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GLOSSARIO RAGIONATO DELLE OPERE DI FORTIFICAZIONE

a cura di Ester Lorusso, con la collaborazione di Alfredo Magnatta

Fig. 1. Bovino, il castello. La torre «a cavaliere» vista da S-O così come si presenta oggi, dopo notevoli trasformazioni connesse al suo ininterrotto utilizzo nel corso dei secoli. Per la scheda e altre immagini sul castello: Bovino1, Bovino2.


Significato

Con questa espressione si indica una particolare tipologia di torri circolari angolari che, realizzate in corrispondenza degli spigoli formati dall’incontro di due cortine murarie piane inclinate a scarpa, richiamano alla mente l’immagine di un cavaliere in sella al proprio cavallo.


Origini ed evoluzione storica

L’origine di questa particolare tipologia costruttiva, propria solo delle costruzioni militari, risale all’epoca delle Crociate (secoli XI-XIII), quando i territori siriani e palestinesi vengono conquistati dalle milizie cristiane e muniti di imponenti fortificazioni contro gli attacchi musulmani.

In questa occasione i costruttori europei danno prova di notevole competenza nell’arte dell’edificare raggiungendo, in alcuni casi, livelli notevoli, soprattutto nella realizzazione di particolari apparecchi murari e nella lavorazione di superfici curve. Tuttavia la peculiarità di tali tecniche costruttive, legate alla necessità di realizzare, in territori molto diversi da quelli tipici degli scontri medievali, manufatti che con la sola semplicità della forma e con la perfetta aderenza alle caratteristiche morfologiche del sito fossero in grado di aumentare la percentuale di vittoria sull’avversario, ha limitato notevolmente la diffusione delle soluzioni sperimentate in Terrasanta, decretandone, così, il rapido e quasi inavvertito declino.


Caratteristiche costruttive

Le torri «a cavaliere» rappresentano una soluzione costruttiva insolita rispetto alle altre tipologie di torri angolari per diversi motivi. Innanzitutto costituiscono un efficace apparato aggettante, capace sia di garantire una buona copertura per il tiro di infilata sia di conservare un’ottima funzionalità per quello piombante. In secondo luogo richiedono, per la loro costruzione, la soluzione di complessi problemi legati all’apparecchiatura dei blocchi di pietra, che devono infatti contenere, nello stesso tempo, spinte verticali ed oblique, il che comporta talvolta piani di posa opportunamente inclinati verso l’interno in luogo di quelli orizzontali. Inoltre, gli elementi lapidei che appartengono contemporaneamente alla muratura a scarpa e a quella del cilindro verticale - e che risultano collocati sull’ellisse d’intersezione - molto spesso devono essere progettati e realizzati fuori opera e solo successivamente rifiniti in situ.

Dagli studi condotti sugli esempi superstiti di tali manufatti e, più ampiamente, sugli organismi difensivi dei quali sono parte integrante, emergono informazioni affidabili in merito alla configurazione architettonica dell’impianto-tipo. Il primo atto insediativo consisteva nella scelta, per ovvi scopi strategici, di un luogo sufficientemente rialzato rispetto all’area circostante, dopo di che si procedeva all’esecuzione di suture murarie tra le rocce ed alla regolarizzazione dei loro differenti livelli per mezzo di localizzati riporti di terra e, in maniera più limitata, di tagli. Sul costone roccioso che degradava verso valle, si articolava, quindi, la cortina muraria con tratti rettilinei e torri, in numero variabile a seconda della conformazione del suolo e del rischio di attacco nemico e sporgenti dalla scarpa della cortina stessa, mentre sui lati dove le pareti rocciose erano quasi a picco, si costruivano murature con andamento verticale e senza alcuna torre o elemento fortificato sporgente. L’ingresso al castello, lungo il lato meglio difendibile dall’uomo, era invece preceduto da una rampa più o meno articolata, sostenuta da muri adattati anch’essi alla superficie rocciosa del terreno e coperta generalmente con volte accuratamente innestate tanto reciprocamente quanto alle pareti verticali mediante conci lapidei perfettamente sagomati allo scopo. Il cassero, infine, una sorta di torre-residenza destinata ad ospitare le principali autorità (a seconda dei casi militari o civili) presenti sul posto, occupava un’area corrispondente a circa la metà della superficie di tutto il castello, strategicamente la meglio protetta con i due lati corrispondenti ai tratti della cortina costruiti nella parte più scoscesa.

Gli spessori dei muri in elevato, variabili a seconda della peculiarità delle caratteristiche morfologiche dei punti di appoggio alla roccia e della funzione che il muro doveva svolgere, venivano realizzati con la tecnica «a sacco», cioè esternamente con elementi da spacco di dimensioni variabili, apparecchiati su piani di posa preferibilmente orizzontali, talvolta regolarizzati da più o meno limitati strati di malta di allettamento, ed internamente con un riempimento, gettato in opera, costituito da malta cementizia ed inerti di dimensioni variabili apparecchiati con una certa regolarità. Il frequente necessario ricorso a consistenti getti di malta si giustifica considerando che i conci erano solitamente di taglia ridotta e non regolare, perché quelli di taglia maggiore risultavano impiegati come elementi di cucitura d’angolo. Per la realizzazione dei solai si ricorreva, infine, alla creazione di riseghe di profondità costante che, correndo su due lati paralleli o perimetralmente ai vani da coprire, consentivano la posa in opera di tavolati sorretti da travi lignee opportunamente intestate negli spessori murari sottostanti.


Esempi

Gli esempi superstiti di torri «a cavaliere» non sono molti e risultano dislocati in diverse aree geografiche, come a Marquab, in Siria (Torre dello Sperone), nel Crac des Chevaliers ad Homs (dove si possono ammirare le più belle torri di questo tipo, costruite prevalentemente a ridosso di cortine murarie piane inclinate) (fig. 4), nel castello di Amboise ed in quello di Coca a Segovia.

I pochi esempi italiani sono, invece, singolarmente documentati nei castelli di Termoli (fig. 2), Tufara (fig. 3), Bovino (fig. 1) e Roccamandolfi (fig. 5), tutte installazioni militari che, a loro volta, presentano anche elementi di somiglianza con gli altri membri del sistema castellare bizantino esteso dalla Daunia al Molise.


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 Fig. 2. Termoli, il castello. Per la scheda e altre immagini sul castello: Termoli.

 

Fig. 3. Tufara, il castello normanno. Particolare di una delle torri circolari «a cavaliere».

 

    Fig. 4. Homs, il Crac des Chevaliers. Torri sporgenti dalle cortine inclinate ad Est.

 

Fig. 5. Roccamandolfi, il castello medievale. Particolare dell’altura sovrastata dai resti dell’imponente struttura difensiva smantellata nel 1270 per ordine di Carlo I d’Angiò.


Indicazioni bibliografiche

G. DE BENEDICTIS - L. MARINO, Il castello di Roccamandolfi, in «Castellum», 1987, nn. 27-28, pp. 93-96.

M. DE BARD, Le château de Caen, Caen 1979.

O. DINELLI - L. MARINO - C. NENCI - R. SABELLI, Nuove indagini sulle strutture del castello, in Fonti per la storia di una comunità molisana. Roccamandolfi tra il XII ed il XX secolo, a c. dell’Archivio di Stato di Campobasso, Campobasso 1991, pp. 112-118.

E. LORUSSO, La Torre a cavaliere di Bovino, Foggia 1999.

      

     

©2001 Ester Lorusso

     


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