|
Sei in: Mondi medievali ® BarBar |
|
Eppure, non vi è pressoché alcuna cronaca antica o alto-medievale che, almeno di passaggio, non citi questo gruppo etnico molto coeso come uno dei grandi protagonisti del tumultuoso periodo che vide la fine dell'Impero Romano d'Occidente e la nascita della nuova cultura europea. Perché? Come fu possibile per i
Burgundi non venire dispersi e assorbiti e formare almeno due
grandi regni (in Sabaudia, o meglio "Sapaudia", e in Borgogna,
dall'antico "Burgundia") che ancora oggi conservano tante
vestigia del loro passaggio? Chi erano i Burgundi?
I Burgundi (Burgundes, cioè "uomini alti") facevano certamente parte etnicamente del ceppo germanico orientale e, in una prima fase stanziale in occidente, dovevano, come molte altre tribù, essersi stabiliti in Scandinavia:il poeta e antico mitologo Viktor Rydberg (1828–1895) ( 2), basandosi sull''antica fonte medioevale Vita Sigismundi, afferma che gli stessi Burgundi mantenevano tradizioni orali sulla loro origine Scandinava e, per altro, tali tradizioni sembrano trovare conferme nella toponomastica successiva e nelle evidenze archeologiche (ad esempio a Stjerna), risultando completamente verosimili (3) .
Fino a questo punto, i Burgundi, come tutti i popoli che risiedono in area scandinava, sono sconosciuti alla storia romana: persino Tacito, la nostra fonte più ricca sulle popolazioni barbariche, non nomina alcuna tribù di quest'area (con la sola eccezione degli Suiones, che, comunque, non vengono chiaramente localizzati). Intorno all'anno 300, comunque, qualcosa dovette accadere: forse a causa di una carestia dovuta all'inasprirsi progressivo delle condizioni climatiche, la popolazione di Bornholm sparì quasi completamente dall'isola: la maggior parte dei sepolcreti cessarono di essere usati, e quelli che continuarono ad esserlo ricevettero pochissime sepolture (4). Con una migrazione massiccia verso le aree continentali orientali, in particolare attorno alla Vistola, i Burgundi, in qualche modo, entrarono nella storia, venendo a contatto con quell'insieme fluido di popolazioni dal cui "gioco" di movimentazione territoriale si svilupparono quelle che chiamiamo "invasioni barbariche".
Bisogna ricordare che, dopo lo sfondamento del limes da parte degli Alemanni (259/260), il passaggio verso le aree settentrionali dell'Impero era pressoché libero e non è, dunque, un caso che già attorno al 270 troviamo una primissima avanguardia burgunda che entra a contatto con i romani, andando ad occupare le zone abbandonate della regione fra Reno e Meno (6). Solo nel IV secolo, comunque, questi primi gruppi vennero raggiunti dalla gran massa del popolo, i cui capi cercarono di allearsi con Roma contro gli Alemanni, ma una spedizione comune fallì nel 369/370, perché l'inatteso ed elevato numero di guerrieri burgundi giunti per combattere fece intravedere ai Romani una grave minaccia.
Perchè il grande generale romano avrebbe dovuto dare in mano a dei barbari una larga fetta della francia settentrionale e praticamente metà dell'odierna Svizzera? La risposta è che in questo modo Ezio puntò, probabilmente, non tanto a frenare l'avanzata degli Alemanni nell'Altopiano svizzero, sostanzialmente troppo deboli per costituire una minaccia reale, quanto ad assicurare i passi alpini e il collegamento Rodano-Reno, procurandosi inoltre un'ulteriore riserva di truppe per gli scontri in Gallia. Non è un caso, dunque, che già nel 451 i Burgundi combatterono gli Unni ai Campi Catalaunici, nei pressi di Troyes (9).
Alla fine del V sec. i Burgundi subirono la pressione crescente dei Franchi a nord, e dei Visigoti e degli Ostrogoti a sud. Gundobado cercò di garantirsi la protezione attraverso due matrimoni: quello fra suo figlio Sigismondo e Ariagne, figlia del re ostrogoto Teodorico il Grande (492/494), e quello fra Clotilde, figlia di Chilperico II, e il re franco Clodoveo I (492/493). Purtroppo, però, la manovra di un'alleanza dinastica fallì e, nel 500, in occasione del conflitto che oppose i re di Lione e di Ginevra, i Franchi si schierarono a favore del ginevrino Godigiselo e i Visigoti a favore di Gundobado. Questi, benché sconfitto a Digione (500), uscì vittorioso dallo scontro, recuperando il suo regno con l'aiuto visigoto ma, nel 506/507 si alleò con l'antico nemico Clodoveo I contro Alemanni e Visigoti, protetti da Teodorico.
In questo contesto si colloca anche l'assassinio, voluto da Sigismondo, di Sigerico, suo figlio e nipote di Teodorico, sospettato di complotto con lo stesso Teodorico (522) per ottenere il regno. I re merovingi sfruttarono l'occasione attaccando il regno burgundo e conquistandone la parte settentrionale, mentre Teodorico occupò la zona tra i fiumi Durance e Isère (523). Catturato mentre stava cercando rifugio nel convento di Saint-Maurice, da lui fondato, Sigismondo fu consegnato ai Franchi e fatto uccidere da re Clodomiro (11).
Questa sconfitta sancì la fine del regno burgundo, che nel 534 venne diviso tra i sovrani merovingi: a Teodoberto, re di Reims, spettò il nord, comprendente Langres, Besançon, Autun, Chalon, Aventicum-Vindonissa e Octodurus (gli ultimi due nell'odierno territorio svizzero); Childeberto, re di Parigi, ricevette il centro con Lione, Mâcon, Vienne, Grenoble e forse Ginevra e Tarantasia; il sud (fino alla Durance) finì probabilmente a Clotario, re di Soissons. Da questo momento in poi, i Burgundi vennero inglobati dai Franchi, dei quali seguirono le sorti (12).
Fin qui, seppur brevemente, le vicende di questo
piccolo popolo, così importante per la storia.
Ma chi erano i Burgundi? Come fu loro possibile, nonostante le scarse dimensioni, assicurarsi un ruolo ed un retaggio così superiore alle loro reali forze?
Sicuramente,
occorre separare rigorosamente
Per
molti versi, tale flessibilità si
riscontra, seppur unita ad un certo
grado di originalità, anche nelle
istituzioni giuridiche burgunde. Ad
esempio, il regno burgundo del Rodano
non fu, a differenza degli altri
contemporanei stati germanici, uno Stato
bietnico in senso stretto: nella
raccolta di leggi pubblicata da re
Sigismondo nel 517, basata sulla
legislazione di suo padre Gundobado (Liber
Constitutionum - Lex Burgundionum),
la distinzione etnica fra Burgundiones e
Romani appare solo nelle disposizioni
relative all'insediamento e
all'integrazione dei nuovi gruppi etnici
nelle province romane. Anche la
Lex
Romana Burgundionum, anch'essa
probabilmente redatta sotto Sigismondo,
era concepita più come riassunto
maneggevole del diritto provinciale
romano e come completamento del
Liber
Constitutionum che come Codice
dei Romani: così, nel regno burgundo,
Burgundi e Romani avevano gli stessi
diritti e avevano le stesse possibilità
di prestare servizio militare e di
accedere a funzioni amministrative e
giudiziarie in qualità di comites e
iudices; i matrimoni misti erano
permessi e le due comunità erano
sottoposte alla medesima gerarchia
sociale. In
questo modo, l'insediamento dei Burgundi
non comportò grossi cambiamenti né a
livello di struttura sociale ed
economica, né a livello di tecnica e
produzione agraria. Anche l'artigianato
rimase con tutta probabilità legato alla
condizione servile, sebbene i diversi
guidrigildi indichino una valorizzazione
sociale dei mestieri inerenti alla
lavorazione dei metalli e, ancora una
volta, la qualità dei prodotti di questi
artigiani evidenzia le tradizioni di
bottega romane e i legami con l'area
mediterranea. Persino nelle transazioni
in denaro i Burgundi usavano monete che
imitavano volutamente i "solidi" e i "tremissi"
dell'Imperatore romano d'Oriente,
contraddistinte solo dai monogrammi dei
loro re, onde evitare qualsiasi problema
di cambio (17)..L'assimilazione dei Burgundi fu indubbiamente favorita dall'uguaglianza giuridica e sociale e dalla doppia funzione che rivestivano i re burgundi. I sovrani della seconda dinastia (forse di origine visigota) erano da un lato dignitari romani (magistri militum, patricii), incaricati dall'Imperatore di proteggere i Romani residenti nel loro territorio, dall'altro anche re dei Burgundi (reges Burgundionum).
Infine,
anche dal punto di vista religioso, i
Burgundi mostrarono uno dei più alti
gradi di tolleranza dell'antichità. NOTE:
(1) M. Maltevitz,
The German Tribes, Kerrington Press
1998, p. 41.
(2) V. Rydberg , Our Fathers' Godsaga, O.U.P. 1868, pp. 93 ss. (3) L. Musset, The Germanic Invasions: The Making of Europe AD 400-600, The Pennsylvania State University Press 1975, p. 62. (4) B. Nerman, Det Svenska Rikets Uppkomst, Generalstabens Litagrafiska Anstalt 1925, p. 176. (5) R. Krieger, Untersuchungen und Hypothesen zur Ansiedlung der Westgoten, Burgunder und Ostgoten, HUP 1992, pp. 97 ss. (6) N. Davies, Europe: a History, Harper Perennial 1998, pp. 88 ss. (7) B. Saitta, I Burgundi, Viella 2006, pp. 23 ss. (8) J. Favrod, Histoire Politique du Royaume Burgonde (443-534), Canard 1997, passim (9) B. Saitta, op. cit., pp. 41 ss. (10) Ivi. (11) H. Gaillard de Semainville (a cura di), Les Burgondes, Clotard 1995, pp. 207-249. (12) Ivi, pp. 253 ss. (13) I. Wood, Ethnicity and the Ethnogenesis of the Burgundians, in Typen der Ethnogenese unter besonderer Berücksichtigung der Bayern, a cura di H. Wolfram, W. Pohl, 1, 1990, pp. 53-69. (14) Ivi, pp. 66 ss. (15) H. Domke, Burgund, Prestel 1995, pp. 99 ss. (16) P. Amory, Names, ethnic identity and community in fifth- and sixth-century Burgundy, in Viator, 25, 1994, 1-30
(17)
A. Paravicini Bagliani et al. (a cura di),
Les pays
romands au Moyen Age, Gallimard 1997,
pp. 103 ss.
(18) R. Kaiser, «L'entourage des rois du regnum Burgundiae aux époques burgonde et mérovingienne», in Actes du colloque L'entourage des princes, a cura di J. L. Kupper, A. Marchandisse, Bonnivert 2004, passim. (19) Citati in B.Coldwater, The Barbaric Christianity, O.U.P. 2002, pp. 176-178. (20) Ivi, pp. 176-181. |
©2008 Lawrence M.F. Sudbury