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Un esempio in questo senso è dato dalle cosiddette "Guerre Marcomanniche", che impegnarono Marco Aurelio per ben più di dieci anni contro una serie di tribù spesso solo menzionate senza alcuna specificazione ma che meriterebbero approfondimenti ben maggiori.
Innanzitutto, concentriamoci sugli eventi.
Le "Guerre Marcomanniche" (che i Romani definirono "Bellum
Germanicum" [1]
o "Expeditio Germanica") furono una serie di guerre che durarono
più o meno una dozzina di anni (circa dal 166 al 180) e che
impegnarono l'Impero contro Marcomanni, Quadi e altre
popolazioni germaniche residenti su entrambi i lati del Danubio
settentrionale e centrale. Queste guerre, come accennato,
occuparono la maggior parte del regno di Marco Aurelio e proprio
durante esse egli iniziò a scrivere la sue Meditationes
che, infatti, recano, nel primo libro, la notula "fra
i Quadi, presso il fiume Granua" [2]
(il Granua corrisponde all'attuale Hron).
Nel 162, una prima invasione delle piccole tribù dei Chatti e
dei Chauci venne facilmente respinta
Nell'autunno dello stesso anno, in ogni caso, l'imperatore fu
costretto a lasciare nuovamente la capitale imperiale con il
cognato Claudio Pompeiano (suo braccio destro lungo tutta la
campagna): i Romani avevano raccolto tutte le loro forze e
intendevano soggiogare le tribù indipendenti (in particolare
quelle sarmatiche) che vivevano tra il Danubio e la Dacia.
Mentre, però, le legioni erano impegnate in questa lunga e poco
fruttuosa campagna, alcune tribù colsero l'occasione per
attraversare il limes e razziare i territori romani: a est i
Costoboci guadarono il Danubio, misero a ferro e fuoco la Tracia
e discesero lungo i Balcani fino a raggiungere Eleusi (dove, tra
l'altro, distrussero il tempio dei famosi Misteri). Intanto, Didio Iuliano, comandante della frontiera renana, ricacciava una
nuova invasione dei Chatti e degli Hermunduri, mentre i Chauchi
Questo disastro forzò Marco Aurelio e rivalutare le sue
priorità: truppe dalle varie frontiere vennero spostate
contro Ballomar sotto il comando di Claudio Pompeiano, un
nuovo comando militare, la Pretura dell'Italia e delle Alpi,
venne creato a difesa delle stade che conducevano in Italia
e tutta la flotta danubiana venne rafforzata. In questo
modo, si riuscì a liberare Aquileia e, per la fine del 171,
gli invasori vennero cacciati dal territorio italico. A
questo punto, le armi lasciarono il passo alla diplomazia e
Roma iniziò a negoziare con alcune tribù in preparazione
di una controffensiva contro gli Suebi: un trattato di pace
venne firmato con i Quadi e gli Iazigi e i Vandali Hasdingi
e i Lacringi divennero alleati dell'Impero. Nel 172,
finalmente, i Romani attraversarono il Danubio e penetrarono
nel territorio marcomannico. In realtà, sappiamo molto poco
degli avvenimenti che seguiro
no,
ma certamente la campagna fu vittoriosa e portò al
soggiogamento dei Marcomanni e dei loro alleati (in
particolare di Naristi e Cotini), come risulta chiaramente
dall'adozione da parte dell'imperatore dell'appellativo
"Germanicus" e dal conio di sesterzi con l'iscrizione
"Germania Capta". Nel
173, le armate imperiali si volsero contro i Quadi, che
avevano rotto il trattato e fornito aiuto ai Marcomanni.
L'episodio bellico più famoso di questa campagna fu il
cosiddetto "miracolo della pioggia", poi raffigurato
anche nella Colonna Aureliana: secondo Cassio Dione
Cocceiano, la XII Legione Fulminata stava per essere
sbaragliata da una compaggine di Quadi nettamente
preponderante e stava per arrendersi quando un
improvviso scroscio di pioggia rinfrescò i Romani e una
serie di fulmini sbaraglio i Quadi [5].
Alcuni, come Cassio Dione, attribuirono il "miracolo"
all'intervento di alcuni maghi egizi, mentre Tertuliano
alle prghiere dei soldati cristiani. Comunque fossero
andate le cose, i Quadi furono vinti e l'anno seguente i
Romani poterono marciare nuovamente contro gli Iazigi,
ma, pochi mesi dopo, i Quadi deposero il re fantoccio
pro-romano Furtius e installarono, al suo posto, il
bellicoso Ariogaesus, cosicchè Marco Aurelio fu
costretto a ritornare e a esiliare questo nuovo capo ad
Alessandria [6].
Secondo il normale costume romano, i Quadi vinti furono
costretti a fornire ostaggi e contingenti ausiliari per
l'esercito imperiale, mentre guarnigioni residenti
vennero create in tutti i loro territori. Così, per la
fine del 174, la vittoria su Marcomanni e Quadi era
completa e Marco Aurelio potè finalmente occuparsi
delle
popolazioni sarmatiche, che furono vinte in poche
battaglie, concedendo all'imperatore la soddisfazione di
fregiarsi anche del titolo di "Sarmatico" e dandogli la
possibilità di formare due nuove provincie imperiali: la
"Marcomannia" e la "Sarmatia" che, però, durarono ben
poco a causa sella ribellione di Avidio Cassio a oriente
[7]
Ebbe così inizio la cosiddetta "Seconda Guerra Marcomannica".
Marco Aurelio marciò verso est con le sue legioni, accompagnate
da distaccamenti di ausiliari marcomanni, quadi e naristi,
guidate dal procuratore Marco Valerio Massimiano e, dopo aver
facilmente sedato la rivolra di Cassio, potè finalmente far
ritorno a Roma per la prima volta dopo quasi 8 anni: il 23
dicembre 176, con il figlio Commodo, celebrò un trionfo
congiunto per le vittorie germaniche e sarmatiche e, a ricordo,
fece erigere la Colonna Aureliana, su imitazione della Colonna
Traiana. Il suo riposo, però, si doveva dimostrare di breve
durata. Nel 177 i Quadi si ribellarono nuovamente, presto
seguiti dai loro vicini e l'imperatore dovette, ancora una
volta, muovere verso nord. Arrivato a Carnuntum nell'agosto 178,
si dispose immediatamente a sedare la ribellione, attuando una
tattica assolutamente identica a quella che già una volta gli
aveva assicurato il successo: prima attaccò e sbaragliò i
Marcomanni e poi, nel 179, mosse contro i Quadi, contro i quali
le truppe guidate da Marco Valerio prevalsero nella decisiva
battaglia di Laugaricio, nei pressi dell'odierna Ptuj in
Slovenia (per inciso, tale battaglia è quella della scena
d'apertura del famoso film "Il
Ma chi erano i protagonisti di questa "avanguardia germanica" che aveva osato sfidare il più grande impero del mondo conosciuto?
Abbiamo visto
che le tribù germaniche che penetrarono
oltre il limes romano erano unite in una
sorta di
Dopo aver
attraversato i Paesi Baschi, si stabilirono
nella ex provincia romana della Galizia,
nella Hispania nord-occidentale (più o meno
corrispondente all'odierna Galizia e al
Portogallo settentrionale), giurarono
fedeltà all'imperatore Onorio e vennero
accettati (in realtà un po' gioco-forza)
come "foederati", con un governo
Tra
gli Suebi, la popolazione probabilmente
più influente e numerosa era quella dei
Marcomanni, i primi Germani menzionati
da Cesare come facenti parte
dell'esercito di Ariovisto. Il loro
luogo base d'insediamento era
posizionato tra il Reno, il Meno ed il
Danubio superiore, nella zona
precedentemente occupata dagli Elvezi, e
ivi risiedettero fino alla fine del I
secolo a.C.. Probabilmente il loro nome
derivava dall'antico germanico
"Mark-Man" ("Uomo di Confine"), ad
indicare la loro posizione
particolarmente spostata verso il limes
rispetto alle altre tribù sveve. Dopo essere stati sconfitti da Druso nel 9 a.C., si spostarono verso est, nell'odierna Boemia e Moravia, da cui scacciarono i Galli Boi. E' qui che, sotto il re Maroboduo, assunsero una posizione di particolare rilievo all'interno degli Suebi e riuscirono a creare un regno egemonico che si estendeva fino all'Ungheria, ma che, dopo essere scampato al pericolo delle legioni di Roma (Tiberio si fermo a pochi chilometri dai loro avamposti), venne sgretolato dall'invasione dei Cherusci di Arminio verso il 18. A seguito di tale sconfitta, il re fu cacciato (chiese asilo a Tiberio, che glielo accordò, mandandolo a vivere a Ravenna) e sostituito da Catualda che, però, nel 20, venne sconfitto dagli Ermunduri e finì anch'egli in esilio nella Gallia Narbo nense,
lasciando il trono al filo-romano
Vannio. Questi riuscì ad unificare il
suo popolo con i Quadi e regnò fino al
50 a.C., quando venne cacciato (su
istigazione degli Ermunduri e dei Lugi e
con il loro aiuto) dai suoi nipoti
Vangio e Sidone. Questi si spartirono
il regno, dividendo nuovamente Quadi e
Marcomanni, ma mantennero assoluta
lealtà verso Roma, mentre a Vannio fu
concesso dall'imperatore Claudio di
spostare la sua corte in Pannonia.Solo sotto Domiziano cominciarono i problemi con l'Impero: non avendo fornito, in qualità di "clientes" il necessario aiuto alle legioni impegnate nella "Guerra Dacica", Marcomanni, Quadi e Iazigi furono attaccati da Roma, La guerra si protrasse dall'89 al 97, fino a che Traiano rinegoziò una pace incerta, che fu rotta da scontri sporadici nel periodo di Adriano, tra 136 e 136. Erano i prodromi delle "Guerre Marcomanniche" che, come visto, impegnarono a lungo Roma, segnando, in pratica, la fine della Pax Romana e dando inizio alle invasioni barbariche. Dall'inizio delle guerre in poi, la storia dei Marcomanni confluirà in quella dell'intera "Federazione Suebica" [14].
La
seconda grande tribù "sveva", quasi
sempre citata in unione con i
Marcomanni, è quella dei Quadi. In
realtà, di loro non si conosce
molto: compaiono nella storia romana
solo quando vengono sconfitti da
Druso e si stanziano, ovviamente con
i Marcomanni, presso il fiume
Morava. Nel I secolo d.C., durante
l'imperium di Tiberio, divennero "clientes"
di Roma e, probabilmente, fu loro
assegnata una zona più orientale,
corrispondente
all'odierna Slovacchia, dove
risultano residenti ai tempi di
Tacito [15].Sempre da Tacito sappiamo che i
loro contingenti furono molto
importanti per Vespasiano nella
conquista del trono imperiale contro
Vitellio e che, come compenso, essi
ricevettero dall'imperatore non solo
il loro riconoscimento e appoggio
politico-militare da parte di Roma,
ma anche un aiuto in denaro ed armi.Da questo momento in poi, le loro vicende si mescolano con quelle dei "cugini" Marcomanni fino almeno al III secolo, periodo in cui riemersero brevemente come tribù singola quando vennero attaccati da Caracalla (nel 214) per non aver inviato le truppe ausiliarie come richiesto dal trattato che li rendeva "foederati" e il loro re Gabiomaro venne giustiziato. Un nuovo scontro si ebbe nel 374 con le truppe di Valentiniano I per uno sconfinamento sul Danubio, ma, in pratica, dal IV secolo in poi, di fatto, i Quadi come tribù singola non esistevano più, uniti com'erano a formare il nucleo portante degli Suebi, dei quali condivisero le vicende fino al VI secolo [16]. NOTE:
(1)
AA.VV.,
Historia Augusta, "Marcus
Aurelius", XII.92.
(2) M.Aurelius, Meditationes, I. (3) Cassius Dio, Historia Romana, LXXII. (4) AA.VV., Historia Augusta, "Lucius Verus", IX.7-11. (5) Cassius Dio, op. cit.. (6) Ivi. (7) AA.VV., Historia Augusta, "Marcus Aurelius", XXIV.5. (8) D.S. Potter, The Roman Empire at Bay: AD 180-395, Routledge 2004, p. 12. (9) M. Todd, The Early Germans, Wiley-Blackwell 2004, pp. 71-72. (10) P.C. Tacitus, De Origine et Situ Germanorum, XXIX. (11) J. B. Bury, Invasion of Europe by the Barbarians, W. W. Norton & Company 2000, pp. 41-46. (12) M. Busk, The History of Spain And Portugal from Bc 1000 to Ad 1814, Kessinger Publishing 2005, pp. 87-93. (13) M. Speidel, Ancient Germanic Warriors: Warrior Styles from Trajan's Column to Icelandic Sagas, Routledge 2004, pp. 81-123 e passim. (14) D.S. Potter, op. cit., pp. 93-94. (15) P.C. Tacitus, op. cit. (16) D.S. Potter, op. cit., p. 95. |
©2009 Lawrence M.F. Sudbury