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GRESTI, CASTELLO DI GRESTI O PIETRATAGLIATA

a cura di Giuseppe Maria Amato

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I resti del castello di Gresti o di Pietratagliata.

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Aidone  Aidone

 

La torre quadrata  Veduta dal basso  Primo piano dela torre

 

Cappella della Moneta, particolare di una voluta oggi trafugata  Ambiente ipogeo  Magazzini moderni, oggi crollati in seguito ai danni causati dal sisma del 13/12/1990  Iscrizione, datata 1709, su uno stipite del magazzino


 


Epoca: XIV secolo, su fondazione altomedievale.

Conservazione: resti; improcrastinabili lavori di restauro e recupero.

Visitabilità: estremamente ridotta; il complesso è in stato di abbandono.

Come arrivarci: da Catania per Aidone (35 km da Enna) con la strada provinciale 417. Il castello è raggiungibile dalla strada vicinale Tufo (Raddusa-Valguarnera).

    

Cenni storici.

I luoghi

Il fiume Gresti, tributario del Gornalunga, nasce dalle acque che scendono dalle contrade Pietrapesce, Cunazzo e Gresti. Esso mantiene le caratteristiche di un qualsiasi fosso della campagna erea, sino a quando non incontra le rupi del castello dei Gresti. Qui, la rupe quarzarenitica, formata da diverse guglie, è stata scavata dall'azione delle acque ed è crollata o ha assunto fogge fantastiche creando un quadro paesaggistico veramente particolare.

Inoltre lo sfasciume creato dai crolli della rupe si è distribuito, da alluvione in alluvione, lungo tutta l'asta fluviale a valle del castello, facendo fare alle acque piccoli salti, giri viziosi e, in caso di piena, cascatelle e rapide di sicuro effetto scenografico.

Nonostante la particolare aridità dei luoghi, soggetti tra l'altro ad una pressione di pascolo probabilmente eccessiva, la vallata mantiene ancora un grande valore anche dal punto di vista naturale, infatti le alte rupi, la presenza della "Gurna" una pozza d'acqua posta ai piedi della rupe e capace di sopravvivere anche alla siccità estiva, consentono la permanenza di diverse specie altrove scomparse. Proprio attorno la rupe dei Gresti è stata più volte avvistata l'ultima coppia di Aquile del Bonelli della parte sud della provincia ennese. Ancora qui è stato di passo il rarissimo avvoltoio Capovaccaio ed i ruderi sono frequentati da diverse specie di chirotteri e da rapaci notturni. Oltre che da una colonia foltissima di colombacci e da Taccole. Tra gli invertebrati, presenti con numerosissime specie, è qui utile segnalare la presenza della bellissima Empusa pennata, una sorta di Mantide che per mimetizzarsi tra le spine e le liane della Salsapariglia in cui vive, si è adattata sino a acquistare essa stessa un aspetto preistorico irto di spine acuminate.

Ulteriore nota di interesse è la presenza del relitto di una sughereta, nella collina posta a ovest del castello, sull'altro fianco del fiume.

Questa area fu proposta dalla Provincia Regionale di Enna come una futura Riserva naturale da inserire nel nuovo Piano regionale della protezione naturale ed a questa proposta, del 1992, l’assessorato regionale al territorio ed all’ambiente non ha mai dato risposta alcuna, neanche per comunicare di aver ricevuto la segnalazione.

     

I resti monumentali

Sin dall’epoca greca classica, se non da prima, le città stato di Agira e di Morgantina, rappresentarono per il territorio che oggi costituisce l’area di sud est della provincia regionale di Enna, due importantissimi poli di attrazione per le genti che a quei tempi vivevano in Sicilia.

Proprio per questa loro funzione di fulcro territoriale e di centro della cultura, delle arti, della produzione e dello scambio delle merci, le due entità urbane interloquirono tra loro con fitti traffici sino a determinare, lungo la linea più breve tra i due luoghi, la nascita di una strada vera e propria.

Tale direttrice, che superava la vallata del Dittaino e che attraversava i fertili campi a grano dei quali parlano diversi autori antichi tra cui Cicerone nelle Verrine, una volta tramontata Morgantina, che già nel 17 d.C. apparve del tutto abbandonata al geografo Strabone, decadde anch’essa rimanendo una via di minore collegamento almeno sino al medioevo quando venne fondata Aidone e il Calatino vide crescere la potenza economica e politica di Caltagirone anche e spese della marca saracena della Judica.

Il riconoscimento dell’itinerario classico avviene solo ai nostri giorni quando l’archeologo e topografo antico Dinu Adamesteanu, rumeno ma appassionato cultore della Sicilia antica, ripercorre scientificamente il reticolo delle vecchie linee di traffico commerciale greco sino a ricostruire con evidenza archeologica la logica dei traffici e delle direttrici stradali delle epoche andate.

L’uso di questa strada, oggi in gran parte ridotta ad una semplice sterrata interpoderale, favorì, comunque, l’insediamento di coloni dediti all’esercizio della agricoltura e della pastorizia.

Nel tempo, proprio dove la strada si inerpica per superare uno sbarramento naturale creato da una bella ed articolata emergenza di quarzareniti quasi “a diga”, iniziarono a concentrarsi le abitazioni di questi coloni sino a creare un piccolo casale, attestato nel 1210 col nome di Fesinae (Henri Bresc).

Lo stesso casale viene citato come popolato nel 1296 (Gregorio).

La parte del castello scavata nel cuore delle rocce è quasi certamente di epoca tardo romana o bizantina, probabilmente risalente all’incastellamento che la Sicilia vide nella parte finale della sua appartenenza all’impero d’Oriente. Purtroppo la successiva utilizzazione delle stesse cavità, durata sino ai giorni nostri, ha in gran parte distrutto ogni strato che poteva contenere informazioni utili per stabilire un terminus ante quem per lo scavo delle strutture o di parte di esse. Va detto che all’interno della cavità maggiore è presente una fossa scampanata che appare in gran parte occupata da massi e detriti e che potrebbe contenere documentazione utile ad una cronologia del sito.

Quando, nel Medioevo, si acuirono le problematiche della sicurezza dei villaggi e dei casali, questo piccolissimo centro, venne dotato di una torre di guardia e difesa che divenne il primo nucleo del castello e quindi del feudo di Gresti o di Pietratagliata di Fesuna (castrum Petraetagliate).

Il nome di Pietratagliata viene proprio dalla enorme rupe quarzarenitica che taglia la valle in modo perpendicolare all'asta del fiume Gresti dando l'impressione di una sola, gigantesca pietra tagliata da una mano sovrannaturale.

La prima testimonianza diretta della presenza del castello nel feudo si ha nel 1358.

Fu di diverse famiglie nobiliari a partire dalla investitura che Federico II concede a tal Prandino Capirena da Piazza poi ribellatosi allo stesso re e quindi privato del feudo. La prima grave crisi la subì quando i Fesuna, suoi feudatari del XIII secolo, vennero messi a morte in Piazza, per vicende legate alla complicata e secolare guerra delle fazioni.

Nel XIV (17 marzo 1364) fu infeudato alla famiglia Gioieni, con Perrono, che lo tenne sino al 1648, anno in cui pervenne ai Graffeo. Da questi venne venduto ad Andrea Amato, principe di Caccamo e cavaliere dell'Alcantara, che ne detenne la baronia per un breve arco di tempo. Fu poi dei la Lumia i cui eredi sono ancora proprietari e che ne decretarono, per l'assoluto e colpevole disinteresse, il degrado odierno.

Oggi dell’insediamento classico ed altomedievale non rimane alcunché se non la testimonianza diffusa dei ritrovamenti di diverse monete e resti ceramici sino alla denominazione dialettale di “A Munita” data al colle dirimpettaio la lunga cresta rocciosa che fa da base alla fortificazione.

Il Castello, invece, integro almeno sino all’inizio del secondo conflitto mondiale, oggi versa in drammatiche condizioni.

La torre a pianta quadra leggermente trapezoidale, risalente probabilmente all’epoca normanna e costruita per funzioni di avvistamento e segnalazione, ha perso oramai da tempo la bellissima scalinata elicoidale che portava sin sulla cima a trentasei metri di altezza dal fondovalle.

Le fabbriche medievali e barocche, ricostruite in seguito al sisma che colpì la Sicilia orientale l’11 gennaio 1693, comprendenti l’entrata con un arco a sesto acuto, la scala per il vano di ingresso e tutta la complessa area a più piani dedicata alla abitazione feudale ed agli ampi magazzini ricavati nel pieno della roccia quarzarenitica, hanno subito diversi crolli, l’ultimo dei quali risale al sisma del 13 dicembre 1990 (come peraltro venne puntualmente denunciato da Legambiente con un comunicato stampa ripreso dai quotidiani locali). Oggi, addirittura, le condizioni della parte medievale e barocca sono tali che è del tutto impossibile entrare nelle parti padronali senza rischiare di provocare altri crolli e mettendo a repentaglio la propria vita.

Anche la cappella familiare, posta sulle rocce antistanti l’entrata del castello, in una stupenda posizione panoramica, ha subito crolli e spoliazioni sino a mantenere intatti solo i muri perimetrali ed il semplice ma affascinante portalino in pietra locale (è questo il portale che ha subito l’ultimo grave furto).

Alle fabbriche più antiche, tra le cui mura spicca un bel portale in pietra che dava accesso ad una camera padronale oggi priva di solai e soffitto, si affiancano poi una serie di costruzioni moderne che venivano adibite a scopi agricoli produttivi e che già tempo addietro la Provincia di Enna propose di trasformare in un struttura di accoglienza turistica extra alberghiera (magari un Ostello della Gioventù) da utilizzare per la fruizione turistica del maniero ma anche della vicina Morgantina, di Aidone, Valguarnera e della Riserva di Rossomanno.

Queste costruzioni, in pietra locale, probabilmente sottratta alle strutture castellate, hanno subito un gravissimo crollo nel 1998.

Per la salvaguardia dell'importante monumento, uno dei pochi castelli extra moenia rimasti in condizioni leggibili in Sicilia, non si può ulteriormente postergare l'esproprio ed il restauro.

Tutta la contrada è poi interessata da resti di diverse età che testimoniano la lunga e complessa frequentazione di questa parte dell'ennese. Sulla collina della moneta, dirimpettaia al castello, sono attestati (ed il toponimo è chiaro segnale) resti di un insediamento ellenistico romano continuato sino all'età tardo romana. Attorno le case Gresti, poste sul fianco di nord ovest della collina dei Gresti, sono stati ritrovati resti che vanno dall'età greca arcaica, a testimonianza della precoce influenza calcidese verso Morgantina, e resti di età tardo romana e bizantina.

      

Case Tuffo. Nell'area della odierna casa rurale Tuffo, poco più a sud del castello dei Gresti ma all'interno del territorio dell'antico feudo, in una posizione certamente più amena di quella occupata dal severo maniero, ed oggi addolcita dalla presenza di due laghetti collinari non di rado frequentati da aironi ed anatidi, sono stati identificati resti di età ellenistica ma anche tardo romana e bizantina. Ulteriore evidenza di una sorta di urbanità spezzettata, parcellizzata, che doveva occupare tutta l'area dei Gresti.

Feudo Pietrapesce. La collina di 481 m. s.l.m., con al contrada e la masseria omonime, rappresenta una parte del vasto feudo dei Gresti, poi suddivisosi in Gresti, Pietrapesce e Mendola. Proprio nella zona maggiormente rilevata del Cozzo di Pietrapesce sono stati individuati alcuni resti di età romana ed alto medievale.

      

Bibliografia

Amico V., Dizionario topografico della Sicilia, tradotto e annotato da G. Di Marzo, 2 voll., Palermo 1855-56, II, p. 368; Amato G. M., Inventario dei siti di importanza turistica, Enna 2000; Barberi G. L., I Capibrevi, 3 voll., Palermo 1879-88, I, pp. 185-187; Bresc H., Motta, Sala, Pietra: un incastellamento trecentesco in Sicilia, in «Archeologia Medievale», II (1975), pp. 428-432; D. Brocato, I castelli della provincia di Enna, Siracusa 1986, p. 34; R. Gregorio, Bibliotheca Scriptorum qui res in Sicilia gestas sub imperio Aragonum rettulere, 2 voll., Palermo 1791-92, II, p. 464; F. San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalle loro origini ai nostri giorni, 10 voll., Palermo 1924-41, IX, p. 167, X, pp. 8-12; Tomarchio G., Il castello di Pietratagliata, Enna 1992; Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani della Sicilia, Palermo 2001.

    
    
   

©2002-2012 Giuseppe Maria Amato; 2012: aggiornamento immagini in b.n. (precedenti al crollo del corpo di scala della torre centrale). La prima immagine riquadrata, tratta dal sito www.medioevosicilia.eu, è di Giuseppe Tropea. Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.

     


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