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             MEDIOEVO RUSSO

a cura di Aldo C. Marturano, pag. 4


 

      

Ho una teoria a riguardo che, a brevi linee, è questa: Slavi, Finni, Balti, Variaghi, Cazari e altri popoli nomadi della steppa meridionale vissero per qualche tempo separati culturalmente, anche se più o meno vicini (!!) geograficamente. Ad un bel momento però i Variaghi (o Vichinghi dell’est), intorno al VIII secolo d.C., cominciarono a visitare le coste del Baltico orientale sempre più massicciamente, organizzati in bande di coetanei legati da un patto di ferro (da cui il loro nome di Variaghi o Väringar) ad un capo e principalmente giovani di origini svedesi, provenienti dalle coste orientali danesi o addirittura dalla vicina Isola di Gotland. Queste bande razziavano i villaggi, slavi o balto-finnici che fossero senza differenza, generalmente all’inizio della bella stagione, sicuramente cercando di imitare i più fortunati congeneri che si muovevano dalle coste norvegesi e danesi occidentali verso le coste del Mare del Nord.

 

Quando le razzie erano fruttuose, alcune bande si dirigevano al sud per commerciare il bottino raccolto, di solito schiavi e pellicce, ma sempre in tutta fretta per fare in tempo a ritornare agli inizi della stagione cattiva in patria e prima di cadere in qualche agguato lungo il cammino di altri predoni come loro.

è però sbagliato pensare che i Variaghi avessero lo stesso peso storico degli Slavi o dei Balti nello svolgersi degli avvenimenti, perché, se così credessimo, non metteremmo in giusto risalto il reale ruolo di ciascuno. E mi spiego meglio.

Dalle fonti e dai reperti archeologici sappiamo che gli Slavi migranti erano di numero consistente (tutte le fonti concordano su questo punto!), mentre i Balti autoctoni e i Finni provenienti dal nordest, pur contando sempre villaggi interi di persone, erano gruppi di minor consistenza numerica. I Variaghi, in particolare, erano solo bande, al massimo composte di un centinaio di persone alla volta, che si accampavano sulle rive dei fiumi e d’inverno praticamente scomparivano! La superiorità dei Variaghi sugli altri si basava sulla loro bellicosità o forse meglio sul loro scopo stagionale di frequentare le coste baltiche e per questo, splendidamente armati con armi di ferro, riuscivano facilmente ad avere la meglio sui contadini o sui raccoglitori, che, al massimo!, potevano opporre strumenti di legno per la propria difesa o, alla peggio, fuggire nel fitto della foresta!

A quel tempo poi, oltre agli scarsi villaggi, le uniche comunità organizzate di una certa importanza, che avrebbero potuto contrastare queste imprese piratesche, erano o Kiev sul fiume Dnepr, situata molto più a sud rispetto alle zone battute dalle bande variaghe dei Grandi Laghi, o Bolghar, sempre a sud, ma sul fiume Volga, oppure l’Impero Cazaro, anch’esso situato in direzione sudest ai piedi del Caucaso, che invece aveva stabilito buoni rapporti con questi pirati.

Kiev in particolare era l’unica grande città organizzata con i centri vicini che da essa più o meno dipendevano ed era a predominanza slava e stava diventando (nel VIII-IX secolo) sempre più importante per i suoi contatti con l’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente e con l’Impero Cazaro. Tuttavia gli Avari prima, i Magiari e i Cazari dopo, fra il VI e il IX secolo d.C. avevano portato lo scompiglio nel suo territorio e, imponendo nuovi regimi e nuove servitù, avevano impedito a Kiev di legarsi più intimamente con le vicine potenze cristiane e così la città subiva passivamente il potere dei Cazari, non avendo un esercito proprio.

Quando le razzie sempre più pesanti delle bande variaghe nel nord cominciarono a restringere le forniture dei prodotti di alto prezzo che Kiev trattava, attraverso gli slavi dei Grandi Laghi, e a mettere in pericolo la sua economia, sicuramente l’èlite slava locale cercò un modus vivendi coi minacciosi predoni stranieri del nord, affinché costoro permettessero, ma in modo pacifico, che gli articoli di lusso del nord continuassero ad arrivare nel loro porto fluviale, vista la domanda crescente dei mercati più vicini. Certamente tentativi in questa direzione furono fatti attraverso le tribù slave consanguinee dei Krivici e degli Slaveni che erano a più stretto contatto coi Variaghi, dato che anch’esse erano cointeressenti nelle razzie e negli sfruttamenti pirateschi messi in atto dalle bande svedesi.

L’Impero Cazaro, invece, gestì questa situazione in altro modo. Cercò di controllarla tempestivamente e meglio, fornendo tutte le possibili agevolazioni affinché i traffici continuassero attraverso il bacino del Volga-Don sia in direzione Persia che in direzione Bisanzio. Infatti con varie diversioni riuscì a far confluire le aspettative dei Variaghi verso il proprio territorio, attirò queste bande sia a fare i mercenari per la corte cazara sia a convogliare verso i propri mercati le merci che le bande trattavano, prelevando dazi forse meno esosi, ma sicuramente costringendo Kiev ad un ruolo secondario, in chiave antibizantina.

Le bande del nord, finché si mossero nei territori sotto il controllo dell’Impero Cazaro, per lungo tempo “godettero” dei mercati della “Persia” e dell’Asia Centrale (facevano base ad Abaskun sulla costa orientale del Caspio!). Poi le miniere d’argento persiane si esaurirono e i Cazari cominciarono a decadere, sotto i colpi del nuovo califfato. A questo punto la scelta per i Variaghi era obbligata ed essi cercarono guadagni altrove e, dovendo ora cambiare gli itinerari per dirigersi verso i nuovi mercati, i loro sguardi avidi e interessati si volsero verso Kiev. La città aveva continuato a svilupparsi sempre più vicina all’orbita bizantina, ma, anche se frequentata da tanta gente diversa, era rimasta sempre nelle mani dell’élite slava, con una breve parentesi di dominazione magiara, mentre i Magiari, alleati dei Cazari, era in migrazione verso la Pannonia.

I Variaghi, è bene ribadirlo, non erano una realtà unitaria, né un popolo in migrazione. Erano bande quasi sempre diverse fra loro e da quelle dell’anno precedente. Arrivavano in primavera e scomparivano d’autunno e probabilmente, anche se una spartizione di sfere d’influenze sul territorio dei laghi del nord ci fu, essa fu certamente provvisoria e basata sulla forza di cui poteva disporre ciascuna banda per imporsi alle altre!

In seguito però (inizio IX secolo) alcune bande si unirono in un racket mafioso e il territorio “rapinabile” fu diviso “rigorosamente”. è anche pensabile che qualcuna di queste, più lungimirante o più potente, abbia pensato addirittura di insediarsi stabilmente in Terra Russa, anche se s’accorse subito del ruolo troppo impegnativo necessario per gestire un insediamento stabile, per il quale la sua organizzazione non era assolutamente adeguata.

Da secoli intanto, intorno ai grandi laghi, un’agricoltura molto povera, a causa del clima, si era diffusa qui nel nord e i villaggi contadini erano diventati più numerosi, favorendo la venuta da ovest degli Slavi. Questi, attaccati alla terra, dovettero abituarsi alla presenza occasionale dei predoni baltici e il fatto di essere periodicamente disturbati da loro li aveva costretti a cercare di venire a patti, ogni villaggio con i Balti vicini che li taglieggiavano periodicamente. Le predazioni dei Balti erano comunque sopportabili e cominciarono a diminuire con l’assimilazione graduale nella società slava. La situazione peggiorò all’apparire dei Variaghi, meglio armati. Questi ultimi non limitavano le rapine alle derrate alimentari, ma catturavano bambini e giovani e tutto quanto c’era di più prezioso e, per di più, tutto il frutto del lavoro invernale andava perduto. Gli Slavi dunque, a causa della loro economia agricola, non potevano abbandonare i campi e fuggire sempre nella foresta come facevano i Balti, e dovettero cercare altre soluzioni, contro i pirati svedesi.

Tuttavia, se all’inizio le razzie piratesche erano spietate e senza quartiere, quando i Variaghi davano fuoco a tutto e uccidevano tutte le persone “inutili” dei villaggi, a poco a poco si accorsero che questi atti di pirateria praticati troppo a lungo e ripetutamente era troppo pesante per i residenti. Non solo causò ribellioni e tafferugli, ma mettevano in pericolo i traffici, tanto importanti per i Variaghi, e così, per poter continuare a trafficare, i Variaghi trasformarono le razzie indiscriminate… nella riscossione di un “pizzo mafioso” fisso! Anzi, in cambio di una certa quantità di merce all’inizio di ogni bella stagione, le bande variaghe più forti garantirono, una volta pagato il dovuto, la difesa a tutti contro qualsiasi altra banda eventualmente presente o intrusa, per il resto della stagione.

Tutto questo potè avvenire però finché l’élite slava locale, specialmente quella che si era insediata sulle rive nord del lago Ilmen, fu loro alleata e finché non s’accorse delle immense ricchezze che i Variaghi sottraevano loro. Quando il traffico aumentò, gli Slaveni e i Krivici sicuramente s’imposero ora come nuovo partner nel racket variago.

L’allargarsi dei mercati richiedeva sempre più merci e la mafia variaga diventò più esigente, tanto che il racket tentò di diventare monopolistico ed esclusivista, escludendo tutte le altre bande, organizzando depositi ben difesi e guarnigioni armate stabili. Le visite stagionali delle bande si diradarono, man mano che i posti di guardia variaghi diventarono insediamenti permanenti.

Un racket senza precedenti quindi dominò quasi tutto il nord della Terra Russa finché un capo variago, come avvenne per altri Normanni (questo era il nome che si dava ai Vichinghi in Occidente: Uomini del Nord) come lui in altre parti d’Europa più o meno alla stessa epoca, non decise (favorito dalle circostanze) di eliminare in blocco tutte le altre mafie e di trasformare il regime di protezione in un vero Stato organizzato (fine del X secolo – inizi del XI secolo d.C.) di cui si fece proclamare principe. Quando questo avviene tuttavia, avviene sempre confluendo nei disegni dell’élite slava locale o di Kiev o di Novgorod o di Polozk, per nominare le più grosse città a maggioranza slava del tempo.

Sicuramente l’idea di un’organizzazione statale, come evoluzione massima delle proprie attività, la mafia variaga non la contemplò mai. I Variaghi erano troppo incolti e scollegati fra loro per guardare con attenzione alle diverse realtà culturali intorno, magari prendendole a ideali di vita per organizzare uno Stato. Per loro la Terra Russa era solo una miniera di ricchezza da cui prelevare bottino, senza troppi sforzi. Per il resto i legami dei Variaghi continuavano a rimanere oltremare, nel Baltico occidentale! Certamente ci fu qualche variago che sognò un dominio per sé, ma era una cosa troppo complicata e anche se cercò di imitare un’organizzazione statale, ad esempio imitando il modello dell’Impero Cazaro, in molte occasioni la “copiatura” restò molto superficiale!

Un’organizzazione statale invece c’era già nell’antico tessuto della società slava e fu questa realtà che dominò meglio di altre e che i capimafia variaghi sfruttarono.

Comunque sia, nel mondo altomedievale del nord in cui la vita di un uomo era durissima e breve, nessun pirata svedese si poneva compiti così articolati come quello di inventarsi uno stato ex novo, fuori della sua patria, per un teorico piacere del potere. Chi volesse (e potesse!) trasformarsi in principe, se non era (o diventava) il capo assoluto di una vasta e compatta comunità tenuta insieme con la forza, incontrava molte difficoltà ad autonominarsi principe in mezzo ai suoi soci d’affari che nell’impresa piratesca erano suoi pari.

Chi volesse perciò diventar qualcosa di più di un capobanda, addirittura al suo ritorno in Svezia, anche se acclamato dal gruppo degli “amici e parenti” che lo aspettavano, doveva opporsi ai re locali che già prima lo avevano cacciato dalla patria. L’avventura “regale” era solo possibile al di fuori della Scandinavia!

I capibanda variaghi che frequentavano la Pianura Russa erano infatti di solito degli scontenti o dei diseredati e gli unici posti dove poter “giocare al principe” erano le lande di nessuno e cioè le Terre Russe del nord scarsamente abitate e potenzialmente ricche! In questi luoghi gli unici che avrebbero potuto molestare le loro attività erano lo stato bizantino o, meglio ancora, quello cazaro.

Nel passato circolò l’idea che la Rus’ di Kiev, quale primo stato russo, rispecchiasse un’organizzazione messa insieme dai Variaghi nella grande città slava “alla cazara”, non potendo immaginare un progetto politico autonomo nelle bande variaghe e tanto meno fra gli Slavi, e il lettone G. Evers nel XIX secolo, nella sua opera Dell’Origine dello Stato Russo, affermava che il primo nucleo di Stato variago-slavo era formato proprio dai… Cazari 

E qui è saltata fuori una questione tipica della storia russa di cui è bene parlare, anche se brevemente, perché ha influenzato, e talvolta pesantemente, alcune delle nostre fonti.

Nella storiografia russa di qualche secolo fa un’influenza cazara importante per le origini dello Stato russo, troppo evidente per essere negata, non avrebbe fatto scandalo, ma che lo Stato russo potesse essere stato il prodotto di un’élite variaga, di origini svedesi, certamente sì! L’Impero Russo e la Svezia nel XVII secolo erano infatti nemici permanenti e quando nel 1613 in una nota di un certo V. Videkind, svedese, che preparava il materiale per le trattative con l’Impero Russo, si osò scrivere che le pretese di una penetrazione nella zona dei Laghi del Nord da parte del suo paese era giustificata in quanto «…un tempo (a Novgorod) c’era stato un principe nato in Svezia…» di nome Rjurik, divise aspramente le opinioni di molti benpensanti e patriottici nobili russi!

Con questa annotazione comunque nacque ufficialmente uno dei due filoni storici sulla questione delle origini dello Stato russo: quello dei normannisti! A questi si opposero subito gli antinormannisti, con l’altra idea dell’origine strettamente «locale, ma soprattutto slava» dello Stato russo.

La questione, come si capisce, nascondeva scopi politici ben precisi e si trascinò per anni senza sbocchi. La teoria normannista addirittura verso la metà del XIX secolo tentò di accomunare gli “arretrati” russi (e il loro Stato) al resto degli Stati europei in pieno sviluppo tecnologico e militare, cercando una posizione di parità. La teoria antinormannista invece, proclamando l’origine (e l’originalità) dello Stato russo come invenzione locale, che partiva unicamente dalla cultura slavo-russa, cercava di fare di Mosca e della Russia un simbolo slavo di superiorità e di potenza, maggiore rispetto a tutti gli altri Stati del mondo, che nulla doveva alle altre grandezze europee, estranee alla cultura slavo-russa. Quest’ultima tesi infine fu ereditata e sostenuta proprio dalla storiografia sovietica…

Non è una questione appassionante. La Terra Russa successivamente, sul suo territorio, ebbe vari tentativi di formazione di stati, ma alle origini, i primi tentativi di controllo del territorio che funzionassero, senza mai diventare uno Stato, furono fatti dai Variaghi al nord per una ragione economica molto pratica e tuttora valida: perché i Variaghi avevano bisogno di sfruttare il più possibile risorse e uomini, per il proprio tornaconto nel più breve tempo possibile! è inutile quindi cercare altri ideali… 

Quando mi capitò fra le mani il libro di J. Diamond, Armi Acciaio e Malattie, improvvisamente capii che ero nel giusto quando avevo concluso che una specie di racket variago, organizzato nel nord della Pianura russa esistette verso il VIII-IX secolo d.C., poiché quel regime era proprio paragonabile a quelli che lo storico australiano chiamava nel suo libro cleptocrazie, e così presi in prestito il concetto di società-stato fondato sulla rapina, o cleptocrazia, constatando per di più che un regime simile si instaurò, molto probabilmente proprio con la connivenza degli Slavi del posto e con l’appoggio sia di Bisanzio che dell’Impero Cazaro, nella zona dei Grandi Laghi… perché c’era bisogno di controllare i traffici di merci preziose!

Questa cleptocrazia non fu niente altro che l’odierno sistema di prelievo del “pizzo mafioso”: Tu mi paghi e io ti proteggo (da me stesso e dagli altri come me)… Niente di nuovo sotto il sole!

Val la pena riportare alcune parole dello stesso J. Diamond che descrive qualche tratto di una cleptocrazia per render più chiara l’idea:

«…parte dei beni ricevuti dal popolo non venivano ridistribuiti, ma erano consumati dalla casta dominante e da chi lavorava per loro; si trattava allora di un vero tributo, di un precursore delle moderne tasse che fece la sua prima comparsa … Non solo: il capo poteva chiedere (o imporre con la forza, aggiungiamo noi) al popolo anche di partecipare alla costruzione di grandi opere, sia che queste fossero di utilità pubblica… sia che fossero ad uso e consumo della classe alta».

Esattamente questo clima di “servitù” esistette prima che nascesse la Rus’ di Kiev! Oggi noi definiamo una mafia come un potere parallelo “fuori-legge” che agisce all’interno di uno Stato o di una comunità istituzionalmente organizzata. La mafia di oggi non si presenta mai come un potere alternativo a quello esistente, ma come un potere parallelo di sfruttamento delle risorse basato sulla forza, senza mezzi termini, che riconosce e usa comunque il potere dello Stato in cui agisce. Certamente è uno sfruttamento riservato ai componenti di una specie di società segreta in cui i membri sono legati da un patto di sangue irrescindibile e in cui gli errori, le offese, le deviazioni vengono puniti con la vita. 

è un regime, in altre parole, come quello che leggiamo sui giornali quando si parla di mafia e di ‘ndrangheta o che vediamo nei film, a Chicago al tempo di Al Capone e di Dillinger, a New York ieri o in Sicilia e in Russia ancora oggi. E non è solo un parallelismo storico che io faccio, ma la constatazione di una realtà ben caratterizzata mille e più anni fa e che probabilmente si è conservata fino ad oggi, con tutti gli ammodernamenti necessari.

Come la mafia moderna si annuncia, prima con la minaccia e il saccheggio (oggi si usa una bomba o una tanica di benzina e il furto con “sfregio” dei locali), poi con le minacce ai congiunti e con il rapimento dei figli e solo alla fine si presenta lo “scagnozzo” che viene ad assicurare la “protezione”, se si paga la tangente adeguata, così fecero i Variaghi, fra il IX e il X secolo.

Penso che, a parte i riscontri documentali, non essendoci uno Stato organizzato da parte di nessuno dei popoli presenti nella Pianura Russa, per gestire i lucrosi traffici, solo una mafia si poteva instaurare come unico potere territoriale. Anzi, quando l’aumento dei guadagni provocò un boom della rapina, gli Slaveni cercarono l’alleanza, proponendo ai Variaghi di insediarsi qui e confluire “alla pari” in un potere politico più stabile che solo gli Slavi potevano mettere insieme con i loro legami intertribali, col loro numero e con la loro superiorità culturale.

Da una parte i Variaghi avrebbero continuato a partecipare con il loro racket allo sfruttamento, e dall’altra gli Slaveni, avrebbero portato a compimento l’assimilazione dei popoli non slavi. Certamente non dobbiamo pensare agli Slaveni o ai Krivici come un tutto etnico (abbiamo detto che non esisteva uno Stato!), ma all’élite che si era stratificata col passar del tempo e col complicarsi delle relazioni interpersonali e interfamigliari.

Quando la cleptocrazia variaga diventa Stato slavo?

Ho accennato al fatto che esistettero per molto tempo vari racket “variaghi” indipendenti nella Pianura Russa: uno nel nord con centro Ladoga (e poi Novgorod), uno a Polozk, un altro a Belo Ozero (Lago Bianco) e probabilmente un altro ancora a Rjazan. Nessun racket variago si affermò al sud invece, dove nel grande centro di Kiev, erano gli Slavi a dominare, né lungo il Volga-Don dove invece erano i Cazari a gestire!

Lo scopo della mia ricerca quindi ora era chiarito e, siccome ho deciso di chiamare le cose col loro vero nome, voglio dimostrare che i Variaghi esercitarono un’attività mafiosa proprio sulle piccole società, slave specialmente, autogovernantisi (come le zadrugi o sklavinìai degli Slavi) dei villaggi del Polesie (le foreste) russo, prima di giungere all’istituzionalizzazione della raccolta dei prodotti di alto prezzo come “tassa per la difesa”, come tributo al principe. Sotto il personale controllo del capomafia per una stagione intera tutte le microunità, contadine e non, slave e non, sparse lungo le rive dei fiumi russi diventavano un’unica grande “colonia” di fornitori di ricchezza, come ancora era immaginabile a quei tempi e in quei luoghi!

La mafia variaga dunque, se non ci fosse stata la successiva conversione al cristianesimo, avrebbe potuto continuare ad esistere o forse sarebbe abortita in una qualche altra organizzazione similare. Invece avvenne che il giogo cazaro sulla Pianura Russa si allentò; Novogorod riuscì a “far trasferire” il proprio capomafia variago a Kiev, rendendo ora indipendente la mafia slavena locale, e l’intuizione di san Vladimiro, figlio dell’ultimo capomafia, con l’esperienza vissuta in Scandinavia dove era fuggito per qualche mese, costrinse tutta la “cupola” ad abbracciare la Croce e dare una vera realtà politica al suo dominio, degna di essere riconosciuta persino internazionalmente (per quest’ultimo risultato, san Vladimiro dovette sacrificarsi e abbandonare i vecchi costumi, come ad esempio le centinaia di donne dette sue mogli, e avere un’unica moglie ufficiale, Anna, principessa cristiana  e bizantina!).

Il Battesimo di Kiev (1° agosto 988 o 989 d.C.) soffocò così la cleptocrazia variaga e avviò la città a diventare uno Stato, ormai slavo e... russo, con in cima un variago slavizzato: Vladimiro!

Da Vladimiro in poi infatti le Saghe islandesi eviteranno con discrezione di richiamare la discendenza svedese dei principi di Kiev, come invece avevano fatto fino ad allora! 

La cleptocrazia variago-slava fu quindi non tanto la base, quanto il trampolino di lancio di tutti gli altri stati russi che seguirono (specialmente quelli del XII-XIII secolo) fino alla Grande Moscovia di Giovanni IV detto il Terribile, quando si estinse la linea “diretta” della casata del variago Rjurik e sul trono di Mosca andarono i Romànov (fine del XVI secolo).

 

   

  

©2003 Aldo C. Marturano

      


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