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di Maddalena Bertolini

                                             

Nel corso dei secoli le Metamorfosi, opera famosissima dello scrittore latino Ovidio, fu copiata svariate volte dai miniatori che, oltre a trascrivere non proprio fedelmente il testo, affiancavano alla parte scritta delle immagini, per poter sia rendere più facile la lettura del brano sia per abbellire le edizioni dei codici manoscritti.

La miniatura con Mercurio e Argo (fig. 1) focalizza l’attenzione su un episodio raccontato nel primo libro delle Metamorfosi in cui il figlio di Giove, sotto suo ordine, addormenta Argo per poi ucciderlo e liberare Io, l’ex amante del padre degli dei. L’opera in questione è stata dipinta su un manoscritto conservato alla Biblioteca Municipale di Lione e accompagna un testo che porta il titolo di Ovide Moralisé, di uno scrittore anonimo, tradotto da Chrétien Legouais. Il codice è datato nello stesso arco di tempo in cui videro la luce altre due celebri edizioni dell’Ovidé Moralisé oggi conservate a Roma e a Ginevra.

Fig. 1 - Miniatura con Mercurio e Argo, 1385 circa, acquerello, da un manoscritto dell’Ovide Moralisé

tradotto da Chrétien Legouais, Ms. 742, foglio 21 v, Bibliothèque Municipale, Lione.

Anticipando quella che sarà l’iconografia che caratterizzerà la maggior parte delle opere seicentesche, in questo disegno si vedono Mercurio, intento a suonare una cornamusa (generalmente lo si trova impegnato a suonare la siringa di Pan o un flauto, ma mai una cornamusa! Boccaccio nella sua opera Genealogie Deorum Gentilium, scritta tra 1350 e il 1374, riferisce, rimanendo fedele al testo di Ovidio, che Mercurio addormentò Argo al suono di una zampogna.), e Argo, seduto su una roccia già addormentato e appoggiato al suo bastone (entrambi sono vestiti con abiti tipicamente medievali). Manca la figura animale o umana di Io, ma al suo posto sono state raffigurate delle pecore, che, molto probabilmente costituiscono il gregge del pastore Argo. La disposizione del paesaggio con gli alberi posti solo a destra e a sinistra su un piccolo promontorio si avvicina alle soluzioni paesaggistiche adottate dai miniatori dei manoscritti dell’Ovide Moralisé conservati a Roma e Ginevra.

In stretto rapporto figurativo con la miniatura che illustra il manoscritto dell’Ovide Moralisé conservato a Lione (fig. 1), è il disegno di mano sconosciuta eseguito per decorare le pagine del testo del Tacuinum Sanitatis conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna (fig. 2).

Fig. 2 - Miniatura tratta dal Tacuinum Sanitatis, Mercurio, Argo e Io (?), ultimo ventennio del XIV secolo,

Biblioteca Nazionale, Vienna.

I taccuini, immediati successori degli erbari da cui discendono, sono dei trattati di carattere enciclopedico in cui vengono descritte le conoscenze relative alle piante, agli animali, alla medicina, alle condizioni climatiche, alle stagioni, all’igiene e agli umori degli uomini (sui quali i composti delle erbe esercitano un influsso positivo). Il Tacuinum Sanitatis esistente in diversi esemplari, è una copia di un testo arabo scritto nell’XI secolo da Ibn Botlan (un medico arabo allievo di Ibn el Taijib a Bagdad; nel 1047 si recò in Egitto, poi a Costantinopoli e ad Antiochia, dove si ritirò in convento; molto probabilmente fu anche teologo. Morì dopo il 1068), e giunto in Italia nel XIII; non si conosce la data esatta della traduzione del testo dalla lingua originale al latino. Non è accertato neppure se le figure, che trasportano in immagine le didascalie, siano state tratte dal testo di Ibn o se siano state aggiunte dai copisti in un secondo momento: infatti nella cultura letteraria araba raramente si ricorreva all’utilizzo di immagini per rendere più comprensibile o gradevole un libro, ma ciò non esclude che dei disegni fossero presenti nel Tacuinum Sanitatis. Si ipotizza che l’opera abbia raggiunto l’Occidente tramite gli arabi che all’epoca vivevano nella Spagna Meridionale. Il Tacuinum spiega gli effetti che le sostanze presenti in natura procuravano sull’organismo: da ciò che influiva positivamente o negativamente sugli umori dell’uomo ai fenomeni meteorologici dannosi o benefici per la salute fino al consumo di cibi e bevande; il Tacuinum comprendeva la descrizione dei prodotti più diversi del regno vegetale e del regno animale, degli abiti, degli atti della vita umana (dal sonno al riposo, dai pasti al vomito), dall’equitazione alla lotta; importante era far conoscere in che modo si potesse restare in salute attraverso la compilazione di tutto ciò che potesse influire sulla salute, ma anche porre rimedio alla malattia.

La miniatura mostra due uomini seduti su un promontorio e diversi animali nei dintorni: data la somiglianza dei due individui con quelli che raffigurano Mercurio e Argo nella miniatura di Lione e data la presenza di una gigantesca mucca in primo piano (assente nell’altro manoscritto), l’episodio, pur non facendo riferimento ai racconti ovidiani, potrebbe raffigurare Mercurio, Argo e Io (fig. 2).

Il fatto che nessun attributo che determini l’identità di Mercurio sia presente non può far sì che venga respinta l’ipotesi che l’uomo sia il figlio di Giove perché nemmeno nella rappresentazione miniata del dio dell’Ovide Moralisé lionese compaiono il caduceo, il petaso o le ali; l’uomo/Mercurio sta suonando il flauto (che nel disegno di Lione era diventato una cornamusa, figg. 3 e 4), mentre accanto a sé ha appoggiato un bastone (molto simile a quello su cui si appoggia Argo dormiente nel disegno di Lione); entrambi sono indizi a favore dell’interpretazione di vedere nell’uomo la figura di Mercurio: il flauto perché il suono della musica serve per far addormentare Argo e il bastone perché per ingannare Argo si fa credere un pastore. L’uomo seduto accanto al musicista rimanda in tutto al ruolo di pastore qual’era Argo e sono: il bastone che tiene in mano, il gregge di pecore, le capre, i maiali e la mucca, che potrebbe raffigurare Io trasformata in giovenca.

     

Figg. 3-4 - A sinistra: miniatura con Mercurio e Argo, 1385 circa, acquerello, particolare con

 Mercurio, Bibliothèque Municipale, Lione; a destra: miniatura tratta dal Tacuinum Sanitatis,

ultimo ventennio del XIV secolo, particolare con Mercurio (?), Biblioteca Nazionale, Vienna.

Nel Tacuinum Sanitatis le figure completano le informazioni dello scrittore riportate sottoforma di semplici tabelle, perché, come è chiarito nel testo di presentazione al codice, i discorsi molto articolati e lunghi possono annoiare i lettori che vogliono conoscere dalla scienza chiare definizioni e non leggere lunghe discussioni scientifiche. In generale le immagini risultano inessenziali per l’individuazione delle varietà botaniche spiegate, quindi è presumibile che l’illustratore si sia ispirato per la realizzazione delle miniature ad un repertorio figurativo già esistente; nel Medioevo frequentemente accadeva che alcune immagini venissero ad “accompagnare” libri diversi.

Del Tacuinum esistono diverse versioni, delle quali quelle di lusso erano principalmente libri di immagini; una di queste copie fu commissionata da Bernabò Visconti (1323-1385) come dono per la figlia Verde (1364-1414) che sposò l’arciduca Leopoldo d’Asburgo (1349-1386), una versione posteriore di 60-80 anni (datata al XV secolo) appartenne al conte Luigi di Wurtemberg e a sua moglie Matilde, figlia di Luigi di Baviera, conte Palatino del Reno.

        

Testi da consultare:

AA. VV., La scuola medica salernitana, Storia, immagini, manoscritti dall’XI al XII secolo: Carafa R., I

                    “Semplici” e il “Circa Instans”, catalogo della mostra di Salerno, Electa, Napoli 1988, pp. 102 e 103.

AA. VV., Di sana pianta, erbari e taccuini di sanità, Le radici storiche della nuova farmacologia, Cogliati 

                    Arano L., Tacuinum Sanitatis, catalogo della mostra di Padova, Edizioni Panini, Modena 1988, pp. 

                    13-20.

AA. VV., La médicine médiévale à travers les manuscrits de la Bibliothéque Nationale , catalogo della 

                    mostra di Parigi, Union, Parigi,1982, pp. 78 e 79.

Walther I. F., Wolf N., Codices illustres. I codici miniati più belli del mondo dal ‘400 al ‘600, Taschen, 

                    Colonia 2003, p. 253.

Ovidio, Le Metamorfosi (2/8 d.C.), vv. 675-677, Libro I, a cura di Bernini F., Nicola Zanichelli Editore, 

                    Bologna 1958, vol. I.

Boccaccio G., Genealogie Deorum Gentilium, in Io, figlia di Inaco e madre di Epafo, Libro VII, Tutte le 

                    opere di Giovanni Boccaccio, a cura di Branca V., Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1988, p. 759, 

                    voll. VII-VIII.

Cadei A., Studi di miniatura lombarda, Giovannino de’ Grassi, Belbello da Pavia, Viella, Roma 1984, p. 35.

Battaglia Ricci L., Parole e immagini nella letteratura italiana medievale, Materiali e problemi, Gruppo 

                    Editoriale Internazionale, Giardini Editori e Stampatori, Pisa 1994, p. 36.

Rossi M., Giovannino de Grassi, in Giovannino, i Visconti e l’Europa nella seconda metà del Trecento

                    Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI) 1995, p. 9.

    

Immagini:

Figg. 1 e 3: http://www.iconos.it

Figg. 2 e 4: Rivista «Medioevo», anno 2/n.8, agosto 1998, De Agostini Rizzoli Periodici, p. 67.

                          

    

   

© Maddalena Bertolini, settembre 2007

 


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