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     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo



Pochi argomenti possono suscitare l'interesse e la curiosità del lettore medico come la storia della chirurgia. 

Innanzitutto le sue origini. Quanti, anche tra i chirurghi, immaginano che la chirurgia venisse già esercitata dagli Hindu nel 1500 a.C. e dagli Egizi addirittura nel 2600 a.C.? Quanti sanno chi per primo introdusse le suture? E chi è a conoscenza che prima delle suture e dei cerotti adesivi venivano usate spesso le mandibole degli insetti, particolarmente delle formiche di varie misure per chiudere le ferite? Eppure esistono documenti inoppugnabili come il Sushruta Samità che descrivono gli interventi allora conosciuti, ad esempio la ricostruzione chirurgica del naso con un metodo che è ancora in uso ed è noto in letteratura come 'ndian Flap.

Prima ancora i Papiri di Smith e di Eber dimostrano che gli Egizi, come più tardi gli Incas, probabilmente avendo osservato che in caso di trauma cranico la presenza di una frattura paradossalmente migliorava la sopravvivenza consentendo al cervello edematoso di espandersi - e quindi di essere soggetto a una compressione minore -, praticavano la trapanazione.

Non solo, ma quanti sanno che non rara era dopo la ricostruzione della volta cranica o con una lamina di oro, come in un cranio Incas esposto a Città del Messico, oppure di argento come in un cranio neolitico esposto a Budapest? Del resto i traumi cranici sono stati oggetto di studio e di trattamento sin dai tempi più antichi da parte di Galeno (131-201 d.C.) e di Paolo Aegineta (625-690 d.C.). In Italia Berengario da Carpi (1460-1530) scrisse addirittura un trattato sull'argomento. Egli venne chiamato a curare Lorenzo de' Medici il cui cranio aveva sofferto gravi lesioni, come è tuttora visibile al Mausoleo Mediceo nella Chiesa di San Lorenzo a Firenze o nella replica al Museo Anatomico di quell'Università.

Ma la chirurgia cranica non è stata certo la sola ad avere natali così antichi. Infatti operazioni sui genitali erano praticate da Celso (25 a.C.-50 d.C) a Roma e da Anthyllus (circa 150-200 d.C.) ad Alessandria, mentre Heliodorus (III secolo d.C.) descrisse i trattamenti di fistole retrovescicali, vaginali, scrotali e delle stenosi uretrali. La litotomia venne descritta ed eseguita per la prima volta da Ammonium da Alexandria (175-242 d.C.).

è ovvio che i tempi di Ippocrate, di Celso e Galeno e poi di Anthillus erano tempi d'oro per la chirurgia. Purtroppo dopo le invasioni barbariche e la caduta dell'Impero Romano d'Oriente la sola medicina in Europa era quella praticata nei monasteri. La Chiesa quindi, se ebbe il grandissimo merito di trasmettere i testi latini e greci e di traghettarli attraverso il medio evo, ebbe però la responsabilità del declino della chirurgia per la sua opposizione all'arte chirurgica («Ecclesia abhorret a sanguine»; Concilio di Reims [1131] e Concilio di Roma [1139]). Del resto la medicina più che una scienza era considerata una filosofia e spesso il conforto e la preghiera erano gli unici rimedi su cui poteva contare il paziente. Questo ovviamente non poteva bastare per la chirurgia che doveva basarsi su acquisizioni concrete e sull'esperienza. Ma era un'arte manuale e tanto bastava per farla tenere in scarsa considerazione. Papa Bonifacio VI (fine del XIII secolo) e papa Clemente V di Avignone (inizio XIV secolo) separarono formalmente e completamente la medicina dalla chirurgia che cadde in una condizione di bassissima considerazione.

In questo periodo la facoltà di Medicina di Parigi rifiutava l'ammissione agli studenti che non abiurassero la chirurgia. Nonostante questa opposizione ecclesiastica che giunse a gradi estremi con bolle papali di condanna e proibizione assoluta per i monaci - che erano gli unici medici - di esercitarla, indirettamente la Chiesa favorì la rinascita della chirurgia con i cerusici. Questi infatti altro non erano che barbieri, personaggi costanti del personale subalterno dei monasteri per praticare la tonsura ai monaci. Accadde che quando i pazienti necessitavano di atti chirurgici come l'incisione di un ascesso o un salasso, i bravi medici-monaci delegassero i loro barbieri a queste operazioni. Accadde anche che i più intelligenti, con esperienza e pratica acquisirono una manualità tale da divenire chirurghi a volte eccellenti. Basti pensare che alcuni tra i migliori chirurghi del passato altro non erano che cerusici. Privi di una educazione medica di base, non parlavano latino e, liberi dallo scolasticismo, basavano la loro arte solo sull'esperienza, e magari sulle osservazioni anatomiche; queste, proprio nel loro secolo, erano assurte alla dignità di scienza per una certa tolleranza nelle dissezioni fatte a scopo di studio ma soprattutto per l'avvento del disegno anatomico ad opera di Leonardo e della scoperta della stampa che consentì la trasmissione delle nozioni acquisite nelle dissezioni, con precisione e divulgazione prima impossibili. 

La rinascita della chirurgia avvenne lentamente dopo il 1200 sia per l'apporto della Scuola Salernitana, largamente influenzata dalla cultura medica araba, e quindi libera dall'influenza della Chiesa, sia per la ribellione di chierici come Lanfranco da Milano (1280 ?-1315) ed Henry de Mondeville (circa 1260-1320) o addirittura di vescovi-medici come Theodorico Borgognoni (1300-1368), vescovo di Cervia (1205-1296), il cui apporto alla anatomia ed alla chirurgia fu secondo forse solo a quello di Guy de Chauliac, ed il quale aveva anche introdotto una forma primitiva ma non del tutto inefficace di anestesia. 

   

   

*L'autore è Past President dell'European Association of Plastic Surgeons

L'articolo è tratto da DOCTOR NEWS, il quotidiano web del medico italiano.

   


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