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					 Quello 
					che seguì la sanguinosa fine del cosiddetto "I Califfato", 
					fu un momento fondamentale per lo sviluppo, anche 
					territoriale dell'Islam, che, proprio in questo periodo, tra 
					il  661 e il 750 circa, redasse la maggior parte delle 
					regole politiche e sociali che si sarebbero mantenute anche 
					il seguito. E' il periodo in cui la Umma viene governata 
					dalla dinastia degli Omayyadi, il cui nome deriva da Umayya 
					ibn Abd Shams, il bisnonno del primo califfo omayyade. Anche 
					se la famiglia degli Omayyadi proveniva dalla città di 
					Mecca, la loro capitale fu Damasco e il territorio sotto il 
					loro controllo, nel periodo di massima estensione, arrivò a 
					coprire più di cinque milioni di chilometri quadrati, 
					formando uno dei più grandi imperi mai sorti e il settimo 
					più grande impero contiguo di sempre. Anche dopo che gli 
					Omayyadi vennero rovesciati dal califfato abbaside, essi  
					fuggirono in tutto il Nord Africa e verso la Spagna (Al-Andalus), 
					dove fondarono il Califfato di Cordova, che durò fino alla "Fitna 
					di al-Andalus", nel 1031. 
 
					
					
					
					
      
					
					 Secondo 
					la tradizione, quasi certamente costruita con scopo 
					encomiastico nel periodo di massimo splendore dell'impero, 
					la famiglia degli Omayyadi (noto anche come "Banu Abd-Shams") 
					e Maometto discendevano da un antenato comune, Manaf ibn Abd 
					Qusaim ed era originaria (in questo caso dato certamente 
					veritiero) della città di Mecca: Maometto sarebbe disceso da 
					Manaf via Hashim, suo figlio, mentre gli Omayyadi sarebbero 
					venuti  da Manaf attraverso un figlio diverso, Abd-Shams, il 
					cui figlio fu Umayya, fondatore della stirpe. Le due 
					famiglie andrebbero, quindi, considerate diversi clan 
					(quelli di Hashim e di Umayya, rispettivamente) della stessa 
					tribù (quella del Quraish). Tuttavia, persino gli storici 
					musulmani sciiti sottolineano come Umayya fosse un figlio 
					adottivo di Abd Shams e quindi non fosse un parente di 
					sangue di Manaf [1]. Di fatto, mentre è probabile che gli Omayyadi e gli 
					Hashemiti possano aver già avuto dissidi tra i due clan 
					prima di Maometto, è certo che la loro rivalità si trasformò 
					in grave animosità tribale dopo la battaglia di Badr: tale 
					battaglia vide tre alti dirigenti del clan omayyade (Utba 
					ibn Rabi'ah, Walid ibn Utbah e Shaybah) uccisi dagli 
					Hashmiti (Ali, Hamza ibn 'Abd al-Muttalib e Ubaydah ibn 
					al-Harith) in uno scontro corpo a corpo tre contro tre e ciò 
					alimentò l'opposizione di Abu Sufyan ibn Harb, il nipote di 
					Umayya, contro Maometto e l'Islam, tanto che Abu Sufyan 
					cercò di sterminare i seguaci della nuova religione 
					conducendo una battaglia contro i Musulmani di Medina solo 
					un anno dopo la battaglia di Badr. Tale "Battaglia di Uhud" 
					è generalmente ritenuta dagli studiosi come la prima 
					sconfitta per i Musulmani, che, nel corso di essa, subirono 
					maggiori perdite rispetto ai meccani. Si narra addirittura 
					che, dopo la battaglia, la moglie di Abu Sufyan Hind, che 
					era anche la figlia di Utba ibn Rabi'ah, arrivò a squarciare 
					il cadavere di Hamza, estraendone il fegato che tentò di 
					mangiare [2].
 
 
					Cinque anni dopo la sconfitta 
					nella battaglia di Uhud, tuttavia, sappiamo che Maometto 
					prese il controllo della Mecca e annunciò un'amnistia 
					generale per tutti i suoi abitanti. Abu Sufyan e sua moglie 
					Hind abbracciarono l'Islam alla vigilia della conquista 
					della Mecca, così come loro figlio (il futuro califfo 
					Muawiyah I) ma  la conquista della città alimentò 
					ulteriormente il loro odio verso gli Hashmiti, cosa che 
					avrebbe portato in seguito alle battaglie tra Muawiyah e Ali 
					e, successivamente, all'uccisione di Husayn ibn Ali insieme 
					alla sua famiglia per ordine di Yazid ibn Muawiyah nella 
					battaglia di Karbala.
  La maggior parte degli storici considerano il califfo 
					Muawiyah (661-680) come il secondo sovrano della dinastia 
					omayyade, anche se fu il primo ad affermare il diritto degli 
					Omayyadi di pronunciarsi sul principio dinastico. Fu, in 
					effetti, il califfato di Uthman Ibn Affan, egli stesso un 
					membro del clan omayyade, di cui si è trattato in 
					precedenza, a vedere la rinascita e poi l'ascesa del clan 
					omayyade nei corridoi del potere: Uthman, durante il suo 
					regno, pose alcuni dei membri del suo clan in posizioni di 
					rilievo e degna di nota fu, in particolare, la nomina di 
					Marwan ibn al-Hakam, suo cugino di primo grado, come suo 
					primo consigliere, cosa che aveva creato scalpore tra i 
					compagni hashmiti del Profeta dal momento che Marwan, 
					insieme al padre Al-Hakam ibn Abi al-'As, era stato 
					definitivamente esiliato da Medina da Maometto stesso. 
					Uthman, inoltre, aveva nominato Walid ibn Uqba, per altro 
					suo fratellastro, governatore di Kufa, nonostante questi 
					fosse stato accusato dagli Hashmiti di aver condotta una 
					preghiera sotto l'influenza di alcool, aveva consolidato il 
					governatorato di Muawiyah sulla Siria, concedendogli il 
					controllo una zona più ampia e aveva nominato un altro suo 
					fratellastro, Abdullah ibn Saad, governatore d'Egitto. 
					Tuttavia, per, poiché Uthman non aveva mai nominato un 
					erede, egli non può essere considerato realmente il 
					fondatore della dinastia. Come osservato, dopo l'assassinio di Uthman nel 656, Ali, un 
					membro del clan hashemita e cugino di Maometto, era stato 
					eletto califfo ma presto aveva incontrato la resistenza di 
					diverse fazioni a causa della sua relativa inesperienza 
					politica, tanto che, temendo per la propria vita, egli aveva 
					trasferito la capitale da Medina a Kufa, dando vita, così, 
					alla prima Fitna ("guerra civile").
 
  Dopo 
					la vittoriosa Battaglia del Cammello del 656, sappiamo che 
					la battaglia di Siffin contro Muawiyah era stata, per 
					qualche oscura ragione, interrotta prima che uno dei due 
					schieramenti avesse raggiunto la vittoria e le due parti 
					avevano convenuto di arbitrare la loro controversia, cosa 
					che aveva allontanato da Alì molti dei suoi sostenitori, 
					convinti che "l'arbitrato appartenga a Dio solo", detti 
					Kharigiti. Nonostante la vittoria di Alì contro questi 
					ultimi nella battaglia di Nahrawan del 659, la posizione di 
					Alì si indebolì consistentemente e negli anni successivi 
					alcuni siriani cominciarono ad acclamare Muawiyah come 
					califfo rivale, cosicché, quando Ali fu assassinato, nel 
					661, Muawiyah marciò su Kufa, dove convinse un numero di 
					sostenitori di Ali ad acclamarlo califfo al posto del figlio 
					di Ali, Hasan. Dopo la sua elevazione, Muawiyah trasferì la 
					capitale del califfato a Damasco e per questo la Siria 
					sarebbe rimasta la base del potere omayyade fino alla fine 
					della dinastia nel 750 [3]. 
 
					
      
						
      
							
      
							La dinastia strattamente 
							legata a Muawiyah, i "Sufianidi" (discendenti di Abu 
							Sufyan), regnò dal 661 al 684, fino a la morte di 
							suo nipote Muawiya II. Il regno di Muawiyah fu 
							caratterizzato da sicurezza interna ed espansione 
							esterna. Sul fronte interno, venne registrata una 
							sola grande ribellione, quella  di Hujr ibn Adi a 
							Kufa: Hujr ibn Adi sosteneva le rivendicazioni dei 
							discendenti di Ali al califfato, ma il suo movimento 
							fu facilmente soppresso dal governatore dell'Iraq, 
							Ziyad ibn Abi Sufyan. Muawiyah incoraggiò anche la 
							coesistenza pacifica con le comunità cristiane della 
							Siria con la concessione di "pace e prosperità per i 
							cristiani e arabi" nel suo regno, tanto che uno dei 
							suoi più stretti
							 consiglieri 
							fu Sarjun, padre di Giovanni di Damasco. Allo stesso tempo, intraprese una guerra incessante 
							contro l'Impero bizantino: durante il suo regno 
							vennero occupate Rodi e Creta e furono lanciati 
							diversi attacchi contro Costantinopoli. Dopo il loro 
							fallimento, però, e di fronte a una grande rivolta 
							cristiana dei Mardaiti (Armeni cristiani stabilitisi 
							intorno a Monte Libano), Muawiyah concluse una pace 
							con Bisanzio e si concentrò sull'espansione militare 
							in Nord Africa (con la fondazione di Kairouan) e in 
							Asia centrale (con la conquista di Kabul, Bukhara e 
							Samarcanda).
 Dopo la morte di Muawiyah, nel 680, gli successe il 
							figlio, Yazid I. La suuccessione ereditaria di  
							Yazid trovò l'opposizione di un certo numero di 
							musulmani di primo piano, in particolare Abd-Allah 
							ibn al-Zubayr, figlio di uno dei compagni di 
							Maometto, e Husayn ibn Ali, nipote di Maometto e 
							figlio più giovane di Ali. Il conflitto risultante è 
							noto come "Seconda Fitna".
 
  Nel 680 Ibn al-Zubayr e Husayn fuggrirono da Medina 
							alla Mecca. Mentre Ibn al-Zubayr sarebbe rimasto 
							alla Mecca fino alla sua morte, Husayn decise di 
							andare a Kufa per ottenere il sostegno della 
							popolazione locale. Tuttavia, dietro ordine di Yazid, 
							un grande esercito omayyade (le tradizioni parlano 
							di 70.000 uomini) intercettò e abbattè senza pietà 
							Husayn, i suoi familiari e i loro compagni nella 
							battaglia di Karbala: dei 128 componenti del gruppo 
							di Husayn (inclusi donne, bambini e anziani) 72 
							furono uccisi, tra i quali Husayn stesso e suo 
							figlio neonato di sei mesi [4]. Dopo la morte di Husayn, Ibn al-Zubayr, pur 
							rimanendo alla
  Mecca, 
							si unì a due movimenti di opposizione, uno centrato 
							a Medina e l'altro attorno ai Kharigiti di Bassora e 
							in Arabia. In 683, Yazid inviò un esercito a 
							sottomettere entrambi:. tale esercito represse 
							l'opposizione medinese nella battaglia di al-Harra 
							ma in seguito pose sotto assedio La Mecca e, durante 
							l'assedio, la Kaaba rimase gravemente danneggiata da 
							un incendio, cosa che divenne una delle principali 
							cause di censura degli Omayyadi in storie del 
							periodo successivo. In ogni caso Yazid morì mentre 
							l'assedio era ancora in corso e l'esercito omayyade 
							ritornò a Damasco, lasciando a Ibn al-Zubayr il 
							controllo della Mecca. Yazid era riuscito in un primo momento ad assicurare 
							la successione di suo figlio, Muawiya II (683-84), 
							ma questi non sembra essere stato riconosciuto come 
							califfo al di fuori della Siria. Anzi, in realtà, 
							due fazioni si svilupparono all'interno della stessa 
							Siria: la Confederazione dei Qays, che sosteneva Ibn 
							al-Zubayr, e la Quda'a, appoggiava il califfato di 
							Marwan, un discendente di Umayya via Wa'il ibn 
							Umayyah. I partigiani di Marwan trionfarono nella 
							battaglia di Marj Rahit, vicino a Damasco, nel 684, 
							e Marwan divenne califfo poco dopo.
 Il primo compito di Marwan era quello di affermare 
							la sua autorità contro le pretese rivali di Ibn 
							al-Zubayr, che era in questo momento riconosciuto 
							come califfo dalla maggior parte del mondo islamico. 
							Anche per questo egli impegnò tutte le sue forze nel 
							conquistare l'Egitto per gli Omayyadi, ma, 
							purtroppo, morì nel 685, dopo aver regnato per soli 
							nove mesi [5].
 
 
  A 
							Marwan succedette il figlio, Abd al-Malik (685-705), 
							che riuscì a riottenere il controllo del califfato 
							omayyade. L'inizio del suo regno fu segnato segnato 
							dalla rivolta di Al-Mukhtar, che aveva sede a Kufa. 
							Al-Mukhtar sperava di elevare Muhammad ibn 
							al-Hanafiyyah, un altro figlio di Ali, al califfato, 
							anche se è molto probabile che Ibn al-Hanafiyyah 
							stesso non avesse alcuna connessione con la rivolta. 
							Le truppe di al-Mukhtar si impegnarono in battaglie 
							sia contro gli Omayyadi, vincendo nel 686 sul fiume 
							Khazir nei pressi di Mosul, che contro Ibn al-Zubayr,  
							che, però, l'anno successivo, riuscì a schiacciare 
							la rivolta di al-Mukhtar. Nel 691 le truppe omayyadi 
							riconquistarono l'Iraq e nel 692 lo stesso esercito 
							prese La Mecca, in un assalto in cui Ibn al-Zubayr 
							rimase ucciso. Il secondo evento importante dell'inizio del regno 
							di Abd al-Malik fu la
  costruzione 
							della Cupola della Roccia a Gerusalemme. Anche se la 
							cronologia rimane un po' incerta, l'edificio sembra 
							essere stato completato nel 692, il che significa 
							che era in costruzione durante il conflitto con Ibn 
							al-Zubayr. Ciò ha portato alcuni storici, sia 
							medioevali e moderni, per ritenere che la Cupola 
							della Roccia sia stata costruita per rivaleggiare 
							con la Kaaba, che era sotto il controllo di Ibn 
							al-Zubayr, come meta di pellegrinaggio [6]. Abd al-Malik è accreditato di aver centralizzato 
							l'amministrazione del califfato e di aver stabilito 
							l'arabo come lingua ufficiale dell'imperò, nonché di 
							aver introdotto una moneta unica per tutta la Umma 
							musulmana, soppiantando le monete bizantine e 
							Sasanidi precedentemente in uso.
 Abd al-Malik, infine, ricominciò una guerra 
							offensiva contro Bisanzio, sconfiggendo i bizantini 
							a Sebastopoli e recuperando il controllo su Armenia, 
							aree caucasiche e Iberia.
 
  Dopo 
							la morte di Abd al-Malik, divenne califfo suo 
							figlio, Al-Walid I (705-15). Al-Walid fu molto 
							attivo soprattutto come costruttore, sponsorizzando 
							la costruzione di Al-Masjid al-Nabawi nella Medina e 
							della Grande Moschea di Damasco. Una figura importante durante i regni sia di 
							al-Walid che di Abd al-Malik fu il governatore 
							omayyade in Iraq, Al-Hajjaj bin Yousef: molti 
							iracheni erano contrari al dominio omayyade e 
							al-Hajjaj fu costretto a richiamare un gran numero 
							di truppe siriane, ospitate nella nuova città 
							guarnigione di Wasit, per mantenere l'ordine. Queste 
							truppe sarebbero diventate cruciali nella 
							repressione di una rivolta guidata dal generale 
							iracheno Ibn al-Ash'ath agli inizi del secolo 
							ottavo.
 Ad Al-Walid successe il fratello, Sulayman (715-17), 
							il cui regno venne quasi interamente occupato da un 
							lungo assedio di Costantinopoli: il fallimento 
							dell'assedio segnò la fine delle serie ambizioni 
							arabe di conquistare la capitale bizantina, tuttavia 
							i primi due decenni del secolo ottavo segnarono una 
							continua espansione del califfato nella penisola 
							iberica ad ovest e in Transoxiana e India a nord ed 
							est [7].
 
  A 
							Sulayman successe suo cugino, Umar ibn Abd al-Aziz 
							(717-20), la cui posizione tra i califfi omayyadi è 
							piuttosto unica: fu l'unico sovrano omayyade ad 
							essere riconosciuto dalla successiva tradizione 
							islamica come un vero e proprio califfo (Khalifa) e 
							non solo come un re mondano (Malik). Umar è onorato 
							per il suo tentativo di risolvere il problema del 
							carico fiscale del singolo al momento della 
							conversione all'Islam: durante il periodo omayyade, 
							la maggior parte delle persone che vivevano 
							all'interno del califfato non erano Musulmani, ma 
							Cristiani, Ebrei, Zoroastriani, o altro e queste 
							comunità religiose non erano costrette a convertirsi 
							all'Islam, ma erano soggette a una tassa (jizyah) 
							che non era imposta ai Musulmani, cose che poteva 
							effettivamente rendere la conversione diffusa 
							indesiderabile dal punto di vista delle entrate 
							dello Stato islamico, tanto che esistono rapporti 
							che i governatori provinciali scoraggiavano 
							attivamente tali conversioni. Non è chiaro come Umar 
							abbia tentato di risolvere questa situazione, ma 
							tutte le fonti lo ritraggono come colui che è 
							riuscito a risolvere la questione del trattamento di 
							Musulmani arabi e non arabi (mawali) e a rimuovere 
							gli ostacoli alla conversione dei non-arabi 
							all'Islam [8]. 
 
 
							
      
								
      
									
      
									
      
										(1)S. F. 
										Mahmud,
										A 
										Short History of Islam, Oxford 
										University Press 1898, pp. 107 ss.(2) Stanley Lane-Poole, 
										The Mohammadan Dynasties, Adamant 
										Media Corporation 2001, pp. 187 ss.
      (3) J.J. Saunders,
										A 
										History of Medieval Islam, 
										Routledge 1978, p. 66 ss.
 (4) L. Hazleton, After 
										the Prophet: The Epic Story of the 
										Shia-Sunni Split in Islam, Anchor 
										2010, pp. 198 ss.
      (5) Stanley Lane-Poole,
										Citato, 
										pp. 195 ss.
      (6) B. Ben-Dov, M. Mazur,
										The 
										Excavations in the Old City of Jerusalem 
										Near the Temple Mount, Hebrew 
										University / The Israel Exploration 
										Society 1971, pp. 37-43.
 (7) Stanley Lane-Poole, 
										Citato, pp. 218 ss.
 (8) J.J. Saunders, 
										Citato, pp. 84-85.
 
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