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       LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


Orta Nova, palazzo di Pasquale Sinisi

 

Com’è noto la Compagnia di Gesù, battagliera milizia fondata dal Capitano Ignazio Lopez Reclade de Loyola nel 1534 e riconosciuta ufficialmente nel 1540, si imponeva una strenua difesa dei sacri diritti del papato.

Durante il regno napoletano di Carlo III di Borbone, padre Pepe del Gesù Nuovo, Apostolo del secolo XVIII, era spesso convocato a corte dal Sovrano, sia per consigli sia per risolvere le “Faccende” del governo; ciò suscitò le invidie dei politici e di alcuni prelati a danno del suo stesso Ordine: costoro non sopportavano che i religiosi riuscissero ad imporsi per le loro capacità diplomatiche.

I Gesuiti erano potenti ed avevano aderenze dovunque, non era quindi facile, per chi complottava contro di loro, riuscire ad eliminarli.

Furono espulsi anche dagli altri Stati europei a causa della loro ingerenza negli affari di Stato; essi rappresentavano ”l’élite” degli Ordini Religiosi, ed erano pertanto visti come degli “arrampicatori” che sapevano destreggiarsi negli affari di Stato.

Dopo la partenza del sovrano per l’ascesa al trono di Spagna, il governo del regno rimase nelle mani del marchese Bernardo Tanucci per circa vent’anni.

Durante la sua reggenza il ministro, con l’approvazione del sovrano, agì con severità verso alcuni ordini religiosi (fra i quali la Compagnia di Gesù) pensando che sfruttassero la generosità del sovrano stesso.

Inasprì, quindi, la pressione fiscale sui beni della Chiesa iniziata dopo il Concordato del 1741 [1] e cercò di mettere sotto controllo dello Stato tutte le proprietà ecclesiastiche pretendendo l’ingerenza anche sui beni che erano lasciati agli ordini religiosi nei testamenti. In seguito emanò alcuni decreti che gli inimicarono il pontefice.

Nel 1767, divenendo Ferdinando maggiorenne terminò la sua reggenza; fu costituito quindi un Consiglio di Stato del quale il Tanucci rimase arbitro. Egli riuscì a raggiungere lo scopo che si era prefissato da lungo tempo: quello di espellere dal regno di Napoli la Compagnia di Gesù, provvedimento che era già stato attuato in Spagna, in Portogallo ed in Francia. L’espulsione dei Gesuiti dal regno fu la conseguenza di un movimento anticlericale maturato già dai tempi di Carlo III.

Il ministro Tanucci aveva preparato il terreno per farli espellere dal regno, così il 21 aprile 1767 egli scrisse al Principe della Cattolica, ambasciatore napoletano a Madrid, che a Napoli non il popolo ma la “Voce di Dio” voleva i Gesuiti fuori del regno. Così, si incominciò ad addebitare loro ogni sommossa od attentato.

Nonostante tutto, il papa Clemente XIII protestò, ma lo Stato, che aveva incamerato i beni dell’Ordine, pensò di non tenere conto delle rimostranze del pontefice che aveva anche sottolineato che questo atteggiamento contravveniva al Concordato del 1741; il papa si rivolse anche ad altri governi europei, ma il Tanucci fu irremovibile.

Le potenze borboniche si allearono per ottenere da Clemente XIII la soppressione totale dell’Ordine e quando il pontefice morì, appoggiarono l’elezione di un candidato che non nutriva simpatia per i religiosi: fu eletto papa il cardinale Ganganelli che fu incoronato il 4 giugno 1769 con il nome di Clemente XIV.

La questione si chiuse definitivamente con la pace conclusa tra il nuovo pontefice e le case borboniche di Francia, Spagna, Portogallo e Napoli, previo l’accoglimento della proposta di soppressione totale dell’Ordine Gesutico. Ciò avvenne dopo un’ispezione effettuata nel marzo del 1771 in un Collegio gesuitico irlandese, alla quale seguirono altre visite in diverse case dell’Ordine.

Dopo varie ed intricate vicissitudini, il nuovo Pontefice affidò a monsignor Zelada l’ordine di preparare la Bolla di soppressione. L’Ordine religioso fu soppresso definitivamente il 16 agosto 1773 [2].

Stessa sorte toccò ai Gesuiti della “Casa d’Orta”. Così dopo la loro espulsione dalla Capitanata [3] la Regia Corte nel 1774 divise le terre in appezzamenti ed istituì i Cinque Reali Siti.

Il territorio di Orta fu diviso in 105 lotti [4] ed assegnato in enfiteusi, per 29 anni, alle famiglie concorrenti che ne avevano diritto.

Orta, quindi, dopo l’insediamento dei coloni, cominciò a svilupparsi anche sotto il profilo urbanistico, assumendo l’aspetto di un vero e proprio villaggio; in questa occasione, il “Dottor Fisico Giuseppe Negri, avendo appreso dell’esistenza del nuovo insediamento, nel 1775 inviò una supplica al Sovrano, affinché da Solopaca, paese della Campania, potesse trasferirsi ed esercitarvi la sua professione [5].  

Lo sviluppo urbanistico di Orta, fino al 1775, si estendeva solo intorno al monumentale fabbricato del convento ex gesuitico, una costruzione risalente al 1600 ed edificata dai Gesuiti, come evidenziato dalle planimetrie compilate dal regio compassatore Antonio Michele di Rovere, intorno al 1686, e da Agatangelo Della Croce e Giuseppe Mancino, regi agrimensori nel 1738 [6].

Tra il 1777 ed il 1778 una parte dei censuari, che a causa delle calamità naturali non era riuscita ad assolvere il proprio debito annuale con la Regia Corte, fu espulsa e così le partite libere furono riassegnate a nuovi censuari [7]. Si pensò allora di aiutare gli stessi, concedendo loro soccorsi per la coltivazione dei terreni ed altri piccoli lotti per l’ampliamento delle case rurali e per rendere più comode le loro abitazioni.

A tale riguardo, l’11 febbraio 1775 il Pallante, responsabile della Giunta degli abusi, inviò una lettera al De Dominicis, uditore della Dogana, con la quale garantiva che avrebbe proposto alla Giunta stessa e poi al sovrano la concessione richiesta dai censuari [8].

Solo successivamente, tra il 1798 ed il 1800, Orta si sviluppò tra le vie: Delle Rose, Strada Giovine, Via Ordona, Via Foria, ecc.” e, queste strade, ora periferiche, costituirono un importante asse viario di comunicazione tra il centro del paese ed altri paesi limitrofi.

Con l’abolizione del sistema doganale avvenuta con la Legge del 21 maggio 1806 e successivamente con R. D. del 14 giugno 1806, si concedeva ai censuari il dominio utile dei fondi e la libertà di poterli coltivare secondo le proprie esigenze. Il censuario era tenuto al pagamento del canone annuo e della fondiaria, ed in seguito divenne l’effettivo proprietario dei fondi assegnati, poiché il contratto divenne perpetuo.

Più tardi, con Reale Dispaccio del 22 aprile 1807 [9], alcune terre, proprietà del duca Nicola Maria de’ Sangro [10], furono devolute e cedute al prezzo di 27 carlini la versura, ad altri censuari già in possesso di terreni nel Reale Sito di Orta.

Così, la lungimiranza di alcuni di loro e l’abilità nel condurre i propri affari, consentì agli stessi di estendere il proprio patrimonio dando inizio allo sviluppo economico e sociale del paese. Si formò così una borghesia costituita per lo più da proprietari terrieri, in parte analfabeti, e piccoli commercianti. Solo più tardi, intorno alla metà dell’Ottocento, avendo questi ultimi indirizzato agli studi i propri figli, si contarono nella borghesia i primi “Professionisti Ortesi”; quelli già residenti infatti provenivano da altri paesi. In questo periodo Orta contava la presenza di un regio giudice: Alessandro Ruocco, di un medico: Francesco De Majo, di due farmacisti: Paolo Dembech e Vincenzo Balestrieri, di due notai: Luigi Guadagni e Ciriaco Sciretti, e di un avvocato: Alessandro Carella.

Orta Nova, palazzo Saltarelli, interno.

Le case terranee e rurali già esistenti furono, in massima parte, soprelevate tra il 1798 ed il 1890, e molti proprietari fecero edificare le loro dimore, conferendo ad Orta l’aspetto di un centro urbano moderno e confortevole per quei tempi; ne sono testimonianza diretta le “case palaziate” costruite - come già detto - nei punti nevralgici del paese e sempre adiacenti a strade costituenti un importante punto di comunicazione con altri centri urbani.

Lo sviluppo sociale e quello urbanistico procedevano quindi di pari passo; tale fenomeno è evidenziato anche in un documento del 20 febbraio 1841 [11], quando Don Luigi Tagliazucchi e Donna Marianna Freber, ambedue di Napoli, il primo insegnante di musica e la seconda istitutrice, decisero di aprire nel paese una scuola privata, dando la possibilità ai cittadini più abbienti di potersi istruire senza recarsi altrove. Per questo incontrarono alcuni esponenti della borghesia ortese e con loro stipularono un accordo che stabiliva alcune condizioni essenziali per procedere all’apertura della scuola. La classe borghese, costituita dalle famiglie più abbienti, per oltre un secolo visse contribuendo alla ricchezza economica del paese.

Con il riconoscimento giuridico del Comune di Orta avvenuto con il già citato R.D. del 14 giugno 1806, si ravvisò la necessità di istituire il Catasto Urbano, di cui il paese era sprovvisto, ma, nel verbale redatto dal controllore delle Contribuzioni dirette, Laudati, del 15 marzo 1812, si poneva in evidenza la scarsa volontà dei proprietari delle abitazioni a collaborare ed infatti, solo pochissime furono le “Rivele” [12] consegnate allo stesso controllore per essere stimate e censite, così si pensò di nominare “[…] due probi ed onesti muratori, Lonardo Netti e Gaetano Maggio[…]” per procedere alla formazione dei catasti provvisori, un lavoro durato dal 1807 al 1812 [13].


* Pagine tratte dal volume: L. LOPRIORE, Orta Nova tra ‘700 e ‘900 – Storia, urbanistica ed architettura, Bastogi, Foggia 1999.

1 V. GLEIJESES, La Storia di Napoli dalle origini ai giorni nostri, Napoli, SEN srl, 1977, pag. 676 e segg. Il Concordato del 1741, poneva fine ai contrasti ideologici sorti durante il regno di Carlo III tra coloro che propugnavano un curialismo “defensor Ecclesiae”, ed altri che invece ravvisavano la necessità della difesa dell’interesse dello Stato e della rivendicazione contro il malcostume di alcune comunità ecclesiastiche che, sentendosi uno Stato nello Stato, rifiutavano di mettere in primo piano l’apostolato. I discepoli dell’abate Genovesi fecero dell’anticurialismo un vessillo da inalberare ai quattro venti, mentre Carlo III, che notoriamente era un sovrano mite, non volle assumere una posizione decisa. Ciò fece sì che si giungesse al Concordato.

2 Ibidem.

3 Archivio di Stato di Foggia (da ora in poi AS FG) - Dogana, s. I, b. 739, fasc. 17389, c. 4 r. e segg. - Atti relativi all’espulsione dei PP. Gesuiti del 31 Ottobre 1767.

4 Sezione Archivio di Stato di Lucera, (da ora in poi SASL) - Prot. Not. Rep. n. 241/277 cc. 95 - 96 - 97 r. da nn. 1070 a 1116 - Not. Giuseppe Grassi di Ascoli censuazione del 27 agosto 1774.

5 AS FG - Dogana, s. I, b. 740, fasc. 18180, c. 138 r.

6 Ivi, s. I, Atl. 20 cc. 26 v. e 27 r., e Dogana, s. I, b. 63, fasc. 656 c. 57 r. 

7 Ivi, s. I, b. 740, fasc. 18180 cc. 266 r. e 267 r.

8 Ibidem, c. 108 r.

9 Ivi, Tavoliere di Puglia - s. I, b. 20, fasc. 300, c. 137 r., e Amm.ne del Tavoliere - Scritture dell’Ufficio, b. 17, fasc. 4, cc. 6 v. e 8 r.

10 V. SPRETI, Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana, Bologna, Forni 1969 (rist. anast. ed. 1928),  vol. III, p. 623 e vol. VI, pp. 88, 89 e ss.

Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano, Torino 1922, p. 840, e F. BONAZZI DI SANNICANDRO, Famiglie Nobili e Titolate del Napolitano, Napoli 1902, pp. 214, 215, 216.

Originaria della Casa dei Conti de’ Marsi, la famiglia de’ Sangro ebbe diversi rami nobiliari: quello dei Principi di Viggiano, dei Principi di Fondi, dei Duchi di Vietri, dei duchi di Torremaggiore e principi di San Severo, dei Duchi de’ Sangro. Questi ultimi furono ascritti al Patriziato Napoletano del Seggio del Nido dal 1507, e furono decorati col titolo di Duchi nel 1760. Per successione della Casa Caracciolo di Martina Franca, furono decorati col titolo di Duchi di Martina Franca con l’anzianità di Caggiano dal 1498, di Conti di Brienza e di Conti di Buccino concessi originariamente il primo nel 1428 e l’altro nel 1499, e riconosciuti tutti con Real Rescritto del 22 luglio 1852 e D.M. del 1893. Per questi riconoscimenti Don Nicola de’ Sangro di Domenico di Giovanni Battista, fu ascritto all’Elenco Regionale Napolitano, e fu ammesso all’Ordine di S. Gennaro del Regno di Napoli nel 1797. Si imparentarono con i Guevara-Suardo, Duchi di Bovino, poiché Giuseppe de’ Sangro, Conte di Buccino, sposò Maria Guevara-Suardo, Duchessa di Bovino; dal matrimonio nacque Giuseppe Conte di Buccino, Nobile dei Duchi di Martina Franca e dei Duchi di Brienza, nonché Patrizio Napolitano. ARMA: Partito: a destra,di oro a tre bande di azzurro; a sinistra, di rosso a tre fasce d’argento.

11 AS FG - Atti Privati Registrati  - Locazione ORTA - b. 636, fasc. di Maggio 1841, reg. n. 75 - Scrittura Sinallagmatica.

12 Le Rivele erano delle dichiarazioni giurate, nelle quali i proprietari indicavano i loro dati personali e descrivevano i beni e le rendite di cui godevano.

13 AS FG - Catasti Antichi - Locazione Orta - Vol. 124 ms. c. 3 r. et passim - Rinumerato come Vol. 30 /C Locazione ORTA - STORNARELLA.


  

   

©2004 Lucia Lopriore, da L. LOPRIORE, Orta Nova tra ‘700 e ‘900 – Storia, urbanistica ed architettura, Bastogi, Foggia 1999.

     


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