena. All'inizio del XIV secolo il maniero passò ai Cambiani e verso la metà del Cinquecento alla nobile famiglia dei Cravetta di Villanovetta, che ebbe in Ajmone, celebre giurista, l'esponente più illustre e noto. Alla fine di quest'ultimo secolo il castello fu sottoposto a radicali lavori di ristrutturazione e di ampliamento. Nel 1630 i Cravetta ospitarono il cardinale Maurizio, figlio di Carlo Emanuele I, il re morto di peste a Savigliano. Il castello nel 1799 rimase danneggiato dalle artiglierie francesi, durante le guerre napoleoniche. Con la scomparsa all'inizio del Novecento della famiglia Cravetta, il complesso passò ai marchesi Cuttica di Cassine e, successivamente, ai baroni Guidobono Cavalchini Garofoli. L'originaria struttura medioevale in mattoni del lato di ponente, ben si inserisce con le graziose e raffinate linee del loggiato costruito nel Cinquecento che orna la facciata rivolta a levante. Al piano terra si ammira uno spazioso ed elegante porticato a quattro arcate su cui si apre una bella porta barocca; al primo ed al secondo piano vi sono due gallerie sovrapposte con arcate accoppiate in modo che ogni coppia di esse insiste su una delle arcate del piano terreno. Il castello della Salza è impreziosito dalle splendide linee barocche dell'adiacente cappella attribuita al Vittone».

http://www.turismocn.com/ur/SALUZZESE/MARENE/ATTRATTIVE/comuneAreaView.html?filter=CASTELLI


Mondovì (palazzo del Governatore)

Dal sito www.comune.mondovi.cn.it   Dal sito www.belpiemonte.com

«Il Palazzo era composto in origine da due edifici distinti e di diversa altezza che furono poi uniti nel corso del XVI secolo. Era caratterizzato, come gli altri edifici della piazza, dalla presenza di un portico con archi a sesto acuto al piano terra e da cornici in cotto intorno alle aperture dei due piani superiori. A partire dal “400 la facciata iniziò ad essere affrescata con decorazioni ed emblemi di varia natura, ed in modo particolare dagli stemmi dei Governatori, che con il passare del tempo occuparono l’intera superficie. Nel Settecento e Ottocento la facciata venne interessata da interventi edilizi piuttosto invasivi che hanno portato alla perdita di numerose decorazioni. Il recente restauro ha restituito lo straordinario repertorio di stemmi ed emblemi che testimonia quasi cinquecento anni di storia cittadina».

http://www.comune.mondovi.cn.it/vivere-la-citta/turismo/conoscere-mondovi/piazza/palazzo-del-governatore


Mondovì (palazzo di Città)

Dal sito www.belpiemonte.com   Dal sito www.comune.mondovi.cn.it

«Sede del Comune di Mondovì fin dalla sua fondazione, che risale alla fine del XII secolo, il Palazzo sorge sulla Piazza Maggiore, luogo simbolo della vita amministrativa e politica della città medioevale. Profondamente rimaneggiato agli inizi del Seicento dall’architetto luganese Giovanni Goano, venne ulteriormente ristrutturato alla metà del Settecento, epoca cui risalgono le colonne in pietra del porticato e le fasce marcapiano delle facciate decorate a graffito. Gli elementi in cotto della parete occidentale risalgono, invece, al XV secolo. L’interno conserva alcuni locali di grande suggestione. Al secondo piano si trova la “Sala degli Stemmi”, affrescata con gli emblemi dei principali Comuni della Provincia di Mondovì. Al primo piano l’elegante soffitto della ”Sala delle Bandiere” decorato con stemmi di gusto risorgimentale, tra i quali quello della Città di Alessandria, ricorda un lontano episodio della vita comunale. Nel 1236 Mondovì si trovò in guerra con il Vescovo di Asti, suo feudatario, e cercò l’aiuto della potente città di Alessandria. Il 2 maggio di quell’anno 173 consiglieri di entrambe le parti strinse un patto di alleanza con cui si stabiliva che in caso di guerra gli uomini di Alessandria sarebbero corsi in aiuto dei monregalesi. Nel 1848 il patto venne rinnovato con lo scambio delle bandiere e l’inserimento dello stemma alessandrino in uno dei locali più prestigiosi della sede comunale. Sulla facciata del Palazzo campeggia l’immagine della “Regina Montis Regalis, protettrice della Città, opera del pittore Guido di Montezemolo (1878-1941). Il dipinto sostituisce un’immagine analoga molto più antica, che venne distrutta a fine Ottocento per far posto all’orologio il quale, a sua volta, si trovava in origine sull’arco in muratura che collega la vicina chiesa de La Missione con il Collegio dei Gesuiti. Ora il Palazzo è sede di mostre e iniziative culturali e ospita l’Archivio Storico comunale».

http://www.comune.mondovi.cn.it/vivere-la-citta/turismo/conoscere-mondovi/piazza/antico-palazzo-di-citta/


Mondovì (palazzo Fauzone)

Dal sito www.comune.mondovi.cn.it   Dal sito www.comune.mondovi.cn.it

«Palazzo Fauzone (dei Conti di Germagnano) è un palazzo medievale, eretto intorno al VII secolo dalla ricca e nobile famiglia Fauzone (o Faussone) in Mondovì, Piazza Maggiore. Il capostipite della famiglia (il cui motto era si te fata vocant en dieu) fu Percivalle Faussone, nobile di Mondovì, che fu anche Consigliere del Comune di Mondovì intorno alla fine del Duecento, che aveva ricevuto in eredità la terra acquistata dalla diocesi astigiana di Morozzo da un suo antenato. Qui nacquero alcune tra le più eminenti figure non solo della città, ma anche dell'intera Italia. La famiglia Faussone aveva notevoli diramazioni in tutto il territorio, a Mondovì si segnalano i palazzi Faussone di Montelupo, anch'esso prospiciente la Piazza Maggiore, palazzo Faussone di Nuceto su via Giolitti, casa natale di Giovanni Giolitti, straordinario esempio di palatium medievale e palazzo Faussone di Montaldo in via Vico. Il palazzo ha ospitato il monastero delle Monache Cappuccine di clausura. Fu sede della sottoprefettura. Attualmente è un bene demaniale in comodato al Comune di Mondovì; ospita anche il Museo della ceramica di Piazza».

http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Fauzone


Mondovì (torre Civica o dei Bressano)

Dal sito www.comune.mondovi.cn.it   Dal sito http://blog.travelmarx.com

«Simbolo della città di Mondovì, la Torre Civica del Belvedere si trova negli omonimi giardini del rione piazza posto sulla sommità della collina. Edificata tra il 1200 e il 1300 era in origine il campanile della chiesa di Sant'Andrea in seguito andata distrutta. Alta 29,10 metri presenta monofore ogivali e merli e domina il borgo antico offrendo un panorama spettacolare sulla Langa e la pianura coronata dalle montagne. Nel 1762Giovanni Battista Beccaria utilizzò la torre come punto trigonometrico per la determinazione della lunghezza di un arco meridiano in Piemonte. All'interno sono ospitate diverse sezioni espositive che ripercorrono la storia degli orologi, da quelli elettronici ed elettrici a quelli meccanici. La salita alla torre permette di scoprire tra gli ingranaggi, l'originale orologio a lancetta unica ideato nel 1859, mentre sulle pareti esterne due pannelli illustrano il funzionamento delle meridiane. La struttura fa parte del percorso tematico Parco del Tempo. Salendo di piano in piano, si ripercorre a ritroso la storia degli orologi. Tra quelli esposti, tutti ancora funzionanti, spiccano quello del 1908, con ricarica automatica dei pesi, e quello della Torre stessa, realizzato nel 1859. Grazie a una geniale intuizione, questo orologio muove su ognuno dei quattro lati della torre una lancetta singola, lunga circa due metri. I visitatori possono sbirciare gli ingranaggi e capire il movimento lento del meccanismo. Salendo verso il loggiato, alcune immagini sintetizzano le fasi di costruzione delle campane, definite non a caso "voce del tempo"».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=88


Monesiglio (castello dei Caldera)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito www.comune.monesiglio.cn.it

«Lungo il corso del Bormida, il luogo di Monesiglio fu feudo di origine antichissima poiché è menzionato col nome di Monasiere in un diploma del 998 di Ottone III. Il castello, che sorge nel concentrico, risale al 1221; fu fatto costruire dai Caldera, famiglia nobile che ottenne, nel 1563, con Giovanni Antonio, il titolo di Conte e che lo tenne a lungo in suo possesso, a parte un periodo in cui vi troviamo i Del Carretto. Nel 1736 lo avevano ancora i Caldera e in quell'anno, portato in dote da Elisabetta, passò ai Saluzzo di Valgrana. Estintisi i Saluzzo, troviamo come proprietari, nel 1855, il conte Ludovico Sammartino d'Aglié; poi, nel 1882, il marchese Giulio d'Auriel e, nel 1945, fu infine acquistato dal Beneficio parrocchiale. Don Adolfo Sciandra, in modo particolare, riportò la costruzione alle sue antiche caratteristiche di abitazione signorile con pregi artistici. In tema di restauri c'è da ricordare l'interessante scoperta di un restauratore torinese che, nel 1940, rimuovendo l'intonaco dei muri della cappella, portò alla luce gli affreschi di gusto raffinato con figure del secolo XVI. Studi recenti di Gernando Colombaro e Irma B. Jaffe sull'argomento hanno fatto conoscere Antonio Occello da Ceva, artista locale di un certo rilievo. Si tratta di un imponente complesso la cui forma allungata corona la collina di Monesiglio, importante paese dell'Alta Langa posto quasi esattamente a mezza strada tra Alba e Savona, cioè lungo la principale strada di comunicazione tra il Piemonte occidentale e il mare. Ed è un complesso la cui storia è quasi completamente legata a un'unica famiglia, quella dei Caldera. Naturalmente, se proprietari rimanevano gli stessi, altrettanto non si poteva dire della fortificazione. Il suo aspetto iniziale si può ancora, sia pure a fatica, intuire sotto le sovrapposizioni odierne: un poderoso mastio quadrato cui faceva da antemurale una più bassa torre, anch'essa quadrata, seguita da una costruzione allungata, costeggiante la cresta della collina. Era una buona struttura difensiva, che ben si adattava all'orografia del luogo, e che infatti non venne cambiata fin quando il castello ebbe prevalenti compiti militari. Ma, quando le esigenze civili presero il sopravvento su quelle della sicurezza, si imposero delle trasformazioni. Pur senza alterare, o senza alterare in maniera decisiva, la pianta del complesso, questo venne, in due riprese, nel 1550 e nel 1655, modificato a fini residenziali. Ulteriori modifiche vennero apportate in tempi più recenti, quando, acquistato in questo dopoguerra della Parrocchia, si pose mano a restauri, o ripristino di parte dell'edificio. Venivano anche eliminati in parte, in questo modo, gli inserti neogotici dovuti ad un restauro del XVIII secolo; essi sono ancora visibili, a ben guardare, sui fianchi della costruzione lunga che si distacca dalla grande torre centrale».

http://www.centrostudibeppefenoglio.it/PatrimonioArtistico/architettura_scheda.php?ID=45 (a c. di Giulio Parusso).


Montà (castello dei conti Morra di Lavriano)

Dal sito www.annuaire-mairie.fr   Dal sito www.fieraideasposa.it   Dal sito https://bcoolguidedotcom.wordpress.com

  

«Il castello di Montà ha origini relativamente tarde perché l’antico fortilizio di origini romane sorgeva in un altro punto, ed oggi è totalmente scomparso. Fu costruito dove ancora oggi lo possiamo ammirare nel 1363 per volere dei Roero, ma fu completamente rifatto dagli Isnardi nel 1647. La posizione geografica sull'importante passaggio che dalla conca di Canale sale alla pianura del Po, colloca il maniero nella grande Storia, ma insieme comporta pagine tristi che lo vedono oggetto di saccheggi e menomazioni: nel 1544 per parte delle truppe imperiali del marchese del Vasto; nel 1691, ad opera di 5.000 francesi agli ordini di Catinat, che per rappresaglia ne incendiano un ramo, unitamente alla villa e agli airali dell'abitato.  Oggi appare come una gentile dimora seicentesca con tanto di torre rotonda finemente decorata, ampio loggiato, elegante salone d’onore, scenografico portale d’accesso e grande giardino. Al suo interno ci sono ancora magniloquenti pitture e affreschi di architetture dipinte a trompe l’oeuil, nonché un cunicolo che si perde nel buio, un pozzo interno con l'imponente ruota per l'estrazione dell'acqua e le affascinanti prigioni».

http://www.ecomuseodellerocche.it/it/paesi/5/monta


Montà (torre civica)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.inmonta.it

«Sorge presso l’antica porta della villa, e fu fatta erigere da Asti dopo il 1257 per simboleggiare una nuova comunità, non più dipendente dai signori locali. Le continue riparazioni e sottomurazioni dei primi decenni del XVIII sec. inducono il Comune nel 1754 a procedere alla ricostruzione dell'opera. Commissionato al mastro da muro Antonio Broglio, il nuovo campanile vede utilizzati i materiali della vecchia torre e, in aggiunta, altri 115.000 fra mattoni, limbes e coppi, nonchè 632 pezzi 'fra quadri e tivole'; nel 1756 e 1780 si appongono i quadranti dell'orologio. Dietro la torre è presente una suggestiva balconata panoramica».

http://www.ecomuseodellerocche.it/it/paesi/5/monta


Montemale di Cuneo (Castel Savio o di Montemale)

redazionale


Monterosso Grana (resti del castello, torre)

Foto di Paolo Salabue, dal sito http://sm.geoview.info   Dal sito www.comune.monterossograna.cn.it   Dal sito www.comune.monterossograna.cn.it

«Il toponimo sembra derivare da Mons Aurorus, interpretabile come monte color d’oro con probabile allusione alla roccia silicea reperibile nella zona oppure monte ventoso. Il paese compare nei documenti solo alla fine del XIII secolo, ma vanta quasi certamente origini più antiche. Intorno al 1286 il marchese di Saluzzo fece costruire un castello poco distante dal concentrico, di cui oggi resta una parte della torre. Franato questo edificio, Federico Saluzzo tra il XIV e il XV secolo costruì un altro castello infeudandolo ai Monterosso di Valgrana. Dopo un lungo periodo di lotte tra i marchesi di Saluzzo, Cuneo e gli Angiò per il possesso della valle, nel 1357 il paese divenne parte dei feudi di Eustacchio di Saluzzo, passando poi in eredità ai suoi discendenti. Fu occupato definitivamente dai Savoia alla dissoluzione del marchesato di Saluzzo e, dopo questo passaggio, il paese seguì tutte le vicende della Casata. Il castello venne trasformato in dimora signorile nel XVII secolo, inglobando le vecchie strutture tre-quattrocentesche rintracciabili in alcuni muraglioni in pietra e nella massiccia torre quadrata che costituisce la parte più imponente dell’intero edificio. Nel cortile è murato un frammento di lapide romana del II secolo. Nel 1929 vi verrà incorporato il limitrofo comune di San Pietro».

http://www.turismocn.com/ur/VALLEGRANA/MONTEROSSO/HOME/comuneView.html


Monteu Roero (castello Roero)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito http://castelliere.blogspot.it

«Il Castello di Monteu Roero veniva anticamente chiamato Monte Acuto – dal latino Mons Acutus – a causa della sua posizione strategica. Posizionato in alto, sulla cima di una collina scoscesa, il Monte Acuto, oltre ad assicurare una splendida vista sul Roero, territorio nel quale è inserito, garantiva la supremazia strategica, la sicurezza della fortezza e dei suoi abitanti. Motivo per il quale sono molti i nomi di imperatori e regine che hanno sfruttato la bellezza e la protezione di quella posizione ineguagliabile. L'anno che può essere fatto coincidere con la nascita della storia del Castello è il 1041, anno in cui Enrico III concede il “Monte Acuto” al vescovo di Asti. È quindi con questa cessione che si firma l'inizio, perché anche se la costruzione vera e propria avverrà solamente un secolo dopo, gli ingranaggi iniziano a girare, il destino si prepara e la storia viene scritta. Sarà il Vescovo di Asti a concedere la terra a Guido Biandrate, il costruttore del Castello. Il possesso gli viene poi riconosciuto ufficialmente con un attestato nel 1152 dall'imperatore Federico Barbarossa – il quale vi si rifugiava per sottrarsi al contagio quando la peste decimava le sue truppe – e da Federico II nel 1238 che ribadiva quanto concesso in precedenza.

La famiglia Biandrate è stata proprietaria del Castello del Monte Acuto per tre secoli, fino a quando nel 1299 lo vendono ai Roero – Rotari – per oltre 48.000 fiorini. L'acquisto, riconosciuto e approvato dal vescovo di Asti, ha conferito ai Roero i feudi di Santo Stefano e di Monte Acuto che prese inizialmente il nome di Mons Acutus Rotarium, per poi diventare Castello di Monteu Roero. Sotto il dominio di questa famiglia, il Castello viene ristrutturato lasciando in eredità alcuni particolari costruttivi dell'epoca di incredibile valore e bellezza. Spicca il capitello, nel portico del giardino interno, raffigurante lo scudo araldico con le tre ruote, stemma del casato dei Roero, e sorretto da figure d'angolo con lineamenti e abbigliamento da paggetti, giovani servitori di nobile famiglia. Questo, insieme ad altri di cui oggi si intravedono alcuni frammenti di decorazione, probabilmente costituiva l'elemento di raccordo tra la parte superiore di un pilastro e un architrave. Il Castello viene in parte ricostruito tra il 1570-1575 ed è proprio in quella forma che è giunto a noi oggi. Di particolare importanza sono i due saloni affrescati nel tardo '500 e '600, raffiguranti il Mito di Dedalo e Icaro, il Mito di Fetonte, il Mito delle Ore, le Allegorie del Giorno e della Notte, un camino scolpito in stile rinascimentale e una statua Ebe di scuola canoviana. Nel salotto adiacente al salone centrale è, poi, raffigurata la protezione della Vergine nella liberazione di Bonifacio Roero dalla prigionia durante le Crociate. Affascinante e discreta è la chiesetta consacrata all'interno del Castello, un luogo di purificazione e preghiera, che sembra estrapolarsi dal tempo. La biblioteca, una perla di cultura, contiene libri di medicina, letteratura e filosofia risalenti al '500. Contiene la storia all'interno della storia. ...».

http://www.castellomonteuroero.it/castello


Monticello d'Alba (castello)

a c. di Federica Sesia


MORETTA (castello)

Foto di PIGI'Franco, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.castellideisolaro.it

«D'origine medioevale ma rivisitato nel '700, sorge maestoso nella piazza centrale del paese, incorniciato dal verde del suo antico fossato. Ritornata dal suo esilio francese, la famiglia Solaro acquisisce nel 1362 il feudo di Moretta, dando origine ad uno dei due principali rami del casato: i Solaro di Moretta, a loro volta scissi in numerosi altri sotto-rami. Il castello viene riedificato e intorno ad esso si sviluppa il "ricetto", nucleo dell'attuale abitato. Il rapporto tra la popolazione del ricetto ed i conti Solaro non è sempre facile, ma duraturo nel tempo; i Solaro detengono per secoli il castello ed i possedimenti (terre, cascine, granai…), anche se il maniero viene utilizzato come residenza saltuaria, quasi più un appoggio per i loro interessi a Moretta. Nell'800 il castello ospita le prigioni e, all'ultimo piano, i laboratori per l'allevamento dei "bigat", i bachi da seta. Oggi dell'edificio si può ammirare l'imponente struttura, frutto di una rivisitazione settecentesca, circondata da un giardino pubblico e dagli orti e frutteti che sono sorti nello spazio del fossato medioevale. Il castello è di proprietà privata ed attualmente non visitabile negli spazi interni».

http://www.castellideisolaro.it/l_castelli_mor.htm


Murello (castello dei Cavalieri di Gerusalemme)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Dal sito www.associazionefinisterre.it

«Le più antiche notizie riguardanti Murello e il suo castello ci sono riferite da Giorgio Beltrutti nel testo dedicato allo studio dei castelli della Provincia di Cuneo; l'autore ne parla in relazione a una contesa avvenuta alla morte di Adelaide di Susa tra i suoi eredi. A quel punto suo nipote Bonifacio del Vasto riuscì ad avere quasi tutta la Provincia di Cuneo e quindi anche il territorio di Murello con quel modesto villaggio che stava sorgendo. Alla sua morte il controllo passò al figlio Guglielmo di Busca e di seguito al marchese Belengero nell'anno 1211. Quest'ultimo, secondo il Beltrutti cede una parte dei diritti su Murello all'ordine dei Cavalieri del Tempio i quali fecero erigere il Castello. La situazione cambiò nel 1312 in seguito alla soppressione dell'ordine dei templari, quando il controllo passò sotto il sovrano Ordine Gerosolimitano (i Cavalieri di Malta). Per quanto riguarda la costruzione il castello è stato edificato in tre fasi successive. Il torrione: il castello viene edificato come casa-torre con schema classico a cameroni sovrapposti e scala interna; il corpo posto ad est viene realizzato in un secondo tempo databile tra il 1417 e il 1449; il terzo corpo viene edificato verso nord ed è databile agli anni precedenti il 1588 quando se ne trova descrizione nei cabrei figurati del XVIII secolo. Il castello presenta una spiccata attitudine difensiva accentuata dalla presenza, in tempi antichi, di fossato, ponte levatoio e feritoie trovate all’ultimo piano del torrione (oggi murate) tipiche dell’architettura militare del XVIII secolo. Le due fasi di ampliamento corrispondono probabilmente ad altrettante fasi di incremento della popolazione. La sua storia continua con i Cavalieri di Malta fino al 1789, anno dell’abolizione dell’ordine con passaggio della proprietà al regio demanio. Nell’anno 1871 viene dismesso e adibito ad abitazione del Parroco, funzione che svolge ancora ai giorni nostri».

http://www.comune.murello.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/28244/Default.aspx?IDPagina=11051


Narzole (tracce del castello dei Conti Costa)

Dal sito www.facebook.com/I-Castelli-dei-Conti-Costa-893298174092396   Dal sito www.interchalet.it

«Luogo inizialmente abitato da popolazioni liguri e poi dai Romani, la sua storia medioevale è legata a quella della vicina Cherasco fino a quando il marchese Lussemburgo di Ceva divide i due feudi e nel 1418 il principe Ludovico di Savoia Acaia concede Narzole in feudo alla famiglia dei Costa di Chieri. Nuovamente unito a Cherasco, Narzole ottiene definitivamente l’autonomia nel 1802 con la dominazione napoleonica in Italia. L’antico castello, di proprietà prima del vescovo di Asti e poi dei signori di Morozzo, nel XIV fu danneggiato. Non restaurato, andò progressivamente in rovina e oggi non ne rimangono che poche tracce».

https://www.facebook.com/I-Castelli-dei-Conti-Costa-893298174092396/?fref=photo


Niella Tanaro (castello dei Marchesi di Ceva)

Dal sito http://comune.niellatanaro.cn.it   Dal sito http://comune.niellatanaro.cn.it

«Antico abitato dei Liguri Bagienni, il “Pago Nizielo” (Niella), era punto d’incontro tra due strade colleganti Augusta Bagiennorum (la loro capitale) al mare. I Romani, fra il 173 e il 143 a.C., sottomisero questa regione della Gallia Cisalpina che nel 89 a.C. ottenne la cittadinanza romana e fu ascritta alla tribù Camilla. La diffusione del cristianesimo, tra il IV e il V secolo, portò alla costituzione di una comunità cristiana dipendente dalla diocesi astigiana. Con l’arrivo dei Longobardi, nella seconda metà del VI secolo, Niella appartenne al ducato di Asti; in seguito, scomparsa Augusta Bagiennorum, costituì l’estremo lembo di terra verso levante del comitato di Bredulo (l’odierna Breolungi). Nel X secolo anche Niella fu saccheggiata dalle bande saracene provenienti dalla vicina costa francese e la “cortem de Nigella cum omnia sua integritate” venne assegnata alla giurisdizione del vescovo-conte di Asti, unitamente a tutto il comitato di Bredulo. Scacciati i Saraceni, il territorio di Niella, allora compreso nei possedimenti di Bonifacio del Vasto, ricominciò una nuova e prospera vita: rifiorirono l’agricoltura e i commerci. Il castello venne citato in un diploma del 1041. Con l’atto di divisione delle terre del marchese Bonifacio (1142), il Castrum Nigella fu compreso nel marchesato di Ceva e di questo seguirà tutte le vicende nei secoli successivi. Nel 1295 Giorgio II, detto il nano, lo cedette per metà ad Asti, rimanendo però infeudato; quindi nel 1299 ne investì i figli di Guglielmo III di Ceva, i cui discendenti tennero il castello per secoli. Il castello fu parzialmente demolito nel 1414 per mano del principe Ludovico di Acaja. Ristrutturato e nel tempo più volte modificato, il castello appartenne in seguito alla famiglia del Carretto, ai Sauli, a Catarinetta Lomelli Spinola (1530), ai Valperga, ai Guerra, ai conti Di Biandrate-Aldobrandini ed infine ai marchesi Coardi di Bagnasco Carpeneto. Sul finire del XVIII secolo, Niella fu direttamente coinvolta dalla prima campagna napoleonica d’Italia (1796, battaglia della bicocca di S. Giacomo). Dopo la restaurazione, la storia di Niella divenne parte integrante delle vicende di casa Savoia e dello Stato Italiano. La perfetta torre quadrata, con i lati lunghi m 5 e alta circa m 20, e la facciata in arenaria con feritoie costituiscono i resti del primitivo castello. Alcuni ruderi di bastioni e di mura testimoniano l’importanza dell’edificio, originariamente circondato da cinta muraria e bastioni e dotato di un ponte levatoio. L’edificio, rovinato nel corso dei secoli, è stato più volte modificato nella struttura; attualmente si presenta come una costruzione rurale, accorpata nel secolo XIX alla facciata originale. Il castello [oggi di proprietà privata] era collegato con un sotterraneo, tutt’ora esistente, alla vicina Parrocchiale delle Beata Maria Vergine Assunta: due strutture di rifugio e protezione per la popolazione di Niella».

http://archeocarta.org/niella-tanaro-cn-castello


Nietta Belbo (borgo medievale, arco dei Francesi)

Dal sito www.comune.niellabelbo.cn.it   Dal sito www.langamedievale.it

«Il nucleo storico dell'abitato si caratterizza per le strette viuzze, abbarbicate intorno alla collina, e per le fortificazioni, poste a protezione dell'abitato. Anche se molte testimonianze di quel periodo sono andate perdute, rimangono tuttavia importanti tracce del passato. ... La prima citazione in cui compare il nome di Niella Belbo e'un documento del marchese Adalberto dell'anno 1033 riguardante la fondazione dell'Abbazia di Castiglione. Già dominio dei marchesi di Cortemilia, fu soggetta alla giurisdizione di Alba ed in seguito ricompresa nel Marchesato di Bossolasco dal Sacro Romano Impero; passò poi al Piemonte in quanto ceduto dall'Austria nel 1733, a seguito dell'alleanza nella Guerra di Secessione Polacca. Successivamente entrò a far parte dei domini di Casa Savoia. Il paese è situato a 785 mt. sul livello del mare con circa 500 residenti. Il borgo medioevale del paese con l'impianto planimetrico originario è caratterizzato dalle vie molto strette, in forte pendenza, che in alcuni casi conservano ancora la pavimentazione originale in pietra. L'antica porta medioevale in pietra arenaria è denominata Arco dei Francesi, in ricordo di una divisione di dodicimila uomini che transitò nel paese nell'aprile del 1796».

http://digilander.libero.it/organoniella/paese.htm


Nietta Belbo (torre)

Dal sito www.comune.niellabelbo.cn.it   Dal sito www.langamedievale.it

«Anche la torre di Niella Belbo faceva parte, secondo il Lovera, sia pure in posizione del tutto secondaria, della rete di torri di avvistamento che il marchesato di Ceva aveva organizzato nel medioevo per la propria sicurezza contro eventuali pericoli, da qualunque parte venissero. Ma questa non era la funzione primaria dell'edificio. La torre, che oggi sorge nel bel mezzo dell'abitato, presentando i suoi spigoli alle vie del paese, faceva infatti parte, in origine, di un castello costruito nel 1219 sul posto da Antonio Gratapaglia, investito del feudo di Niella dai Del Carretto. Il luogo era già, all'epoca, abbastanza antico. Si trova ricordato, infatti, per la prima volta quasi due secoli prima, in un atto del marchese Adalberto concernente la fondazione dell'abbazia di Castiglione. Faceva parte allora (con i vicini luoghi di Feisoglio, San Benedetto Belbo, Serravalle, Monesiglio, Albaretto) del marchesato di Bossolasco, cui ancora per molto tempo sarebbe appartenuto. La fortificazione, integrata nello scacchiere difensivo dei Del Carretto, arrivò quasi indenne fino al XV secolo: ma nel 1431, ebbe a subire ingenti danni ad opera delle truppe viscontee e dovette essere convenientemente restaurata. Probabilmente si sarebbe salvata in questa versione, se non fosse stata adibita, cessata la sua utilità come punto difensivo vero e proprio, al compito militare sussidiario di caserma. Coinvolta, in questa veste, nelle guerre dell'età barocca, finì completamente distrutta. Ciò che ne resta è la torre: un solido parallelepipedo di pietra, a pianta quadrata, con una leggera scarpatura alla base: ancora imponente, nonostante la trasformazione e parziale distruzione della sua parte alta. Buono attualmente, almeno per quanto riguarda l'esterno, il suo stato di conservazione».

http://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-856/patrimonio-artistico/architettura/torre-di-niella-belbo


Novello (castello)

Foto di Luigi.tuby, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.showhouseliveclub.it

«Il suggestivo edificio che domina la rocca del paese, alto sui vigneti e sui boschi, circondato da folti, secolari ippocastani, è una costruzione del secolo scorso, ultimata nel 1880. Fu progettato dall'architetto G.B. Schellino di Dogliani (1818-1905), importante esponente piemontese, insieme agli architetti P. Palagi e E. Melano (attivi rispettivamente a Racconigi e a Pollenzo) del neogotico e dell'eclettismo, stili a cui si deve fare riferimento per comprendere l'architettura dell'800. Sorge sui resti, ancora visibili, dell'antico castello medioevale, che il 13 giugno del 1224 divenne proprietà del marchese Guglielmo VI di Monferrato e l'anno seguente, per investitura concessa dalla Repubblica di Asti, del Marchese Jacopo del Carretto e nel 1268, in seguito alla divisione tra i figli di Jacopo, toccò al primogenito Corrado del Carretto. In una stampa di F. Gonin (1808-1889) si osserva un'alta, massiccia muraglia del castello originario. L'attuale costruzione fu voluta dalla signora Maria Allara Nigra, donna colta e scrittrice dilettante. Si affidò al gusto e alla preparazione di G.B. Schellino, autodidatta, amico dell'architetto Antonelli, documentato e aggiornato sui cataloghi delle esposizioni universali e sulle pubblicazioni del tempo, nonostante operasse in un'area provinciale. Attualmente l’edificio è adibito a ristorante, con vasta sala moderna accostata alle vecchie sale di fine Ottocento, che conservano affreschi e decori autentici».

http://www.comune.novello.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/21052/Default.aspx?IDPagina=8475


Novello (garitta dellle mura, torre medievale)

Dal sito www.comune.novello.cn.it   Dal sito www.comune.novello.cn.it

«La garitta. Nell’area lungo la salita di via Marchesi Oreglia, verso il castello, vi sono altre tre garitte di difesa su un alto muro, che, evidentemente, munivano la zona del castello. Scrive G. Casalis “stanno ancora in piedi tre grandiose porte per cui si ha l’accesso all’abitato di Novello e sulle quali veggonsi tuttavia le armi imperiali statevi alloggiate nel tempo in cui questo comune era feudo dell’impero e godeva di molti privilegi e franchigie” L’arco, situato nella parte restante delle mura, è stato restaurato nel 1995. La terza porta di accesso non esiste più, anzi non esisteva più quando G. B. Maiolo, parroco di Novello, scrisse all’inizio del secolo scorso la sua monografia. Da testimonianze raccolte si ricava che essa era ubicata allo sbocco dell’attuale via Guglielmo Marconi sulla piazza Guglielmo Marconi. La torre. è il monumento di età medievale meglio conservato. Originariamente sorgeva isolato, alto sui bastioni di difesa sul lato orientale del colle, che delimitavano il centro sino a congiungersi con il maniero dei marchesi del Carretto, costruito sulla rocca dove ora sorge il castello ottocentesco dell’arch. Schellino di Dogliani. Un tratto dei bastioni esisteva ancora nel 1843. Nel 1937 furono iniziati i lavori di costruzioni della strada che percorre tutto l’abitato; anteriormente la torre sorgeva sul bastione e l’arco a sesto acuto costituiva l’unico passaggio tra il centro antico del paese denominato Novello (corrispondente all’attuale via Umberto I, piazza Guglielmo Marconi e l’area del castello) e il Borgo S. Michele (corrispondente all’attuale via Giordano). All’interno del fornice si osservano il solco in cui era inserita la porta che apriva e chiudeva l’accesso e le pietre annerite dal fumo delle torce di illuminazione. Sulla torre era dipinta l’aquila bicipite aggiogata ad un cocchio, simbolo della famiglia Del Carretto; questa fu cancellata nel 1848, in età risorgimentale, poiché interpretata come stemma dell’impero austriaco. La Chiesa parrocchiale fu affiancata alla torre nel ‘700».

http://www.comune.novello.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/21052/Default.aspx?IDPagina=8483 - ...8484


Ormea (ruderi del castello)

Dal sito www.fungoceva.it   Dal sito www.culturaterritorio.org

«[Da Casalis, Dizionario geografico degli Stati di S.M. il re di Sardegna, 1837] Si crede che l'antico castello di Ormea fiancheggiato da un'alta rotonda torre già sorgesse nel secolo X: fu poi esso in differenti epoche ingrandito dai marchesi di Ceva feudatari di questo luogo: venne riattato dal marchese Nano sul finire del secolo XIII; e poi anche dal Garcilasco neI 1538. Le milizie di varii circostanti comuni strinsero d'assedio questo castello nel 1291 ma ciò fecero con loro perdita e scorna: ne fece l'acquisto nei 1625 il principe Maurizio di Savoja, e lo ridusse a considerevol fortezza: i duchi Sabaudi lo ampliarono successivamente, e vi costrussero due forti baluardi verso levante, e mezzodì; giacché dai lati di ponente. e di tramontana il castello trovavasi ben difeso dalla scoscesa rupe, su cui era fondato. L'importanza di questo forte proveniva massimamente da ciò ch'esso potea chiudere il passo ai genovesi, qualora questi avessero tentato di condursi ostilmente nella subalpina contrada. Vi soleva risiedere un governatore, il quale avea il titolo di comandante dì Ormea: il presidio erane formato per lo più da un corpo d'invalidi: otto piccoli pezzi di artiglieria, ed alcune spingarde munivano questo antichissimo castello, che nel 1795 venne smantellato dall'esercito repubblicano di Francia.

[Ancora, dal libro Ormea piccola patria, di Sandro Pelazza edito Bordone Bertilino, Mondovì] L'antico castello di Ormea pare sia sorto intorno al X secolo e da quell'epoca ha segnato la storia del borgo. Come tutti i primi insediamenti occupava la zona che offriva maggiori possibilità di difesa. La montagnola rocciosa che si stacca dalle ultime falde del monte Antorotto era infatti ideale per dominare tutta la valle del Tanaro ed era quasi inespugnabile. Dal castello era possibile bloccare il passaggio alle popolazioni liguri confinanti qualora avessero tentato di invadere la valle per raggiungere la pianura; questo fu il principale scopo di tutti i vari possessori del baluardo che cercavano in ogni modo di arginare le continue incursioni dei nemici. In un primo tempo era costituito da una piccola cerchia di mura che circondava una preesistente alta torre cilindrica. Con la cessione del territorio ai marchesi di Ceva iniziò l'ampliamento della fortezza. Il marchese Giorgio Il detto il "nano" e Garcilasco furono i maggiori artefici del suo sviluppo: il "nano" nel 1296 incluse il castello al borgo con una seconda e vasta cerchia di mura; nel 1538 Garcilasco lo rafforzò aggiungendo altri bastioni e torrioni. Nel 1625 fu acquistato dal principe Maurizio di Savoia che lo completò con la costruzione di 3 baluardi: uno a ponente, uno a mezzogiorno e l'altro a levante, tutti con ampie feritoie per l'uso delle bocche da fuoco. La costruzione era una fortezza e con ogni probabilità non venne mai abitata dai signori dei luogo; si pensa infatti che essi risiedessero nella casa di via Tanaro. Il castello fu smatellato nel 1795 quando l'esercito francese lo distrusse a forza di mine provocando danni anche alle case sottostanti. Negli ultimi mesi deI 1794 continuava l'occupazione di Ormea. Il generale MoIIis, che aveva preso possesso del borgo.... iniziò ad abbattere il castello a forza di mine. Incendiò inoltre la chiesa parrocchiale provocando ingenti danni in quanto andarono in fumo il pulpito, i banchi e tutti gli arredi sacri. Attualmente rimangono i suoi ruderi, ricoperti dal verde dei pini, a sovrastare la città ricordandoci i suoi otto secoli di storia».

http://www.fungoceva.it/valli/ORMEAcast1.htm


Pamparato (ruderi del Castelluccio, castello Cordero di Montezemolo)

Il castello dei Cordero di Montezemolo, dal sito www.vallinrete.org   Ruderi del Castelluccio, dal sito http://archeocarta.org

«Pamparato fu abitato sin dall’antichità; infatti nei pressi sono state trovate alcune lapidi romane e conserva il ponte, oggi detto di S. Lucia, di origine romana. È in pietra, a due arcate di differente dimensione. Il paese è citato per la prima volta in un atto del 911 nel quale si precisano i suoi confini. Pare che abbia subito le scorrerie dei Saraceni (e ne sarebbe testimonianza il fatto che sono rimaste abbondanti tracce in leggende e parole del dialetto locale) fino alla loro cacciata dalla zona, avvenuta verso il 975. Dominio del marchesato di Ceva fino al 1214, il paese seppe conquistarsi una sua autonomia fino a reggersi come comune ed a redigere, nel 1391, gli Statuti. Nel 1535 entrò a far parte dei domini dei Savoia. Pamparato è stato infatti a lungo capoluogo di mandamento e sede di importanti commerci con la pianura, con l’entroterra ligure e con le città della costa. Del più antico castello non restano che pochi ruderi arroccati su un altura presso il paese, mentre il nuovo castello “Cordero di Montezemolo” (XVII secolo), attualmente sede del Comune, sorge al centro del paese su una piccola altura. Il ponte romano è detto di S. Lucia perché si trova presso la cappella omonima. I ruderi del castello, detto “castelluccio”, sono visibili su un’altura che sovrasta l’abitato» - Il castello, che risale al XVII secolo, è posto su una piccola altura al centro del paese. Il palazzo, ben conservato, è sede del Comune, ma viene anche utilizzato come sede per mostre, convegni e concerti di musica medievale nell'ambito del Festival dei Saraceni. Appartengono al territorio anche i ruderi del medievale Castelluccio Saraceno, indicato da una leggenda come estrema roccaforte di difesa locale contro la violenza degli attacchi saraceni del X secolo».

http://archeocarta.org/pamparato-cn-ponte-di-s-lucia-e-ruderi-del-castello - http://www.mongioie-leader.it...


Perlo (resti della fortezza)

Dal sito www.culturaterritorio.org   Dal sito www.associazioneacas.org

«il castello, seppur rivestisse presumibilmente un’importanza secondaria, è una fortificazione di tutto rispetto, ancora oggi in gran parte apprezzabile dai suoi resti. Inoltre, la passeggiata che vi conduce è decisamente piacevole. La fortificazione occupa un basso poggio che sovrasta il passaggio in questa valletta laterale rispetto alla Valle Tanaro; essa non sembra poter essere stata in comunicazione visiva con le altre fortificazioni della Valle Tanaro. A pianta quadrangolare abbastanza regolare, era provvista di quattro torri agli angoli: queste sono a pianta circolare ma aperte verso l’interno. Verso valle si erge una piccola ridotta, provvista di un’altra torre circolare aperta. Le murature sono realizzate in ciottoli legati a malta, mentre non appare una fase con significative opere in laterizio. La struttura nel complesso appare perciò più simile a quella che doveva ergersi a San Bernardo, piuttosto che quelle di Bagnasco, Battifollo o Scagnello. ... Assai scarne sono le fonti documentarie sull’abitato e sul castello di Perlo: la caratteristica di Perlo è di essere un comune costituito da un abitato sparso sul territorio. Dopo la distruzione del castello, sembra nel XIV secolo, ... il borgo si strinse intorno alla chiesa parrocchiale di S. Michele».

http://www.culturaterritorio.org/zfiles/CMAVT_8.htm


Pollenzo (castello reale)

Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com   Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com   Dal sito www.residenzereali.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Langhe Slow Tour (https://www.facebook.com/Langhe-Slow-Tour-317015368477536/)

«Il castello di Pollenzo è situato a Pollenzo, frazione di Bra (CN), è una delle residenze sabaude riconosciute nel 1997 dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, nel sistema di castelli, palazzi ed edifici pubblici sorti per iniziativa dei duchi, dei principi e dei re della Casa Savoia, nei suoi differenti rami, tra cui, principalmente il ramo Savoia-Carignano, da cui proviene il re di Sardegna Carlo Alberto. Dopo aspre contese – nei secoli XII-XIII – tra i maggiori comuni del Basso Piemonte, che portarono alla sua completa distruzione, diventa sede di contea del patrizio visconteo Antonio Porro, che promuove la costruzione di un castello ad opera dell’ingegnere Andrea da Modena nel 1386; trascorsi pochi decenni, la rocca si trasforma in prestigiosa residenza feudale dei marchesi di Romagnano. Questi, nella seconda metà del Cinquecento, avvieranno un profondo rinnovamento del castello su modelli manieristi, che vanno messi in sistema con le coeve architetture del Saviglianese e del Saluzzese, oltre ad Alba e Casale Monferrato: pochi reperti scultorei e, maggiormente, i documenti, hanno consentito di ricostruire una superba fase storico-artistica destinata ad essere completamente cancellata tra gli anni 1832 e 1847. Il caso di Pollenzo in quegli anni sarà sintomatico della particolare visione romantica del committente – il re Carlo Alberto – anche per il mezzo dei suoi artisti indirizzati ad un revival gotico ormai lontano dai modelli di Horace Walpole: gli interventi dell’epoca carlo albertina comportarono la completa distruzione della maggior parte del borgo di epoca medievale e proto moderna, con la più parte degli insediamenti rurali e difensivi trecenteschi, della chiesa di San Vittore, del tessuto infrastrutturale del luogo (la viabilità interna ed esterna, i quattro “porti” tra Pollenzo, l’Isola e la sponda destra del Tanaro), ma alla fin fine anche del castello, sia dell’esterno – di cui resta intatto o quasi il solo donjon - che dell’interno; tutto questo nel nome della celebrazione di un ricreato medioevo, ma con frequenti e diffusi elementi di contraddizione nella forma classicheggiante più sfarzosa, idealizzata dall’architetto Pelagio Palagi. Assieme al Palagi collaborarono, per gli edifici, l’architetto Ernesto Melano e, per il nuovo parco, l’architetto Xavier Kurten. Il risvolto positivo dell’intervento sabaudo a Pollenzo è che le nuove realizzazioni vedono impegnati artisti che perseguono una forma progettata, per il nuovo aggregato così come per ogni minuto manufatto: è ciò che si è potuto qui affrontare, indagando le opere di Pelagio Palagi (di cui è stato anche rintracciato, nell’archivio palagiano dell’Archiginnasio di Bologna, il “vero” progetto neogotico, non realizzato, per le facciate del castello), di Ernesto Melano, di Carlo Bellosio, del Moncalvo e di Giuseppe II Gaggini. Con questi artisti, cui il sovrano demandò la riplasmazione dell’intera Pollenzo, fu chiamato a lavorare uno stuolo di altri artisti ed artigiani di grande professionalità (tra cui Pietro Cremona), che collaborarono per creare la nuova immagine del borgo, con la sua piazza con fontana, la sua chiesa, la cascina Albertina, il castello, e, fondamentalmente, la sua Agenzia. Vittorio Emanuele III abdicando il 9 maggio del 1946 assunse il nome di conte di Pollenzo. Attualmente il castello è proprietà privata».

https://castlesintheworld.wordpress.com/2014/11/20/castello-di-pollenzo


POLONGHERA (castello)

Foto di PiGi'Franco, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.fctp.it   Dal sito www.fctp.it

«La prima struttura difensiva venne costruita intorno all'XI e XII secolo, venne poi rovinato da guerre ed incendi e parzialmente distrutto dall'assedio di Giacomo d'Acaia. Il castello fu una costruzione tipica del Medioevo. In questo vasto edificio ben fortificato circondato da un fossato, da mura e da torri, abitava il feudatario. Per ragioni di difesa, i castelli di solito sorgevano su un'altura o in gola fra i monti e persino in mezzo alle paludi. Talvolta però i castelli venivano costruiti all'incrocio di strade importanti o in prossimità di ponti molto frequentati. E' questa la giustificazione dell'esistenza del castello di Polonghera, passato alla storia come "castello di pianura" eretto in un punto nevralgico dove avveniva il trasporto del sale dal contado di Nizza per Torino e la Savoia. Il castello di Polonghera era attorniato per tre parti da un profondo fossato collegato alla terra ferma da un ponte elevatoio e nei posti di guardia le sentinelle vigilavano giorno e notte. Attraversato il ponte, dopo una porta di ferro, c'era il cortile interno. Nelle terre circostanti il castello in misere abitazioni vivevano i sudditi e anche se la produzione agricola era molto scarsa, una grossa parte doveva essere consegnata al feudatario. Dopo l'epoca feudale il ponte mobile del nostro castello fu poi sostituito con quello in muratura che vediamo tutt'ora e nel corso dei secoli il maniero subì molte trasformazioni ed oggi lo vediamo nella forma derivata dal restauro operato nel 1693 dopo i danneggiamenti subiti dal passaggio delle truppe francesi. E un castello adibito a dimora proprietà dei marchesi di S. Germano, nipoti del re del Belgio che in questi ultimi anni compiuto notevoli opere di restauro. Imponenti sfrecciano un'antica torre di forma quadrata all'angolo che guarda scirocco: la sua altezza è di m. 22 e la larghezza di m. 4,50 e un'altra torre più bassa da dove si può scorgere via Molino. Da questo quando il castello era adibito a fortezza si effettuavano i camminamenti e i controlli da parte delle guardie e dei soldati».

http://www.comune.polonghera.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=12336


Priero (mura urbiche, torre)

Dal sito www.langamedievale.it   Dal sito www.langamedievale.it

«L’antico nucleo abitato di Priero risale all’anno Mille circa ed era situato sulla collina del Poggio a sud dell’attuale borgo. Era sede di una Pieve dedicata alla Beata Vergine Maria e di un ricetto, ossia una struttura fortificata sede di un visconte alle dirette dipendenze dell’impero. Il ricetto è stato abitato fino alla prima metà del XIV secolo, quando il territorio prierese passò al Marchese di Ceva. Il 30 giugno 1387 venne sottoscritta una transazione tra Girardo Marchese di Ceva e Signore di Priero e Giacomo Zoppo, sindaco di Priero, in base alla quale si stabilivano criteri di costruzione del “Borgo Nuovo” corrispondente all’attuale centro storico. Il Borgo è stato costruito secondo un piano prefissato; infatti nella transazione sopracitata si dice che ciascuno “dovrà contribuire alla fortificazione dello stesso Borgo secondo gli Statuti fatti e che si faranno da parte dei consiglieri di detto luogo di Priero e da quattro maestri dello stesso luogo”. La strada per Savona attraversava il borgo tra due porte nella cinta muraria ed era porticata sui due lati. Un’altra porta si apriva sul lato sud verso il ponte edificato sulla confluenza dei torrenti Cevetta e Campetto: distrutto da una piena all’inizio del 1800, non fu più ricostruito. Presso la torre maggiore sorgeva il castello costruito, o ricostruito, nel 1260 dal marchese di Ceva e signore di Priero che aveva potere su un vasto territorio tra Monregalese e Liguria. Il Castello, pervenuto alla famiglia Doria nel 1500, venne ristrutturato a dimora signorile, venne poi distrutto alla fine del 1700 dalle truppe del maresciallo Catinat. Descrizione del sito: il nucleo conserva inalterata la sua struttura urbanistica medievale a pianta rettangolare e sono ancora visibili i resti delle quattro torri angolari e del vecchio castello. Parte delle mura di fortificazione sono attualmente inglobate in alcune strutture abitative ed i camminamenti di ronda presenti al piano superiore della Confraternita di Santa Croce. Solo la torre nell’angolo nord-est, che controllava l’accesso della strada da Montezemolo, è tuttora perfettamente conservata. Si tratta di un’alta torre rotonda, risalente al XII-XIII secolo, che si erge massiccia nella sua muratura di pietra grigia, traforata da tante file di buche pontaie e da alcune aperture rettangolari realizzate in epoca posteriore. Il coronamento sporge a sbalzo su una fila di beccatelli dritti e molto alti congiunti ad arco con caditoie piombanti. Oggi presenta una copertura a tetto conico ma in origine terminava con una merlatura».

http://archeocarta.org/priero-cn-torre-rotonda


Priola (ruderi del castello Pallavicini)

Dal sito www.culturaterritorio.org   Dal sito www.culturaterritorio.org

«Località Bonovento. Descrizione: il castello si erge abbarbicato a uno sperone roccioso che si eleva nettamente rispetto ai prati pianeggianti circostanti. Esso è costituito da un corpo di fabbrica compatto, munito di tre torri angolari a pianta circolare aperta verso l’interno, mentre sull’angolo occidentale si ergeva una torre a pianta quadrangolare. Dal castello si dipartiva una cortina muraria che scendeva lungo le pendici del poggio a cingere il borgo: resti delle mura possono essere osservati inglobati nelle costruzioni moderne ai piedi del castello stesso. Sul sito è attualmente sovrapposta un’abitazione moderna, che ne riutilizza in parte le strutture, talora con interventi di ricostruzione. è possibile comunque girare intorno al castello stesso a piedi. L’insediamento di Priola risulta essere una corte incastellata nell’XI secolo: i documenti attestano che questa venne inserita tra i possedimenti dell’abbazia di San Giusto di Susa, fondata da Olderico Manfredi e da suo fratello, vescovo di Asti, nel 1033 (Casalis 1847, vol. XV, p. 753); sempre dipendente dai possedimenti benedettini fu anche la chiesa di San Giusto, i cui resti sono visibili lungo la SP292 immediatamente ai piedi del castello. Già dal V secolo d.C., la sede pievana cui afferiva questo insediamento doveva però essere collocata entro l’attuale frazione di Pievetta. Con il diploma dell’imperatore Ottone I, anche Priola è compresa nei territori della Val Tanaro che vengono attribuiti al marchese Aleramo. Il toponimo di Petra Auriola, da cui l’odierna Priola, compare nel XIII secolo nel cartario della Certosa di Casotto come luogo di stipula di vendite e donazioni a favore dei monaci (Conterno 1970, p. 387). In seguito all’espansione aleramica lungo il Tanaro, il comune di Priola entrò a far parte del distretto marchionale dei Ceva. Nel XIII secolo, Giorgio II il Nano vendette anche il feudo di Priola per ottenere da Asti aiuto militare contro l’alleanza tra il marchese di Ceva Guglielmo, i Clavesana e Mondovì; alla fine del secolo, però, il borgo stesso si infeudò nuovamente i marchesi di Ceva vincitori (Casalis 1834, vol. II, pp. 14-15). Nel corso del XIV secolo fu infeudato ai Pallavicino di Ceva, ramo cadetto della famiglia marchionale, signori del luogo e vassalli dei Savoia. Secondo le notizie raccolte dal Casalis, nell’anno 1513, il castello di Priola era posseduto dal marchese Giovanni Francesco “[..] e per contrasti insorti tra lui ed i sui nipoti Carlo e Nicolò, fu rovinato sul principio del 1518: Lautrec, luogotenente regio in Italia del gallico re Francesco I, mandò a smantellarlo molti cavalieri, fanti ed artiglieria” (Casalis 1848, vol. XV, p. 762). Priola rimase poi sotto la giurisdizione della famiglia Pallavicini».

http://www.culturaterritorio.org/zfiles/CMAVT_9.htm  (vedi anche per i riferimenti bibliografici)


Prunetto (castello)

a c. di Federica Sesia


Racconigi (castello reale)

Dal sito www.ica-net.it   Dal sito www.residenzereali.it   Dal sito www.ica-net.it

«Fondato intorno all’XI secolo come casaforte nella Marca di Torino, il castello di Racconigi passò successivamente ai marchesi di Saluzzo e poi ai Savoia. L’originaria struttura fortificata con torri angolari fu trasformata nel corso del XVII secolo: nel 1670, in concomitanza con l’elevazione del castello a residenza dei Savoia-Carignano, André Le Nôtre progettò il giardino; nel 1676 Guarino Guarini intraprese una globale ristrutturazione dell’edificio, mai portata a termine. A partire dal 1755 i lavori furono ripresi dall’architetto Giambattista Borra per volontà del principe Luigi di Savoia-Carignano: a questa fase risalgono i padiglioni sul prospetto principale, il grande pronao di accesso, il salone caratterizzato dalla cosiddetta “loggia dei musici”, la sala di Diana e i gabinetti cinesi. Ma è con l’ascesa al trono di Carlo Alberto, principe di Carignano, che la residenza assunse il suo aspetto odierno: nel 1820 il giardiniere tedesco Xavier Kurten ridisegnò gli spazi verdi, mentre la decorazione e il riallestimento degli interni furono affidati all’architetto Pelagio Palagi, il cui gusto tra neoclassico ed eclettico è ben rappresentato da un ambiente di singolare fascino come il Gabinetto Etrusco. Contemporaneamente furono costruiti, ai margini del parco, gli edifici di servizio in stile neogotico delle Serre e della Margaria, destinata alla gestione agricola del territorio di pertinenza del castello. Col trasferimento della capitale da Torino a Firenze (1865) e poi a Roma (1871), i reali persero progressivamente interesse per il castello, almeno sino ai primi anni del XX secolo, quando il re Vittorio Emanuele III la elesse di nuovo a sede di villeggiatura. Il castello fu acquistato nel 1980 dallo Stato italiano.

I sontuosi appartamenti sono testimonianza delle più significative fasi di trasformazione che il castello subì a partire dal XVII secolo e sino all’inizio del XX: stucchi, affreschi e arredi costituiscono un rilevante panorama del mutare del gusto della corte nel corso di circa quattrocento anni. I giardini e il parco mantengono intatto l’assetto ottocentesco, caratterizzato da un impianto di matrice romantica con corsi d’acqua, laghetti, grotte e monumenti. Dal settembre 2013, in concomitanza con le Giornate Europee del Patrimonio, entra a fare parte del circuito di visita del Castello anche l'Appartamento di Ponente, dove sono state riunite le vedute che raffigurano il grande progetto di Filippo Juvarra per il castello di Rivoli. Aperto per la prima volta alle visite del pubblico, l'Appartamento fa parte dell'ampliamento voluto da Carlo Alberto e affidato all'architetto Ernesto Melano, che iniziò i lavori nel 1834. Da anni era utilizzato come deposito quadri ed arredi, e per l'apertura sono stati restaurati gli affreschi dei soffitti, opera del Bellosio, effettuati interventi alle tappezzerie storiche e messo a norma gli impianti. Ma il risultato più importante è stato il riunire i cinque grandi dipinti che fanno parte delle sei vedute prospettiche del castello di Rivoli, eseguite secondo i disegni progettati da Filippo Juvarra (il sesto dipinto, riprodotto fotograficamente in mostra, è esposto nel Palazzo Madama di Torino).

Nel "teatro delle fabbriche" del re Vittorio Amedeo II, il Castello di Rivoli giocava il ruolo più importante perché immaginato come il prototipo di un moderno palazzo reale per un sovrano assoluto. Per presentare il grandioso progetto di rifacimento del castello messo in cantiere fin dal 1717, Filippo Juvarra commissionò sei vedute che ne illustravano le quattro facciate esterne, il salone e l'atrio con lo scalone in costruzione. Ne disegnò egli stesso gli scorci prospettici e ne affidò l'esecuzione agli specialisti più acclamati del suo tempo, i pittori Giovanni Paolo Panini, Marco Ricci e Andrea Locatelli, affiancati dal piemontese Massimo Teodoro Michela. Le vedute furono dipinte tra 1723 e 1725 e subito allestite nella "Camera delle prospettive", una sala dell'appartamento del re a Rivoli che Vittorio Amedeo II e Juvarra avevano fatto ornare di una decorazione a grottesche per evocare la Domus Aurea, la casa dell'imperatore. Nella prima tappa del suo Grand Tour in Italia nel 1728, in quella sala ebbe modo di vederle Montesquieu, il quale di fronte a quella straordinaria mostra di architettura poteva esclamare ammirato che "il progetto dei quattro lati dell'edificio sembra bellissimo". Di seguito, nei documenti del 1781 e del 1819, le vedute risultano presenti nel Palazzo Madama di Torino, mentre nel 1937 furono trasferite a Racconigi dal Principe di Piemonte, dove erano depositate in piccoli ambienti non accessibili al pubblico. A cinquant'anni dalla Mostra del Barocco Piemontese del 1963, quando Vittorio Viale riuscì ad esporre in Palazzo Madama soltanto i due dipinti di Panini, cinque delle sei vedute riunite nel 1937 sono ora presentate in mostra nell'Appartamento di Ponente. Completano l'allestimento opere collegate alla figura di Vittorio Amedeo II, come il piano di tavolo e il ripiano del cassettone che riproducono la pianta della cittadella di Torino durante l'assedio del 1706, di Lorenzo Bononcelli, ed una serie di ritratti ed arredi provenienti dai depositi del castello».

http://www.piemonte.beniculturali.it/index.php/it/i-luoghi-della-cultura/residenze-e-castelli/castello-di-racconigi


Revello (palazzo marchionale, "castello sottano")

Dal sito www.comune.revello.cn.it   Dal sito www.comune.revello.cn.it   Dal sito www.arciarevello.it

«Cittadina posta all'imbocco della Valle Po, ai piedi di un versante del massiccio che costituisce il Mombracco. Da alcuni resti, rinvenuti sulla vicina collina, sembra che il sito fu abitato già al tempo dei romani. Ma è durante il periodo del Marchesato di Saluzzo che il Paese divenne importante per la posizione strategica e per l'imponente sistema fortificato. All'interno del ben conservato borgo storico, sono anche presenti interessanti emergenze architettoniche; l'ex palazzo marchionale venne adibito a residenza estiva della marchesa. ... Il Castello cosiddetto sottano, al tempo dei marchesi di Saluzzo, comprendeva tre torri; nel 1810 venne in gran parte demolito. Attualmente è destinato a sede civica. Al primo piano, è conservata la Cappella Marchionale con pregevoli affreschi del Quattrocento. L'antica tettoia del mercato coperto è ancora sostenuta dalle colonne del Quattrocento. La casa a lato della tettoia, già proprietà dei Marchesi, è caratterizzata da eleganti decorazioni in cotto. In questo edificio venne ricoverato il Beato Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo, durante la vistita pastorale a Revello» - «Palazzo marchionale (sec. XVI). Splendida opera, che rimane a testimonianza della sfarzosa corte dei marchesi di Saluzzo, è la Cappella marchionale, situata all'interno dell'ex castello, ora sede degli uffici comunali. A quel tempo, il castello fu una magnifica dimora, soprattutto residenziale, contornata da giardini alla francese e comprendente numerosi saloni con le pareti e i soffitti riccamente affrescati. Rimangono tuttora: il cortile a pianta rettangolare, l'elegante porticato, alcune finestre in cotto, una delle tre torri a pianta circolare (sotto la quale è situata la cappella), un'altra torre, a pianta rettangolare, che si innalza sul tetto dell'attiguo edificio comunale (ex asilo). La Cappella, di stile tardo-gotica, è a pianta rettangolare e termina con un'abside pentagonale. Le splendide e minuziose decorazioni sembrano attribuibili al pittore Hans Clemer e risalgono al periodo tra il 1516 e il 1519. Prima esistevano già degli affreschi databili alla fine del Trecento. Le decorazioni, oltre a rappresentare la vita di alcuni grandi santi e dottori della Chiesa, tra cui: Luigi IX re di Francia, Santa Margherita di Antiochia di Pisidia, i quattro Evangelisti, San Rocco, Santa Lucia, ritraggono la famiglia del Marchese Ludovico II, con la moglie, Margherita di Foix e i figli. Domina sulla parete che sovrasta la porta d'ingresso, una raffigurazione dell'Ultima Cena, posteriore al resto degli affreschi e di sicura ispirazione leonardesca».

http://www.excalibur-revello.it/storia_i.htm - http://www.comune.revello.cn.it/ComSchedaTem.asp?Id=25921


Revello (ruderi del "castello soprano")

Dal sito www.comune.revello.cn.it   Dal sito www.excalibur-revello.it   Dal sito www.corrieredisaluzzo.it

«Risalendo, dalla via San Leonardo, il sentiero sul versante a ponente della montagna, si giunge al sito del castello soprano. Costruito forse a partire dal sec. IX, a seguito la demolizione, per mezzo delle mine, del 1642, rimangono solo pochi ruderi avvolti dalla vegetazione. La stampa del Theatrum Sabaudiae lo rappresenta con 3 torri d'angolo. Ridiscendendo, sul sentiero del castello soprano, si può riprendere il cammino per giungere alla chiesetta di Santa Sofia e successivamente alla Cappella di San Leonardo. La strada Carrà è l'antica via che percorreva, a mezza costa, tutto il versante a levante del Montebracco» - «Ruderi del Castello. Si possono visitare imboccando l'antica strada Via De Regges delimitata da ampi tratti di mura appartenenti all'antica cinta che difendeva il borgo, raccordandolo in alto con il forte Bramafam. Dopo una gradevole passeggiata si giunge ai piedi della Torre Campanaria, che segna il luogo dove sorgeva l'antica parrocchia di S. Maria la Canonica e si prosegue fino a raggiungere i ruderi del castello di Revello. Si menziona il castello in documenti datati 1075: da ciò si deduce fosse molto antico, forse costruito nel IX secolo per contrastare l'avanzata dei Saraceni o da questi stessi edificato per dominare i territori conquistati. Fu restaurato ed ampliato dal marchese Ludovico I, nella prima metà del quattrocento, e e dotato di un sistema complesso ed articolato di fortificazioni che lo legavano ed isolavano, alla bisogna, al borgo. Il castello vide pagine dolorose di odio famigliare quali la detenzione e l'uccisione di Giovanni Giacomo (1512) fratello del marchese di Saluzzo Ludovico II e di Francesco Cavassa (1528) fidato consigliere della marchesa Margherita di Foix, ed altre di grande eroismo quali quali la strenua difesa del maniero da parte del capitano Giovanni De Reges, poi tradito e scaraventato giù dal bastione del castello (1548), durante l'assedio dei francesi. Il castello che era il punto di forza del sistema difensivo del Marchesato Di Saluzzo, fu preso con le armi per l'indubbia superiorità dell'artiglieria, solo nel 1558 dal duca Carlo Emanuele I di Savoia, come rappresentato nel secondo triduo della rievocazione storica Revello Maggio Castello (tratto dal libro Revello Percorsi d'Arte, edizione A.S.A)».

http://www.excalibur-revello.it/storia_i.htm - http://it.wikipedia.org/wiki/Revello#Ruderi_del_Castello


Revello (torre dell'Orologio, fortino Bramafam)

La torre dell'orologio, dal sito www.comune.revello.cn.it   Il fortino Bramafam, dal sito www.lavirginia.it

«...Le strade che salgono alla Torre dell'Orologio sono fiancheggiate dalle antiche mura. La porta denominata della Madonnina, è ciò che resta del fortilizio d'accesso al sistema difensivo circostante il castello soprano. La Torre dell'Orologio è stata ricavata ristrutturando il campanile dell'antica chiesa (pieve) di Santa Maria. Al suo interno è in allestimento un piccolo museo sulla storia del Marchesato. L'area verde attrezzata, recuperata ai piedi della Torre, è delimitata dai resti di altre cinte murarie, in parte sfruttate a sostegno di terrapieni. Continuando la salita verso il castello soprano, si giunge a una spianata sostenuta da solide murature in pietra (rivellino) che costituiva la difesa aggiuntiva del castello; attualmente l'area, denominata piazza d'armi, è coltivata a vigneto. Osservando tra: vegetazione, orti e giardini, della collina e percorrendo le antiche strade, sono ancora visibili una parte dei resti costituenti le mura difensive, come rappresentato nella stampa del Theatrum Sabaudiae. Il cosidetto fortino (Bramafam), venne ricostruito nel sec. XVI sui resti di un precedente avamposto; dotato di corridoio e feritoie, è collocato in sommità a uno sperone della montagna. Sul percorso che conduce al forte, domina, sul prospero uliveto, l'antico santuario edificato in onore a San Biagio martire».

http://www.excalibur-revello.it/storia_i.htm


Rigrasso (castello)

Foto di PiGiFranco, dal sito www.panoramio.com   Dal sito digilander.libero.it/marcosavi

«L'impianto, citato in documenti del XV secolo e appartenente ai Cambiani, si presenta come un massiccio parallelepipedo caratterizzato da una torricella pensile di spigolo; ultimamente ristrutturato, si presenta come palazzo signorile. Di proprietà privata, è adibito ad abitazione. Fonti: testo dalla pubblicazione Castelli in Piemonte, a cura di Rosella Seren Rosso».

http://castelliere.blogspot.it/2014/10/il-castello-di-giovedi-2-ottobre.html


Rocca de' Baldi (castello)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito www.targatocn.it   Dal sito www.invasionidigitali.it

«In origine il Castello di Rocca de' Baldi fu un edificio a carattere prettamente difensivo, ed era costituito da una torre del XIII sec. a merlatura ghibellina (originariamente collegata alla cinta muraria con funzione di porta di ingresso al borgo) e da alcune stanze adiacenti. Nel corso dei secoli il Castello fu progressivamente trasformato in palazzo residenziale. In particolare, il castello fu dimora dei Signori di Morozzo dal 1643, anno in cui lo ereditarono, fino all’anno 1823. Nel corso del '600 si costruì un corpo avanzato verso la piazza con un bel portale dorico. Uno scalone conduceva alle grandi sale del primo piano: salone, sala da pranzo, alcova. Questi locali presentano ancora bei soffitti a cassettoni con decorazioni originali. Nel 1710 l’architetto Francesco Gallo, il progettista della cupola del Santuario di Vicoforte, fu incaricato di un ulteriore ampliamento, costituito da un corpo laterale caratterizzato da una grande infilata di sale rivolte verso il parco, e da un lungo corridoio verso la piazza. Il Castello, che oggi si presenta di colore rosso scuro, era in origine di stucco bianco con decori neri come tutti gli edifici dei Marchesi Morozzo della Rocca, e come ancora oggi si presenta l'adiacente Badia, rimasta di proprietà della famiglia. Negli anni successivi l'edificio fu dimora di alcune famiglie borghesi per poi diventare, agli inizi del '900, sede della “Colonia Agricola Orfani di Guerra” che dal 1923 al 1973 ospitò, educò e preparò alla vita ed al lavoro le centinaia di ragazzi che negli anni vi furono accolti. Ora è proprietà del Comune di Rocca de Baldi ed è gestito dall'Associazione Centro Studi Storico-Etnografici e Museo Etnografico Provinciale "Augusto Doro"».

http://www.abbonamentomusei.it/it/am_musei/M401_CASTELLO_DI_ROCCA_DE_BALDI


Rocca de' Baldi (torre Civica)

Dal sito www.invasionidigitali.it   Dal sito www.comune.roccadebaldi.cn.it

«Sorge a metà di via Prandi. La costruzione originale, sicuramente anteriore al 1250, non si elevava probabilmente più in alto della terza finestra. Sulle sue pareti è ancora visibile un affresco con un giglio, a testimonianza della dominazione angioina del borgo. Era la seconda torre di guardia citata negli Statuti. Nel tardo Medioevo, intorno al sec. XIV-XV venne sopraelevata. Ora è di proprietà del Comune di Rocca de’ Baldi che ha recentemente provveduto al suo restauro».

http://www.comune.roccadebaldi.cn.it/Guidaalpaese/tabid/7608/Default.aspx?IDPagina=2181


Roddi (castello)

a c. di Federica Sesia


RONCHI (ricetto)

Foto di Domenico Olivero, dal sito http://cuneofotografie.blogspot.it   Foto di Domenico Olivero, dal sito http://cuneofotografie.blogspot.it

«Ricetto in frazione Ronchi: antica torre di segnalazione sulla statale di Cuneo per Ronchi» - «La frazione di Ronchi fa parte delle frazioni di Cuneo dell’Oltrestura. È una delle più popolose ed è situata al confine con il Comune di Centallo. Pare che il primo documento a ricordare la nostra frazione sia un atto di investitura concessa già nel 1200. Da tale documento si può dedurre il significato del nome della frazione, cioè il suo significato originale, in quanto si indicava la concessione di un tratto di campagna incolta, a sterpi e ronchi, terreno ancora da “roncare” o dissodare, un fondo prediale senza abitanti, appartenente al territorio di Centallo. Dal complesso dei documenti risulta dunque che il territorio della frazione, dapprima incolto e coperto di sterpaglie, dalla seconda metà del Duecento, venne a poco a poco dissodato e reso fertile: vi si piantarono vigne, piante particolarmente adatte al suolo e alla sua posizione sulla riva sinistra dello Stura. Ad inizio del 1300 la zona fu aggregata al territorio del comune di Cuneo. I primi insediamenti nascono attorno al 1400. La popolazione subito era probabilmente poco numerosa, ma dopo poco tempo, accresciutesi le condizioni dell’agricoltura dopo lo scavo di una bealera (fossato), gradatamente si fece luogo al sistema dell’appoderamento con il frazionamento della proprietà e la comparsa di cascine con propri masnenghi o lavoratori della terra per conto altrui. Alcune di queste cascine sono tutt’oggi ancora abitate: Tetto Corvo, Cascina Rabbia, Cascina Malaspina. Aumentata comunque la popolazione della frazione, si sentì la necessità di procurare una migliore organizzazione del servizio religioso e pertanto nel 1499 viene edificata la prima cappella al posto dell’attuale chiesa parrocchiale. Oggi, a distanza di 500 anni la frazione conta circa 1200 abitanti e nuove case sono nuovamente in costruzione» (testo di Valentina Tassone).

http://cuneofotografie.blogspot.it/2014/02/ricetto-in-frazione-ronchi-antica-torre.html - http://www.frazioneronchi.it/la-storia


Rossana (ruderi del castello dei conti Gazelli)

Dal sito https://prolocorossana.files.wordpress.com   Dal sito www.comune.rossana.cn.it

«La protezione politica e militare di Saluzzo portava, tra il duecento ed il trecento, il coinvolgimento del paese nelle turbolente e travagliate vicende del Marchesato, facendo Rossana, terra di confine ed estremo avamposto saluzzese, oggetto di scorrerie ed invasioni. Ai del Vasto (estintisi in Rossana attorno al 1317) i vescovi di Torino sostituirono, tra il XIV ed il XVIII secolo, altre famiglie: i Mazucco da Melle, i Cervere, i Ricciardino da Savigliano, i Romagnano, i Bernezzo. Si dice che il maniero abbia offerto rifugio, intorno al 1450, al famoso condottiero di ventura guascone Arcimbaldo di Abzat e alle sue squadre di predatori, che terrorizzarono il paese per alcuni anni, e alle cui gesta è legata una famosa leggenda. Usato come fortilizio dai primi feudatari del luogo, il castello venne edificato verso il Mille. Nel 1155 il castello ed il feudo venivano concessi a Guglielmo del Vasto, marchese di Busca, i cui discendenti ne terranno la signoria fino agli albori del trecento, con alterne vicende di maggiore indipendenza o con un più stretto legame nei confronti dei marchesi di Saluzzo, interessati al controllo del sito per la sua decisiva posizione geografica di passaggio obbligato tra le le valli del Maira e del Varaita. Due secoli più tardi il castello venne distrutto su comando del principe Tommaso di Savoia, durante le lotte con la reggente Madama Reale. Nuovamente ricostruito, fu ceduto alla famiglia Gazelli. L’ultimo signore di Rossana fu Luigi Gazelli, nominato conte nel 1772 dal re Carlo Emanuele III di Savoia. All’inizio degli anni ’90 il castello è stato donato, con i boschi circostanti, al Comune di Rossana, da parte dell’ultima discendente del casato, la contessa Idalberta Gazelli di Rossana e San Sebastiano. Fra i discendenti della famiglia Gazelli spicca Paola Ruffo di Calabria, divenuta nel 1993 regina del Belgio».

http://www.comune.rossana.cn.it/strutture/arte-cultura/castello-dei-conti-gazelli


Ruffia (castello)

Foto di PiGi'Franco, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.comune.ruffia.cn.it

«La prima menzione di Ruffia risale al 1143, quando gli eredi di Bonifacio del Vasto cedono al monastero di Staffarda tutti i redditi, tranne un maiale, della domo Rodulfi (Cartario di Staffarda, I, doc. 4). A giudicare del modo in cui l’insediamento è menzionato non sembra che si possa parlare per l’epoca di un villaggio nucleare ma solo di una presenza insediativa, presumibilmente debole e limitata. Solo pochi anni dopo, in un diploma imperiale Rodulfia è indicata come curtis, ma la laconicità della menzione non ci permette di comprendere se si fosse effettuato già il salto (possibile) verso una struttura di villaggio (Le carte dell’archivio arcivescovile di Torino, 24); è solo nei primi decenni del XIII secolo che l’insediamento di Ruffia è attestato in maniera inequivocabile come un vero e proprio villaggio, anche se le scarse fonti non consentono di delineare meglio il processo. Nel 1253, nell’atto di cessione dai Busca ai Saluzzo il centro viene infatti definito villa, con cui si intende un insediamento accentrato e aperto; è infatti da sottolineare la mancanza di riferimenti a strutture fortificate, tipiche invece all’epoca nei centri rurali di dimensioni anche discrete. Neppure quindici anni dopo tali strutture risultano però già in essere; nel 1267 l’insediamento viene infatti definito castrum et villa. L’assetto insediativo risulta nettamente accentrato fino almeno alla metà del XV secolo. A partire da quel momento l’area circostante al nucleo abitato vede lo sviluppo di un insediamento sparso, nella forma delle cascine. La consistenza demografica della popolazione residente nelle cascine rimane tuttavia sempre piuttosto ridotta mentre la preminenza demica (e non solo) del concentrico, imperniato sul vasto complesso del castello signorile, risulta costante» - «Il maniero seguì le vicende del paese: fu possesso dei Falletti, dei Del Carretto e infine dei Cambiano di Ruffia che lo tennero fino alla rivoluzione francese. Nel castello fu attivo il pittore Lorenzo Pascale, figlio di Oddone, uno tra i tanti artisti che per tutto il Cinquecento e parte del Seicento avrebbero impreziosito l’edificio di decori in stile manierista. Lorenzo Pascale realizzò dipinti per un padiglione del giardino del castello e per la cappella dell’Annunziata. Il castello si presenta ora in forme sei-settecentesche, ma include elementi medioevali e rinascimentali che nel corso dei secoli sono stati sopraelevati: così che ora dominano i corpi principali e la torre».

http://www.centrocasalis.it/print/scheda/ruffia - http://www.turismocn.com/ur/SALUZZESE/RUFFIA/ATTRATTIVE...


Sale di San Giovanni (castello dei marchesi Incisa)

Dal sito www.langamedievale.it   Dal sito www.langamedievale.it   Dal sito www.castellosalesangiovanni.it

«A circa quindici minuti da Ceva in direzione est, questo piccolo centro è raggiungibile tramite una piccola deviazione dalla Strada Provinciale 343. È situato in posizione di alta collina con suggestivi panorami sulla valle. Datazione: XIII secolo; rifacimenti del XVI secolo. Il castello dei marchesi Incisa di Camerana domina, dall’alto della collina sulla quale è arroccato, il centro di Sale S. Giovanni. È la costruzione più pittoresca del vecchio borgo. La struttura alla quale si accede attraverso un arco a forma di ogiva è frutto di rifacimenti e modifiche in tempi diversi (nel Seicento e nel Settecento è infatti residenza aristocratica) ed oggi è difficile riconoscerne i tratti medievali, complici le frequenti ristrutturazioni. All’interno, interessante è il “Salone degli Alerami”, decorato con pitture e affreschi ottocenteschi, a cui si accede tramite una scala monumentale. Attualmente fa parte di una residenza privata».

http://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/castello-di-sale-san-giovanni/


Saliceto (castello dei marchesi Del Carretto)

Dal sito www.castellilangheroero.it   Dal sito www.castellilangheroero.it

«Non si conosce la data precisa della fondazione di Saliceto, ma la sua “Pieve” viene menzionata per la prima volta nel diploma di Ottone II (967 d.C.) con quelle di Millesimo, Cengio, Cosseria ed altre ancora come dipendenti dal Vescovo di Savona. Più certa sembra essere la toponomastica, secondo cui il paese prese il nome dai molti salici presenti in questi luoghi. Anticamente il borgo era protetto da una possente cinta muraria, dal perimetro pressoché quadrato (“oppidum”), cui si accedeva attraverso due porte: la porta Galera, aperta verso nord, e la porta Cunea, verso Sud. Entrambe le porte erano munite di ponte levatoio e difese da una torre quadrangolare. Il fabbricato di Porta Cunea, la cosiddetta “casa comunale”, comprendeva la sala consiliare, la scuola e la prigione. Poichè le due porte risultarono nel tempo troppo anguste per consentire il passaggio della strada provinciale, intorno al 1880, vennero allargate con la demolizione di parte del fabbricato laterale alla Porta Galera e di un tratto del muro di cinta del giardino del castello, in corrispondenza della Porta Cunea. Questo intervento comportò anche la demolizione delle torri sovrastanti i due accessi. La storia del paese si inserisce per lungo tempo nelle vicende dei marchesi Del Carretto. Nel corso del XII e XIII secolo, non potendo contrastare da soli la crescente potenza di Genova, i marchesi aleramici si resero vassalli del potente libero comune di Asti, giurando ad esso fedeltà in cambio di protezione. Fu così che Enrico II Del Carretto, morto nel 1239, figlio di Enrico I il Guercio discendente di Aleramo e capostipite della famiglia, e dopo di lui i successori Giacomo e Corrado, assoggettarono anche il feudo di Saliceto ad Asti, ricevendone l’investitura. Risulta così dalle fonti storiche che l’8 aprile del 1251, Giacomo giurò fedeltà al Comune di Asti ottenendo in feudo i castelli di Novello, Montechiaro, Lequio e, appunto, Saliceto.

La stampa ottocentesca del Gonin ci rende in modo mirabile l'imponente massa del Castello di Saliceto di pianta quadrata, rinforzata da tre torri agli angoli. Una quarta torre, di cui si notano ancora alcuni ruderi sul muro di sinistra, fu rovinata ed abbattuta durante l'assedio spagnolo del 1639. Nello stesso assedio un cecchino salicetese, appostato sul campanile, uccise con un colpo di moschetto alla testa Don Martino D'Aragona, comandante delle truppe spagnole, che la tradizione vuole sepolto nel Monastero di Millesimo. La struttura attuale dell’edificio è il risultato di successive trasformazioni e ricostruzioni che hanno tuttavia mantenuto alcuni caratteri tipici delle architetture fortificate presentandosi oggi come un vasto blocco rettangolare con tre torri quadrangolari sugli spigoli, cui doveva probabilmente aggiungersene una, oggi perduta forse a causa degli antichi eventi bellici. Fondato come fortilizio. ad uso esclusivamente militare e non residenziale, il castello era anticamente cinto da un fossato (di cui permangono intatte le tracce) ed era accessibile tramite un ponte levatoio, poi rimosso e sostituito da una rampa in muratura di pietra e mattoni che si conclude con un ponticello fisso che conduce all’imponente portale di accesso. All’interno della torre meridionale sono inoltre ancora visibili le tracce di un antico passaggio, oggi murato, che dovette collegare il castello con la più antica e ormai completamente diroccata fortificazione, sita sulla collina Margarita. Il cortile interno, inoltre, doveva forse essere collegato con le sottostanti scuderie tramite uno scalone, di cui rimangono pochi scalini tagliati dalla attuale volta a botte che copre il grande vano del piano terra, adibito a tale scopo.

Nella zona aperta sul cortile interno, si trovano infine i resti di una piccola cappella affrescata, di particolare pregio storico e artistico. Tracce di un muro di divisione fra il cortile e questa stessa zona, inducono infatti ad immaginare quale potesse essere l’aspetto originario della cappella, in corrispondenza della quale è stato ricavato, in epoca remota, un secondo ingresso che ha comportato il taglio di un affresco per l’inserimento della porta. Nella parete opposta si apre invece una porta, attraverso cui si accede alla “sala delle armi”. Gli affreschi che decorano questo piccolo spazio propongono alcune scene della storia di Cristo; l’illustrazione doveva cominciare sulla parete destra, al di sopra dello stretto passaggio con arco a ogiva, per proseguire sulla parete frontale. A sinistra della parete di fondo si apre una nicchia piuttosto profonda dove, recentemente, sono state scoperte altre pitture: sulla volta un Agnus Dei, a cui è sovrapposta una grande croce gemmata. Sulle paretine si fronteggiano due medaglioni, recanti due ritratti femminili a monocromo; sotto questi, lo stemma carrettesco, a confermare l’onnipresenza del potere dei marchesi, fautori di questa piccola, ma pregiata, impresa decorativa. L’analisi stilistica e iconografica di questo piccolo ciclo, caso unico nell’area valbormidese, ha portato alla sua datazione all’ultimo decennio del 1300.Vi è, per gli studiosi che hanno esaminato il ciclo, l’intervento di un maestro dalle qualità tutt’altro che mediocri, in grado di maturare e personalizzare le esperienze artistiche maturate ad Assisi e, più genericamente, nell’ambito giottesco».

http://www.magema2000.net/vb5_saliceto.htm


SALUZZO (borgo, castel Soè o Soprano)

Dal sito www.marchesatodisaluzzo.com   Dal sito www.flickr.com

«Il primo Castello di Saluzzo denominato Castrum (o "Castrum Veteris", castello vecchio) trova riscontro ufficiale e cartaceo nel 1028 in un atto di donazione fatto dal Marchese Olderico Manfredi II (detto anche Ulderico di Susa o di Torino) e dalla Moglie Berta Obertanga “dei Marchesi d’ Este” in favore dell’Abbazia di Caramagna, atto in cui donavano le terre limitrofe ad eccezione dell’antico castello. Olderico Manfredi II dedito alla lotta ai saraceni sul territorio, riesce probabilmente a bonificarne definitivamente le valli saluzzesi in quegli anni, ponendo così attenzione sul castello di Saluzzo e le vicine tenute, accostate alla Pieve di San Lorenzo (fondata nel 1017), San Dalmazzo. Questo Castello viene denominato Castel Soé o Castel Soprano, trovandosi appunto in una posizione più elevata rispetto all’attuale denominato Castiglia e forse proprio  intorno all’XI secolo, si deve un primo rimaneggiamento difensivo da parte di Olderico Mafredi II; il castello probabilmente sorse sulle basi di un’ avamposto d' avvistamento contro i saraceni data la posizione e l’ottima vista sulle vallate e l pianura. Nel Castel Soé, probabilmente infeudati dal marchese di Torino, si stabilirono i primi nobili precursori dell’ affluenza nei borghi saluzzesi, a cominciare da Bonifacio del Vasto nipote di Olderico Manfredi II che poneva particolare attenzione alle vallate saluzzesi ed al cuneese settentrionale e dal 1120 circa Manfredo I “di Saluzzo” si insedia ufficialmente nella dimora diventando a tutti gli effetti signore di Saluzzo, tra i primi nobili citati quali castellani di Saluzzo si hanno Costanzia, Marcellino e Rogerio. Nel 1231 il castello soprano, al centro della politica dei marchesi, lo vediamo citato in un atto che ne descrive sommariamente la costituzione di potente torre, di un corpo centrale quadrato a lato di una cappella; la torre venne affidata alla gestione di un nobile, Rostagus De Roceta, in un altro atto del 7 aprile 1255 viene anche menzionato “Potestas et Castellano” di Saluzzo (intervenuto in nome di Tommaso I “di Saluzzo”).

Il castello forma un sistema di roccaforti con quelli dei numerosi borghi limitrofi a ridosso delle colline, tutti di appartenenza a feudatari del Marchesato di Saluzzo, che andranno a creare una frontiera agli accessi della Valle Po, Bronda e Varaita estesa a molte altre valli col passare dei secoli. Tra il 1270 e il 1286 Tommaso I “di Saluzzo” decise di abbandonare il vecchio Castello, e ne costruì un altro più grande, più a valle, denominato “Castrum Inferiori Saluciarum” decisamente meglio orientato a dominare la valle Po e la pianura sottostante che verrà appunto chiamato “Castiglia”, a ridosso del “borgo nuovo superiore” che si era formato. Negli stessi anni sempre Tommaso I cintò il borgo con una fila di mura e torri gestite da sei porte: Porta del Castello, dell' Ospedale, dei Mondagli, Fia, Gaifera, Pisterna; sistema difensivo che verrà integrato nel 1379 da una seconda cerchia di mura gestite da ulteriori tre porte: porta Vacca, porta Santa Maria e porta San Martino. A cavallo del XIV e XV secolo il solo capoluogo del marchesato è dotato di ben due castelli, una doppia cerchia di mura, gestita da ben nove porte totali e quattro torri d’avvistamento, la sorte del vecchio Castello Soprano non è duratura perché nel 1341 per causa di un contenzioso tra il marchese Tommaso I “di Saluzzo” e lo zio Manfredi “di Cardè” che rivendica titoli sul territorio, viene incendiato e distrutto. Non del tutto distrutto, ma gravemente segnato ed abbandonato, viene totalmente devastato insieme al vecchio borgo di San Lorenzo (“Borgo Vecchio Superiore”) nel 1363 con l’assedio inflitto dalle truppe di Amedeo VI “di Savoia”. Dell’antico castello non rimangono che pochi ruderi, non del tutto identificabili, sulla collina di Saluzzo ...».

http://www.marchesatodisaluzzo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=129:castiglia&catid=79&Itemid=103


SALUZZO (casa Cavazza)

Foto di Alessandro Molin Brosa, dal sito it.wikipedia.org   Foto di Alessandro Molin Brosa, dal sito it.wikipedia.org

«Casa Cavassa, oggi Museo Civico di Saluzzo, è uno degli edifici-simbolo del rinascimento saluzzese: fu la dimora di Galeazzo Cavassa e del figlio Francesco, membri di una nobile famiglia originaria di Carmagnola. Nel 1464 Galeazzo fu vicario generale del marchese di Saluzzo, carica ricoperta successivamente anche dal figlio Francesco. A quell’epoca la residenza, frequentata da intellettuali e personaggi di alto rango, fu oggetto di importanti interventi decorativi. La casa fu trasformata in museo per merito del marchese Emanuele Tapparelli D'Azeglio (1816-1890), che la acquistò nel 1883 e intraprese importanti lavori di recupero. I restauri furono commissionati all'ingegnere torinese Melchiorre Pulciano e al pittore Vittorio Avondo secondo il principio del “completamento in stile”. Il marchese Tapparelli acquisì sul mercato antiquario oggetti e opere databili al XV e XVI secolo, con l'intento di ricreare l'arredo della casa. Nel 1888 d’azeglio donò l’edificio alla Città di Saluzzo affinché fosse utilizzata “per uso di museo o per feste municipali”. Nonostante le numerose trasformazioni subite in epoche successive, alcune opere testimoniano ancora il fasto della casa all'inizio del XVI secolo. Tra queste spiccano il portale marmoreo e il portone ligneo (ascrivibili a Matteo Sanmicheli e datati tra il 1518 e il 1528), recanti il motto di famiglia “droit quoi quil soit” (“avanti a qualunque costo” o “giustizia quale che sia”). Oggi il museo si presenta in una sequenza di 15 sale con soffitti lignei dipinti e pareti decorate; l'arredamento è costituito da mobili d'epoca. Di particolare rilevanza sono, nel loggiato, tre finestre bifore in stile tardo gotico e gli affreschi a grisaille con le Imprese di Ercole (opera di Hans Clemer, tra il 1506 e il 1511). All'interno delle sale sono conservati, tra l'altro, la pala d’altare della Madonna della Misericordia, capolavoro di Hans Clemer (1499 c.), e il coro ligneo tardogotico proveniente dalla cappella dei marchionale di Revello (sala V)».

http://www.saluzzoturistica.it/monumenti_scheda.php?id=603


SALUZZO (castello dei Marchesi o la Castiglia)

Dal sito http://foto.provincia.cuneo.it   Dal sito http://www.westitaly.net   Dal sito www.targatocn.it

«Da qualunque punto si arrivi in città, guardando verso la sommità della collina non si può fare a meno di essere affascinati dalla maestosità dell’antico Castello dei Marchesi, che sovrasta il borgo medievale e si staglia dalla prestigiosa cornice del Monviso. Culmine della città vecchia, sin dalla costruzione la Castiglia rappresenta l’espressione più alta del ruolo di piccola ma insigne capitale che Saluzzo ebbe a ricoprire per quattro secoli.  La costruzione del castello di Saluzzo, voluta dal marchese Tommaso I, è databile tra il 1270 e il 1286 sulla base di precedenti fortificazioni. Il nome popolare Castiglia, deriva probabilmente dal plurale latino castella (“i castelli”) e allude forse al complesso di edifici fortificati, attestato sin dal 1120. La collocazione alla sommità del borgo rispondeva alle esigenze residenziali della famiglia marchionale e garantiva un diretto controllo politico e militare sulla città.  Originariamente, la Castiglia si presentava come una rocca a pianta quadrangolare, circondata da una cortina di mura con quattro torri cilindriche sporgenti verso l'esterno. Successivi interventi di modificazione ne mutarono completamente la struttura: il primo fu compiuto dal marchese Ludovico II (1475-1504), che volle trasformare la fortezza in dimora signorile sul modello delle altre corti italiane del Rinascimento, in occasione delle proprie nozze con Margherita di Foix (1492). A quest’epoca risale il massiccio torrione circolare; che reca alla sommità tondi decorati, in cui sono ancora visibili lo stemma di Saluzzo e l’effige di un’aquila imperiale. Gli affreschi interni monocromi (grisaille), completamente perduti, sono testimoniati dagli scritti dello storico locale Delfino Muletti (1831). L'occupazione francese del Marchesato (1549-1588) e la successiva annessione al Ducato di Savoia comportavano la decadenza e il degrado della Castiglia; che aveva perso anche valore strategico con l'importanza crescente dell'artiglieria. Durante la dominazione francese (fine '700) fu adibito a sede del Governatore del Marchesato e a caserma del presidio. All’inizio del secolo successivo, l'edificio era ormai gravemente degradato per la mancata manutenzione. A conclusione di una lunga parabola discendente, nel 1825 iniziarono i lavori per ridurre l'antico maniero a prigione, funzione che d'altronde aveva già svolto nel XVIII secolo: la trasformazione comportò la ricostruzione del corpo principale e la conseguente distruzione delle decorazioni quattrocentesche. Si salvarono soltanto due frammenti di affreschi, asportati durante i lavori: una Madonna con Bambino ed una Deposizione, riacquistati dal marchese Emanuele Tapparelli D'Azeglio per il museo di Casa Cavassa, allestito a fine ‘800. Dal 2006 il complesso è stato oggetto di un lungo e attento restauro, per restituirlo alla fruizione pubblica: i suoi ampi locali osptiteranno l’archivio storico, spazi museali, aree destinate alla ristorazione, anche d’eccellenza, e infine i luoghi in cui saranno inscenati eventi di promozione culturale e turistica».

http://www.saluzzoturistica.it/monumenti_scheda.php?id=601&itin=425


SALUZZO (porta Santa Maria, porta Vacca)

Porta Vacca, dal sito www.saluzzoturistica.it   Porta Santa Maria, dal sito www.saluzzoturistica.it

«Porta Santa Maria, piazza Risorgimento. Aperta nella seconda cerchia di mura del 1379, di fronte all'antica pieve di Santa Maria, fu riedificata ai primi anni dell'ottocento secondo il progetto di Carlo Borda, mentre la "porta interna" venne abbattuta nel 1890.  Colonne e pilastri, inseriti su alti zoccoli di pietra ruvida, ne sostengono il timpano classicheggiante, ornato all'interno dallo stemma dei Savoia e da una corona, all'esterno da due trofei militari. Nella cupola interna dell'arco un affresco devozionale raffigura la Vergine col Bambino tra San Sebastiano e San Rocco. ... Porta Vacca, via Palazzo di Città. Situata al termine di Via Palazzo di Città, era una delle sei porte della seconda cinta muraria, fatta innalzare nel 1379 dal marchese Federico II. Queste mura trecentesche furono abbattute a partire dal XVII secolo per costruire i nuovi palazzi a portici. Intitolata ad una delle più antiche famiglie saluzzesi, la porta è costituita da un fornice esterno in cotto con forma ad arco acuto. Originariamente doveva ospitare una doppia chiusura: quella interna a saracinesca, l’esterna a ponte levatoio. Nell’interno dell’arco sono ancora presenti dei motivi a dentelli».

http://www.saluzzoturistica.it/monumenti_scheda.php?id=608 - ...593


SALUZZO (torre Civica, antico palazzo Comunale)

Dal sito http://faiperme.fondoambiente.it   Dal sito www.borghiautenticiditalia.it

«Antico palazzo Comunale. L'edificazione del Palazzo e della Torre Comunale si fa risalire al 1462 durante il marchesato di Ludovico I (1416-1475) e rappresenta uno dei molti tentativi da parte della classe dominante cittadina di mettere in atto un aggiornamento urbanistico con la costruzione di nuovi edifici di rappresentanza e, più in generale, un rinnovamento culturale della città, al fine di renderla una vera capitale rinascimentale. Il palazzo presenta sulla facciata cornicioni marcapiano in terracotta decorata e finestre ad ogiva completamente circondate da mattoni fitomorfi. Nel 1556 la costruzione venne completata con la sopraelevazione della torre. Nel 1601, in occasione dell'arrivo in città di Carlo Emanuele I di Savoia, il Comune commissionò al pittore saluzzese Cesare Arbasia (1547 ca-1607) una decorazione celebrativa che ricorda il duca quale estensore del Trattato di Lione con cui si sancì l'annessione del Marchesato di Saluzzo al Ducato di Savoia. Lo stemma di Carlo Emanuele I è affiancato dai santi Costanzo e Chiaffredo a sottolineare che la nuova sudditanza ai Savoia era sotto la protezione dei santi locali. Tra il 1737 e il 1738 venne costruito il nuovo scalone nello spazio tra l'edificio civico e l'adiacente Palazzo delle Arti Liberali. Nel Settecento il Palazzo fu sede degli uffici comunali, poi trasferiti presso l'ex collegio dei Gesuiti. Ebbe inizio così un periodo di decadenza per l'edificio medievale che, nel corso dell'800, venne messo all'asta e frazionato adattando gli spazi a nuovi usi. Gli anni '70 del '900 segnarono l'avvio della rinascita del palazzo: un primo intervento di restauro della facciata promosso dalla Città in collaborazione con la Soprintendenza ai monumenti interessò la decorazione in terracotta. Nel maggio 2005 il Palazzo è stato riaperto al pubblico, dopo un importante progetto di recupero che ha interessato le facciate esterne e gli spazi interni. Al primo piano si trova il salone d'onore, sede in passato delle Congregazioni del Marchesato, che presenta un soffitto a cassettoni con decorazioni mitologiche, simboliche ed araldiche risalenti al XV secolo. Torre civica. Nella definizione degli spazi del borgo alto, la torre comunale era segno della comunità cittadina, e simbolo di una forza indipendente dal potere marchionale e dall'influenza religiosa. Alta 48 m. reca alla sommità una torre ottagonale sormontata da cupola aggiunta nel 1556 e sede della grossa campana che scandiva il tempo della vita della città. La costruzione fu oggetto di un primo importante restauro nella metà del XIX secolo. Nel 1993 un importante intervento di conservazione l'ha restituita alla cittadinanza e, con la salita di 130 gradini ha permesso di ritrovare un superbo punto di vista panoramico sul borgo e su tutta la catena alpina occidentale».

http://www.istitutosoleri.it/index.php/component/eventlist/venueevents/4-antico-palazzo-comunale


SALUZZO (villa Belvedere o Radicati)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito http://studiotoselli.testenvironment.com.au

«Nota anche come Villa Radicati, dal nome dell’ultima famiglia nobile che l’ha posseduta, i Radicati di Marmorito, la dimora sorge sull’antica strada collinare che dalla Castiglia conduceva al castello della Manta e si sviluppa, seguendo una pianta a croce, su tre piani coronati da un’ariosa loggetta. La fondazione è probabilmente molto antica, trecentesca, e doveva svolgere la funzione di avamposto di controllo, forse una torre di segnalazione, data la sua posizione di dominio sulla strada di pianura e sulla strada antica di Manta. Negli ultimi anni del quattrocento e i primi del cinquecento i marchesi si servivano della villa come casina di caccia. Secondo la tradizione, alla fine del Quattrocento Ludovico II la trasformò in una dimora nobiliare per la giovane sposa Margherita di Foix, che non riusciva ad ambientarsi nell’austera Castiglia. La villa fuori le mura piace talmente alla marchesa da divenire la sua residenza stabile dopo la morte del marito. Si presentava allora come una struttura architettonica di sobria eleganza, compatta ed isolata su una terrazza naturale, sostenuta da numerosi muri di contenimento e circondata dai terreni agricoli. Verso la metà del Cinquecento, con la caduta del Marchesato di Saluzzo, l’edifico dievnne proprietà dei Birago e assunse l’aspetto attuale. I saloni interni vennero rinnovati con grandi camini, volte ad ombrello e ali porticate. Le pareti vennero affrescate con allegorie, grottesche, scene di armigeri e battaglie. L’edificio era splendidamente contornato da un grande parco coltivato, in cui fa ancora bella mostra di sé il caratteristico pozzo, ricoperto da tegole maiolicate e colorate. I Radicati di Marmorito acquistarono la proprietà a inizio Settecento e la mantennero pressoché inalterata fino al 1977, anno in cui fu ceduta per testamento al Comune di Saluzzo, completa di arredi, dipinti, stampe e porcellane. Nel 2002 la villa è stata concessa in comodato d’uso all’Associazione Culturale Marcovaldo, che ne ha curato il restauro e la successiva valorizzazione».

http://www.saluzzoturistica.it/monumenti_scheda.php?id=1266&itin=439


San Grato (torre Cherà o dei Gossi)

Dal sito http://bagnolopiemonte.com   Dal sito http://archeocarta.org

«La "torre di San Grato", conosciuta anche come "Torre dei Gosso" (proprietari recenti delle terre su cui sorge), ma chiamata nel medioevo "Tour Querà" nella parlata provenzaleggiante locale, dove «querà» stava per «quadrata», analoga origine del termine geografico transalpina «Queyras»); a Barge, invece, quelle ora inglobate nelle cascine dette rispettivamente, in piemontese, "Panroà" e "la Tor". La torre bagnolese ha una semplice struttura quadrata, compatta e molto regolare, in grandi blocchi di pietra disposti a corsi orizzontali, tranne qualche fila di muratura "a lisca di pesce". Essa appare molto simile alla torre del castello di Bagnolo. che venne eretta nel XII secolo dai feudatari del Villar, i Di Bagnolo, una famiglia che avrebbe dovuto riconoscere (ma non sempre lo fece) come superiori feudali i signori di Luserna e sopra costoro, i Savoia. Può risalire, allora, al massimo all'inizio del XIII secolo».

http://wikimapia.org/31284871/it/Torre-dei-Gosso-o-Torre-Cher%C3%A0


Sanfrè (castello)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito http://coralesanfredese.altervista.org

«Come spesso per edifici del genere, le notizie sulle sue origini sono molto vaghe: tracce di un "castrum sigifridi" nel sec.XI, la tradizione che il castello fosse distrutto dal Barbarossa in quanto proprietà del vescovo della guelfa Asti, l'acquisto verso la fine del XIII sec. da parte della famiglia Isnardi de Castello, nobili e banchieri astigiani. Nel sec. XVI un Isnardi di Sanfrè sposò una Savoia-Racconigi, così la famiglia unì la potenza economica con la potenza politica dovuta alla parentela con i Savoia. Questo permise loro grandi lavori edili con l'aggiunta al nucleo medioevale di nuove ali residenziali e di varie pertinenze come scuderie, alloggi per i dipendenti ed edifici rustici, grandi lavori di sterro con la copertura del borgo medioevale più antico allo scopo di ricavare un grande giardino a terrazzo sulla pianura e altri grandi lavori, come ad esempio lo scavo di una grande ghiacciaia sotterranea per accumularvi neve e ghiaccio durante l'inverno e conservarvi le derrate alimentari. La torre più alta (e più antica) del castello venne presa come punto trigonometrico dal matematico piemontese del sec. XVIII G.B. Beccaria, nel suo lavoro di triangolazione volto a misurare la lunghezza del grado di meridiano alla latitudine del Piemonte. Tuttora la torre, per la sua ampia visibilità, è Punto Trigonometrico di 1° ordine nella rete dell'Istituto Geografico Militare italiano. Nel 1630, quando, mentre a Torino infuriava la peste, la duchessa di Savoia Maria Cristina, la futura Madama Reale, soggiornò per alcuni mesi al castello di Sanfrè, ospite del gran ciambellano marchese Isnardi di Caraglio. Alla fine del sec. XVIII, estinta la famiglia Isnardi, il castello passò in eredità alla famiglia portoghese De Souza dalla quale, per via femminile, discendono gli attuali proprietari. Purtroppo nel sec. XIX e soprattutto nei primi vent' anni del XX, per vari motivi, il castello subì un lento degrado e venne spogliato di tutti gli arredi originari. Tuttavia va ricordato che tra gli anni '20 e il 1960 il castello è stato noviziato delle suore Missionarie della Consolata che l'hanno adattato alle loro esigenze, per esempio trasformando in cappella l'antica scuderia. Gli attuali proprietari hanno iniziato grandi lavori di restauro, per il momento soprattutto alle coperture. La visita inizia con un giro del giardino, da cui si gode ampio panorama sulla pianura cuneese e sull'arco alpino, si valuta la grandiosità dell'edificio e vengono spiegate le varie fasi della sua costruzione; all'interno si vedono il salone dove gli Isnardi ospitavano i duchi di Savoia con alcova, stucchi e affreschi di fine ‘500 in buono stato di conservazione, e alcuni saloni al pianterreno dell'ala cinquecentesca».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=116


Sant'Albano Stura (palazzo Vallauri)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Dal sito www.visitterredeisavoia.it

«Sant’Albano Stura è unito a Trinità fino al 1412, anno in cui i due centri diventano proprietà di diversi casati. Sant’Albano è infeudato alla famiglia saviglianese dei Beggiamo e resta sotto il suo controllo per oltre tre secoli. A partire dal 2012 SSant’Albano entra a far parte del Parco Fluviale Gesso e Stura che comprende 10 comuni per una superficie di circa 4500 ha, 60 km di fiume e una popolazione di oltre 90000 abitanti, rappresentando sempre più una cerniera di collegamento tra area montana e pianura.  I lavori autostradali della Asti-Cuneo hanno portato alla luce nel territorio di Sant’Albano un complesso archeologico di straordinaria importanza. Nella frazione di Ceriolo, ai margini del terrazzo fluviale sullo Stura è stata rinvenuta la più grande necropoli longobarda in Italia, una tra le principali anche in Europa. Il ritrovamento è eccezionale anche perché più della metà delle sepolture è arricchita di corredi funerari. Gli interessanti reperti rinvenuti sono attualmente allo studio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, in attesa di essere collocati in un futuro museo a Sant’Albano.  Diversi sono gli edifici di interesse storico e architettonico. ... In fondo al paese, quasi affacciato sullo Stura, sorge il Palazzo Vallauri di impianto cinquecentesco, in cui risiedette Giancarlo, il rettore del Politecnico di Torino ... Il Palazzo Vallauri nasce probabilmente come un castrum o castello distrutto nel corso delle guerre franco-imperiali, note come Guerre Italiane. Di impianto cinquecentesco, subì rimaneggiamenti nei secoli successivi. Il Palazzo fu proprietà della famiglia Beggiami fino al 1700, poi passò ai conti Barel. Nella cappella si segnalano, ancora coperti da scialbo, numerosi affreschi di un pittore attivo nel '400 in diverse località cuneesi, chiamato Maestro di Sant'Albano Stura. Nel palazzo risiedette in diversi momenti della sua vita Giancarlo Vallauri (Roma, 1882-Torino 1957) ingegnere, matematico, ammiraglio, docente universitario e rettore del Politecnico di Torino. Pose le premesse per la nascita della prima stazione radio italiana e dell'Istituto Elettrotecnico Galileo Ferraris. Fu anche presidente dell'Eiar, del gruppo Sip, del Consiglio Nazionale delle Ricerche».

http://www.visitterredeisavoia.it/it/localita-approfondimento/?IDS=6493#gallery - ...IDR=1702


Santa Vittoria d'Alba (castello)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Dal sito www.santavittoria.org

«La denominazione del paese fa riferimento, secondo la tradizione, alla vittoria che Stilicone riportò presso la vicina Pollentia sui Visigoti nel giorno di Pasqua del 402 d.C. Poco dopo l’anno mille Santa Vittoria apparteneva al Vescovo di Asti; nel 1349 ne erano proprietari i signori di S. Vittoria, poi i Piloso e, nel 1375, il Comune di Alba. Successivamente il paese fu sottomesso ai Visconti di Milano che ne investirono il Conte Antonio Porro. Passato ai Savoia, questi, nel 1431, ne affidarono il dominio ai marchesi di Romagnano, i cui discendenti la conservarono fino all’estinzione della linea nel 1730. Conteso all’inizio del XIII secolo tra Asti e Alba per la strategica posizione e per la robusta torre della quale era già munito, il castello venne rafforzato alla fine del ‘300 quando era una roccaforte viscontea. Venne ancora ampliato nella seconda metà del ‘400 con la costruzione di buona parte dei poderosi bastioni che tuttora lo circondano, con aggiunta nel ricetto interno di varie costruzioni (compresi la cascina del castello e il relativo airale) e, nel secolo successivo, del tozzo bastione con caditoie a ponente. Nel primo quarto del ‘700 il marchese Carlo Giuseppe, ultimo dei Romagnano di S. Vittoria, lasciò andare in rovina i numerosi ambienti del castello, minati anche dalla vetustà, aggiungendovi anzi ulteriori danni utilizzando i materiali degli edifici collassati per riparare le cascine o per riempire il profondissimo pozzo che vi esisteva. Il castello fu poi assegnato ai Caissotti di Verduno; alla fine del ‘700 pervenne, per disposizione testamentaria, all’Ospedale Maggiore di S. Giovanni Battista di Torino, dal quale fu acquistato da Carlo Alberto di Savoia e, infine, venduto a privati all’inizio del ‘900. Nel 1972 venne ristrutturato per adibirlo ad albergo-ristorante. Posto su una dorsale di particolare suggestione panoramica, il Castello conserva le poderose mura, i bastioni e la possente, alta torre quadrata, del XII-XV secolo, con beccatelli. All’estremità occidentale della “villa” sorge una torre campanaria, eretta del ‘400 per controllare l’area sottostante, in quanto non visibile dalla torre del castello. La torre è ornata con cornici a dentelli in laterizio».

http://archeocarta.org/santa-vittoria-dalba-cn-castello


Santo Stefano Belbo (resti della torre)

Dal sito www.langamedievale.it   Dal sito http://langhe.net

«S. Stefano Belbo viene citato per la prima volta in un diploma di Ottone III datato al 1001 tra le località concesse al marchese Olderico Manfredi. Successivamente il centro passò sotto il controllo dei marchesi di Monferrato. Nei primi decenni del XIV secolo si assiste a un riordino residenziale e difensivo, probabilmente voluto dal comune di Asti, ormai entrato sotto il controllo angioino; negli statuti locali vengono ricordati una “villa” e un borgo “nuovo”: da questo momento in poi vennero realizzate una serie di nuove strutture, all’interno di un programma di rifondazione del centro, motivo per cui è probabile che le vecchie strutture difensive persero progressivamente importanza, andando ad assimilarsi alla difesa del borgo “nuovo”. Per quanto riguarda il burgus vetus, doveva essere presente un castello, i cui resti della torre rappresentano oggi l’unico elemento superstite. Questa struttura è situata sul colle alle spalle dell’odierno abitato, in posizione dominante. Nei documenti non si rintracciano notizie significative a proposito di questo complesso difensivo; in realtà viene menzionato per la prima volta in un atto del 1188, quando il marchese Berengario di Busca ne donò la metà al comune di Asti, che poi ne acquisì la totale proprietà verso la fine del XII secolo, mantenendola poi per tutto il secolo seguente. Le vicende successive di S. Stefano sono collegabili in buona parte a quelle del vicino centro di Cossano Belbo: l’abitato rimase sotto il controllo dei Paleologi per tutto il tardo medioevo fino alla prima età moderna. La torre doveva certamente essere parte di un più ampio complesso fortificato (è stato rinvenuto un tratto del muro di cortina), ma al momento non è possibile ipotizzare la sua reale conformazione ed estensione. Non è stato possibile tantomeno confermare la presenza della parte residenziale, il palacium castri, mai menzionato nei documenti. Attualmente la torre riversa in un precario stato di conservazione: di quella che nel XII e XIII secolo fu con ogni probabilità la torre “maestra” non rimangono ormai che dei ruderi; questi, esposti all’azione degli agenti atmosferici, rischiano di subire ulteriori danni cheprovocherebbero il definitivo collasso della struttura».

http://www.langamedievale.it/media/Torre-di-S.-Stefano-Belbo.pdf


Savigliano  (palazzo Comunale, piazza Vecchia)

Palazzo Comunale antico, dal sito www.viaggiedelizie.com   Dal sito digilander.libero.it/bottaluigi

«Considerata una delle piazze più belle del Piemonte, sorta su antiche preesistenze, si presenta con una forma irregolare ed allungata a seguito delle numerose trasformazioni e accorpamenti degli edifici. L'origine risale all'inizio del XIII secolo, quando Savigliano diventò libero comune e le famiglie nobili che vi si trasferirono si insediarono nell'area foranea, edificando case forti con una fronte sulla piazza. Anticamente i portici non esistevano, gli edifici si sviluppavano su due piani e il suolo era occupato da botteghe. A partire dal 1470, tramite un'ordinanza comunale, si diede il via ad un progressivo riordino della piazza, divenuta ormai cuore amministrativo ed economico della città. Si edificarono nuovi edifici addossati alle fronti esistenti, con un conseguente restringimento della grande area: parte delle vecchie facciate sono tuttora visibili sui muri interni delle case. Nel corso del XV secolo il Comune realizzò interventi di risanamento, regolamentazione del mercato e avanzamento delle case, con apertura dei portici e realizzazione di nuovi prospetti. Altre trasformazioni si avranno nel XVII secolo specialmente con la costruzione di logge e nei secoli XIX e XX quando si tenderà ad uniformare i fronti edilizi. Nel 1585, in occasione della visita di Carlo Emanuele I, si innalzò l'arco monumentale tuttora esistente.

Nell'angolo sud-ovest della piazza sorge l'antico Palazzo Comunale costruito nel XIII secolo a ridosso della cinta muraria. L'edificio comprendeva in origine un atrio con una sala al piano terreno, una grande sala consiliare al primo piano e una torre. Nel 1484 le aule furono voltate in muratura, nel 1489 si chiuse l'aula inferiore con la muratura di tamponamento verso l'esterno e si aggiunse il balcone verso la piazza, rifatto poi nel 1873. Nel 1929 il palazzo fu destinato a sede dalla Pretura e delle carceri mandamentali, che vi rimasero fino al 1976. Negli ultimi anni, a seguito di alcuni importanti interventi di restauro che ne hanno consentito il recupero architettonico, l'edificio è stato adibito a centro informazioni turistiche e sala polivalente ed è in parte occupato da appartamenti d'abitazione. Di grande interesse sono, fra le case che si affacciano sulla piazza, al numero civico 52 la Casa Pasero, risalente alla seconda metà del secolo XV, con caratteristiche colonne marmoree e ricco soffitto ligneo e la casa al numero civico 63, improntata a modelli architettonici astigiani, con eleganti finestre dalle cornici in chiara pietra arenaria e rosso cotto. Lateralmente alla piazza, vicino all'antico palazzo municipale, sul luogo dove sorgeva anticamente una cappella ottagonale, si trova il monumento alla memoria del conte Santorre di Santa Rosa, patriota, eroe dei moti risorgimentali del 1821. Il monumento, fatto erigere per volontà dell'Amministrazione Comunale che ne affidò la realizzazione allo scultore Giuseppe Luchetti Rossi, attivo a Roma, fu terminato nel marzo 1869 e inaugurato il 22 agosto 1869. Dieci anni più tardi la piazza fu intitolata a Santorre di Santa Rosa. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso l'area è stata oggetto di importanti interventi di recupero architettonico degli edifici e resa pedonale».

http://www.comune.savigliano.cn.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16540&idCat=16657&ID=19221


Savigliano  (palazzo Muratori Cravetta)

Dal sito www.westitaly.net   Dal sito www.viaggiedelizie.com

«Palazzo Muratori Cravetta sorge lungo "Contrada Jerusalem" un tempo nota come la Contrada dipinta, per le numerose facciate affrescate, che facevano da sfondo alle processioni tra la Collegiata di S. Andrea e la Chiesa di San Domenico. La dimora attuale ha origine dall'accorpamento di tre proprietà nobiliari: quella dei Corvo, dei Tapparelli e dei Muratori. Qui soggiornarono personaggi illustri come il Re di Francia Francesco I nel 1515 e l'Imperatore Carlo V nel 1536. La trasformazione dell'edificio nella forma attuale fu intrapresa da Giovanni Francesco I Cravetta, Primo Presidente del Senato ducale, e conclusa dal nipote Giovanni Francesco II. Di grande impatto è il cortile d'onore, eccezionale esempio di architettura tardo-rinascimentale piemontese. Qui pittura, scultura ed architettura si fondono armoniosamente, nella creazione di uno spazio di gusto classico, al genio ed alla mano di Ercole Negri di Sanfront, arricchito dagli affreschi di Francesco e Costanzo Arbaudi (1624 circa), dagli stucchi di Bartolomeo Rusca (noto per la sua opera alla Certosa di Pesio) e dai 12 busti nelle nicchie raffiguranti principi e principesse sabaude. I lavori di costruzione si suppone siano stati ultimati intorno al 1620, anno in cui Vittorio Amedeo I sceglieva il Palazzo quale sua dimora. Per il cantiere decorativo si fa riferimento all'arco temporale 1606-1624. La facciata manierista su via Jerusalem presentava la serie dei mesi dell'anno intercalati da busti e statue dipinte. A completamento dell'opera fu realizzato un piccolo giardino all'italiana, luogo ideale per i ricevimenti, ma anche utilizzato come teatro privato, che sfruttava la splendida scenografia della facciata principale che ricalca lo schema degli archi trionfali, ingentilito dall'attico dipinto a figure. Nel 1630 in una stanza al piano terra morì il Duca Carlo Emanuele I, assistito dal suddito e confidente Alessandro III Cravetta: tale camera, tuttora visitabile, sorprende in particolare per il superbo soffitto a cassettoni, decorato con circa 160 formelle lignee dipinte con stemmi di famiglie nobili e personaggi, animali, scene di vita comune di gusto tardo medievale (anni Settanta del XV secolo). Nell'anno 2006, nell'ambito del progetto Interreg Alcotra "Jardins des Alpes", è stato portato a termine il recupero del giardino storico, con un disegno che trae spunto dal periodo rinascimentale-manieristico. Si sono adottati come modelli teorici esperti come Claude Mollet e il figlio André. Proprio fra le tavole incise al Théâtre des plans et jardinages (1652) si è individuata la tavola numero 16 di impianto rettangolare sulla quale si è indirizzato il progetto. Il parterre è realizzato in bosso (Buxus sempervirens) con al centro della Santolina (Santolina chamaecyparissus). Il tutto delimitato a margine da zone di prato di forma rettangolare. Le pareti su Contrada delle Beccherie e sul lato est sono costituite da palissades di Carpino bianco (Carpinus betulus) per mascherare i fronti di minor pregio. Nel 2010 hanno preso il via i lavori di recupero architettonico e di restauro dell'edificio».

http://www.comune.savigliano.cn.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16540&idCat=16657&ID=19228


Savigliano (palazzo Taffini d'Acceglio)

Dal sito www.viaggiedelizie.com   Dal sito www.castelliaperti.it

«Palazzo Taffini sorge quasi al termine di Via S. Andrea, nell’antico quartiere dei nobili lungo l’asse urbanistico della Contrada Maestra, quasi di fronte alla chiesa di S. Andrea. Il palazzo è costituito da due corpi di fabbrica che si affacciano in parte su Via S. Andrea e in parte su Via Jerusalem; l’imponenza e la sobria eleganza della facciata lungo la quale si aprono imponenti portici è interrotta da pilastri in bugnato che sostengono un massiccio portone ligneo, ingresso principale all’edificio. La famiglia Taffini, dinastia di militari che seppe accumulare una grandiosa fortuna prestando servizio e denaro ai Duchi di Savoia, ottenne cittadinanza saviglianese dal 1590. Per consolidare tale prestigio, era indispensabile possedere una sede di rappresentanza adeguata al nome della famiglia. È così che dall’inizio del Seicento per circa un ventennio Camillo Taffini intraprese l’acquisto di vari lotti di terreno su cui sorgerà il palazzo, pensando fin da subito a Ercole Negri di Sanfront, architetto ducale, come progettista. Sarà il figlio Giusto a proseguire i lavori e portare a termine il cantiere decorativo affidando a maestranze saviglianesi l’arduo compito di realizzare l’imponente ciclo di affreschi dedicati a Vittorio Amedeo I che ancora oggi rendono famoso l’edificio. Oltrepassato il portale ligneo sotto la via porticata si entra nel silenzio dei palazzi rinascimentali. Oltrepassato l’androne, si apre un’ampia corte d’onore, chiusa su due lati dalle ali del palazzo, oggi resa giardino ma in realtà con funzione di cortile di servizio per il passaggio e la manovra delle carrozze. L’organizzazione del palazzo segue il modello del tipico palazzo aristocratico piemontese del XVII secolo, contraddistinto dall’articolazione degli ambienti androne-scalone d’onore-galleria-salone d’onore. ... Estintosi il casato nel 1897, l’anno successivo l’immobile venne acquistato dal Regio Istituto delle Rosine che vi tenne a lungo un educandato per fanciulle povere ed un asilo infantile modificando senza troppi riguardi parte degli ambienti. Dal 1976 è di proprietà della Banca Cassa di Risparmio di Savigliano che lo utilizza come sede di rappresentanza e ha provveduto ai dovuti recuperi e restauri».

http://www.entemanifestazioni.com/vieni.aspx?id=6


Savigliano (torre civica)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito www.entemanifestazioni.com

«La torre civica risale al XIII secolo anche se la tradizione la vuole edificata ben prima, sui resti di un tempio dedicato a Cerere. I Nobili d’Ospizio, una della fazioni di parte guelfa della Savigliano medioevale, innalzarono questa costruzione per difendersi; all’inizio del Trecento la municipalità affidò la torre agli astigiani fondatori del Monte dei Pegni perché ne facessero la sede della prima banca della città. La presenza di una banca a Savigliano in epoca così antica è testimonianza del prestigio della città e delle attività commerciali che già allora vi si svolgevano. Le prime notizie in merito alla presenza di un orologio risalgono al 1387. Nel 1447 in Comune si riappropriò della torre e nel 1535 ne costruì la parte superiore a sostituzione di una guglia; nello stesso anno venne fusa la campana maggiore ed inserita nella torre. La campana della torre svolgeva funzioni civili e non religiose; i suoi rintocchi, regolamentati secondo noto protocollo, scandivano i momenti di processi, esecuzioni, torture e impiccagioni. Nel 1612, per motivi di manutenzione, orologio e campana precipitarono sulla casa adiacente e furono ricostruiti da parte di Ercole Biga. L’ingresso dei duchi sabaudi nel 1643 fu origine di grandi festeggiamenti e virtuosismi pirotecnici ma anche causa di un pauroso incendio che sconvolse la torre abbattendo la cella campanaria. In seguito non si apportarono più modifiche e restauri al complesso fino ad anni relativamente recenti, con la trasformazione dell’edificio prima in sede dell’ufficio I.A.T., e poi come locale per le esposizioni temporanee».

http://www.entemanifestazioni.com/vieni.aspx?id=18


Scagnello (ruderi del castello)

Dal sito www.culturaterritorio.org   Dal sito www.culturaterritorio.org   Dal sito www.fungoceva.it

«Località Torre Scagnello. Descrizione: il complesso è assai simile al castello di Battifollo, per la pianta, la torre e le tecniche costruttive adottate perlomeno nella fase principale. Più giri di mura lungo le pendici di un poggio delimitano ampi terrazzamenti; sulla sommità si erge il castello vero e proprio, comprendente un edificio residenziale e una torre: di quest’ultima resta in elevato solo un lato, ma esso s’innalza quasi per l’intera altezza originaria (20 m circa). L’interno degli ambienti non è accessibile per la presenza di grossi accumuli di materiale, strutture non in sicurezza e copertura di piante infestanti. La visita tuttavia è molto piacevole, i terrazzamenti ben mantenuti ed il panorama spettacolare: ci si può rendere conto personalmente della posizione strategicamente privilegiata del sito – sul crinale tra la Val tanaro e la Valle Mongia – che poteva essere in contatto visivo con il castello di Battifollo verso la Valle Tanaro, con il castello di Viola verso S, con la torre di Castelnuovo di Ceva verso N, dominando inoltre verso W la Valle Mongia fin oltre Mondovì. Nell’area compresa tra Nucetto, Bagnasco e Scagnello passava il percorso che collegava la valle del Tanaro con quella del Mongia: questa zona di comunicazione costituiva uno dei numerosi percorsi secondari che permettevano, probabilmente già in età romana se non anteriore, la comunicazione del Monregalese con il mare senza passare per l’area di Ceva ...».

http://www.culturaterritorio.org/Download/CTAVT_Schede_Turistiche/Scagnello.pdf


Scaletta Uzzone (castello)

Foto di Walter Carlini, dal sito http://mapio.net   Dal sito www.comune.castelletto-uzzone.cn.it   Foto di Walter Carlini, dal sito http://mapio.net

«Non è dato sapere chi fece costruire il castello, risalente al XII secolo ed allora conosciuto con il nome “Turre de Uzone”. è citato nel 1209 tra i beni dei marchesi di Saluzzo succeduti a Ottone del Carretto e al vescovo di Asti. Nel secolo XVI era dei Visconti, che con Gian Galeazzo lo diedero in dote a Valentina (moglie del duca di Turenna, fratello del re di Francia). Verso a fine del secolo passava agli Scarampi.  Quando nel 1532 l’imperatore Carlo V lo donò a Carlo II di Savoia, il castello era già gravemente danneggiato a seguito delle lotte tra Francia e Spagna. è una piccola costruzione, attualmente in condizioni fatiscenti ridotta all’uso di casa colonica, a pianta quadrangolare e dai caratteri costruttivi di sapore rinascimentale. Torretta con archi murati».

http://www.comune.castelletto-uzzone.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/29836/Default.aspx?IDPagina=11389&IDCat=1681


Scarnafigi (castello)

Dal sito www.comune.scarnafigi.cn.it   Dal sito www.comune.scarnafigi.cn.it

«Sul primo castello che venne eretto a Scarnafigi le notizie non sono molto copiose, ma comunque sufficenti da trarne alcuni interessanti ragguagli. Sull'esistenza del primo castello, si sa con certezza che esisteva fin dal 1184, la notizia è ben descritta da E. Dao in Storia di Scarnafigi dal 989 al 1508: "...infatti, l'atto con cui, il 29 settembre di quell'anno (1184), Villano del fu Ebone dona all'abazia di Staffarda un censo dovutogli per otto giornate sul terreno di Scarnafigi, è redatto - in Scarnafixio, iuxta castellum - Il castello costituisce, lungo i secoli, un punto di riferimento costante per la vita interna ed esterna del paese. I marchesi di Busca ebbero la signoria su Scarnafigi fin dal 1214; allorché, il 22 luglio 1214, Giacomo e Aicardo delle Frecce e Giuliano di Scarnafigi vendono all'abazia di Staffarda sei giornate di terreno sul territorio di Scarnafigi, vi compare per il passaggio di proprietà e relativa investitura, assieme ad Amedeo Vercio e Guglielmo e ai suoi feudatari Pietro Viglione e Giacomo Bianco, il marchese di Busca Guglielmo". Gli anni che seguirono furono un susseguirsi di passaggi di proprietà e quindi di guerre tra il marchese di Saluzzo e il marchese di Busca. Il castello venne più volte gravemente danneggiato, fino a cadere in completa rovina. L'attuale castello venne costruito nel 1641 sulle rovine del precedente, da Alessandro Ponte, antica e nobile famiglia di Scarnafigi. Nella nuova costruzione vennero riciclati molti mattoni provenienti da diverse case del paese, ormai prive di padroni per la peste del 1630. Il Ponte, finita la costruzione, volle che il castello fosse completamente intonacato, ma la sua morte, avvenuta nel 1656, gli precluse tale intento. Infatti il castello presenta solamente una parte intonacata. Subì qualche rovina nel 1793, quando venne occupato e saccheggiato dalle truppe napoleoniche. Il Castello di Scarnafigi è da considerarsi come una delle più interessanti opere architettoniche del 1600; imponente la facciata, sobrio l'interno con il loggiato e, il porticato costruito a colonne binate ad ampia struttura».

http://web.tiscali.it/lapiazzanew/articoli/castelli/scarnafigi.htm


Serralunga d'Alba (castello)

a c. di Glenda Bollone e Federica Sesia

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Langhe Slow Tour (https://www.facebook.com/Langhe-Slow-Tour-317015368477536/)   Foto di Langhe Slow Tour (https://www.facebook.com/Langhe-Slow-Tour-317015368477536/)   Foto di Langhe Slow Tour (https://www.facebook.com/Langhe-Slow-Tour-317015368477536/)


Sinio (castello Del Carretto)

Dal sito www.tripadvisor.ie   Dal sito www.booking.com   Dal sito www.hotelcastellodisinio.com

«Il “castello” ovvero la casaforte quattrocentesca all’apice del concentrico. L’imponente costruzione venne fatta erigere, in sostituzione del maniero medioevale, dal marchese Franceschino del Carretto dopo il 1448, realizzando così un munito palazzo tardo-gotico a cui faceva da elemento svettante il preesistente torrione quadrangolare, purtroppo abbattuto più di un secolo fa, dopo la vendita da parte degli ultimi conti Vassallo di Castiglione, per adibirlo ad abitazione rurale. La facciata verso piazza Marconi è contraddistinta da pregevoli finestre bifore, dal grande arco ogivale d’ingresso, da un decorativo marcapiano in laterizio, da aperture monofore e da un dipinto. L’affresco, recentemente restaurato, ove sono raffigurati Sant’Antonio Abate e San Sebastiano con al centro la Madonna col Bambino, sovrasta il ricercato portale con lo stemma dei Del Carretto. L’autore della pittura non è noto, però l’ambiente figurativo a cui è riconducibile è la cosiddetta “Scuola del monregalese” di affreschisti attivi nel Quattrocento. Soprattutto dopo il 1897, la casaforte ha subito notevoli trasformazioni, ma ha mantenuto nel prospetto principale e nell’insieme volumetrico i caratteri distintivi della dimora signorile. Dal 1975 il muro esterno esibisce un altorilievo del celebre scultore Umberto Mastroianni che l’ha donato a Sinio, nel trentennale della Resistenza (1975). Sono terminati i lavori di restauro dell’edificio, condotti nel rispetto dell’originario impianto architettonico, che rendono il castello sede di una importante struttura turistico-ricettiva».

http://www.icastelli.it/castle-1238492041-castello_di_sinio-it.php


Sommariva del Bosco (castello dei Seyssel d'Aix)

Dal sito www.comune.sommarivadelbosco.cn.it   Dal sito www.comune.sommarivadelbosco.cn.it   Foto di Alessandro Collet, dal sito www.panoramio.com

  

«L’imponente fortificazione del castello dei Seyssel d'Aix sovrasta l’abitato. Il complesso è per metà costituito dall’edificio originario, che risale forse a prima del Mille ed era senz’altro già edificato nel 1098: questa caratteristica ne fa uno degli edifici più antichi e meglio conservati di tutto il Roero. La parte occidentale del complesso, che si affaccia sulla pianura, è una grande ala settecentesca con le caratteristiche di una villa o residenza nobiliare, mentre dell’antica struttura a piazzaforte circolare con le sue nove torri rimane il lato nord (visibile dalla salita di via Carlo Alberto, detta del "podio”, che dal Comune sale verso il quartiere alto e più antico dell’abitato): ne fanno parte tre massicce torri duecentesche cilindriche e il grande torrione ottagonale che sorge nel cortile interno incorniciato da uno splendido loggiato del Benedetto Alfieri. Teatro di assedi e battaglie epiche, di tradimenti e giuramenti, di torture ed esecuzioni, il castello fu da sempre al centro delle mire espansionistiche delle famiglie nobiliari locali per la sua unica posizione strategica: degli Acaja, dei Roero e dei Savoia, i quali lo cedettero nel 1733 ai Seyssel d’Aix, attuali possessori e abitanti del bene architettonico. Sotto le radici degli alberi del parco secolare che oggi circonda il castello, si trovano le rovine del nucleo più antico del borgo, progressivamente demolito nella storia per arrangiamenti di tipo strategico. Oggi viuzze ed edifici del borgo disposti ad anfiteatro circondano la collina, seguendo uno stile architettonico sobrio e tipicamente rurale».

http://www.comune.sommarivadelbosco.cn.it/archivio/pagine/Il_Castello_dei_Seyssel_d_Aix_8206_.asp


Sommariva Perno (arco di Vittorio Emanuele II)

Foto di pieris, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.comune.sommarivaperno.cn.it

«Posto all'inizio della salita di Via Vittorio Emanuele provenendo da sud-est, è la porta che immette nel centro storico. Nei pressi, con ogni probabilità, sorgeva anticamente la porta inferiore o sottana, che immetteva nel "ricetto" del borgo. La costruzione, merlata e di chiara derivazione neogotica, testimonia della "grande storia" che ha interessato Sommariva Perno nell'800. Riporta infatti la lapide con la quale i Sommarivesi vollero ringraziare, nel 1888, Vittorio Emanuele II, il "Re galantuomo", che, partendo da quest'angolo del Roero per la Terza Guerra di Indipendenza, avrebbe esclamato "Qui farò ritorno quando avrò reso l'Italia indipendente ed una"».

http://www.comune.sommarivaperno.cn.it/archivio/pagine/Castello_e_dintorni.html


Sommariva Perno (castello di Mirafiori)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Foto di Georgius LXXXIX, dal sito it.wikipedia.org

«Si erge sulla sommità del paese, circondato dal profumo dei cespi di capperi che costituiscono una diffusa originalità botanica della zona. Citato già nel 1153, quando papa Eugenio III lo infeudò ai potenti "domini de Summaripa", fu per lungo tempo possesso degli Isnardi e poi di Conreno Roero, perdendo gradualmente il carattere di casaforte e assumendo quello di residenza signorile. Ristrutturato e ingrandito dai Carron di San Tommaso, pervenne nel 1857 a Re Vittorio Emanuele II, che lo trasformò in residenza di caccia e dimora della moglie morganatica Rosa Vercellana, contessa di Mirafiori, popolarmente conosciuta come la Bela Rosin. All'interno si trovano sale con trofei di caccia, bandiere e cimeli ottocenteschi, del Re e del ministro Cavour. Circondano il castello terrazze bastionate e un vasto parco. Attualmente è di proprietà dei marchesi Gromis di Trana, discendenti della Contessa di Mirafiori, e non è aperto al pubblico».

http://www.visitterredeisavoia.it/it/guida/?IDR=755


Suniglia (castello)

Dal sito http://s.sbito.it   Dal sito www.gens.labo.net

«Il primitivo Castello di Suniglia, eretto sul sito di una strada romana, fu distrutto dalla fazione guelfa nelle contese del XIV secolo e ricostruito dalla famiglia Galateri di Genola e di Suniglia. La facciata fu realizzata dall’architetto ducale Ercole Negro di Sanfront, saviglianese e parente dei Galateri, alla fine del XVI secolo. Bella la cappella barocca. Ulteriori interventi furono compiuti a fine Ottocento ad opera di Annibale Galateri e della moglie Emilia Rossi, con l’aggiunta di corpi esterni ed edifici rustici, tra cui le scuderie. Residenza privata, oggi proprietà Rossi di Montelera».

http://www.visitterredeisavoia.it/it/guida/?IDR=829


Valcasotto (castello reale di Casotto)

Dal http://icvillanovamondovi.scuole.piemonte.it/   Dal www.borghisostenibili.it   Dal www.garessio.net

«Come altri castelli piemontesi anche quello di Casotto ebbe un'origine non militare. Agli inizi fu infatti una Certosa, la prima in Italia. Venne fondata nel secolo XI, forse dallo stesso San Bruno che veniva dalla Grande Chartreuse presso Grenoble per andare a Roma. Solo nel 1800, dopo le spoliazioni napoleoniche, fu acquistata dai Savoia e trasformata in castello di caccia. Una serie di recenti campagne di scavo condotte dall'Università di Torino ha riportato alla luce le fondamenta dell'originaria Certosa e di un successivo ampliamento quattrocentesco. Fra gli eremiti che costituirono il nucleo originario dei certosini che in principio vivevano in piccole capanne (otto in tutto, da cui forse "case-otto" cioè Casotto) ci fu il beato garessino Guglielmo Fenoglio. Nel 1858 la principessa Clotilde vi ricevette la notizia che doveva andare in sposa a Gerolamo Bonaparte, detto "Plon Plon", il cugino di Napoleone III: fu un matrimonio dettato dalla ragion di Stato e voluto da Cavour per ottenere l'alleanza con la Francia nella seconda guerra d'indipendenza. Il castello di Casotto, che fu tra i preferiti del Re Vittorio Emanuele II per le battute di caccia, attualmente è di proprietà della Regione Piemonte che ne curerà il restauro e la ristrutturazione architettonica. ...» - «L’antica certosa, fondata nel XII secolo nell’alta Val di Tanaro, in un luogo isolato adatto alla preghiera e alla meditazione, era composta da due nuclei (superiore, con chiesa e foresteria; inferiore, o correria, con grange ed edifici di servizio); in seguito a una serie di incendi e interventi di ricostruzione la chiesa principale viene infine trasformata a opera dell'architetto Bernardo Vittone, che progetta la grande cupola e la facciata in pietra verde. La soppressione degli ordini religiosi in epoca napoleonica porta alla dismissione della proprietà ecclesiastica, acquistata dal re Carlo Alberto nel 1837, con lo scopo di trasformarla in castello di caccia e residenza estiva. L'intervento dell'architetto Carlo Sada sulla chiesa certosina, destinata a cappella reale, ridisegnata secondo una pianta centrale, cancella ogni traccia dell’apparato decorativo di epoca vittoniana. Utilizzato come riserva venatoria soprattutto da Vittorio Emanuele II, il castello di Valcasotto contrappone all’originaria monumentalità degli esterni e della chiesa il rigore e la semplicità degli interni, arredati in modo sobrio, con un gusto quasi borghese, che sottolinea l'uso privato degli appartamenti. L'edificio, oggi in fase di restauro, fa parte di un comprensorio turistico che collega le valli di Pamparato e Mondovì alle stazioni termali di Lurisia e di Vinadi».

http://www.comune.garessio.cn.it/ComSchedaTem.asp?Id=17706 - http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati...


Verduno (castello di Carlo Alberto di Savoia)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Dal sito www.facebook.com/CastelloDiVerduno

«Il castello di Verduno risale ai primi anni del Cinquecento. Nel 1737 fu acquistato da Carlo Luigi Caissotti, che due anni dopo ottenne il titolo di Marchese di Verduno e a Filippo Juvarra l’incarico di trasformarlo in dimora signorile. Ceduto poi agli ospedali San Giovanni e di Carità di Torino, fu acquistato nel 1838 da Carlo Alberto. Nelle tenute reali di Verduno vi erano complessivamente 57 giornate piemontesi di vigna. L'enologo del re, il generale Francesco Paolo Staglieno (che aveva una brillante carriera militare alle spalle) prese dimora a Verduno ed attuò nelle vigne e nelle cantine reali alcune delle più importanti sperimentazioni nel campo della coltivazione dei vigneti di nebbiolo per la trasformazione in Barolo. Una sua lettera del 1841, spedita all'Intendente Generale del regno, lo fa ritenere il primo enologo che abbia codificato l'invecchiamento del nobile Nebbiolo.  Nel 1909 il castello fu ceduto dai Savoia alla famiglia Burlotto, che ne ha ricavato un albergo, un ristorante e le rinomate cantine. Nuto Revelli era solito villeggiare in questa struttura, nella quale riceveva amici e raccontava storie all’ombra della grande quercia, alternando le dissertazioni sulla guerra e sulla politica alle canzoni delle gemelle Nete».

http://www.visitterredeisavoia.it/it/guida/?IDR=757


Vernante (resti del castello dei Conti di Lascaris)

Dal video www.youtube.com/watch?v=3cTz2cIxXY8   Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.comune.vernante.cn.it

«La "Tourusela", il Castello medievale di Vernante, fu costruito tra il 1275 ed il 1280 dal Conte Pietro Balbo di Tenda con funzioni di controllo sulla strada Colle di Tenda e di riscossione di imposte. Fu rifugio di masnadieri che infestarono a lungo la valle. [Il castello fu distrutto nel 1557, nel corso dell'assedio di Cuneo ad opera dei francesi, in uno degli ultimi episodi delle Guerre italiane tra gli Asburgo ed i Valois.] Gli ultimi proprietari del Castello prima del dominio dei Savoia sulla Valle, furono i Conti di Lascaris di Tenda sotto il cui nome viene ancor oggi ricordato. Abbandonato dai Savoia, ora è di proprietà del Comune; a circa 600 m. dal concentrico, è facilmente raggiungibile attraverso una strada panoramica; attualmente rimangono imponenti resti: la torre esagonale e le mura circostanti da cui è possibile ammirare uno splendido panorama del paese e delle montagne che lo circondano».

http://www.comune.vernante.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/16029/Default.aspx?IDPagina=6544


Verzuolo (castello dei marchesi di Saluzzo)

Dal sito www.muntanpe.altervista.org   Dal sito www.targatocn.it

«Il nucleo originario dell’attuale castello venne fatto costruire nel 1377 dal marchese Federico II sulle rovine del primitivo castello dell’XI secolo. I successori di questo marchese ingrandirono la costruzione e la resero la più solida roccaforte del Marchesato. Di forma quadrata, rinforzato agli angoli da quattro torri, di cui due quadrate e due rotonde, era circondato da fossati; le mura erano guarnite di merli ghibellini e un ponte levatoio isolava la fortezza principale dal cortile esterno. La stagione bellicosa del maniero si esaurì nel XV e fu trasformato in palazzo di villeggiatura, inaugurando la sua stagione più sontuosa che durò fino alla metà dell’Ottocento. La costruzione fu ristrutturata, il parco abbellito e ingrandito. Le severe stanze dell’antica fortezza furono trasformate in sale e saloni riccamente arredati e decorati e furono costruite due cappelle gentilizie sovrapposte nella torre di Valfrigida. All’inizio del XX secolo fu spogliato di tutti gli arredi, dei camini e addirittura della ricca fontana e l’assenza di adeguate opere di manutenzione ne fanno ora un edificio fatiscente ed abbandonato. Nel 1528 tenne prigioniero Giovanni Lodovico (fratello di Michele Antonio, marchese di Saluzzo), chierico e abate di Staffarda e Villar San Costanzo. Nel 1600 il castello venne nuovamente ristrutturato ed abbellito. In quest' ultima ristrutturazione perse quell' aspetto bellicoso per cui era stato costruito, divenendo luogo saltuario di svago e di riposo. I lavori furono svolti per volontà di Silvestro della Manta, abate di Altacomba ed ambasciatore ordinario del duca di Savoia in Francia e a Venezia. In questa ristrutturazione vennero abbattute alcune importanti strutture del sottotetto, contro la volontà degli architetti del tempo, probabilmente una delle cause del nefasto crollo avvenuta nel 1916.

Molte furono le persone illustri ospiti nel nostro Castello: nel 1606, l'11 di settembre, il duca Carlo Emanuele I di Savoia; il 29 maggio del 1798 Giovanni Battista Bodoni; nell'autunno del 1831, la regina Maria Teresa vedova del re Vittorio Emanuele I, con la figlia Maria Cristina. Il 15 settembre 1885, il Castello accolse i membri del terzo congresso storico italiano. Il 10 maggio del 1888, fu la volta dei soci del circolo degli artisti di Torino. Poi...avvenne il disastro. All'alba del 18 giugno 1916, una delle due torri quadrate per metà crollò e con essa buona parte dell'antico archivio del castello, molti documenti vennero distrutti. In questa torre erano custodite oltre sedicimila lettere riguardanti la storia del Piemonte e della Francia dal 1500 al 1800, migliaia di libri e suppellettili di elevato valore storico. Nel 1938 venne demolita la rimanente torre quadrata (detta dell'orologio), la torre del Belvedere e tutta l'ala, cioè sparì tutta la facciata più bella del Castello. Il primo crollo del 1916 non fu considerato una sorpresa: già dal secolo precedente vi erano stati dei cedimenti che non presagivano nulla di buono. Così scriveva nel 1898 Giovanni Lobetti Bodoni di Saluzzo: "...per il deterioramento che lo edifizio subì in alcune sue parti, le visite non sono più concesse con la passata facilità; il che può dispiacere come ostacolo alla cultura artistica, ma ancora per la paura che il prezioso monumento sia avviato alla sua rovina; onde non si può non augurare che col beneplacito degli egregi proprietari esso sia acquistato dallo Stato e siano da questo apportate all'edifizio, nel quale si potrebbe, così ammirare ancora per lunghi anni uno dei più caratteristici modelli delle grandi rocche medioevali"».

http://www.comune.verzuolo.cn.it/archivio/pagine/Il_Borgo_medievale.asp


Verzuolo (resti del ricetto, porta Capala)

Porta Capala, dal sito www.ebay.it   Porta Capala, foto di Lea Antonioletti, dal sito www.comune.verzuolo.cn.it

«L’antico borgo della Villa si sviluppò soprattutto tra il XIV e il XV secolo in concomitanza con lo sviluppo economico e culturale del Marchesato di Saluzzo. L’ingresso era segnato fino al 1990 – anno in cui venne distrutta – da una caratteristica porta di accesso, chiamata Porta Capala, anticamente costituita da due corpi paralleli con apertura ad arco e sovrastante camminamento abbellito da due ordini di merli ghibellini, la cui prima menzione documentale risale al 1447. Sono rimaste nel borgo numerose tracce di elementi medievali: una bella cimasa e fregio in cotto marcapiano a motivi floreali e a dentelli della fine del XV secolo; una casa dalla tipica struttura gotica e altri scorci o elementi architettonici particolari che si innestano su strutture di epoche successive. L’antica casa Comunale presenta in facciata un affresco raffigurante la “Pietà”, datato 1422 e inserito in un altare barocco. Il ricetto è la zona dove nel XI si insediò il primo nucleo abitativo ai piedi di una rocca fortificata, di cui ora rimangono parte delle mura, una porta di ingresso centinata e l’antica parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo».

http://archeocarta.org/verzuolo-cn-resti-del-ricetto-e-castello/


Villa (ruderi del castello degli Aleramo)

Dal sito http://flickr.com   Dal sito vww.fungoceva.it

«Il castello si erge sulla sommità di un poggio, condivisa con la chiesa intitolata ai SS. Cosma e Damiano. Le strutture superstiti sono notevoli, essendosi conservate in misura consistente grazie alla continuità abitativa fino alla fine del Settecento, e rendono la visita a questo sito assai interessante e suggestiva: è infatti possibile accedere anche all’interno del corpo di fabbrica principale e passeggiarvi. Le strutture del castello si ergono su un terrapieno conformato a pianta all’incirca triangolare sviluppata in senso E-O, mentre l’edifico ecclesiastico sorge a SE di queste. All’interno della cinta muraria, le strutture principali del castello e l’annessa alta torre quadrangolare sono realizzate in corrispondenza del lato occidentale. Visitandole, si possono inoltre apprezzare chiaramente alcune delle diverse fasi costruttive attraversate e delle numerose modifiche che il corpo principale dovette subire nei secoli: passaggi e finestre sono chiaramente realizzate con stili diversi, le aperture sono poi talvolta tamponate o al contrari o realizzate o modificate in un secondo momento. Una prima sommaria analisi della stratigrafia muraria ha fatto inoltre osservare il probabile cambiamento d’uso di alcuni ambienti. Gli ordini successivi di aperture e di condotte fumarie relative a caminetti portano a ricostruire per l’edificio residenziale l’esistenza di tre piani oltre a quello terreno, almeno nella fase finale. Presso l’angolo NO del corpo principale si erge una torre a pianta quadrangolare realizzata con paramento in mattoni, che si conserva pressoché per intero. Il toponimo Nocetum o Noscetum è attestato già dalla metà del X secolo, nel diploma di Otone I che lo annovera fra le curtes assegnate ad Aleramo per i servigi prestati: l’espansione dell’insediamento e l’erezione del castello sono però da collocarsi nel secolo successivo, verosimilmente in relazione allo sviluppo dei transiti commerciali tra Liguria e Piemonte lungo il percorso passante per Bagnasco.

Le prime attestazioni documentarie di un castrum Noxeti risalgono al XII-XIII secolo. Nel corso del Medioevo, oltre al borgo sorto intorno al castello, si sviluppano il borgo del Piano (località Roata) e numerosi ulteriori nuclei abitativi. Il territorio di Nocetum con l’espansione aleramica nella valle Tanaro viene incluso nel marchesato di Ceva verso la metà del XII secolo. Nel XIII secolo, in conseguenza delle divisioni ereditarie, prende avvio un ramo locale dei signori di Ceva, i Ceva-Nucetto. Verso la fine del medesimo secolo, tuttavia, nell’ambito delle lotte che coinvolsero le famigli e marchionali della zona, il castello risulta fra i possedimenti ceduti ad Asti in cambio di aiuti militari, sebbene già nel 1295 la città vincitrice reintegrò i possessi agli stessi marchesi di Ceva nel 1295. Nel corso del XV secolo, a seguito della crisi finanziaria dei marchesi di Ceva, il feudo fu ripetutamente oggetto di vendita e di pegno per far fronte alle spese militari dei marchesi per sostenere la propria espansione, finendo per essere spartito fra più signori. Ciò, come si può immaginare, causò numerosi problemi giurisdizionali e contenziosi fiscali, che ebbero inevitabilmente ripercussioni negative sulla vita della comunità. Oltre alle dispute fra autorità laiche, il territorio di Nucetto fu oggetto di tensioni anche sotto il profilo ecclesiastico: la chiesa dei SS Cosma e Damiano, attigua al castello, risulta la più antica del luogo; essa, sorta probabilmente per volere dei signori, rimase a lungo legata al potere signorile, insieme alla parrocchia stessa (S. Maria Maddalena nel quartiere del Piano). D’altra parte, la popolazione dimostrò sempre maggiore affezione alle numerose cappelle rurali sorte nel territorio, alcune delle quali gestite direttamente dalla confraternita dei Disciplinati.

La dispersione dell’insediamento sul territorio, la presenza di più nuclei (tra cui spiccano il villaggio intorno al castello e l’insediamento di Villa, intorno alla chiesa dei SS Cosma e Damiano) e l’incapacità di affermarsi dell’autorità parrocchiale di fronte al maggiore attaccamento dimostrato dalla religiosità popolare per le cappelle campestri sono tutti segni del perdurare delle tensioni fra comunità e potere. A partire dal Tardo Medioevo il castello perse le sue caratteristiche di struttura difensiva, per essere sviluppato in senso maggiormente residenziale; nel XVI secolo fu poi donato a Beatrice del Portogallo, che lo portò in dote (con tutto l’Astigiano) al marito Carlo III di Savoia. Esso fu comunque caratterizzato da continuità abitativa, fino a quando seguì la medesima sorte di molte fortificazioni della zona e fu smantellato in epoca napoleonica. Accessibilità:tratto carrozzabile. Dalla SS28, nel comune di Nucetto svoltare seguendo le indicazioni per il castello: si percorre così la via san Bernardo, che conduce ai piedi del castello.Tratto pedestre. Parcheggiare lungo la strada, ove possibile, e proseguire a piedi per circa 100 m».

http://www.culturaterritorio.org/Download/CTAVT_Schede_Turistiche/Nucetto.pdf


VillaFALLETTO (ruderi del castello Falletti)

Dal sito www.visitterredeisavoia.it   Dal sito www.comuniverso.it

«I primi cenni storici sull’attuale nucleo abitato risalgono al passaggio della giurisdizione sul feudo di Villa da parte di Alineo I, vassallo di Roggiero conte di Auriate, ad Aleramo marchese di Savona. I ruderi dell’antico castello, ancora visibili sulle rive del Maira, sono rimasti come unici testimoni di quest’epoca. Successivamente, il primo documento che parla della località è del 1163, quando Manfredo I, marchese di Saluzzo, acquista da alcuni signorotti locali, la Villa. Il dominio dei marchesi di Saluzzo durerà fino al 1322, anno in cui il territorio di Villa viene ceduto ai marchesi del Carretto, i quali lo cederanno a loro volta nel 1332 ai Falletti, la famiglia che manterrà la signoria sul luogo per i successivi cinquecento anni. ...» - «Parte integrante e fondamentale della storia del Comune è il suo castello, la cui origine risale all’anno Mille. Successivamente distrutto, verso il 1150 venne riedificato ed ampliato divenendo un’importante opera residenziale e di difesa fino al 1537 quando fu abbattuto in conseguenza di un trattato. Attualmente proprietà dei Conti Falletti, i ruderi del Castello sono diventati negli anni una sorprendente scenografia nel periodo natalizio, per il caratteristico presepe. I Falletti sono una antica casata piemontese di probabile origine francese, diramatasi anche nel Regno delle Due Sicilie. Il ramo più illustre ebbe il marchesato di Barolo nelle Langhe. Oggi sussistono le linee superstiti dei Falletti conti di Villafalletto e dei conti Falletti Lamberti e Falletti Princi di Siderno».

http://www.comune.villafalletto.cn.it/storia.asp - http://lestanzedeltempo.tumblr.com/post/93519042241/ruderi...


Villanova Solaro (castello dei Solari)

Dal sito www.facebook.com/CastellodeiSolaro?fref=photo   Dal sito www.residenzedepoca.it

«Eretto originariamente a pianta quadrata, con gli angoli rinforzati da quattro torri sporgenti, oggi il castello di Villanova Solaro - di dimensioni poco inferiori a quello di Ivrea, fatto costruire verso il 1358 da Amedeo VI di Savoia - ha soltanto tre lati e due torri. Un tempo i sotterranei, che potevano servire come magazzini, prigioni ed albergo per le truppe, comunicavano col profondo fossato colmo d’acqua, che circondava da ogni parte il maniero difendendolo dagli attacchi del nemico. Tuttavia fu distrutto durante le guerre contro il marchese di Saluzzo e gli Angioini e Filippo d’Acaia lo fece ricostruire nel 1327, affinché gli abitanti potessero trovare scampo entro le sue mura alle scorrerie delle compagnie di ventura, che a quel tempo compivano ovunque strage e devastazione. Il 10 settembre del 1334, vedendo sopraggiungere l’avanguardia di un esercito al soldo dei nemici di Filippo, essi corsero a rifugiarsi nel castello e, dopo poco, la soldataglia, non potendo aver ragione della loro difesa, si avventò contro le case e le distrusse dandole fuoco. Un atto redatto in latino il 22 marzo del 1475 stabilisce la divisione del castello in due parti, l’una assegnata a Giorgio Solaro, l’altra al fratello Antonio, e nomina una cappella eretta al suo interno di cui, però, si sono perse le tracce. Inoltre, nel documento i fratelli Solaro sostengono la necessità di far costruire delle colombaie sulla torre, di tenere sul portone d’ingresso una campana, tramite la quale i forestieri avrebbero annunciato il loro arrivo al castello, e di installarne una nel piccolo campanile qualora fosse stato eretto sulla torre maggiore. L’altezza delle torri del castello, troppo esposte ai tiri delle artiglierie, venne ridotta nel Cinquecento e, nel secolo successivo, venuta meno la sua potenza militare con la comparsa nelle guerre della polvere da sparo, il ponte levatoio fu smantellato e sostituito posteriormente da un ponte in muratura che scavalca il fosso. In seguito il castello, arricchito all’interno con opere d’arte d’e poca rinascimentale, divenne un luogo di delizie; le eleganti sale si animarono della gioconda vita signorile di campagna e risuonarono di festosi conviti, di concerti e di balli. I nobili Solaro ed i loro ospiti illustri vi trascorrevano le serate in gaie conversazioni, frivole o serie, secondo il costume degli aristocratici dell’epoca, ascoltando musica da camera, recite di poesie e teatrali. La contessa Eufrasia, moglie del conte Carlo Valperga di Masino, ultima discendente della famiglia Solaro di Villanova, in quanto aveva avuto soltanto una figlia morta prima di lei a 15 anni, ebbe la ventura di ascoltare dalla viva voce di Silvio Pellico, mentre al principio del 1831 era suo ospite nel castello, la lettura dei primi capitoli delle Mie Prigioni».

http://www.comune.villanovasolaro.cn.it/archivio/pagine/Il_castello.asp


Vinadio (forte albertino)

Dal sito www.facebook.com/pages/Forte-di-Vinadio/35825202091?sk=timeline   Dal sito www.facebook.com/pages/Forte-di-Vinadio/35825202091?sk=timeline

«È una delle più grandi fortificazioni del Piemonte, l'unica a racchiudere un intero paese al suo interno. A deciderne la costruzione fu Carlo Emanuele III. Con re Carlo Alberto di Savoia, i lavori iniziarono in piena estate (21 agosto) del 1834 e terminarono nel 1847, occupando circa 4000 lavoratori provenienti anche dal Biellese e dal Bergamasco, del cui passaggio rimane traccia nei cognomi vinadiesi di oggi. La lunghezza totale delle mura è di poco inferiore ai 1200 metri su tre piani, l’altezza in alcuni punti è di 18 metri, lo spessore alla base di oltre un metro e mezzo. Non ci fu mai il battesimo del fuoco, in quanto l’inizio delle guerre di indipendenza portò i Savoia verso il fronte austriaco. Il 18 settembre 1862 un gruppo di 400 garibaldini fermati nella 'Battaglia di Aspromonte' fu trasferito sotto scorta militare a Vinadio. La prigionia all’interno del forte durò 24 giorni. Attualmente, grazie al contributo della Regione Piemonte, il Comune di Vinadio e l’Associazione Culturale Marcovaldo s'impegnano nella promozione e la valorizzazione della fortezza. Numerosi sono gli spettacoli estivi organizzati all'interno del forte. Vero successo è stato il completamento della pista di pattinaggio su ghiaccio artificiale (1200 mq) realizzato nell'inverno 2006/2007 all'interno della fortezza che offre un quadro unico agli amanti degli sport su ghiaccio. A Natale le bancarelle del mercatino disposte lungo il camminamento conferiscono al Forte Albertino un'atmosfera di un altro tempo. Da luglio 2007, 'Montagna in Movimento', percorsi multimediali attraverso le Alpi Meridionali, presenta la storia, la cultura, le problematiche e le prospettive delle valli alpine del Piemonte meridionale coinvolgendo il visitatore con circa quaranta videoambientazioni interattive e sincronizzate. Visite guidate da giugno a ottobre. Durante i mesi di luglio ed agosto il Forte è visitabile tutti i giorni».

http://www.comune.vinadio.cn.it/Guidaalpaese/tabid/6781/Default.aspx?IDDettaglio=1881


Viola Castello (resti della fortezza)

Foto di Redazione StGreeNews, dal sito www.panoramio.com   Dal sito http://flickr.com

«Poco prima di raggiungere il Capoluogo, posto a Viola S. Giorgio, a sinistra della "provinciale" si apre il bivio per Viola Castello, situata sull'opposto versante della Val Mongia. La strada scende con ampia curva a fondovalle, varca il torrente e tocca le case di Riviera, la frazione che conserva forse la più antica cappella di Viola. S. Bernardo alla Riviera è citata in una lettera del 1633 indirizzata al vescovo di Alba, in cui gli abitanti del luogo chiedono di riaprirla al culto. La strada ora riprende a salire energicamente e tosto si è alla presenza dei pittoreschi ruderi del castello. Torri mozze si stagliano contro il cielo a sfidarne gli umori; quella quadra è ancora imponente e fa buona guardia al gruppetto di case raccolto attorno a S. Lorenzo, la chiesetta degli antichi castellani, che conserva due acquasantiere del secolo XIV. Si narra di condotti sotterranei che univano l'edificio religioso all'antico maniero. Più su altro crocchio di case e la chiesa di S. Antonio fondata nel 1913. Lasciata la frazione Castello a m. 710, la carrareccia prosegue con dolce pendio verso il ponte della Riva, m. 772. Ora la stradina si restringe e l'ascesa si fa più faticosa, s'inoltra fra castagneti e raggiunge la località Monta. Poi segue un tratto pianeggiante; nei pressi della baita Moschetto acqua sorgiva e siamo a metà cammino. ...» - «Torrione quadrato che svetta sui ruderi di alte torri e su quelli dell'antica fortezza medievale nel borgo Castello. Sulla piazza del castello, come attestato da un documento, si amministrava la giustizia e si punivano, alla presenza della popolazione, i colpevoli dei vari reati».

http://www.comune.viola.cn.it/Home/Guidaalpaese/tabid/16205/Default.aspx?IDPagina=6877 - http://www.mongioie-leader.it


Vottignasco (ruderi del castello)

Dal sito www.comune.vottignasco.cn.it   Dal sito www.turismocn.com

«Il Castello, ora ridotto a rudere, sorge nella zona detta "del Mulino" nei pressi della strada che conduce al torrente Maira. Fu edificato in due fasi: la prima nel 1200 e la seconda alla fine del 1400. La struttura è costituita da una prima cortina di ciottoli di fiume lavorati a spina di pesce legati con malta; e da un successivo rinforzo in laterizio. Lo spessore delle mura è di 4 metri. Il castello, con struttura militare, aveva funzione di controllo sulle strade di maggior passaggio, per garantire la protezione dell'abitato. Ha struttura quadrata con i lati di circa 8 metri di lunghezza. Gli abitanti, in cambio di protezione dal castello, erano tenuti a servizi di guardia e di manutenzione della fortezza. Costruito come rafforzamento della periferia del Marchesato di Saluzzo, venne in seguito (29/07/1340) ceduto in feudo a Simondino Falletti per la somma di 10.000 fiorini d'oro».

http://www.turismocn.com/ur/CUNEESE/0/ATTRATTIVE...


  • pagina 1

          

     

    ©2015 ss

  •      


      indietro   su   Piemonte  provincia di Cuneo Home