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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


Croce patente di tipo Templare sulla facciata della basilica di Santa Maria di Siponto

    

Tra le vestigia di un tempio gli elementi iconografici simbolici sono sempre presenti; in alcuni detti elementi sono facili da contestualizzare (es. tipico i riferimenti a parti della Bibbia in primo luogo), ma per altri segni e figure l’operazione è più difficile, facendo sorgere il sospetto che vi sia un loro utilizzo volutamente criptico da parte di esecutori o committenti.

Esattamente questo è abbondantemente rilevabile in interno e in esterno della nostra basilica medievale di Santa Maria Maggiore di Siponto, a pochi chilometri dall’abitato di Manfredonia (FG).

Mentre notizie storico-archeologiche esaurienti si possono consultare in altre pagine di questo sito, quello che a noi interessa qui invece rilevare è una se non la più interessante di queste particolarità simboliche di cui abbiamo fatto cenno, che sino ad oggi non mi risulta essere stata rilevata da altri autori (escludiamo a priori che possa trattarsi di mero espediente decorativo).

Particolari di questo genere, se si volesse giocare a estrapolare i più ipotetici reconditi significati escatologici ed esoterici, farebbero scrivere pagine su pagine; ma oggigiorno troppa gente specula su questi argomenti di difficile controprova (e soprattutto per questo, ovviamente…).

Le cinque anforette in questione, in bassorilievo e non più alte di dieci centimetri, sono camuffate e posizionate in apparente casualità tra le “decorazioni” fitomorfe del cornicione della strana abside a sud; e quindi anfore, cornicione ed abside costituiscono a tutti gli effetti un vero e proprio enigma.

A poche semplici considerazioni noi perciò ci limiteremo qui, delle quali però ci sentiamo di affermare la incontrovertibilità.

Rimarcando la posizione a meridione, si evidenzia la funzione sostanzialmente di meridiana della costruzione, ovvero di marcatore del percorso solare diurno e annuale, delimitato non da uno gnomone o uno stilo a muro come da prassi, bensì dall’ombra stessa del sole sulla parete dell’abside. 

In questa, come molte altre chiese medievali, i congegni marcatori del percorso solare sono usuali, e pensiamo a quanto è presente nella vicina San Leonardo in Lama Volara; generalmente usati per identificare delle date ben precise: quella della dedicazione del luogo sacro o anche i passaggi eliaci equinoziali e solstiziali.

Quello che si scosta qui da queste tipicità è il fatto che negli elementi dell’insieme non si riconoscano elementi numerici espliciti all’orario solare o a direzioni dello spazio; ci troviamo ai piedi di un’abside posta sul lato sud di un tempio col canonico abside e altare in direzione est, e un cornicione fatto da due ordini di fregi scalpellati: quello più alto fatto da 64 formelle di cui le nostre 5 anfore e le rimanenti a forma di mezza foglia con punta verso l’alto; quello appena inferiore di 48 formelle a forma di porta con relativo timpano semicircolare.

Ma l’individuazione precisa del numero complessivo delle formelle non è così semplificabile per due precisi particolari:

   1)   all’attaccatura ad ovest, l’abside presentava una sporgenza ora semidistrutta presumibilmente di una figura zoomorfa, che copre lo spazio di alcune formelle;

Attaccatura del cornicione ad ovest

   

2)   all’attaccatura ad est le formelle partono ammezzate, stranezza tra le altre.

Parte centrale con testa zoomorfa

   

Se consideriamo le formelle virtuali dello spazio occupato dalla scultura zoomorfa, esse dovrebbero sommarsi rispettivamente a 67 e a 50; ma considerando le metà iniziali ad est saremmo a 67,5 e 50,5. Per logica simmetria questi spazi ammezzati andrebbero considerati anche all’attaccatura ovest, quindi il numero delle formelle si dovrebbe limitare – tra implicite ed esplicite – rispettivamente a 68 e 51 per un totale di 119; in tutti i casi trattasi di numeri con nessun riferimento a congegni marcatempo, almeno per le convenzioni a noi note.

In aggiunta, le formelle con le anfore (considerate quelle purtroppo oggi danneggiate e non più decifrabili) sono collocate in posizioni apparentemente casuali; ovvero, contando a partire da destra ed elidendo le mezze formelle iniziali, nelle posizioni numero 31, 33, 43, 58, 60. è solo ipotizzando quindi l’uso gnomonico dell’abside che si potrebbe avere una qualche logica nel posizionamento delle anfore: le due coppie alla estremità, avendo posizione speculare rispetto ad un asse mediano teorico, potrebbero ben fungere da delimitatori di due distinti momenti di levata e tramonto solare, es. dei tipici riferimenti equinoziali-solstiziali sopra accennati. In questo caso, che ritengo il più plausibile, l’anfora in posizione 43 non delineando la mediana (che avrebbe dovuto trovarsi tra la posizione 45 e la 46) servirebbe ad evidenziare un’ora tra la Una e le Due; ma a questo punto vi sarebbero tutta una serie di elaborazioni che soprassediamo perché esulano dall’argomento. Ci limiteremmo solo a dire che, da altri cospicui elementi della costruzione che non rientrano nella disamina di questo studio, ipotizziamo essa abbia subìto degli interventi segno di una presenza particolare dell’epoca: se infatti considerassimo le anforette come oggetti d’uso a dei tintori, non potremmo non ricordare che i tintori della luna erano i "Bapheus meté", simbolo alchemico indicante la trasformazione dell'argento in oro. Ma questo era proprio il nome del presunto idolo (“Baphomet”) per l’Inquisizione venerato nei capitoli dei Cavalieri Templari.

Attaccatura del cornicione ad est

  

Lo stesso Baphomet-testa di idolo che, dai tratti ormai danneggiati ma dal chiaro riferimento zoomorfo, sorge alla base delle formelle tra la numero 45 e la numero 48?

Proprio il detto numero 43 (l’anfora centrale…) del vangelo apocrifo di Filippo recita:

43) Dio è un tintore. Come le buone tinture, che si dicono genuine, muoiono con le cose che sono state tinte con esse, così è con le cose tinte da Dio: poiché le sue tinture sono immortali, esse diventano immortali grazie ai suoi colori. Ora Dio, ciò che immerge, lo immerge nell'acqua.

Ed anche il detto numero 54 è significativo:

54) Il Signore entrò nella tintoria di Levi. Prese settantadue colori e li versò nella tinozza. Li tirò fuori tutti bianchi e disse: "È cosi, invero, che il Figlio dell'uomo è venuto come tintore”.

     

    

©2005 Sante Asse

     


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