Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


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    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


 

5.3.3 RELIGIONE E SUPERSTIZIONE [3]

   

Andrea Orcagna, Trionfo della morte, ca. 1345

   

La società medievale era profondamente superstiziosa.

Basti dire che alcuni tra i più celebri medici dell'epoca attribuirono un grande potere protettivo a determinati amuleti. Secondo uno di essi, un mezzo sicuro per evitare la peste consisteva nell'indossare «una cintura di pelle di leone, con una borchia d'oro puro sulla quale fosse incisa l'effige dell'animale feroce…».

Fra le manifestazioni di panico e fanatismo provocate dalla peste quella dei flagellanti [4] fu una delle più impressionanti. Turbe di penitenti composte anche da centinaia di uomini (le donne erano rigorosamente escluse) vagarono nel 1348/49 da una città all'altra della Germania; una volta raggiunta la loro tappa si flagellavano pubblicamente con fruste munite di punte metalliche. Grandi folle venivano ad assistere a quest'autopunizione, che aveva lo scopo di allontanare dal mondo l'ira divina. Per trentatré giorni e mezzo (quanti tradizionalmente si pensava fossero stati gli anni di Gesù) i flagellanti ripetevano il loro rituale nei luoghi incontrati durante l'itinerario.

I Flagellanti

 

Quello del 1348 era stato preceduto da un movimento molto simile cominciato a Perugia nel 1260 e diffusosi poi in Italia e nella Germania meridionale. Secondo la profezia attribuita al monaco Gioacchino da Fiore [5] ampiamente divulgata dai francescani spirituali, il 1260 doveva essere l'anno della rigenerazione del mondo dal peccato e l'inizio di una nuova epoca.

Pur muovendo da situazioni diverse, i due movimenti di flagellanti ebbero in comune un vasto consenso popolare e la spiccata tendenza dei penitenti ad arrogarsi poteri ecclesiastici impartendo l'assoluzione dei peccati ai partecipanti (in più i flagellanti del 1348/49 ebbero una parte attiva negli atti di violenza sugli ebrei).

Come nel 1260, anche all'epoca della grande peste i flagellanti rivolsero accuse durissime contro il clero corrotto. Per questo, la Chiesa li accusò di eresia e fece in modo che fossero dispersi con la forza. Processioni e riti di eccezionale intensità furono dedicati a impetrare la protezione di Dio e dei santi patroni della città, mentre i monasteri, collocati strategicamente ai margini del centro abitato, svolgevano attivamente la loro funzione di cinta protettiva del mondo cittadino dai flagelli celesti.

Una cronaca tratta dal Vraies Chroniques (resoconto degli avvenimenti della Francia e delle Fiandre dal 1326 al 1361): «Gli uomini si flagellano per farsi perdonare i loro peccati».

Credendo che la peste fosse stata mandata da Dio, i popoli della Germania (soprattutto) andavano in gruppi in giro per le città sventolando bandiere e cantando canzoni che inneggiassero alla Madonna e a Dio e si fermavano due volte al giorno in piazza picchiandosi in segno di grande umiltà.

A Liegi (città tedesca) questi erano considerati come segni divini ed erano pagati e ospitati dalla gente della città. Con il passare del tempo molte persone presero esempio da questi flagellanti e così il numero di queste persone crebbe. Il loro comportamento metteva in crisi la chiesa e di conseguenza furono obbligati a smettere; incolparono così gli ebrei che, secondo loro, avevano avvelenato i pozzi.

 

Veniva ritenuto plausibile che l’aria potesse favorire il trasferimento dell’infezione, in quanto dopo aver attaccato un’area e portato la morte, l’aria poteva circolare e portarsi in una regione adiacente.

L’idea della infezione dell’atmosfera era già stata formulata da Galeno: ciò che è stupefacente è che nessun medico medievale aveva potuto formulare una ipotesi (più) logica per la spiegazione della Morte Nera, che avrebbe potuto interferire o contraddire la teoria della atmosfera avvelenata.

Secondo il medico bolognese Tommaso Del Garbo [6] (testimone oculare dell'epidemia del 1348), il primo e più sicuro rimedio era quello di fuggire dal luogo in cui infestava la pestilenza, e recarsi in un luogo dove l'aria "fosse più sana". A coloro che rimanevano in città, soprattutto preti, medici e notai, veniva consigliato prima di entrare in camera del malato di aprire porte e finestre in modo da far cambiare l'aria.

«è 'l lor alito velenoso, per mezzo del quale l' aria della camera diventa putrida e infetta».

Inoltre veniva loro consigliato di lavarsi le mani, il naso, la faccia e la bocca con aceto ed acqua rosata e tenere in bocca due granelli di garofani. Non bisognava avvicinarsi all'ammalato per evitare il contagio.

Furono introdotte delle pillole contro la pestilenza:

«La ricetta di esse pillole è questa, cioè brettonica e propinella, di ciascuna oncia mezza, poi camedrios ancia una, e tritinsi minutissimamente come polvere che si usa nel male degli occhi. Poi ricette mirra eletta oncie due, aloepatico oncia una e mezza, croci, broli armetrici, di ciascuno drama mezza. E queste due cose si crivellino e espolverezzandosi e con acqua di vita e buglioso, nella quale stiamo uno dì e una notte disolute, le polvere delle dette erbe si colano e faccinsi pillole».

Queste dovevano proteggere l'uomo da febbri e da malattie di cuore; venivano prese prima e dopo i pasti, ma si consigliava di ingerirle al mattino appena svegli e alla sera prima di coricarsi.

 

    


3 Camera - Fabietti, Dal Comune alle monarchie, Zanichelli ed., 1987.

4  FLAGELLANTI (o disciplinati). Movimento di massa partito da Perugia nel 1260, che praticava in modo diffuso e regolare l'autoflagellazione come espiazione. Solo in Italia si ebbe una sua istituzionalizzazione in confraternite. Nell'Europa settentrionale ebbe una forte ripresa durante la grande peste del Trecento, quando fu vietata la flagellazione pubblica (1349), che proseguì in gruppuscoli ereticali.

5  Gioacchino da Fiore (1135 ca. Celico [CS] – 30/03/1202 San Martino di Canale [CS]).
Fu monaco cistercense presso l'abbazia della Sambucina per poi trasferirsi nel monastero di Santa Maria di Corazo, dove divenne abate nel 1177. Istituì l’Ordine Florense (sotto Papa Lucio III) presso l’abbazia di San Giovanni in Fiore, nella Sila. Celestino III nel 1196 approvò la nuova Regola, orientata alla preghiera ed alla meditazione; anticipava la successiva Regola di Francesco d’Assisi. Scrisse: il Concordia, la Expositio in Apocalypsim e il Psalterium decem chordarum. Per la visione teologica contenuta nelle sue profezie e per le critiche alle strutture ecclesiastiche tutti gli scritti di Gioacchino saranno condannati dal Concilio Lateranense del 1215. Nel 1346 l’iniziativa di avviare a suo carico il processo di canonizzazione si arenò per motivi ignoti
(©2002 Alberto Gentile).

6  Tommaso Del Garbo, Consiglio contro la pistolenza, Bologna 1866.

   

   

©2005 Raimondo G. Russo

         


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