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a cura di Stefania Sivo

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San Vito dei Normanni, chiesa rupestre di San Biagio: Presentazione al Tempio (affresco del XII secolo).

 

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San Vito dei Normanni  San Vito dei Normanni

 

La pianta

    

  

     

LA SCHEDA

La chiesa di San Biagio a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, si trova a poca distanza dalla masseria Jannuzzo e si presenta come un santuario collocato in un vero e proprio villaggio rupestre. La chiesa, che doveva essere quasi certamente di rito ortodosso, è stata scavata al centro di un piccolo insediamento monastico di cui si scorgono, nei dintorni, le celle destinate ai monaci, ma nel tempo ha subito delle trasformazioni che ne hanno modificato l’aspetto originario.

La chiesa è dedicata a san Biagio, un santo taumaturgo molto venerato e amato dalla popolazione rurale, cosa che si deduce dal tipo di miracoli per cui è noto: malattie legate alla gola, rimedi contro i parassiti dei campi e in genere contro tutti i mali mediante assunzione di acqua stillante da fonti a lui dedicate.

Come tutte le chiese scavate lungo l’ultimo tratto della via Francigena, verso Brindisi, la chiesa di San Biagio presenta al suo interno affreschi votivi dedicati contemporaneamente a santi orientali come san Biagio, san Nicola e sant’Andrea e santi latini, alcuni dei quali legati alle crociate come san Giorgio, san Giacomo e san Giovanni. Le iscrizioni poste vicino ai santi, con la funzione di identificarli, sono tutte in greco tranne la doppia iscrizione in latino e greco che accompagna la figura di san Nicola, simbolo di unità religiosa tra la chiesa ortodossa e quella latina. Questo testimonia, ancora una volta, la presenza sul territorio pugliese di gruppi etnici di fede ortodossa e la pratica, diffusa, di culti religiosi diversi svolti nelle stesse chiese.

La cripta di San Biagio presenta caratteri tipici dell’edilizia rupestre bizantina brindisina, cioè l’ingresso laterale e l’interno caratterizzato da un’ampia aula senza ripartizioni di forma quadrata. L’edificio è localizzato nella zona centrale della vallata e presenta sulla facciata lunga due porte d’ingresso: la prima porta, ancora visibile, misura m 1,05 x 2,00 e immette direttamente nella zona presbiteriale; la seconda porta invece, trasformata in una finestra nel secolo scorso, in origine serviva per accedere al nàos, cioè all’area destinata ai fedeli.

Sulle due porte si notano tre fori in cui probabilmente erano inserite le travi di legno per sostenere una piccola tettoia per riparare l’ingresso dalla pioggia.

La pianta è a forma di rettangolo irregolare e misura m 12,65 di lunghezza per m 4,80 di larghezza media e m 2,60 di altezza. A dividere il nàos dal bema doveva esserci un’iconostasi litica poi abbattuta. A Sud e ad Est sono state create due nicchie rettangolari: quella ad Est risalirebbe al XVIII secolo, quando fu posizionato al centro della nicchia un altare e affrescati sulle pareti tre santi che dovrebbero essere san Biagio, san Pier Damiani e san Nicola.

Lungo la parete meridionale è stato ricavato un sedile basso continuo, il sintrono, che si estende ai muri perimetrali del bema, al centro del quale doveva essere collocato un altare a blocco. Nella volta, in direzione del presbiterio, sono rimasti i due anelli che servivano per agganciare le lampade al soffitto, un altro anello si trova invece tra la volta e il muro laterale all’altezza dell’affresco raffigurante la Natività.

All’altezza della porta d’ingresso, sulla volta, compare un’iscrizione in greco in cui si dice che il santuario di San Biagio è stato costruito grazie alla partecipazione finanziaria di Matteo (forse dipinto tra i santi apostoli Giovanni e Andrea, al lato della porta d’ingresso), del capomastro Daniele (architetto e costruttore della chiesa) e da un certo Martino (forse l’esecutore del ciclo pittorico). È citato anche l’igumeno Benedetto (abate di un monastero bizantino) il cui nome latino è trascritto in greco senza essere stato declinato. L’iscrizione reca una data, 8 ottobre 1196, potrebbe indicare il giorno della consacrazione della chiesa: «Questo venerabile tempio del sacrosanto martire Biagio nostro padre è  stato eretto e dipinto al tempo del nostro Igumeno Benedetto, con il concorso [finanziario] di Matteo e per mano dei maestri Daniele e Martino, l’otto del mese di ottobre dell’anno 6705 [=1196], indizione XV» [1].

Il ciclo pittorico di San Biagio è tra i più interessanti della Puglia poiché conserva delle iconografie raramente riscontrabili nelle chiese rupestri come un ciclo cristologico, quasi completo, ed episodi tratti dai Vangeli apocrifi.

La volta della chiesa è divisa in 5 sezioni la cui lettura iconografica procede in senso antiorario: nella parte più ampia è dipinto l’Antico dei Giorni con due cherubini con sei ali, i quattro Evangelisti, i profeti Daniele ed Ezechiele, segue l’Annunciazione, la Fuga in Egitto, la Presentazione al Tempio e l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme. A completare il ciclo cristologico  è l’affresco della Natività collocato sulla parete laterale sud.

Sulle pareti la decorazione continua con una parata di santi: ai lati del portale d’ingresso sono raffigurati  i santi Giovanni e Andrea, tra cui compare il committente (il citato Matteo), San Biagio (eponimo della chiesa), nello stesso riquadro San Nicola, San Demetrio e San Giorgio, segue sulla parete attigua la Natività e infine San Silvestro e Santo Stefano.

Particolare dell'affresco Antico dei Giorni (XII secolo).

Gli affreschi sono a carattere didattico, ripropongono cioè alcune delle dodici scene a contenuto dogmatico (Dodecaorton) catalogate dai teologi bizantini fra gli avvenimenti riportati nei Vangeli. L’affresco con l’Antico dei Giorni occupa la parte più ampia tra le scene: il Padre con lunga chioma e la barba a punta, è raffigurato al centro in un cerchio stellato, decorato da una doppia fila di perle che delimita uno sfondo rosso trapuntato di stelle a forma di fiore con i raggi perlati di bianco, indossa una veste scura con maniche ricamate e un mantello. Con la mano destra benedice alla greca mentre con la sinistra regge il libro del Vangelo su cui è riportato un passo di Giovanni. Ai lati esterni del cerchio ci sono due cherubini con sei ali. Fuori dal cerchio, sulla destra sono affiancati i simboli degli evangelisti Matteo (angelo) e Marco (leone), un serafino con sei ali e il profeta Daniele che ha il volto giovane e il berretto frigio, indossa una tunica blu e il mandyas ricamato di puntini rossi circondati da perline bianche, con la mano sinistra regge un rotolo.

A sinistra dell’Antico ci sono i simboli degli evangelisti Giovanni (aquila) e Luca (bue alato), un serafino a  sei ali e il profeta Ezechiele con un rotolo in mano su cui è riportato in greco un passo biblico (Ez. II, 1: «Mi disse: Figlio dell’uomo, alzati, ti voglio parlare»). In basso, sotto l’ala sinistra del serafino, c’è una minuscola figura d’orante. 

Segue l’affresco con l’Annunciazione della Vergine: Maria indossa un maphorion rosso con frange da cui emerge il velo sottostante e calze-scarpe ricamate. È in piedi davanti ad un trono senza spalliera con cuscino rosso, alle sue spalle ci sono due torri con due porte: quella di destra è ad arco, mentre quella di sinistra è di forma rettangolare. La porta di sinistra è sbarrata e probabilmente si riferisce alla profezia fatta da Ezechiele (XLIV, 1: «Mi condusse poi alla porta esterna del santuario dalla parte di Oriente; essa era chiusa»).

Con la mano sinistra regge la canocchia con il fuso, simbolo di quotidianità in cui si compie il miracolo, mentre alza la mano destra all’altezza del petto con un gesto di turbamento. Nel nimbo della Vergine c’è una colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo, che regge nel becco due fili bianchi che si congiungono con l’orecchio della donna. L’angelo Gabriele indossa una tunica blu e il manto rosso, calzari di porpora e un diadema tra i capelli riccioluti. Con la mano sinistra regge un bastone a forma di giglio mentre con la destra saluta la Vergine. Lungo la cornice corrono le iscrizioni esegetiche, mentre sul fondo blu tra la Madonna e Gabriele sono dipinte le parole di saluto in greco dell’angelo. Nella scena, all’interno di due medaglioni, compaiono i profeti David e Isaia recanti dei rotuli con iscrizioni, iconografia questa molto rara.

La composizione della Fuga in Egitto è molto interessante poiché compare san Giacomo minore a guidare la Sacra famiglia in fuga, episodio ripreso dai Vangeli apocrifi: il santo, posto sulla sinistra, indossa una tunica corta rosso scuro riccamente decorata, calze blu e gli stivali di pelle. Con il braccio destro regge il bastone da follatore con appesi un pane a forma di ciambella e una borraccia mentre con la mano sinistra regge le briglie del mulo.

La Fuga in Egitto (XII secolo).

In un clipeo, dal fondo rosso, compare un angelo olosomo che indica la strada alla Vergine seduta sul mulo bianco. Dietro l’animale c’è san Giuseppe scalzo con il Bambino posizionato sulla spalla sinistra, mentre con la mano destra si regge ad un bastone.

Nella Presentazione al Tempio compaiono diversi personaggi: san Giuseppe, a sinistra, indossa una tunica blu e un mantello rosso e porta una gabbia con due tortore, omaggio al Tempio. La Vergine, con  maphorion rosso e veste blu, è rivolta verso il Bambino che, dalle braccia del sacerdote Simeone, si protende verso la madre; al centro della scena, sotto il baldacchino, da cui pendono due lampade a forma di calice, c’è un altare in pietra su cui è appoggiato un drappo scuro. Alle spalle di Simeone compare la profetessa Anna, con  maphorion rosso e veste gialla, che alza la mano destra in segno di benedizione, mentre con la sinistra regge un rotolo con iscrizione.

Nell’Ingresso a Gerusalemme Gesù è raffigurato seduto sull’asino, indossa una tunica rossa e un mantello blu ed è seguito dai due apostoli Giovanni e Andrea. Il Cristo benedicente si dirige verso la porta della città di Gerusalemme che presenta le mura merlate. Davanti alla porta ci sono due personaggi, probabilmente i due farisei di cui parla Luca nel suo Vangelo (XIX, 39-40: «Alcuni farisei tra la folla gli dissero: “Maestro rimprovera i tuoi discepoli”. Ma egli rispose: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”») e dietro la porta, all’interno delle mura, si intravede il Tempio con frontone triangolare rosso, finestre al centro e i tre pinnacoli.

Ai lati dell’ingresso sono affrescati un santo non riconoscibile sulla sinistra, e i santi Andrea e Giovanni sulla destra: sant’Andrea ha la barba bianca, indossa un lungo chitone blu e un mantello rosso e benedice con la mano destra; san Giovanni ha il volto giovane, è senza barba con i capelli corti, indossa un chitone rosso e una veste grigio-verdagnolo, regge il Vangelo con entrambe le mani; ai suoi piedi è dipinta una piccola figura di orante con le braccia aperte, probabilmente il committente della chiesa. 

Sulla parete successiva è affrescato il santo a cui è dedicata la chiesa, san Biagio: ha capelli e barba bianchi, indossa un stikharion scuro sotto il phailònion (penula indossata dai sacerdoti per la celebrazione liturgica) azzurro riccamente decorato con cerchietti formati da puntini bianchi. Sulle spalle ha l’omophòrion (lunga stola di stoffa ornata di croci che i metropoliti e i patriarchi portavano intorno al collo) bianco con 3 croci. Con la mano sinistra regge un libro e con la destra (ora scomparsa) benediva degli animali in basso a destra, purtroppo oggi poco visibili: si riconoscono un cinghiale, un cervo e un capriolo.

Sulla destra del santo, un po’ più in alto, si notano alcune figure rovinate: è probabile che sia rappresentata la scena del governatore Agricola: rivestito degli abiti imperiali è assiso con lo scettro su di un seggio, è rappresentato nell’atto di inviare quattro cavalieri per convocare il santo (Biagio) davanti a al suo cospetto. Il primo dei cavalieri ha già un piede nella grotta e invita con le mani distese il santo a seguirlo.

Nel riquadro successivo ci sono tre santi san Nicola, san Demetrio e san Giorgio: san Nicola, olosomo, indossa abiti episcopali, un stikharion di color ocra, il phailònion rosso, l’epitrachelion ornato da motivi geometrici e l’omophòrion con tre croci rosso scuro. Nella sinistra ha un libro e con la destra benedice. A destra del nimbo c’è un’iscrizione greca verticale, mentre sulla sinistra del nimbo c’è l’iscrizione in latino, entrambe recano il nome del santo, unico esempio nella cripta di doppia iscrizione in due lingue.

Seguono, nello stesso riquadro, due santi guerrieri: entrambi cavalcano due cavalli riccamente bordati, indossano il chitone, la corazza, la clamide rossa e lo scudo nella mano sinistra. Lo scudo di san Demetrio è triangolare a strisce bianco-rosse, hanno entrambi una lancia nella mano destra nell’atto di trafiggere un drago sotto i loro piedi. L’affresco, poco leggibile, è molto rovinato per la presenza di muffe sulle pareti.

Sulla parete opposta all’ingresso è affrescata la scena della Natività: la Vergine è seduta in una grotta, ha il capo reclinato a sinistra mentre con la mano destra porge alle ancelle un panno ricamato. Sono rimaste tracce di due volti, probabilmente le donne che lavavano il Bambino (probabilmente le levatrici Salomé e Zelomi, raffigurate in altri dipinti d’epoca bizantina, evento testimoniato dai protovangeli di Giacomo e Matteo). Sulla destra della Vergine si vede la testa di Giuseppe seduto, più in alto c’è la culla-altare con il bue e l’asino.

Al di sopra ci sono due angeli (si vedono appena), uno dei quali, in adorazione con le mani avvolte in un panno bianco e i piedi verso l’alto, indica il segno della stella ai pastori. Dell’altro angelo si vedono tracce del corpo e le scarpette rosse. Sulla sinistra in alto alcuni pastori ricevono l’Annuncio dell’angelo; due di essi, mano per la mano, si dirigono verso la grotta, il terzo è seduto e suona il flauto. Da destra arrivano i Re Magi con le braccia alzate, indossano abiti militari con corazza e clamide svolazzante (affresco frammentario).

Nell’ultimo riquadro, su una scenografia dipinta, formata da tre colonne con capitelli di ordine ionico che sostengono due archi, ci sono i santi Stefano e Silvestro. Santo Stefano, olosomo, indossa lo stikharion rosso ricamato con cerchi e con fasce decorative sullo scollo mentre in basso un orarium blu gli scende dalla spalla sinistra sul braccio; calza scarpe di porpora, con la sinistra regge il Vangelo, mentre con la destra agita un turibolo. San Silvestro anch’esso dipinto olosomo ha i capelli e la barba bianca, indossa una tunica scura sotto il phailònion trapuntato di cerchi con puntini dentro losanghe; sopra di esso indossa l’omophòrion con tre croci. Con la mano destra benedice alla greca, mentre con la sinistra tiene il Vangelo con rilegatura decorata.  

     


1 Traduzione citata da Lavermicocca N., I sentieri delle grotte dipinte, Bari 2001, p. 33.

   

Bibliografia di riferimento

Chionna A., Beni Culturali di San Vito dei Normanni, Fasano 1988.

Dell’Aquila F. - Messina A., Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata, Bari 1998.

Falla Castelfranchi M., Pittura monumentale bizantina in Puglia, Bari 1991.

Lavermicocca N., I sentieri delle grotte dipinte, Bari 2001.

                              

      

   

©2006 Stefania Sivo, testo e immagini

   


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