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Notoriamente
praticamente ogni insegnamento storico parte da una prospettiva
regionalistica, tale per cui l'ottica d'interesse si focalizza
su quegli eventi che possano avere rilevanza per l'area di
competenza o di provenienza dello studioso che si occupa di un
determinato periodo. è un fenomeno assolutamente naturale che
spiega, ad esempio, la ragione per la quale alcune datazioni
simboliche possono variare da macroregione a macroregione (un
caso per tutti, la fine del medioevo, databile alla scoperta
dell'America per gli occidentali, alla caduta di Bisanzio per i
mediorientali e alla "rivoluzione Meiji" per i giapponesi, con
variazioni cronologiche di centinaia di anni).
è, altresì, la
ragione per cui in Europa, al di fuori degli ambiti più
strettamente specialistici, alcuni "nomi" risultano
assolutamente ignoti, nonostante la loro importanza per la
storia delle zone a oriente del Mediterraneo.
è questo il caso
di due grandi tribù turciche, la cui presenza fu fondamentale
all'interno dell'area compresa tra Impero Bizantino e Terre dei Rus: i Peceneghi e i Cumani
[1].
Il Peceneghi o Patzinaks furono,
come accennato, un popolo di stirpe turca semi-nomadi della
steppa dell'Asia centrale. Sulla loro identificazione onomastica
specifica, data la scarsità degli studi che li riguradano,
sussistono tuttora dei dubbi: in un lavoro di Mahmud Kashgari
del XI secolo il termine "Beçenek" assume i due significati
distinti di "nazione turca che vive intorno al paese di Rum"
(cioè all'Impero Bizantino) e di "Kashgari di Beçenek", un ramo
dei turchi Oghuz, mentre Max Vasmer [2] deriva questo nome dalla
parola turca "bacanak", "parenti", ad indicare che i Turchi
avrebbero riconosciuto i Peceneghi come affini in termini etnici
ma non facenti parte del loro
popolo
in senso proprio.Di fatto, i Peceneghi emergono nei registri storici solo nei secoli VIII e IX come abitanti della regione tra il basso Volga, il Don e gli Urali, ma già nei secoli IX-X risultano come la popolazione che detiene il controllo di gran parte delle steppe dell'Eurasia e del sud-ovest della penisola di Crimea (nonostante tale controllo si limitasse, in fondo, alla capacità di compiere scorrerie a piacere nei territori delle tribù nomadi vicine e di farsi assumere come mercenari dai grandi imperi per la loro fama di temerarietà bellica) e, nel 950 d.C., Costantino Porfirogenito, definisce la Patzinakia, il regno Peceneghi, come esteso a ovest fino al fiume Siret (o ai Carpazi orientali), a soli quattro giorni di cavallo dalla "Tourkias" (cioè Ungheria) e diviso in otto province che coprivano un territorio estesissimo [3]. Qualche notizia più precisa su di loro la otteniamo dalle cronache armene di Matteo di Edessa, che li cita un paio di volte, la prima affermando che nell'anno 499 (del calendario armeno, cioè nel 1050-1051) la nazione Badzinag causò grande distruzione in molte province di "Roma", cioè dei territori bizantini; la seconda ricordando che, nella battaglia di Manzikert i Padzunak (e gli Uz, un ramo dei turchi Oghuz), prima alleati di "Roma", cambiato schieramento al culmine della battaglia e iniziarono a combattere contro le forze bizantine a fianco dei Turchi Selgiuchidi.
In seguito, portarono anche un assedio a Costantinopoli e, in
quest'occasione, i Peceneghi vengono descritti come un "esercito
di tutti arcieri" [4].Certamente nel IX secolo i Bizantini si allearono con i Peceneghi e li utilizzano, secondo la consolidata tattica romana del "divide et impera", per respingere tribù più pericolose come Rus e Magiari, secondo il vecchio stratagemma romano del "divide et impera". Verso la fine del secolo, comunque, gli Uzes, un altro popolo turco della steppa, espulsero i Peceneghi dalla loro zona d'insediamento, depredando, tra l'altro, la maggior parte del loro bestiame e dei loro averi. Spinti verso ovest, essi si trovarono ad affrontare la pressione di un'alleanza di tribù formata da Oghuz Kimeks e Karluks e quando un'altro gruppo, i Samanidi, sconfissero l'alleanza, fu la volta di Cazari e Cumani di attaccare, dal 889, i Peceneghi che, a loro volta, muovendosi verso ovest, iniziarono a spingere i Magiari del fiume Dnieper (a partire dal 892). Quando, nel 894, i Bulgari entrarono in guerra contro Bisanzio, dopo pochi mesi l'imperatore Leone VI il Saggio invocò l'aiuto dei Magiari, che inviarono un esercito sotto un comandante di nome Levente in Bulgaria. Levente condusse una brillante campagna e invase in profondità la Bulgaria, mentre l'esercito bizantino penetrava nell'area da sud. Intrappolato in una morsa tra Magiari e forze bizantine, lo zar Simeon si rese conto che non poteva combattere una guerra su due fronti e rapidamente concluse un armistizio con l'Impero Bizantino ma, nel frattempo, i Peceneghi, che si erano alleati ai Bulgari, ebbero un tale successo nelle loro operazioni da riuscire a scacciare i Magiari da Etelköz e dalle steppe del Ponto, costringendoli a ovest su basso Danubio, sul Transdanubio e verso la pianura pannonica, dove più tardi essi fondarono uno stato ungherese [5]. Sempre nel IX secolo, i Peceneghi iniziarono ad avere anche rapporti difficili con i Rus di Kiev: per più di due secoli avevano lanciato raid casuali nelle terre dei Rus, che, a volte, erano sfociati in guerre su vasta scala (come la guerra del
920 portata ai Peceneghi da Igor di Kiev, riportata da
Nestoriano), ma vi erano state anche temporanee alleanze
militari (ad esempio nel 943, nella campagna bizantina di Igor).
Nel 968, però, i Peceneghi attaccarono e assediarono la città di
Kiev, dando luogo ad una guerra sanguinosissima che portò alla
morte del principe Rus di Kiev, catturato ed ucciso dal Khan
Kurya (che, secondo uno stilema delle steppe, secondo le
cronache, si fece un calice del suo teschio), nel 972 e che ebbe
alterne vicende fino ad una prima grande sconfitta pecenega ad
opera di Vladimir I di Kiev (990-995), che fondò la città di
Pereyaslav sul sito della sua vittoria, e una loro sconfitta
definitiva durante il regno di Jaroslav il Saggio (1037). A
questo punto, i Peceneghi,
decimati,
divennero facile preda dei popoli vicini e furono a poco a poco
sostituiti nella steppa pontica da altri popoli nomadi turchi, i
Cumani e i Polovtsy (Kipchaks), fino a che cessarono di esistere
come forza indipendente dopo essere stati sconfitti nella
battaglia di Levounion da un esercito bizantino e cumano
condotto dall'imperatore bizantino Alessio I Comneno nel 1091.
Nel giro di meno di cinque anni, tutti i Pecheneghi del Ponto
finirono per essere assorbiti e solo poche comunità
significative di Peceneghi rimasero ancora nel Regno d'Ungheria
ma, avendo perso la loro identità nazionale, finirono
completamente assimilati con Magiari e Bulgari a servire sotto
l'Impero Bizantino [6]. Infatti, nel XII secolo, secondo lo
storico bizantino Giovanni Kinnamos, i Peceneghi combatterono
come mercenari per l'imperatore bizantino Manuele I Comneno nel
Sud Italia contro il re normanno di Sicilia Guglielmo il Malo e,
con assoluta certezza, un gruppo di loro era presente alla
battaglia di Andria nel 1155 [7].
I
Cumani erano, di base, una popolazione turca nomade che
abitava in un area a nord del Mar Nero conosciuta come
Cumania, lungo il fiume Volga. Erano guerrieri nomadi
delle steppe eurasiatiche che riuscirono ad esercitare
un impatto duraturo sui Balcani medievali grazie alla
loro forza militare, che nessuna delle fazioni in guerra
nell'area balcanica riuscì ad eguagliare. Come
conseguenza, gruppi di Cumani si mescolarono in forma
egemonica con la popolazione locale (tanto che una
origine cumana è stata proposta da alcuni storici
addirittura per i fondatori di tre dinastie successive
bulgare, Asenidi, Terteridi e Shishmanidi, e della
dinastia valacca besarabide), oltre a svolgere un ruolo
attivo a Bisanzio, in Ungheria e in Serbia, con
immigrati cumani integrati nelle elite di ciascun paese.
Eppure, anche per quanto riguarda questa tribù, le idee non sono sempre chiarissime: i Cumani furono chiamati Folban e Vallani dai tedeschi, Kun (Qoun) dagli ungheresi e Polovtsy dai russi e molto spesso vengono menzionati in unione con i Kipchak, tanto da non renedre chiarissimo se si trattasse di un popolo unico e di una federazine militare (e,
in seguito, di una fusione culturale) tra due popoli
distinti [8].Quasi certamente i Cumani non erano, come a lungo creduto, provenienti dalla Cina, ma erano un popolo della steppa migrato dalle praterie del sud della Siberia e del Kazakistan settentrionale per entrare, verso l'XI secolo, nella prateria dell'Europa orientale, da dove cominciarono ad aggredire l'Impero Bizantino, il Regno d'Ungheria, e i Rus. Inizialmente Ladislao I d'Ungheria li sconfisse nel 1089 ma, come visto, alleandosi nel 1091 a Alessio I Comneno, i Cumani riuscirono ad avere la meglio sui Peceneghi e ad insediarsi stabilmente nelle zone che erano state di questa popolazione, ampliando notevolmente i loro domini, che rimasero estesi a tutta l'area circumuralica fino all'invasione mongola del 1229 (dopo la quale furono costretti a chiedere asilo asilo a Béla IV d'Ungheria). Successivamente, in alleanza con Bulgari e Valacchi durante la Rivolta dei fratelli Asen e Peter di Tarnovo, i Cumani si ritiene abbiano svolto un ruolo significativo nella vittoria finale della ribellione contro Bisanzio e nel ripristino dell'indipendenza bulgara (1185), tanto che si hanno notevoli sospetti che il successivo imperatore Kaloyan di Bulgaria avesse, in realtà, ascendenze cumane [9]. Più complicata fu la situazione dei rapporti con i Rus: anche se i Cumani inizialmente era riusciti a sconfiggere il Grande
Principe Vladimir Monomaco della Rus di Kiev nel XII
secolo (nella battaglia del fiume Stugna) poi furono
sconfitti dalle forze unite dei principati russi guidati
da Monomaco e furono costretti ad uscire dal confine dei
Rus in Caucaso per reinsediarsi in Georgia, dove
aiutarono i georgiani a fermare l'avanzata dei
Selgiuchidi.Come molti altri popoli dell'Europa orientale medievale, i Cumani tentarono, come accennato, di resistere contro l'inesorabile avanzata dei Mongoli, ma, alla fine, furono schiacciati nel 1238. In precedenza, si è detto, già dal 1229 avevano chiesto asilo a re Bela IV di Ungheria, che nel 1238 offrì finalmente rifugio a ciò che restava del popolo cumano, guidato dal leader Kuthen, in cambio dell'impegno di quest'ultimo a convertire le sue 40.000 famiglie al cristianesimo. Re Béla, in realtà, sperava di utilizzare i nuovi soggetti come truppe ausiliarie contro i Mongoli, che stavano già minacciando l'Ungheria e, in questa funzione, assegnò varie parti della Puszta alle tribù turciche. La manovra risultò totalmente inutile e quando i Mongoli
cominciarono a penetrare anche nel regno gli Ungheresi,
frustrati dalla propria impotenza, si vendicarono sui
Cumani, accusati di essere spie mongole: dopo una lotta
sanguinosa gli Ungheresi uccisero Kuthen e il suo clan e
il Cumani rimanenti fuggirono verso i Balcani, per poi
tornare dopo la guerra, richiamati da Bela IV per
ripopolare gli insediamenti devastati dai Mongoli. Nel
corso dei secoli seguenti ai Cumani d'Ungheria furono
concessi vari diritti, alcuni dei quali sopravvissuti
fino alla fine del XIX secolo, che permisero un certo
grado di sopravvivenza etnica, nonostante la sempre
maggiore assimilazione ungherese, paritetica
all'assimilazione ai Tatari che stava avvenendo nel
Khanato dell'Orda d'Oro.Probabilmente la situazione migliore fu quella dei Cumani rimasti a est e a sud dei Monti Carpazi, che riuscirono a crearsi un paese chiamato Cumania, tanto che, in seguito, tra i nove titoli dei re ungherese Árpád delle dinastia Angiò vi era anche quello di "Rex Cumaniae". Di fatto, l'influenza cumana in Valacchia e in Moldavia fu molto forte,tanto da far pensare che la dinastia Bessarab di Romania fosse di stirpe cumana, ma ciò non evitò, come ino ogni altra parte d'Europa una scomparsa della tribù per assimilazione [10].
Se
già le vicende storiche di questi popoli risultano non
sempre chiarissime, ancor più misteriose sono le loro
vicende culturali, riguardo alle quali siamo in possesso
di pochissime fonti.Robert de Clari ha descritto i Cumani come guerrieri nomadi, che non utilizzavano case e non coltivavano, ma vivevano in tende e si nutrivano di latte, formaggi e carne. I cavalli avevano un sacco per l'alimentazione attaccato alla briglia e potevano percorrere senza fermarsi per un giorno intero (e, pare, quando i cavalieri non avevano più acqua, nutrivano con il loro sangue, tramite l'apertura di una vena, il loro padrone). I soldati erano soliti andare in guerra senza bagagli, armati di archi compositi e con elaboratissime maschere da battaglia ornate di vistosi baffi ed erano famosi per i loro saccheggi devastanti.,
e quando ritornano prendono tutto quello che possono
portare, essi usura di pelle di pecora ed erano armati
con archi e frecce composito [11]. Questo è tutto quello
che possiamo sapere dalle cronache e, in realtà, anche
la nostra unica fonte appare spesso tutt'altro che
attendibile.Forse più chiaro è il quadro religioso, grazie ai numerosi ritrovamenti di statue antropomorfe che spuntano dal suolo che, al di là di una curiosa affermazione di Clari sul fatto che i Cumani pregassero dei zoomorfi nelle sembianze del "primo animale che incontrassero alla mattina", fa pensare a culti panteistici di dei della natura, forse legati ad un culto primario della Terra. In ogni caso, nel XIII secolo i Cumani occidentali adottarono il Cattolicesimo romano e, in Valacchia, l'Ortodossia orientale, mentre i Cumani dell'Est, influenzati dall'ambiente tataro, si convertirono progressivamente all'Islam [12].
NOTE:
(1) M.
Kashgari,
T' Dīwānu Lughati-Turk, XI secolo.
(2) M.Vasmer, Etimologiceskij Slovar Russkogo Jazyka, 1941. (3) R.J.H Jenkins, De Administrando Imperio. Corpus Fontium Historiae Byzantinae, Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, 1967, pp. 386-391. (4) A. Pálóczi-Horváth, Pechenegs, Cumans, Iasians: Steppe Peoples in Medieval Hungary, Kultura 1989, pp. 63 ss. (5) Ivi, pp. 59-103, passim. (6) AA.VV., Late Byzantine-Era Tribes in the Balkans: Ottoman Turks, Cumans, Pechenegs, Books LLC 2010, passim. (7) G. Kinnamos, Epitome Rerum ab Joanne et Alexio Comnenis Gestarum, in Corpus Scriptorum Historiae Byzantine, Société des Bollandistes 1836, passim. (8) AA.VV., Late Byzantine-Era Tribes in the Balkans: Ottoman Turks, Cumans, Pechenegs, cit., passim. (9) F. Curta,R. Kovalev, The Other Europe in the Middle Ages: Avars, Bulgars, Khazars and Cumans (East Central and Eastern Europe in the Middle Ages, 450-1450), Brill Academic Publishers 2007, passim. (10) I. Vàsàry, Cumans and Tatars: Oriental Military in the Pre-Ottoman Balkans, 1185-1365, Cambridge University Press 2009, passim. (11) R. De Clari, La Conquête de Constantinople, libro III. (12) J. Stuywesant, Ancient Religious Cults,, Kotler 2002, pp. 107-108 . |
©2010 Lawrence M.F. Sudbury