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a cura di Danilo Tancini

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Le immagini:  pag. 1    la storia


Il Duomo visto dal lato settentrionale

   

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Como  Como: panorama

 

Facciata  Facciata: Cristo risorto  Portale maggiore: nicchie  Porta meridionale: Fuga in Egitto

 

Porta della Rana  Porta della Rana: particolare  Particolare del soffitto  Il rosone  La cupola

 

Acquasantiera   Altare del Crocefisso  Organo  Bifora della navata centrale

 

Ancona della Passione: particolare  Ancona di S. Abbondio  Ancona di S. Abbondio: particolare  Ancona di S. Abbondio: particolare

      

 

     

Il Duomo di Como

(da John Addington Symonds, Sketches in Italy, 1870-1880)

 

Il Duomo di Como è forse l'edificio più perfetto che esista in Italia poiché incarna la fusione dello stile Gotico e Rinascimentale, entrambi nelle loro espressioni migliori e nella loro più squisita sobrietà. Lo stile Gotico termina nella navata. I nobili transetti e il coro, che conducono a tribune dalla forma arrotondata delle stesse dimensioni, sono in un semplice e decoroso stile bramantesco. I passaggi da uno stile all'altro sono riusciti felicemente ed è stata raggiunta un'armonia tale da non creare alcuna dissonanza. Ciò che chiamiamo Gotico è qui concepito con uno spirito tipico del Sud, senza la complessità efflorescente od immaginifica degli elementi architettonici multipli; mentre lo stile Rinascimentale, utilizzato da Tommaso Rodari, non si è ancora irrigidito nel neo-latinismo inespressivo del tardo Cinquecento, ma è contraddistinto da una delicata inventiva e dalla piacevole subordinazione del dettaglio decorativo all'effetto architettonico. In queste condizioni felici abbiamo la sensazione che lo stile gotico della navata, con la sua superiore severità e la sua solennità, venga a dilatarsi nelle lucide armonie del coro e dei transetti come un fiore che sboccia. Nella prima la mente è condotta verso la meditazione interiore ed il timore religioso, nel secondo il fedele passa attraverso il tempio della fede chiara ed esplicita, come un iniziato neofita che venga introdotto al significato dei misteri.

Dopo la caduta dell'Impero Romano, il comune di Como sembra aver conservato più vive, rispetto al resto dell'Italia settentrionale, le memorie dell'arte classica. Nel primo Medioevo accanto al titolo di scultore ed architetto, compare molto spesso sugli atti e sui documenti il titolo "Magistri Comacini". Questo fatto può essere raccolto a testimonianza della purezza e della bellezza del Duomo. Si tratta dell'opera di una stirpe che non ha mai abbandonato completamente la tradizione della delicata invenzione artistica. A Tommaso Rodari e ai suoi fratelli, Bernardino e Jacopo, il mondo deve l'armonica fusione degli stili Gotico e Bramantesco; loro sono anche le sculture con cui il Duomo è così riccamente decorato. Erano nativi di Maroggia, un paese vicino a Mendrisio, ai piedi del Monte Generoso, vicino a Campione, che, tra il 1300 e il 1500, ha regalato al mondo tanti abili artisti. Infatti, i Rodari probabilmente furono soprannominati Campionesi quando lasciarono la loro provincia per prestare servizio nella Lombardia Orientale. Il corpo del Duomo fu terminato quando Rodari venne nominato maestro dell'opera nel 1487. Suo compito era quello di completare i lavori con l'aggiunta di una tribuna. Preparò così un modello in legno e lo espose, secondo l'usanza di quei tempi, nella sua bottega per sottoporlo alla critica; naturalmente nacquero divergenze di opinioni tra i cittadini di Como riguardo ai suoi meriti. Fu interpellato Cristoforo Solaro, soprannominato "Il Gobbo", affinché esprimesse un suo giudizio. Si ricorderà che, quando Michelangelo espose la sua Pietà in San Pietro, le voci vollero attribuirla a questo famoso scultore lombardo, al punto che lo scultore fiorentino fu costretto ad apporre la sua firma sul marmo. Allo stesso modo, Solaro firmò il monumento a Beatrice Sforza nella Certosa di Pavia. Era quindi assolutamente all'altezza di criticare o esprimere un giudizio positivo sul progetto del suo collega. Il Gobbo disapprovò le proporzioni scelte da Rodari e ordinò l'esecuzione di un nuovo modello; dopo ulteriori discussioni ed alcune concessioni da parte di Rodari, che sembrò aver aumentato il numero di aperture ed aver alleggerito gli ordini del suo modello, il maestro di Maroggia ottenne finalmente la fiducia.

Non meno degne di elogio del progetto generale della tribuna sono le sculture eseguite dai fratelli. Il portale a Nord del Duomo è un capolavoro di cesellatura rinascimentale che unisce motivi cristiani e classici con la ricchezza degli ornamenti floreali. All'interno, sullo stesso portale, c'è una processione di bambini che sembrano rappresentare il Trionfo di Bacco, con forse qualche simbolismo cristiano. Dalla parte opposta, sopra il portale a sud, si trova un fregio di tritoni - divinità marine a cavallo - combattenti che si scagliano uno sull'altro con grappoli di pesci e spruzzi d'acqua, nello spirito del Mantegna. I portali della facciata sono decorati con la stessa rara esecuzione ed i podii, sostenute da nudi fauni e da esili figure mosse, entro le quali siedono i due Plinii, possono essere annoverati tra i maggiori successi della delicata scultura Rinascimentale. I Plinii non sembrano far parte dell'opera dello stesso maestro. Sono più vecchi, più rigidi e più gotici. L'interesse principale deriva dal fatto che sono vestiti e seduti alla moda degli umanisti. La consacrazione di due santi pagani davanti ai portali di un tempio cristiano in Italia è veramente tipica del quindicesimo secolo. Inferiormente si trovano dei piccoli bassorilievi che rappresentano scene della loro vita sullo stile delle predelle scolpite sugli altari dei santi.

In tutta la chiesa sono presenti statue, tra cui un Sebastiano nella Cappella della Madonna è degno di essere menzionato per la sua singolare bellezza. Si tratta di una figura accuratamente modellata, caratterizzata da tutta la vitalità e dall'esuberante adolescenza tipica dell'ispirazione veneziana. Caratteristica peculiare dell'architettura esterna è la serie di Atlanti, che portano sulle spalle urne, teste di leoni e altri strumenti e stanno in piedi sulle mensole attorno alla cornice superiore proprio sotto il tetto. Ve ne sono di tutti i tipi: giovani e anziani, maschi e femmine; nudi e audacemente delineati secondo lo stile classico. Questi canali per l'acqua, opera di Bernardo Bianco e Francesco Rusca, mostrano l'allontanamento del primo Rinascimento dallo stile Gotico. Allo stesso tempo lo scultore, mentre si allontana dalla tradizione gotica, non si è ancora dedicato alla servile imitazione dell'antico. Ha utilizzato l'invenzione e ha sostituito le teste di drago con ghigno sinistro, con qualcosa di selvaggio e bizzarro di sua creazione in armonia con il gusto classico.

Le raffigurazioni delle cappelle, opere principalmente di Luini e Ferrari – una idillica Natività, pastori simili a fauni e cori di angeli, una sontuosa adorazione dei Magi, un ricco Sposalizio con abbondanza di fluenti capelli dorati su drappeggi verdi e rossi – sono particolarmente interessanti per coloro che non conoscono ancora la pittura lombarda. D'altronde, la cornice architettonica è, forse, superiore rispetto al merito intrinseco di tali raffigurazioni in quanto espressioni artistiche e il loro valore principale consiste nell'aggiungere tenui pennellate di colore alla fredda luce della deliziosa chiesa. Più curiosa, forse perché meno in armonia con il resto, è la scultura in legno dorato sull'altare di S. Abbondio, attribuita ad uno scultore tedesco, ma eseguita, per la maggior parte, in uno stile puramente luinesco. La posa della Madonna sul trono, la tipologia e la posizione di Santa Caterina e l'esecuzione della Pietà che sta sopra, sono di stile completamente lombardo e mostrano come Luini esprimesse con la scultura il suo ideale di bellezza. Sembra che alcune delle più belle figure del Monastero Maggiore di Milano siano scese da quelle pareti ed abbiano preso posto nel loro tabernacolo sull'altare. Lo stile non viene però mantenuto costantemente. Nei rilievi che mostrano la vita di S. Abbondio, non si avverte la grazia infantile di Luini, ma si sente qualcosa che ci riporta a Donatello - una ricerca del classico nell'abito, nel portamento, nei gruppi delle figure secondarie. Potrebbe essere che lo scultore, nel riconoscere carente la composizione del Luini e nel constatare che lo stile del maestro non si adattava allo spirito del rilievo, abbia avuto il buon gusto di rendere quello che era piacevolmente luinesco nelle figure femminili e di tornare ad un modello più severo per i suoi bassorilievi.

Como e provincia decisero di creare un fondo per la costruzione del Duomo. Vennero distribuite cassette in tutte le chiese per raccogliere le offerte di coloro che desideravano dare il loro contributo per l'opera. Il clero chiedeva l'elemosina in Quaresima e nelle giornate importanti predicava di contribuire alla costruzione. Regali come calce e mattoni venivano ricevuti con molto piacere. Vescovi, canonici e magistrati comunali dovevano effettuare consistenti donazioni per ottenere le loro cariche. I notai venivano obbligati, pena il pagamento di un centinaio di soldi nel caso non avessero accettato, a persuadere coloro che facevano testamento, "cum bonis modis dulciter", a inserire il Duomo all'interno dei loro voleri. Le multe per determinati reati venivano devolute dall'amministrazione della città per la costruzione del Duomo. Ogni nuovo cittadino doveva pagare una somma; le corporazioni e gli appaltatori ottenevano monopoli ed incarichi a caro prezzo. Venne istituita infine una lotteria a beneficio della costruzione. Naturalmente ogni pagamento a favore dell'opera buona prevedeva dei privilegi spirituali; il popolo rispose così caldamente alla chiamata della Chiesa che nel corso del sedicesimo secolo la somma raccolta ammontava a duecentomila corone d'oro. Tra i donatori più magnanimi figura il Marchese Giacomo Gallio, che donò duecento novantamila lire ed un certo Benzi, che donò diecimila ducati.  

         

     

   

©2001 Danilo Tancini

 


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