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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI LATINA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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ACQUAPUZZA (torre Catena o di Acquapuzza)

Dal sito www.partire2011.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=6GqANCHuWbk

«La Torre di Acquapuzza è un'antica torre conico-cilindrica a larga base, di ottima fattura costruttiva, attualmente esistente sopra la via Romana Vecchia a sud di Sermoneta, nella contrada di Borgo Tufette, in provincia di Latina; è ciò che resta dell'antichissima città di Acquaputrida che lì sorgeva. Recenti studi e osservazioni da parte di storici pontini, collocano la Torre di Acquapuzza addirittura nell'Ipotesi pontina per lo Sfondo della Gioconda di Leonardo da Vinci secondo la tesi recente. Venne eretta nel XII secolo sopra un dirupo del Monte Acquapuzza per la visione aerea a perdita d'occhio della pianura Pontina, allora palude. Ciò permetteva di controllare il pericolo di invasioni sia di eserciti nemici che di predoni dal mare, come i temuti pirati Saraceni. La Torre è situata nella costa bassa della montagna, ai piedi della quale scaturiscono le numerose sorgenti di acqua sulfurea (tufe) che danno il nome al posto. Il fortilizio fu un'importante Dogana dello Stato Pontificio, pur passando di proprietà con possessori diversi attraverso violente dispute. I papi, Sezze e Sermoneta ed altri, se la contesero fino al XVIII secolo, quando cessò la sua importante valenza strategica. Sotto di essa la via pedemontana (stretta tra monte e palude ed unico itinerario verso sud, dal momento che il tratto pontino della consolare Appia risultava ormai impaludato ed addirittura dimenticato) veniva sbarrata nei due sensi da una catena, rimossa solo dopo il pagamento di una gabella di pedaggio secondo un preciso tariffario imposto. Gli ecclesiastici e i residenti del luogo ne erano esclusi. Si transitava attraverso il Passo di Acquapuzza (in seguito Passo di Sermoneta), punto di enorme valore strategico per la protezione di Roma dalle invasioni dal Sud. Il Passo era presidiato dai soldati della guarnigione, alloggiati nella Torre. ...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Acquapuzza


Archi di San Lidano (fraz. di Sezze, torre Petrara)

Dal sito www.straderomane.it   Foto di filippo9888, dal sito italia.indettaglio.it

«Gli Archi di S. Lidano si trovano sulla strada che ne ripete il nome e che, innestandosi poco oltre il miglio XLI della via Appia si dirige dapprima verso nord-est, attraverso la Pianura Pontina, poi volgendo ad est, verso la valle dell'Amaseno, all'altezza del trivio costituito da questa con le vie del Murillo e Migliara. Non vi è oggi alcuna traccia del fiume o canale che doveva scorrere sotto il ponte. ... Il percorso stradale sul quale il ponte doveva trovarsi si staccava presumibilmente sull'Appia poco oltre il XLI miglio e raggiungeva le arcate con un tracciato che, più o meno, è ricalcato dal tracciato della via attuale: ne sono indizio e prova il monumento sepolcrale noto come Torre Petrara, che ne segnava, probabilmente, l'imbocco, i basoli in calcare riconosciuti i più tempi lungo questo percorso e la documentazione cartografica d'archivio, che attesta l'esistenza di tale tracciato almeno dal 1632. ...».

http://books.google.it/books?id=hLz37Hxn7uIC&pg=PA47&lpg=PA47&dq=sepolcro+%22torre+petrara...


Bassiano (palazzo Caetani, torri e mura)

Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.parcolepini.it

«Le origini di Bassiano si perdono nel periodo di ominazione romana dell'area lepina. Una convizione supportata dall'analisi etimologica del suo nome che potrebbe essere legato all'esistenza di un "Fundus Bassi" (possedimento di tale Bussus), divenuto poi "Bassianus" con l'aggiunta del suffisso indicante il possesso o la proprietà. I primi insediamenti accertati risalgono al X secolo d.C., ma furono completamente distrutti nel 1159 dal passaggio delle truppe di Federico Barbarossa. Per questo motivo intorno all'XII-XIII gli abitanti e i monaci benedettini, scampati all'invasione, decisero di rifugiarsi nella parte superiore (la "Majùra"), dove attualmente sorge il paese, e di realizzare una cinta muraria di fortificazione con nove case-torri per l'avvistamento di eventuali truppe nemiche. Inizialmente feudo degli Anibaldi, fu acquisito nel 1303 da Pietro Caetani, nipote di Bonifacio VIII, che dallo zio Papa ottenne in possesso un'ampia zona che comprendeva, oltre Bassiano, anche Ninfa, una parte di Norma, San Donato e San Felice. Furono i Caetani a realizzare il castello ed una seconda cinta muraria, più esterna rispetto alla prima. A parte brevi dominazioni da parte della famiglia Borgia (tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento) e di Ladislao di Durazzo, re di Napoli (1386-1414), figlio di Carlo III, il feudo è sempre stato saldamente della famiglia Caetani fino alla conquista dello Stato pontificio da parte delle truppe Sabaude, per questo essi si fregiano del titolo "Principi di Bassiano". Nove torri, due cinte murarie e tre porte di accesso alla città, che segnalano lo snodarsi a spirale delle costruzioni medioevali tra le quali spiccano gli edifici storici del centro, costruiti a cavallo tra il Medioevo e il Rinascimento. Palazzo Caetani, attualmente sede del Municipio, che ricorda la lunga dominazione della famiglia; la chiesa di Santa Maria, costruita a forma rettangolare (è lunga 12 metri e larga 8) dai monaci benedettini cassinesi del XIII secolo e parte restante del cenobio, di cui è visibile la sala capitolare dal bel soffitto a volta sorretto da pregevoli colonne; la collegiata di Sant'Erasmo, patrono del paese, e la chiesa di San Nicola; ed infine la casa di Aldo Manunzio, su via Piana. Un susseguirsi di piazze e palazzi, di vicoli e cinte murarie, di torri e porte di entrata, una passeggiata tra gli affascinanti scorci di un paese che ha conservato, in maniera quasi maniacale, la sua struttura originaria, in un tuffo che vi farà un pezzo di medioevo».

http://www.sezzeweb.it/comune-di-bassiano-latina.asp


Borgo Montello (castello di Conca)

Foto Sergio Andreatta, dal sito www.andreatta.it   Dal sito www.terrelatine.it

«Borgo Montello (già Conca, Castrum Concharum, nella Selva di Cisterna, Cisterna Neronis) attivo centro dalla storia antichissima. Un suggestivo arco introduce ad un impianto urbanistico bassomedioevale su un acrocoro di tufo, luogo ove i briganti per concessione lateranense poterono reclamare il diritto di asilo fino al 1680 quando venne revocato a seguito di un delitto), luogo di prigioni pontificie. Nel piccolo camposanto, anche descritto da Stanislao Nievo e dal poeta Sergio Andreatta, riposano epigoni del lavoro in terra di palude, tra cui il padre di Maria Goretti ed Augusto Imperiali il vincitore del rodeo con Buffalo Bill, e i primi pionieri della bonifica».

http://www.quartocircolo.it/sito/latina/borghi.php


CAMPO DEL FICO (torre)

Dal sito http://files.qrz.com   Dal sito www.comunediaprilia.it

«...Un altro monumento, di origine medievale, è la Torre di Campo del Fico nella località omonima. Si tratta di una torre merlata all’interno di una azienda agricola che fu di proprietà della Famiglia Colonna».

http://www.apriliasulweb.it/monumenti.html


Campodimele (mura e torri)

Dal sito www.naturamediterraneo.com   Dal sito www.naturamediterraneo.com

«Il comune di Campodimele ha sofferto per secoli il suo isolamento non subendo rilevanti fenomeni di crescita urbana e demografica, rimanendo, pertanto, racchiuso nel suo originario impianto, costituito da una cinta muraria, intervallata da dodici torri e da porte di accesso. Solo negli ultimi anni si va attuando una modesta crescita fuori dall’abitato con il consolidamento di un piccolo nucleo abitato nel piano (Taverna). L'attribuzione del nome Campodimele deriverebbe dal latino "Campus Mellis" ossia Campo di Miele perché sul promontorio dove oggi sorge il paese vi era un'abbondante produzione di miele. Alcuni ritengono invece che il nome derivi da Campo Metallo che in ebraico significa campo fortificato e, a tutt'oggi, la cinta di mura, quasi integra dal XII secolo, con le dodici torri cilindriche che racchiudono il tessuto urbano, le conferiscono l'aspetto di un antico borgo medievale. Campodimele sarebbe sorta sulle rovine di Apiola, antichissima città latina, assediata, conquistata e distrutta nel VI secolo a. C. da Tarquinio Prisco, i cui ruderi esistono ancora a 6 Km. dall'attuale centro storico. Notizie di Campodimele come centro abitato si hanno nel VI secolo con l'arrivo dei Longobardi, ma si ritiene che il paese avesse già svolto un suo ruolo nei secoli precedenti, nelle vicende connesse ai ducati di Fondi e di Gaeta e del Monastero di Montecassino. Sembra che proprio in questo piccolo paese, tranquillo e isolato si sia rifugiata nel XVI secolo la bella Giulia Gonzaga, vedova di Vespasiano Colonna quando, nelle tragiche notti tra il 5 e il 6 agosto, il corsaro Kaireddin Barbarossa tentò di rapirla nella vicina Fondi. Da visitare: la cinta muraria che potrebbe risalire, nel suo primo impianto, all'XI secolo. Essa risulta intervallata da dodici torri e da porte di accesso. Nell'aspetto attuale essa risale al XIV secolo ed all'avvento delle prime armi da fuoco, proprio per la presenza di torri circolari, munite di saettiere e fori per il puntamento, in parte celati dai recenti restauri. è in buona parte intatta anche se alcune ristrutturazioni recenti e, in particolare, l'inserimento di balconi ne alterano in parte l'aspetto complessivo».

http://digilander.libero.it/tdsotm1/Lazio/Comuni%20lt/campodimele.htm


Castelforte (mura e torre)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.castelforte.lt.it

«Castrum Forte nacque indubbiamente prima dell'anno 1000 come difesa del retroterra od anche come rifugio degli abitanti della piana sottostante. L'impostazione urbana è di una tipica pizza d'armi: ciò si può rilevare dalla cinta muraria munita di torrioni circolari, dalla porta di accesso e dal maschio imponente, punto di avvistamento e di comunicazione con le altre fortificazioni della zona. Il castello più vicino a Castrum Forte è Castrum Suji, a Suio. Per questa che è la frazione più importante si hanno dati sulla fondazione più certi, dovuta alla maggiore importanza storica di Suio. Sorto prima di Castelforte, Suio era strettamente legata al controllo delle proprietà del monastero di Montecassino. Entrambi i castelli erano posti in posizione tale da costituire un ottimo punto di vedetta e di guardia al fiume Garigliano, all'epoca importante via fluviale di comunicazioni tra Montecassino ed il mar Tirreno. Appare verosimile l'ipotesi che i primi insediamenti avvennero tra l'881 ed il 915 come risposta al campo trincerato saraceno, base per scorrerie, che in quel periodo sorgeva sulla riva destra del Garigliano. Nella località tuttora chiamata Vattaglia (cioè battaglia, in dialetto) si ebbe nell'agosto 915 lo scontro delle truppe della lega voluta dal Papa Giovanni X. Truppe guidate in campo dal papa stesso accorsero da tutto il regno d'Italia, appena ricostituito, per scacciare i Saraceni dai loro insediamenti sulla penisola. Alla lega partecipavano anche Longobardi e Bizantini. La battaglia del Garigliano fu il capitolo conclusivo della guerra. Tra i nobili che parteciparono alla battaglia si ricordano Alberico duca di Spoleto, Atenolfo II di Capua e figlio Landolfo II, Guasinaro II di Salerno, il duca di Napoli Gregorio IV, Giovanni I e lo stratega Niccolò Picingli, inviato da Bisanzio. Per tre mesi gli arabi resistettero in attesa di aiuti dalla Sicilia. Poi tentarono di fuggire sui monti, ma vennero raggiunti e sconfitti e così finì un lungo periodo di terrore per la Terra di San Benedetto. Nell'ottobre del 1079 l'abate Desiderio concesse agli abitanti di Suio le “Chartae libertatis” ovvero “Carte di franchigia”, come aveva già fatto nel 1061 per Traetto in quanto nuova terra acquisita dalla Signoria di Montecassino. Queste carte includevano una serie di privilegi molto moderni. Nel 1320, col permesso di re Roberto d'Angiò, si erano stabiliti in pianura molti cittadini di Castri Sugii per coltivare i campi. A causa della malaria si trasferirono a Castri Forte che era assurto come il centro più importante della zona. A Castelforte sostò Consalvo di Cordova che conduceva l'esercito spagnolo che nella battaglia del Garigliano del 29 dicembre 1503 pose fine al dominio francese sul meridione d'Italia. Ai piedi di Suio fu gettato un ponte che permise di assalire le truppe francesi di sorpresa».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castelforte#Storia


Castellonorato (castello)

Foto di Giovanni Tomao, dal sito www.castellonoratobadiapolesine.135.it   Dal sito www.torredicastellonorato

«Torre medievale di avvistamento - del XIV sec. - costruita in tipica pietra locale, su cinque livelli. Situata nel centro storico del paese gode di uno splendido panorama e offre, per la sua posizione indipendente, condizioni di assoluta privacy e tranquillità. Completamente ristrutturata, dispone di interni funzionali e confortevoli. La storia di Castellonorato s’identifica con quella d’una celebre famiglia: i Caetani ed è strettamente legata alle vicende della Contea di Fondi.  Fondatore fu, alla fine del XIV secolo, Onorato I Caetani conte di Fondi che, per unificare le proprie terre poste tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, scelse un punto strategico per farvi sorgere un borgo nuovo fortificato che si chiamò subito Castellonorato (Castrum Honorati). Già nel 1200, quando Loffredo Caetani sposò l’erede del conte di Fondi che aveva un vasto feudo che si estendeva da Terracina fino al Garigliano e comprendeva Fondi e Gaeta, la casa Caetani possedeva posti fortificati con castelli e torri di collegamento a Sperlonga, Fondi, Itri, Castellone, Maranola e Traetto. Tra queste ultime due e la strada per Cassino mancava la vigilanza. Perciò, proprio qui, Onorato I Caetani fece costruire il borgo di Castellonorato, a 310 metri di altezza, su uno sperone di roccia, con pareti scoscese che dominava il mare e la via di Cassino. Era una piccola rocca imprendibile. Il dominio feudale dei Caetani era diviso in due parti: i feudi compresi nello Stato Pontificio e quelli compresi nel Regno di Napoli. Con la calata di Carlo VIII in Italia, dopo alterne vicende, i Caetani perdettero tutti i loro beni e la contea di Fondi e le terre del Garigliano furono date, con titolo ducale, alla famiglia Colonna. Verso la fine del secolo XVI una erede Colonna andò sposa a un Carafa: così le terre appartenute prima ai Caetani poi ai Colonna passarono ai Carafa, antica famiglia napoletana resa illustre da un papa. Nel 1700, infine, tutti quei feudi passarono ai Sangro, altra famiglia di Napoli di antiche origini e di molti titoli. Dopo l’abolizione dei feudi, nel 1800, Castellonorato divenne comune autonomo e con la prima guerra mondiale fu aggregata a Formia. ... Oggi la torre centrale, superstite avanzo della rocca medievale di Castellonorato, è stata dichiarata “di interesse particolarmente importante“ ai sensi della legge 1.6.39 n.1089 sulla tutela delle cose artistiche e storiche. La torre smozzicata e i ruderi che la circondano – si legge nel decreto – sono testimonianza del castello che fu fondato da Onorato I Caetani nel XIV secolo. La proprietà della torre, passando poi di mano in mano, è pervenuta alle famiglie Caramanica e Vento di Spignosaturno infine, nel 1971, al professor Nicola Iadanza di Roma che la acquistò, con l’annesso spazio circostante. Le condizioni statiche dell’edificio erano disastrose per i danni subiti nell’ultima guerra che l’avevano gravemente danneggiato ed in parte distrutto. Con una attenta e sistematica ricostruzione delle parti mancanti, rispettando la stesura architettonica, i rapporti volumetrici ed il contesto ambientale, anche grazie all’intervento dell’affermato sodalizio Nastro Verde d’Europa, la torre è stata salvata dall’abbandono e dalla conseguente rovina. Oggi essa ripresenta il glorioso volto del passato».

http://www.torredicastellonorato.com/latorre.htm


Cisterna di Latina (palazzo Caetani)

Dal sito http://test2.comune.cisterna.latina.it   Dal sito www.aptlatinaturismo.it   Dal sito http://castelliere.blogspot.it

  

«Costruito dal duca Bonifacio Caetani nel 1560 intorno alla rocca dei Frangipane, di cui sono ancora visibili il pozzo romano e la torre quadrata, il Palazzo sorge all’estremità e nel punto più elevato dell’antico borgo per il quale costituiva un confine difensivo nonché l’ingresso attraverso l’arco detto “Porta Agrippina”. Mutilata nel 1944 dai bombardamenti bellici, della lunga e massiccia costruzione ne rimane l’esatta metà. Quasi certamente opera dell’architetto Francesco da Volterra, Palazzo Caetani è un esempio del “sintetismo” cinquecentesco improntato su forme essenziali: pochi elementi decorativi, accostamento del mattone con il travertino, ampia corte quadrata con arcate sottolineate da semplici fasce e con i piani soprastanti scanditi orizzontalmente da fasce marcapiano e con piatte e sottili cornici che arricchiscono la superficie muraria. Luogo di ristoro lungo l’Appia per nobili viaggiatori e prestigioso ritrovo per ricche battute di caccia, le sale di Palazzo Caetani accolsero cardinali, pontefici e principi di mezza Europa tra cui papa Gregorio XIII, i cardinali Lancellotti e Caraffa, Carolina d’Austria, papa Clemente VIII, Clemente XI, Pio VI, Benedetto XIII. Famosa era l’ospitalità dei Caetani. Nell’ottobre 1589 Onorato IV accolse papa Sisto V con una grandiosa caccia ed un banchetto nel bosco di S. Biagio dove fece sgorgare “il vino dalle querce come l’acqua dalle fontane”. Palazzo Caetani oggi ospita la biblioteca comunale, la pinacoteca, la galleria d’arte La Mimosa ed è sede di attività e manifestazioni artistiche e culturali».

http://www.comune.cisterna-di-latina.latina.it/storia/pal_caetani.htm


Cori (torre di Silla, mura di cinta)

Dal sito www.terrelatine.it   Dal sito www.paesionline.it

«Secondo gli studiosi più antichi, Cori era protetta da più cinte di mura concentriche. Gli studi più recenti invece considerano una sola cinta difensiva: la più esterna; mentre attribuiscono agli altri tratti di mura in opera poligonale la funzione di terrazzamenti, atti a rendere più facilmente urbanizzabile la difficile situazione orografica, pur ammettendo un loro complementare carattere difensivo. Le tre diverse maniere di opera poligonale utilizzata, distinguibili per i diversi gradi di perfezionamento nella sovrapposizione dei massi, fanno ritenere la realizzazione eseguita in epoche successive. La cinta esterna è formata da tratti di mura della prima e della seconda maniera, considerati i più antichi: vengono fatti risalire agli inizi del V secolo a.C., periodo dell’invasione volsca. La terza maniera, utilizzata in alcuni terrazzamenti interni, particolarmente perfezionata, è databile intorno alla metà del IV secolo a.C., quando Cori, alleata di Roma, partecipò all’ultima guerra tra questa e i Latini. Il completamento della struttura difensiva fu realizzato in epoca sillana (I secolo a.C. ) quando, in prossimità dei punti strategicamente importanti, la cinta muraria fu potenziata con la costruzione di torri circolari in opera incerta. La sensazione di estrema solidità, che immediatamente si manifesta alla vista di queste mura è tale, che la loro realizzazione fu attribuita non al genere umano, ma ai mitici Ciclopi. Queste caratteristiche formali riflettono perfettamente una solidità reale e una completezza funzionale, tali da non necessitare di integrazioni per tutti i secoli successivi. Periodici restauri interessarono le parti in opera incerta; le fonti storiche documentano quello realizzato da Ladislao di Durazzo, quando agli inizi del XV secolo occupò la città. Tre sole porte permettevano l’ingresso all’abitato; erano di tipo “sceo”, cioè strutturate in modo da facilitare l’offesa sul lato destro dell’attaccante, non protetto dallo scudo. Di queste porte soltanto la Ninfina si era conservata fino ai tempi moderni; la sua distruzione avvenne durante l’ultima guerra; quello che vediamo oggi è una ricostruzione “naif” del 1984, realizzata in occasione dell’edizione di quell’anno del Carosello Storico dei Rioni di Cori».

http://www.prolococori.it/monumenti/le-mura-di-cinta


FOCE VERDE (torre)

Foto di Venticello, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito http://foceverde.net

«Tra il 1660 e il 1667 fu edificata la Torre di Foce Verde dalla famiglia Caetani su ordine della camera apostolica per la difesa della costa romana. Sorse a pochi km di distanza anche la Torre di Fogliano sulla spiaggia del canale di Rio Martino. Insieme alla Torre di Rio Martino integravano la difesa costiera tra Torre Astura e Torre Paola sul promontorio del Circeo; a differenza delle altre, non hanno resistito alla seconda guerra mondiale dai bombardamenti dei tedeschi. I continui attacchi dei pirati turchi al castello di Astura avevano compromesso la struttura e fu restaurato dai Colonna, assumendo l’attuale aspetto che ancora oggi conserva. Alla fine del XVI secolo, Astura passò a Nettuno sotto la giurisdizione della camera apostolica. Il litorale romano fu sempre coinvolto nelle vicende belliche ed ora le fortificazioni sono ancora a guardia di questa splendida costa piena di storia. Purtroppo nella zona Rio Martino sorgeva una villa romana del I secolo a.C. I resti della villa romana sono abbandonati al degrado assieme ai resti della Torre di Fogliano, coperti da una folta vegetazione libera. Proseguendo a sud, si raggiunge la Torre Paola edificata nel 1563 su commissione da papa IV ad opera dei signori di Sermoneta. Sorge nel promontorio a custodia della cala e la foce del canale emissario del lago di Paola. Per realizzarla ci furono molte difficoltà per i continui incursioni dei pirati saraceni. Malgrado tutto, ora conserva la struttura originaria e completa il sistema difensivo verso Roma. Il suo nome probabilmente deriva dalla locale antica chiesa San Paolo. La Torre Paola e sita alla radice Monte Cercello, verso ponente, scopre tutta la spiaggia di Caprolace, Fogliano, Foce Verde e Astura».

http://foceverde.net/Foceverde/Storia.html


Fondi (castello Caetani)

Dal sito www.quirino-gaeta.it   Foto di Sebastiano Minniti, dal sito www.minniti.info   Dal sito www.parcoausoni.it

  

«Un complesso notevole di fabbriche è costituito dal Castello propriamente detto e dal Palazzo baronale (Palazzo del Principe), dimora abituale del feudatario. Un magnifico maschio o torrione rotondo, accuratamente costruito con pietre di taglio, con merlatura sostenuta da mensole in aggetto, s'innalza grandioso sopra una torre quadra di muratura irregolare e scadente, la cui base è formata da grossi conci di pietra squadrata; esso è separato da una intercapedine e perciò completamente isolato. Alla stessa epoca della torre appartengono le restanti parti della rocca con le alte torri cilindri che agli angoli, costruite con pietrame irregolare. Si hanno così tre epoche distinte nella costruzione: base o zoccolo (forse del principio del secolo XIII), torre quadra e torri laterali (principio del secolo XIV), mastio (seconda metà del secolo XV). Hanno queste dimensioni: larghezza della base e della torre quadra m. 14; altezza delle stesse m. 20; altezza del maschio m. 13 (base, torre e maschio, altezza complessiva m. 33); lato minore delle restanti parti m. 20, lato maggiore m. 39, altezza m. 25 ... Anche il Palazzo, restaurato, presenta elementi architettonici distinti: una porta nettamente di stile angioino durazzesco, come se ne vedono esempi nella città e nel quartiere medievale di Gaeta, e un loggiato ogivale (con al tra loggia al secondo piano), al quale si sale con una scala esterna nel pittoresco cortile. Ma la parte più caratteristica della residenza baronale è costituita dalla fantasiosa decorazione delle eleganti finestre, monofore e bifore, ad ogiva e a centina, due interne nel cortile e due esterne (in parte danneggiate dalla guerra), formate nella parte superiore da una lastra di pietra te nera, lavorata a traforo così da sembrare un ricchissimo ricamo, un pannello intagliato. Onorato II, pervenuto dopo l'invasione angioina (1464) a grandissima potenza e ricchezza, volendo rendere la sua residenza più adatta al suo nuovo stato, chiamò da Napoli o da Gaeta maestranze e artisti forestieri. Si deve appunto al catalano Matteo Forcimanya la nuova squisita eleganza di linee e di ornamenti, magnifico esempio di arte italo catalana che si manifesta anche in alcuni edifici di Carinola, di Gaeta, di Sessa e di Capua. L'epoca della ricostruzione del palazzo si può fissare con certezza al periodo 1466 1477. Infatti Ferrante I concesse al conte di Fondi nel 1466 il privilegio di portare il cognome e lo stemma di casa d'Aragona: così le armi dei Gaetani partite con quelle aragonesi figuravano nei camini e nei rosoni delle volte. L'edificio, che formava parte della cinta fortificata di cui si vedono ancora avanzi sulla strada di circonvallazione, risulta ricostruito sulle antiche mura e nell'area compresa tra la cinta castellana e la chiesa di S. Pietro (anche in altri borghi medievali il castello è presso le mura urbiche e la chiesa madre). Rocca e Palazzo, secondo l'osservazione già fatta da altri, erano uniti da un arco, che accavalcava la strada e costituiva la porta della città verso Napoli, e da un ponte volante, come è chiaramente indicato nella pittura dello Scacco, mentre si scorgono ancora le due porticine a servizio del ponte. Con qualche torre medievale, non è raro vedere a Fondi ampi e alti portali in pietra calcarea ad arco ribassato e cortili con larga scala a giorno».

http://www.alfanet.it/welcomeitaly/roma/itinerari/circeo_terracina_fondi/fondi/default.html#PRINCIPE


Fondi (castello delle Querce o della Ripa)

Dal sito https://castlesintheworld.wordpress.com   Dal sito https://castlesintheworld.wordpress.com   Dal sito www.latinafilmcommission.it

«Il castello delle Querce è un castello in rovina è situato fuori del centro cittadino di Fondi, in una zona pedemontana tra i monti Passignano e Valletonda nella località un tempo nota come Le querce di Cesare, in provincia di Latina. L’edificio nascerebbe, secondo le ipotesi formulate, in epoca medioevale XIV secolo per motivi militari, come fortino difensivo e di avvistamento per poi divenire residenza di campagna, la presenza di un impianto quadrangolare con torrette circolari negli angoli e di strette e lunghe feritoie nella cortina muraria di queste ultime, siano elementi che senza dubbio connotano una costruzione fortilizia. Ciò che caratterizza questa costruzione è senza dubbio la conformazione planivolumetrica ad impianto quadrangolare con torri circolari negli angoli e l’aggiunta di un corpo di fabbrica rettangolare, la posizione rialzata rispetto a chi lo raggiunge percorrendo la strada che giunge dalla città, a guisa di un baluardo fortilizio, e la struttura muraria completamente in pietra. Complessivamente l’edificio si presenta come la fusione di due corpi, uno quadrangolare con quattro torrette circolari sugli angoli e l’altro, a base rettangolare, che sembra innestarsi sulle due torri del prospetto nord-ovest del primo, andando a costituirne un prolungamento. L’edificio occupa in pianta una superficie di circa 216 mq, e raggiunge un’altezza di gronda pari a 11,60 m; ad esso afferisce un terreno di 11.593 mq che si trova alle sue spalle, sui terrazzamenti creati lungo il pendio della montagna. Lo stato di abbandono in cui verte lo stabile ha fortemente compromesso la qualità dei materiali e la sicurezza statica, ciò ha portato, in alcuni casi, al crollo di porzioni anche considerevoli di solai e partizioni murarie interne. Qui si incontravano spesso la contessa Giulia Gonzaga con un suo amante, infatti si dice che Giulia scoprì per caso un passaggio segreto che dal castello baronale di Fondi portava fin su Monte Vago, dove c’era il convento. Da qui era possibile raggiungere il castello alle querce, o alla ripa come dice mio nonno, dove appunto si incontravano Giulia ed il suo amante. Il castello delle Querce è attualmente di proprietà del Parco dei Monti Aurunci».

https://castlesintheworld.wordpress.com/2015/01/23/castello-delle-querce/


Fondi (palazzo del Principe)

Dal video www.youtube.com/watch?v=woJUKQvon2I   Dal sito www.lazionascosto.it

«Il Palazzo presenta elementi architettonici distinti: una porta nettamente di stile angioino‑durazzesco, come se ne vedono esempi nella città e nel quartiere medievale di Gaeta, e un loggiato ogivale (con altra loggia al secondo piano), al quale si sale con una scala esterna nel pittoresco cortile. Ma la parte più caratteristica della residenza baronale è costituita dalla fantasiosa decorazione delle eleganti finestre, monofore e bifore, ad ogiva e a centina, due interne nel cortile e due esterne (in parte danneggiate dalla guerra), formate nella parte superiore da una lastra di pietra tenera, lavorata a traforo così da sembrare un ricchissimo ricamo, un pannello intagliato. Onorato II, pervenuto – come si è detto – dopo l’invasione angioina (1464) a grandissima potenza e ricchezza, volendo rendere la sua residenza più adatta al suo nuovo stato, chiamò da Napoli o da Gaeta maestranze e artisti forestieri. Si deve appunto al catalano Matteo Forcimaja la nuova squisita eleganza di linee e di ornamenti, magnifico esempio di arte italo‑catalana che si manifesta anche in alcuni edifici di Carinola, di Gaeta, di Sessa e di Capua. L’epoca della ricostruzione del palazzo si può fissare con certezza al periodo 1466‑1477. Infatti Ferrante I concesse al conte di Fondi nel 1466 il privilegio di portare il cognome e lo stemma di casa d’Aragona: così le armi dei Gaetani partite con quelle aragonesi figuravano nei camini e nei rosoni delle volte. L’edificio, che formava parte della cinta fortificata di cui si vedono ancora avanzi sulla strada di circonvallazione, risulta ricostruito sulle antiche mura e nell’area compresa tra la cinta castellana e la chiesa di S. Pietro (anche in altri borghi medievali il castello è presso le mura urbiche e la chiesa madre)».

http://www.cittadifondi.it/?page_id=596


Formia (castello Miramare)

Dal sito wwwtripadvisor.it   Dal sito http://corrierematese.blogspot.it

Situato a Formia, a 1,3 km dalla spiaggia e a 1,4 km dalla stazione ferroviaria di Formia, l'Hotel Castello Miramare offre in un vero castello un ristorante con vista sul Golfo di Gaeta.

http://www.tripadvisor.it/Hotel_Review-g194765-d2169552-Reviews-Hotel_Castello_Miramare-Formia_Province_of_Latina_Lazio.html


Formia (torre di Castellone)

Dal sito www.comune.formia.lt.it   Dal sito www.futouring.com

«Il borgo [di Castellone] è una suggestiva fusione di strutture romane e medievali nell’affascinante scoperta di colonne e capitelli, memorie dell’arce romana, incastonati sugli edifici stretti e accalcati delle minuscole viuzze del castello, sorto per contrastare le invasioni via mare. Le difese naturali, costituite dai dislivelli, nonché l’ottima posizione d’avvistamento e la rapida comunicabilità resa dalla via Appia, hanno permesso a questo borgo di sostenersi per secoli giungendo ricco di storia fino a noi. ... Torre di Castellone. A guardia dell’antico ingresso settentrionale di Castellone si erge la torre ottagonale costruita nella seconda metà del XIV sec. La struttura conserva stratificazioni di tre diverse epoche: una base in opera poligonale, relativa al primo insediamento romano, un rafforzamento in opus incertum di età repubblicana e il torrione edificato dalla famiglia Caetani».

http://www.formiaturismo.com/medievale


FOSSIGNANO (castello dei Frangipane)

Il territorio di Fossignano, dal sito www.portaportese.it   Il territorio di Fossignano, dal sito www.portaportese.it

«In contrada Castellaccio, località Fossignano, si trovano i resti del castello dei Frangipane (900 d.C.)» - «Fossignano è una frazione del comune di Aprilia, storicamente nella contrada sorgeva il castello dei Frangipane (900 d.C.) che dominò la zona prima del dominio dei Colonna e di quello dei Caffarelli (nel 1400). Il castello di Fossignano fornì più volte una difesa allo Stato della Chiesa. In località Castellaccio in Fossignano, si trovano ancora oggi i resti di tale castello, mentre in Campo del Fico vi è il palazzo dei Colonna del 1461 e in località Casalazzara i resti di una torre medievale adibita a lazzaretto. Tutto questo territorio dall'antichità al medioevo era dominato da Ardea prima di passare ad Aprilia».

http://www.comunediaprilia.gov.it/page.php?id=18 - http://it.wikipedia.org/wiki/Fossignano


Gaeta (castello)

a c. di Marisa Depascale

  


Giulianello (castello Salviati)

Foto di Umberto Proietti, dal sito http://giulianello.blogspot.it   Dal sito www.castelliromani.com

«Una antica ed autorevole tradizione storiografica locale sostiene l'esistenza nel luogo di un fundus Iulianus riconducibile alla prestigiosa famiglia romana dei Giulii alla quale appartenne lo stesso Cesare. Tuttavia tale ricostruzione parrebbe riconducibile alle speculazioni erudite degli storici veliterni del XVI e XVII secolo interessati a consolidare i legami tra Giuliano e Velletri, come è noto, patria dell'imperatore Augusto. Al contrario, la recente valorizzazione di un antico documento vaticano, consente di riconoscere l'esistenza del castrum Juliani almeno alla metà dell'XI secolo. Il castello, dalla prima metà del XIII secolo patrimonio speciale della Chiesa e quindi inalienabile, viene concesso alle potenti famiglie dei Malabranca e poi dei Pierleoni; tuttavia, dopo lunghe vicissitudini, diviene integrale proprietà dei Conti di Valmontone (1271). Nel 1514 Costanza Conti sposa Lorenzo della ricca famiglia di origine fiorentina dei Salviati, recando in dote il castello di Giuliano; grazie a questa famiglia, ed in particolare al Cardinale Antonio Maria Salviati (1537-1602) personalità di primo piano della curia pontificia, si assiste alla ricostruzione del borgo nell'estensione e nella forma ancora oggi visibili. Il castello di Giuliano passa nel 1797, attraverso il matrimonio di Anna Maria Salviati, alla famiglia Borghese che lo tiene fino alla soppressione del feudo nel 1816. Nel 1870, nel quadro della istituzione della Provincia di Roma seguita alla caduta del governo pontificio, il centro assume il nome di Giulianello. Sin dal 1882, gran parte del borgo e della vasta tenuta è affittata alla famiglia Sbardella di Palestrina che ne diviene proprietaria nel 1902. La famiglia Sbardella gestisce questa grande azienda agricola fino alla fine degli anni '60 del Novecento; ancora oggi il Palazzo Salviati, i maggiori edifici del borgo e alcuni grandi fondi limitrofi appartengono agli eredi della stessa famiglia».

http://www.castelliromani.com/?Citta=14


Itri (fortino di S. Andrea)

Dal sito www.visitaitri.it   Dal sito www.visitaitri.it

«Il forte di S. Andrea, situato a cavallo tra Fondi e Itri, si trova a ridosso del tracciato dell’antica Via Appia. Eretto sui ruderi di una piattaforma di villa d’età repubblicana (100-60 a.c.), e la data della sua costruzione è incerta. Databili (XVIII sec.) sono invece parti delle strutture pervenuteci servite a Fra Diavolo per fermare i francesi nel 1798, prima che occupassero il Regno di Napoli. La struttura dovrebbe ricevere un nuovo impulso prossimamente, con i lavori di restauro che interessano parte dell'antico tracciato della Via Appia. Iniziati tempo fa grazie all'intervento della Sovrintendenza Archeologica della Regione Lazio, proseguono sia sotto il profilo archeologico che ambientale del tratto di S. Andrea e dell'antico selciato il ripristino del muro a bordo strada, crollato nel periodo borbonico e delle numerose cisterne, strutture romane cui ne sono state sovrapposte altre d’epoca borbonica". Lo ha precisato il prof. Lorenzo Quilici durante un incontro con autorità di enti locali, tecnici ed il Procuratore della Repubblica di Latina dott. Gagliardi in una visita al Comune e ai monumenti di Itri».

http://www.visitaitri.it/itri.htm#%C2%A0Il%20forte%20di%20S.%20Andrea


Itri (porte)

Porta Mamurra, dal sito www.facebook.com/itri.foto   Porta San Martino, dal sito www.itri.it

«Porta Cea (o Ceca). Partendo dalla Chiesa di Santa Maria Maggiore, scendendo a destra per una ripida scalinata, si giunge alla Porta Cea (o Ceca), certamente molto meno imponente di Porta Mamurra. Il nome Cea deriva forse dal latino “Scea” cioè “porta con torre a sinistra”. In prossimità della porta vi era una piccola edicola (ora murata) in cui era conservato un affresco della Madonna della Civita con una iscrizione in latino. Attualmente c’è un quadro di recente realizzazione raffigurante quella stessa Madonna. Porta Mamurra. Tra tutte le porte del paese è certamente la più importante, vista la maestosità della costruzione e la cura dei particolari architettonici. Sugli stipiti dell’arco sono stati scolpiti in rilevo due figure rappresentanti ciascuno un serpente. Al di sotto di questi rilievi, su entrambi i lati, si possono osservare due grossi blocchi di pietra su cui sono incise delle iscrizioni latine; ciò testimonia la consuetudine, diffusa nel medioevo, di riutilizzare materiali di epoca romana per opere edili. Il nome Mamurra deriva da una illustre famiglia formiana dei Mamurra, la quale aveva dei possedimenti ad Itri. La porta è anche detta Porta della Costa. Porta Ripa. Scendendo dal colle di S. Angelo, percorrendo un tratto della suggestiva Via Edera, si incontra una scalinata che, dapprima con andamento tortuoso e poi rettilineo, conduce verso la parte bassa del paese. Percorrendo questa caratteristica scalinata si incontra Porta Ripa. Questa porta, non particolarmente ampia, è costruita in blocchi di pietra calcarea e presenta, nella parte superiore, i resti di un camminamento che veniva percorso dalle guardie poste a difesa dell’antica cittadina medievale Porta San Martino. Antica porta di accesso al paese medievale lungo via San Martino, la più ampia delle strade del borgo antico, lungo la quale si aprono, su entrambi i lati, una serie di suggestivi vicoli quali Vico Sinapi, Vico Staurenghi e Vico Giudea».

http://www.itri.it/itinerari_04_porta_cea.htm ss.


Itri (rocca Caetani)

Foto di Pino Pecchia, dal sito www.visitaitri.it   Dal sito www.prolocogaeta.it

«La rocca Caetani di Itri è posta tra i monti Aurunci e gli Ausoni, non distante dall'antico tracciato della via Appia, in posizione altamente strategica. Il nucleo originario dovrebbe risalire all'IX secolo, realizzato con buona probabilità dai duchi di Gaeta, nell'ambito di un processo di continuo consolidamento militare dei feudi che in quegli anni erano in piena espansione. Oltre che a presidio delle proprietà, tali fortificazioni rispondevano inoltre anche all'esigenza di difesa dalle continue scorrerie saracene che, soprattutto nel basso Lazio, avvenivano con costante frequenza. Da documenti veniamo a conoscenza che la prima torre della rocca venne innalzata nell'anno 882 a cui seguì nel 950 la costruzione del vecchio maschio che raggiunge i 35 metri di altezza e che lo rende visibile da grande distanza ed elemento inconfondibile nello scenario paesaggistico. Con la signoria dei Caetani la rocca iniziò ad assumere l'aspetto definitivo, con poderose opere di ristrutturazione delle preesistenti strutture ed ampliamento delle nuove. La posizione naturale sulla quale venne costruita obbligò le scelte progettuali dei costruttori che dovettero innanzitutto far fronte alle problematiche di una costruzione complessa per via della natura scoscesa del terreno. La rocca si delinea in due complessi congiunti: il primo, quello più in alto, è costituito dalla rocca mentre seguendo la linea di discesa del pendio, un circuito di mura scende a protezione del borgo. La rocca è composta da tre grandi torri di forme geometriche diverse (circolare, quadrata e poligonale) e quattro torri più piccole collegate tra loro da un camminamento di ronda. Possenti merlature si elevano sull'alto delle muraglie, realizzate con pietre di cave locali».

http://www.castellidelazio.com/castellodiitri.htm


Lenola (castrum Ambrifi)

Foto di odiug77, dal sito www.flickr.com   Dal sito www.lazionascosto.it

«Dall’abitato di Lenola si percorre la S.S. 637 in direzione di Vallecorsa-Pastena. Dopo due chilometri si incontra un bivio: si prende in direzione Pastena e dopo 4,4 chilometri si incontra un bivio sulla sinistra. Per chi proviene da Pastena troverà il bivio sulla destra dopo circa 4 chilometri dall’uscita del paese. Si imbocca così la stradina, asfaltata solo a tratti e, percorsi circa 800 metri si giunge ad alcune radure dove si può parcheggiare. Nella recinzione che costeggia la strada, sulla sinistra si apre un varco e da lì, senza via obbligata si raggiungono le rovine di Ambrifi. Purtroppo, oltre la sua posizione, la visita risulta un po’ complessa anche a causa della natura del terreno su cui sorgono le rovine. Con un po’ di attenzione comunque si possono ammirare le rovine da vicino senza incorrere in spiacevoli incidenti. Le rovine di Ambrifi, o come veniva chiamato in passato Castrum de Ambrise, sorgono su una collina a 640 metri di altezza tra i paesi di Lenola e Pastena. Recenti scavi hanno portato alla luce il primo nucleo abitato risalente al periodo medievale e alcune strutture che fanno pensare ad un preesistente insediamento romano. La presenza del castrum è testimoniata per la prima volta in un documento risalente all’anno 1072. La sua cinta di mura, di forma ellittica, si estende per più di 400 metri e racchiude un’area di circa 13000 metri quadrati. Nei punti più alti raggiunge anche i 3 metri di altezza e al suo interno sorgono, oltre le fondamenta di numerose abitazioni, anche una torre a base quadrata di circa 7 metri di altezza che presenta un paramento in pietra e agli angoli dei conci squadrati e i ruderi della Chiesa della Madonna de Ambrise. Il castello, di cui è rimasta solo la torre, era posto nel lato nord-occidentale dell’antico abitato da dove si poteva tenere sotto controllo tutta l’altura e la valle sottostante. La chiesa, edificata nei pressi del castello, era ad una sola navata e presentava un abside semicircolare. Purtroppo anche di questa struttura rimangono solo le rovine anche se quello che ci è pervenuto da un’idea abbastanza chiara di come doveva apparire nel pieno delle sue funzioni. Non sappiamo di preciso perché il Castrum Ambrifi, altro nome con cui veniva chiamata la località, venne abbandonato. I documenti ci dicono solo che l’inizio dello spopolamento avvenne a soli quattro secoli dalla sua fondazione, all’incirca nel 1479. Forse le cause che lo hanno determinato sono da ritrovare nelle continue e feroci lotte che si erano scatenate tra le opposte fazioni del territorio di Fondi proprio sul finire del XV secolo».

http://www.lazionascosto.it/ambrifi.html


Maenza (castello baronale)

Dal sito www.lazionauta.it   Dal sito www.prolocomaenza.eu

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Andrea Selvini (https://www.facebook.com/cultores.artium)   Foto di Andrea Selvini (https://www.facebook.com/cultores.artium)

«...Il castello è a pianta quadrangolare e presenta la caratteristica di avere solo tre torri angolari di diversa fattura, manca infatti la quarta torre, dato che lo spigolo posto a sud (visibile a sinistra in foto) era naturalmente difeso da un alto sperone roccioso. Il primo nucleo fortificato risale, secondo alcune fonti, al IX secolo: un recinto ed una torre di avvistamento arroccata sul punto più alto dell’abitato, in posizione dominante rispetto al territorio circostante. La piccola fortezza si trasforma con varie fasi costruttive intorno al XI- XII secolo. Proprio nel XIII, secolo sotto i Conti da Ceccano, il castello inizia ad assumere la forma attuale… L'impronta delle nobili famiglie di Ceccano su Maenza è evidente in una scritta che campeggia sul castello baronale, in cui si legge "... Dum validis cingerai moenia muris felix Raymundus Cechani ...". Anche san Tommaso d'Aquino ci passò sotto... Il castello originariamente fu costruito come torre d'avvistamento intorno al 1100-1200. Successivamente vi si insediarono le famiglie feudatarie che lo modificarono e ampliarono nel corso degli anni. In particolare la casata a cui vanno ricollegate senza dubbio le principali vicende di Maenza è quella dei Conti di Ceccano che la tennero a feudo per circa quattro secoli e ne estesero il territorio. A questa dinastia appartennero Giovanni da Ceccano, autore della celebre “Cronaca di Fossanova”, e quattro cardinali: Annibaldo, Giordano, Stefano e Teobaldo, domenicano, che insegnò teologia e intrecciò stretti rapporti con san Tommaso d’Aquino. Fu Berardo I dei Ceccano che scelse come residenza Maenza, costruendovi il bellissimo palazzo baronale. Nei primi anni esisteva solamente il corpo centrale costituito da 4 piani:, dal basso: dispensa e cantina, servitù del castello, piano nobile (dove si trovavano le stanze dei signori del feudo e la sala di ricevimento, e dove soggiornò anche lo stesso san Tommaso), il terrazzo. Successivamente, verso il 1500, vennero innalzate delle torri di rinforzo, le feritoie per i cannoni e modificate le mura per resistere alle armi da fuoco pesanti».

http://www.tesoridellazio.it/pagina.php?area=I+tesori+del+Lazio&cat=Castelli+e+fortezze&pag=Maenza+%28LT%29+-+il+Castello+Baronale

Vedi anche: https://www.facebook.com/CastelloDiMaenza


Maranola (torre Caetani)

Dal video www.youtube.com/watch?v=gGbbQOa0sgA   Dal sito www.alfonsotoscano.it

«La torre medioevale fu costruita nella seconda metà del 1300, insieme alla torre di Castellonorato e a quella ottagonale di Castellone dal conte di Fondi Onorato I. è alta circa 30 mt. e si trova nella parte più alta del paese nelle vicinanze delle chiese di San Luca e di S. Maria dei Martyres. Fu costruita sul punto più alto del paese appositamente per poter scrutare la valle sottostante e difendersi dagli attacchi degli invasori. La torre è di forma quadrata, con spigoli perfetti su tutte le facciate, costituiti da blocchi calcarei e mattoni rossastri che si ripetono dalla base fino alla cima. La torre è, ormai, una caratteristica incancellabile del paesaggio Maranolese. Insieme ad essa è da evidenziare la cinta muraria, posta nella parte ovest con altre tre torri quadrate, attualmente coperta da una fitta vegetazione».

http://web.tiscali.it/maranola/torri/la%20fortezza.htm


MARINA DI Minturno (Castrum Argenti)

Dal sito www.marketing.territoriale.it   Dal sito www.minturnoscauri.it

«Castrum Argenti. L'area potrebbe identificarsi con il "Castrum Argenti". Secondo alcune fonti ospitò l'incontro che portò alla redazione del Placitum di Castrum Argenti, per la definizione dei confini tra il Ducato di Traetto e la Terra Sancti Benedicti, governata dall'Abbazia di Montecassino. In epoca romana si trovava un sacello dedicato a Silvano. In epoca medioevale vi era un castrum, insediamento fortificato e un edificio di culto, che la tradizione collega alla sepoltura di Santa Reparata martire orientale. Più tardi nel XVI secolo, fu eretta la Torre d'Arienzo, per l'avvistamento costiero, distrutta durante l'ultimo conflitto bellico. L'area custodisce molti materiali protostorici e di età romana, databili a partire dalla prima fase della cultura laziale all'età arcaica. Ricerche sono state svolte, negli ultimi anni, dal Museo d’Arte Orientale di Roma e dalla Soprintendenza laziale nel sito di Monte d’Argento. Le indagini sono finalizzate all’individuazione di un insediamento saraceno (881-915), indicato nelle fonti medioevali con il nome di Mons Garelianus. Gli scavi hanno portato alla luce un ambiente di culto a pianta basilicale (probabilmente dedicata al culto di San Tommaso), con una grande cisterna e delle sepolture. Sono emersi anche tracce dell'abitato connesso all'area di culto. Tra la numerosa quantità di reperti trovati, vi è una grande quantità di ceramica medioevale, marmi lavorati, frammenti epigrafi, laterizi, elementi di decorazione architettonica, affreschi dipinti e monete».

http://www.minturnoscauri.it/mons_garelianus.htm


Minturno (borgo medievale, porte)

Porta della Cappella, dal sito www.prolocominturno.it   Porta S. Srefano, dal sito www.prolocominturno.it

«Il Borgo medievale di Minturno (Traetto sino al 1879) sorge sul culmine della collina a 140 metri sul livello del mare e degrada lungo il pendio, nella parte esposta a sud-est. Esso è sviluppato su un solo asse generatore: Corso Vittorio Emanuele, già Corso Rotelli. A nord, e a sud in numero maggiore e con tracciato più lungo, corrono i vicoli che danno l’assetto ai vari isolati e, unendosi all’asse principale, creano un sistema viario detto “a spina di pesce”. Il Borgo nato a scopi difensivi costituendo scampo per gli abitanti della romana Minturnae, sfuggiti alle distruzioni dei Goti di Totila (554 d.C.), dei Longobardi di Zottone di Benevento (574 d.C.), e decimati dalle epidemie malariche causate dall’impaludamento della piana del Garigliano, conserva notevoli monumenti. Elemento fondamentale della sicurezza delle città nel medioevo, consisteva nella erezione e nella manutenzione delle mura, che, cingendo tutto l’abitato, dovevano avere la funzione di impedire l’ingresso dei nemici e di tutti coloro che potessero recare ad essa offesa. Così anche le strade stesse furono quasi sempre tracciate in funzione delle porte delle mura. Le porte erano quelle della Cappella che dava accesso sull’attuale Via Rotelli (ancora oggi visibile), Santo Stefano e Portanova, quest’ultima voluta da Leone III».

http://spazioinwind.libero.it/pulcherini/minturno.htm


Minturno (castello Caetani)

Dal sito www.comune.minturno.lt.it   Dal sito www.comune.minturno.lt.it

«Su piazza Roma si visita il Castello che si erge maestoso nell'angolo sud-ovest della piazza. Ha forma trapezoidale. La torre, originariamente alta 60 metri, caratterizzava la vista del paese per chi vi si avvicinava, fu distrutta da un fulmine nel secolo scorso. Se ne possono intuire le proporzioni in un dipinto sito nella cattedrale (Madonna delle Grazie e S. Vittore). Il castello fu costruito per volere di Papa Leone III (795-816). Nel 1108 passò ai Dell'Aquila. Fu residenza dei Caetani ed ospitò illustri personaggi: S. Tommaso d'Aquino (1272), Alfonso d'Aragona (1452), Isabella Colonna, Giulia Gonzaga. L'ingresso ci porta in un piccolo cortile con porticato a sesto acuto e finestre bifore. A sinistra è una comoda scalinata che dà accesso alle stanze ed alla grande Sala dei Baroni. Il castello venne danneggiato nel 1799 dai francesi e soprattutto nell'ultimo conflitto mondiale. Varie sono state in tempi recenti le fasi di restauro. Da piazza Roma si imbocca piazza Mercato, che costeggia uno dei lati del castello. Dopo pochi metri si vede, in fondo, una statua di personaggio virile, clamidato, stante del tardo impero, detto dal popolo “Sepeone”, proveniente probabilmente dall'antica Minturnae. Adiacente corso Vittorio Emanuele, anticamente pavimentato con basoli di pietra lavica, presenta sulla destra una serie di vicoli da cui si vedono squarci panoramici sulla sottostante vallata» - «Il Castello era la residenza dei più nobili personaggi vissuti a Traetto. La struttura si erge nella parte sud-ovest della cima, il cui impianto trapezoidale segue la conformazione naturale della rocca, costituito da un torrione cilindrico, un camminamento di ronda, e un porticato interno con archi ogivali che ricordano le strutture tardo-romaniche amalfitane. L’edificio appare oggi nelle forme architettoniche stratificatesi nei diversi secoli. La parte più antica è presumibilmente la torre a forma quadrata. Il Castello era dotato di una torre alta 60 metri, semidistrutta da un fulmine nell’Ottocento. Nell’angolo sud-est dell’edificio si apre l’ingresso da cui si entra in un androne , il quale immette in un piccolo cortile con porticato a sesto acuto e finestre bifore. A sinistra è presente una comoda scalinata che dà accesso alle stanze ed alla grande sala dei baroni. Il Castello venne rovinato nel 1799 dai francesi e subì gravi danni anche nell’ultimo conflitto mondiale, con la distruzione di tutte le strutture lignee. L'intera struttura, la secondo domenica di luglio, in occasione della Sagra delle Regne (manifestazione locale) viene “incendiata” con fuochi d’artificio, i quali con le loro lunghe abbondanti cascate dorate, argentate e policrome offrono uno spettacolo di indubbia bellezza».

http://www.prolocominturno.it/pagine/minturno-oggi-centro-storico.html - http://www.comune.minturno.lt.it/museo/museo_action.php?...


Mola (torre)

Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Il borgo di Mola venne fortificato dagli Angioini con la costruzione di un piccolo fortilizio sul mare voluto da Carlo II d'Angiò sul finire del XIII secolo ed intorno al 1460 dato in signoria, dagli Aragonesi, a Nicola Caetani capostipite del ramo della famiglia Caetani denominato "di Castelmola". L’imponente torre cilindrica, alta 27 metri, è ciò che resta del complesso, gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Essa è racchiusa da mura di cinta di circa 200 metri a strapiombo sul mare con camminamento di ronda. Caratteristico il portale di accesso, del periodo aragonese, che ripropone il gusto architettonico degli archi trionfali di epoca romana. In occasione della Celebrazione del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia, l'Amministrazione Provinciale di Latina d'intesa con il Comune di Formia ha predisposto l'apertura straordinaria al pubblico - nelle giornate del 16 e 17 marzo 2011 - del complesso monumentale La Torre di Mola. Per l'occasione all'interno della Torre è stato possibile visitare la mostra sull'Unità d'Italia con documenti riguardanti la Battaglia di Mola di Gaeta».

http://castelliere.blogspot.it/2011/09/il-castello-di-domenica-25-settembre.html


Monte Rotondo (ruderi del castello dei Montini)

Foto di B.Vetrullo e A.Marcucca, dal sito www.fondani.it   Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito https://www.google.it/maps/@41.2956297,13.4033146,91m/data=!3m1!1e3

A parte il fatto di essere stata proprietà del principe di Fondi, nessuna informazione storica, nel web, su questa struttura, che è visibile sulla via Sperlonga-contrada di San Raffaele, nelle vicinanze del bosco di Vallaneto. Reperibili invece alcune immagini. Sulla ubicazione, vedi https://www.fondani.it/foto-fondi/monumenti/castello-dei-montini


Monte San Biagio (porte, passo di Portella)

Dal sito www.comune.montesanbiagio.lt.it   Passo di Portella, dal sito www.comune.montesanbiagio.lt.it

«Porta San Rocco: era ed è la principale porta del paese, modificata nel 1755.Sulla chiave di volta dell'arco a mezzogiorno sono incise le iniziali: Gesù, Maria e Maddalena. Porta San Vito: è la seconda porta del paese a nord-ovest. Attraverso essa si può imboccare la lunga galleria Vernone, antico passaggio delle truppe in difesa del paese e raggiungere P.za Vernone. La galleria è caratteristica per le sue vie a gradino che salgono verso il centro. Passo di Portella: è una costruzione formata da due torri in mattoni unite da un arco a tutto sesto. Originariamente l'antica Via Appia passava sotto di esso.Fin dall'antichità il passo di Portella , ha avuto un ruolo importante nel contesto storico del paese. Nel 315 a.C. i Sanniti vi furono sconfitti dai dittatori Quinto Fabio e Quinto Aulio. Nel 1400, Portella era così ben fortificata che il re di Napoli non riuscì ad insediarla. Il 19 giugno 1738, la quindicenne figlia di Federico Augusto, re di Polonia, Amalia Valburga si incontrò con il promesso sposo, Corrado III di Napoli. Il 2 maggio 1768 vi ricevette gli onori Maria Amalia Carolina, arciduchessa d'Austria, che andava sposa a Carlo III. Le stesse accoglienze furono riservate all'imperatore d'Austria, Francesco I, quando si recò a Napoli nell'aprile 1849. Passo di dogana, fino al 1870 segnò il confine del Regno di Napoli».

http://www.comunedimontesanbiagio.it/ufficio-turistico.php?id=31&cat=Visita%20il%20paese


Monte San Biagio (resti del castello)

Foto di Fabian7351, dal sito it.wikupedia.org   Dal sito www.comune.montesanbiagio.lt.it

«Le rocce di Monte san Biagio, da cui degrada la cittadina, patria del celebre pittore Cristoforo Scacco, sono sovrastate dai resti di un castello, roccaforte del Ducato di Gaeta, costruito in passato sulle basi di una fortificazione romana, per meglio dominare la irrequieta pianura proprietà del Ducato stesso. Si giunge al Castello dalla Chiesa di San Giovanni Battista, proseguendo verso sinistra lungo Corso Vittorio Emanuele e salendo per Via Castello. La costruzione è di origine longobarda, risalente al VII secolo, costruito interamente sui ruderi di una fortezza o tempio romano, presenta una pianta trapezoidale con, a sud-ovest, una torre triangolare, sul lato nord del castello ci sono altre due torri: una circolare, alla quale sono addossate costruzioni di civile abitazione che il susseguirsi di una politica non conservativa dell' arte e storia ha col passare degli anni deturpato, e l' altra, semicircolare, che poggia su base triangolare. Altri accessi sono tra faticosissime ma pittoresche scalinate che attraversano a zig zag il centro storico, offrendo panorami di meravigliosa bellezza che si estendono tra il golfo di Terracina e Sperlonga, con in fondo nitidamente visibili le isole Pontine e spesso l' isola di Ischia più a sud. Un tempo la rocca di Monticello era protetta da mura e torri di guardia in un unico sistema che si chiudeva in basso con le pareti a picco del borgo e in alto, con le poderosa difesa della torre triangolare. Altre opere di difesa erano le possenti mura addossate a ripide pareti e rafforzate che rendevano impraticabili i pochi valichi agevoli del monte; sparsi ovunque, posti di guardia, difese singole e sbarramenti per impedire l’accesso al nemico da cui derivavano le tre Porte principali del paese. Il castello vero e proprio era formato da un complesso di quattro torri provviste di feritoie da cui venivano lanciati rudimentali mezzi di offesa come i sassi o l’ olio bollente. Sulla torre triangolare, al piano inferiore di forma trapezoidale (per avere una superficie utile maggiore rispetto alla pianta triangolare che invece si erge al di sopra) vi era un’ampia sala; un’altra più grande e delle camere erano sul piano superiore; non mancavano altre stanze annesse alle cucine e al forno».

http://www.ilporticodelloscacco.it/pag10-1.htm


Monte San Biagio (torre dell'Epitaffio)

Dal sito www.comune.montesanbiagio.lt.it   Dal sito www.ilporticodelloscacco.it

«Il progetto della Torre Epitaffio segue schemi e artifizi difensivi: lo spigolo è orientato verso il mare per offrire alle palle di cannone due superfici oblique, le fondamenta sulla terra sono rese solide da una gettata di calcestruzzo che insiste su di una fitta palificazione. La Torre dell' Epitaffio è "gemella" di quella del Pesce chiamata anticamente anche Torre San Leonardo, ambedue furono costruite "d'ordine di Sisto V e di Clemente VIII " e realizzate dall' architetto Giovanni Fontana, fratello del più noto Domenico: "Torri in figura quadrata, lato di dieci metri: scarpata dal cordone in giù, porta alta sul cordone, scala esterna e ponte tra la scala e la soglia dei bolzoni. Tre piani a volta… L' asta per la bandiera, il fornello per le fumate e pei fuochi di segnale. Il sagliente al mare e le faccie in isbieco per sbriccolare le palle nemiche". "Questa torre del Petaffio è posta nelli confini del Regno di Napoli, la quale non fu edificata per guardare la marina, ma per sicurezza delli passegieri per essere posta circa cinque miglia infra terra. …Dell' anno 1618, che fu il mese di Marzo… levai detto costode et feci murare la porta per essere spesa persa … et al presente non vi sta nesciuno". La stampa del 1839 mostra la Via Appia che passava ancora sotto l' arco, tra la torre ed il monte. Oggi la sede stradale, ampliata, è stata spostata di una decina di metri a sinistra della torre. Iniziava qui la "Terra di Nessuno" e comprendeva l' intera Vallemarina: tra monti e lago, tra la Torre dell' Epitaffio a quelle di Portella. Sulla tomba romana, a destra dell' antica via, una lapide, fattavi apporre nel 1568, durante la dominazione spagnola da Filippo II, da il benvenuto al viandante: "Phllip. II cathol. Regn. Peraf. Alcalae dux pro rege hospes hic sunt fines regni neap. Si advenis amicus pacata omnia invenies et malis moribus pulsis bona leges MDLXIII". La Torre prese il nome "Epitaffio", poi dato alla zona circostante, per il benevolo saluto scolpito al centro del monumento di forma classica, a pochi metri dall' antica linea di confine con lo Stato Pontificio, fra quattro cariaditi disposte due a destra e due a sinistra dell' epigrafe. La traduzione del testo sull' epigrafie riporta: "Regnando Filippo II il cattolico, essendo il duca di Alcalà, Perafan, viceré (di Napoli). Ospite, qui sono i confini del Regno di Napoli. Se vieni da amico troverai tutto tranquillo e, eliminati i cattivi costumi, buone leggi. 1568". Verso la metà dell' anno 1700 vi fu stanziato un gruppo di soldati corsi per sorvegliare e difendere il confine. Per comodità dai soldati fu anche costruita, nel 1779 una "chiesetta rurale". Anni addietro, sconsacrata, fu convertita in cucina. Nel 1788 Gaetano Assorati ebbe l'incarico di progettare i seguenti lavori da farsi vicino alla Torre dell' Epitaffio "…formare due stanze al piano terreno una ad uso di Staffetta, e l' altra ad uso d' arme di corpo di Guardia". Nel 1903 fu aperta una porta sulla base della Torre verso levante. Nel vano rivenne un mucchio d' ossa umane. Sulla Torre vigila ancora la garitta: Sull' intonaco rimasto sono graffiti alcuni nomi delle guardie che vigilarono, notte e giorno, l' Epitaffio».

http://www.ilporticodelloscacco.it/pag10-7.htm


Monticchio (torre Petrara)

Dal sito www.partire2011.it   Dal sito rete.comuni-italiani.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Fabio Modesti (https://www.facebook.com/Modesti62)   Foto di Fabio Modesti (https://www.facebook.com/Modesti62)

«Monticchio è la borgata più vicino a Sermoneta, centro storico direttamente ai piedi del paese, vicino alla via papale o via Romana è,i Monticchio) una torre molto suggestiva che si vede in equilibrio su una roccia molto alta. In realtà nel medioevo questa torre fu costruita su una bella collinetta molto praticabile, ed era abitata da famiglie e soldati. Fu costruita dai signori di Sermoneta come avamposto di avvistamento per tenere sotto controllo tutta la pianura pontina in previsione di eventuali attacchi nemici. Nel caso si avvicinassero truppe nemiche, delle staffette partivano a spron battuto verso Sermoneta per mettere in guardia i signori e gli abitanti della città dell'imminente pericolo, permettendo di prepararsi per la difesa. Purtroppo in tempi recenti il continuo lavoro di una cava di pietra ha consumato la collina riducendo la base della torre ad un pennone di roccia come si vede nella foto. Attualmente Monticchio è diventato un gremito centro urbano con numerose nuove abitazioni, di nuova costruzione è anche il centro civico, punto centrale per attività della comunità».

http://www.partire2011.it/borghi.html


Ninfa (castello)

redazionale


NORBA (ruderi delle fortificazioni romane e medievali)

Dal sito www.3d-ivertendomi.it/norba   Dal sito www.lazionascosto.it

«...Si ritorna ad avere notizie di Norba solo nel 771 d.C. quando l’imperatore di Bisanzio Costantino V Copronimo donò a papa Zaccaria i possedimenti di Norba e delle terre sottostanti (vedi storia di Ninfa). Così la città visse di nuovo un periodo di popolamento dovuto anche al fatto che molti dei templi di epoca romana vennero trasformati in chiese e intorno al X secolo Norba diventa possedimento papale e addirittura sede vescovile. Subito dopo l’anno mille, per motivi non ancora chiari, ma presumibilmente per una migliore difesa dalle scorrerie saracene, Norba andò lentamente spopolandosi a favore della vicina Vicolo, primo “oppidum” dell’attuale Norma. Norba diventa una città fantasma intorno al XII secolo per non essere mai più popolata. In ogni caso però fu proprietà di molte nobili famiglie tra cui i Conti di Tuscolo, i Frangipane, i Colonna e i Caetani. Le attuali rovine sorgono a poche centinaia di metri dal centro di Norma. Le sue mura, costruite con grandi blocchi di pietra calcarea posti a secco, e quindi dette poligonali, si estendevano per 2662 metri racchiudendo un’area di circa 38 ettari. Al suo interno passavano le due importanti vie del cardo e del decumano che uscivano dalle mura attraverso quattro porte. La Porta Maggiore, quella meglio conservata e da cui si accede alle rovine, la Porta Ninfina, la Porta Occidentale e la Porta Signina. Oltre a queste grandi porte, dato che Norba era una città prevalentemente difensiva, ne esistevano altre più piccole e nascoste, chiamate “posterule” che servivano per il passaggio dei soldati in caso di attacco. Nel tessuto urbano erano presenti, su due diverse alture, un’acropoli chiamata “maggiore” e un’altra, il nucleo più antico della città, detta “minore”. Tra queste due alture sorge una particolare struttura che presumibilmente doveva essere uno dei primi prototipi di terme, chiamata “castello delle acque”. A fianco dell’acropoli maggiore, in un’area abbastanza vasta, troviamo le rovine di quello che doveva essere il foro e il centro di tutta la comunità. Vicino al foro sorgevano quattro templi, di cui oggi rimangono solo i basamenti, due dedicati a Giunone e Diana e atri due di cui non si conoscono le divinità che venivano adorate. Oltre a queste grandi strutture, all’interno delle mura sono ben visibili, le cisterne per la raccolta dell’acqua, alcuni pozzi, passaggi sotterranei e tratti di pavimentazione stradale ancora ottimamente conservati. Quello che però balza di più all’occhio sono i giganteschi terrazzamenti di livellamento e contenimento presenti intorno alla collina ove sorgono le rovine. Infatti questa grande opera serviva per annullare il dislivello provocato dalla stessa conformazione del terreno posto in declivio».

http://www.lazionascosto.it/norba.html


Ponza (forte Papa)

Dal sito www.actaplantarum.org   Dal sito www.ponza.com

«La maggior parte delle costruzioni difensive di Ponza data al periodo dell'occupazione napoleonica in Italia nei primi decenni dell'Ottocento, quando il controllo dell'arcipelago Ponziano diventò un punto strategico - militare di importanza internazionale. La prima di queste fortificazioni fu la cosiddetta "Batteria Leopoldo", eseguita nel 1808 per ordine del Principe di Canosa. La collocazione della Batteria Leopoldo dietro la Caletta, ad un livello più basso rispetto alla Torre, aveva lo scopo di salvaguardare l'ingresso del porto, riprendendo da una diversa posizione l'antica funzione della demolita Torre del Giudicato. Dal 1860, quando con la caduta del governo borbonico venne tolto da Ponza il presidio di terra, la Batteria Leopoldo rimase disabitata. Sullo scorcio dell'Ottocento l'intera costruzione venne abbattuta per consentire l'ampliamento del cimitero. Identica funzione aveva il fortino sullo scoglio della Ravia detto il Fortino Bentinck dal nome dell'allora Comandante della spedizione anglo-siciliana, Lord William Bentinck, al quale si deve il progetto e la realizzazione della maggior parte delle fortificazioni di Ponza. Fra le altre fortificazioni predisposte per ordine di lord Bentinck fra il 1808 e il 1813 va segnalato "…un Ospedale - forte con trinceramento a due pezzi di cannoni, tuttavia detto il Campinglese, in eminenza centrale dell'isola…" (Tricoli). La zona ha mantenuto la denominazione di Campo Inglese nonostante il fortilizio non esista più. Gli unici forti all'interno dell'isola ancora in piedi, anche se in pessimo stato di conservazione, sono Forte Papa e Forte Frontone. Quest'ultimo, sul promontorio accanto alla spiaggia omonima, venne costruito nel 1813, a difesa dell'accesso orientale del porto di Ponza. La più antica delle fortificazioni di Ponza dopo la Torre è però Forte Papa, fatto costruire per volere di Ferdinando IV di Borbone nell'ambito dei lavori per la fondazione della nuova colonia di Torresi a Le Forna nel 1772.L'inaccessibilità del luogo da terra è documentato da un'incisione del Mattej del 1857, mentre l'aspetto odierno del forte denuncia una volta di più lo stato di degrado sia dell'edificio che del passaggio circostante, dove era la miniera di bentonite».

http://www.ponza.com/Le-fortificazioni.html


Ponza (fortino di  Frontone o Bentick)

Foto Ita01, dal sito it.wikipedia.org Dal sito www.ponzacalafelci.com

«Il Fortino di Frontone - detto anche Il Fortino Bentinck dal nome del Comandante della spedizione anglo-siciliana, Lord William Bentinck - fu costruito dai Borboni a difesa del Porto e dei cittadini isolani. Inizialmente venne munito di tre cannoni e di un fornello per arroventare le palle. Nel febbraio del 1813 gli Inglesi, con le fregate La Furiosa ed il Cavallo Marino, presero il porto ed occuparono l’isola, senza che i cannoni del Fortino di Frontone riuscissero a piazzare una sola palla».

http://www.ilikeponza.com/visitare-ponza/chiese-monumenti-ponza/78-il-fortino-ponza


Ponza (torre dei Borboni)

Dal sito www.ilikeponza.com   Dal sito http://viaggiareinitalia.wordpress.com

«La Torre dei Borboni fu costruita a partire dal 1556 sui ruderi di una costruzione d’epoca romana. Il recupero e la riedificazione avvennero sotto il decreto di Papa Sisto IV, il quale volle dotare l’isola di un’opera militare che la tutelasse dagli attacchi dei pirati. Nel 1734, grazie ai Borboni, la Torre viene ampliata, rafforzata e notevolmente elevata (raggiunge il quarto piano). Viene, tra l'altro, realizzata un'enorme cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Dopo l'Unificazione Italiana, la Torre cadde in uno stato di totale abbandono finché all'inizio del secolo divenne sede comunale e fu in parte restaurata ma subito dopo, a causa del cambio della sede comunale, venne nuovamente abbandonata alla sua sorte. Nel 1950 venne acquistata dagli attuali proprietari che la destinarono a scopi turistico-culturali rendendo la Torre un albergo caratteristico di Ponza».

http://www.ilikeponza.com/visitare-ponza/chiese-monumenti-ponza/77-torre-dei-borboni-ponza


Priverno (palazzo Comunale, porte)

Il palazzo Comunale, dal sito www.comune.priverno.latina.it   L'arco di porta San Marco, dal sito www.comune.priverno.latina.it

«Palazzo Comunale. Il Palazzo, risalente al XIII secolo, presenta la facciata di stile gotico, con al piano terra tre grandi archi a sesto acuto, poggiati su robusti pilastri, che formano un porticato usato nel medioevo per il mercato. Al piano superiore sono presenti tre finestre, una bifora e due trifore. Un restauro del 1862 ha aggiunto tre finestre all’ultimo piano, la vela con l’orologio e il balcone con la ringhiera in ferro lavorato. È situato nell’attuale Piazza Giovanni XXIII. Porta Napolitana. È l’unica delle porte dell’antica Piperno ancora funzionante. Internamente si presenta con un arco ogivale, mentre all’esterno abbiamo un arco a tutto sesto decorato da un bel bugnato. Isolato dal contesto originario il grande arco, una volta posto lungo le mura antiche, ancora può essere ammirato per la sua imponenza. È realizzato con scapoli calcarei sagomati e squadra. È situato nell’attuale Piazzale Metabo. Arco di porta San Marco. Il nome San Marco è improprio in quanto il nome originario era quello di Porta Romana. Tale porta, realizzata nel XII secolo, si apriva sulle mura di cinta di Priverno. All’inizio del 1900 fu deciso di demolire le porte medievali della città “per consentire una maggiore circolazione dell’aria”. Per fortuna fu evitata la distruzione di tale porta, che però ora resta un rudere isolato, posizionato in via F. Zaccaleoni. L’arco è realizzato a tutto sesto con pietra calcarea squadrata e scalpellata. Sotto di esso passava la via più importante del paese in quanto portava in direzione di Roma».

http://www.comune.priverno.latina.it/index.php?option=com_content&view=article&id=108&Itemid=186&lang=it e ss.


Prossedi (palazzo baronale)

Foto di Raoul De Michelis, dal sito www.demichelis.org   Foto di Cinzia Simotti, dal sito www.demichelis.org

«Il Palazzo Baronale di Prossedi domina con la sua maestosità Piazza Umberto I. Costruito come una fortezza a difesa del castello di Prossedi era circondato dal fossato difensivo ed aveva ponte levatoio; fu di seguito trasformato in palazzo baronale. è stato per anni la residenza della famiglia Gabrielli che ha dominato Prossedi per circa cento anni; è oggi proprietà privata. Due torri e le finestre del piano nobile guardano Piazza Umberto I mentre la facciata principale è posta sul lato che guarda verso la Chiesa di Sant'Agata. L'ingresso è costituito da un grande portale dal quale si accede attraverso un ponte in pietra che ha sostituito l'antico ponte levatoio. Il portale è sovrastato da tre stemmi nobiliari a ricordo delle famiglie che hanno dimorato nel palazzo: - Al centro: lo stemma della famiglia Gabrielli costituito da una mezzaluna e da tre bisanti a significare l'attività di famiglia ovvero il commercio verso l'oriente; - A sinistra : lo stemma della famiglia Gabrielli affiancato dall'aquila napoleonica a testimoniare la parentela dei Gabrielli con la famiglia Bonaparte. - A destra: lo stemma della famiglia che attualmente proprietario del palazzo, la famiglia del Gallo di Roccagiovine. Lo stemma della famiglia del Gallo è un che tiene tra le zampe un serpente e sulla cui testa vi sono tre stelle. Anche la famiglia del Gallo ha legami di parentela con la famiglia Bonaparte come testimonia l'aquila napoleonica posta a sinistra del gallo. Appena varcata la soglia del palazzo ci si trova in un ampio cortile; la prima parte costituita da un elegante colonnato e la seconda parte aperta. Nella parete di fondo del cortile c'è il pozzo dal quale veniva prelevata l'acqua accantonata nella cisterna sotterranea del palazzo. Il palazzo è costituito da 2 piani, il piano nobile sito al primo livello ed il piano della servitù al secondo; al piano terra locali di servizio e nei sotterranei le cantine ancor oggi utilizzate per la conservazione del vino prodotto dall'azienda De Rosa. Il castello fu trasformato in palazzo baronale nei primi anni del 1700 con la trasformazione del fossato in strada carraia e l'aggiunta del piano superiore avvenuta ad opera del marchese Livio de Carolis. Il palazzo è stato al centro delle vicende storiche del paese; numerosi personaggi di spicco sono stati nel tempo ospitati nel Palazzo. Nel medioevo quando erano le famiglie nobiliari a regolare la vita del paese, le decisioni importanti venivano prese all'interno delle fiabesche stanze del palazzo. Essendo una dimora privata, il palazzo non è aperto alle visite».

http://www.prossedi.net/www/index.php?option=com_content&view=article&id=9:palazzo-baronale&catid=1:da-vedere&Itemid=19


Pulcherini (borgo)

Dal sito http://spazioinwind.libero.it/pulcherini/siamo.htm   Dal sito http://spazioinwind.libero.it/pulcherini/siamo.htm

«Tracce di Cozzara esistono nell'anno 855, Cocciaria, e nel 1055, Cozara. Probabilmente era Cocii o Cotii+area, area di Cozio, forse un nome gentilizio romano. Una turris vecchi nel 1447 nulla ha a che vedere con le torri della costa minturnese erette successivamente per difesa dai Turchi nel XVI secolo, ed il nome stesso fa intendere che più indietro nel tempo doveva esistere una torre nei pressi. Altre tracce di presenza civile lungo il colle Bracchi sono alcuni, sebbene pochi, reperti storici romani, tra cui in particolare un sasso lapidario ritrovato in località Bracchi con riferimenti all'impero romano. La prima traccia certa della presenza del paese risale al primo censimento di Minturno del 1447, detto "la numerazione dei fuochi". Esisteva all'epoca il casale Porcarinorum con 10 fuochi, e con esso nelle campagne tre contrade, casali Turris vecchi et Braccorum ed il casale Cozara che numerati insieme davano 8 fuochi: complessivamente tra il borgo e le campagne c'erano dalle 90 alle 110 persone. Urbanistica: medievale a "supportici" e vicoli per 200m a nord e a sud della chiesa, da Piazza Area Vecchia fino all'altezza delle uscite laterali Fontanelle e Avini, sebbene quest'ultima zona è stata completamente distrutta nella sua parte centrale dalla guerra, lasciando al suo posto l'attuale piazza detta "del Forno"; a case a schiera di epoca più recente, XVII-XVIII secolo, con giardinetto posteriore per gli altri 450m alle estremità nord e sud».

http://spazioinwind.libero.it/pulcherini/siamo.htm


Rocca massima (palazzo del Principe)

L'ingresso al palazzo del Principe, dal sito www.gianpierolucarelli.it   Il cortile del palazzo del Principe, dal sito www.gianpierolucarelli.it

«Nel 1718 con Breve di Clemente XI il castello di Roccamassima acquistò il titolo di principato, ma, di fatto, nella documentazione successiva risulta che i "Signori" mantennero il titolo di "duca". Costruito probabilmente da Pietro Annibaldi sul punto più alto del monte, il palazzo, fino alla prima metà del XIX secolo, appartenne sempre ai signori di Roccamassima. Nonostante le molte manomissioni, sulla facciata di ingresso ed in altri tratti di muro del palazzo è visibile ancora la caratteristica tecnica edilizia a piccoli parallelepipedi usata nel Medioevo in molte città del Lazio meridionale. Nel corso dei secoli il palazzo ha subito notevoli ampliamenti e restauri. Nel 1784, oltre ad altri lavori di manutenzione, su progetto dell'architetto di casa Salviati, Francesco Rauz, fu ridotta l'altezza della torre perché era pericolante. Il palazzo era composto da pianterreno, primo e secondo piano. Al pianterreno si trovavano la stalla, la dispensa, il carcere (secreta), la sala del Consiglio ed una cisterna per la raccolta delle acque piovane, mentre il primo era adibito ad abitazione. Il secondo piano, di estensione più limitata rispetto agli altri due veniva usato come soffitta. Venduto successivamente a privati, il palazzo è stato diviso in più appartamenti ed ha subito notevoli modifiche, soprattutto all'interno».

http://www.gianpierolucarelli.it/wp-content/materiale/roccamassima.pdf (pp. 13-16)


Rocca massima (porte, mura, torri)

Una delle torri presso la porta urbica, dal sito www.892000.it   La porta di accesso negli anni '50, dal sito www.gianpierolucarelli.it

«L'espansione edilizia, soprattutto ottocentesca, ed i numerosi interventi e superfetazioni non permettono, in molti tratti, una agevole lettura ed individuazione dell'antica cinta muraria. Questa era formata in gran parte da case e da torrioni, di cui restano visibili soltanto due, a strapiombo sulle balze; l'accesso alla città era consentito da una porta principale rivolta verso Giuliano e da postierle in altri punti delle mura».

http://www.gianpierolucarelli.it/wp-content/materiale/roccamassima.pdf (p. 9)


Roccagorga (palazzo baronale Doria Pamphilj)

Dal sito www.roccagorga.com   Dal sito www.comuneroccagorga.lt.it

«Il palazzo Baronale rappresenta il fulcro generatore dello sviluppo urbano;la famiglia più intraprendente erigeva la prima torre e, tutt’intorno, nasceva il nucleo fortificato. Dalla torre con recinto si passa al castello di forma rettangolare e con accesso verso sud-est fino agli sviluppi successivi che portarono questa costruzione ad aprirsi verso nord orientando lo sviluppo della città verso la nuova Chiesa di S. Leonardo. Nel XVI sec. il Palazzo Baronale si trasforma da luogo militare a Palazzo Signorile, fino alle ultime trasformazioni dei Doria Pamphilj che, nel 1811, posero il loro stemma araldico in pietra a tuttotondo sul portale dell’ingresso. Prima del XVI secolo non si hanno molte notizie sulla genesi architettonica di questo monumento mentre successivamente la sua storia è ricca di notizie. In un inventario del 1747 si legge che era composto da 54 stanze e, nello stesso anno, fu anche costruito un porticato d’ingresso con il quale il cortile interno venne suddiviso in due utilizzati distintamente come rustico e di rappresentanza. Nel 1753 la Chiesa di S. Maria fu annessa al palazzo e trasformata in parte in cappella privata su progetto dell’ architetto Paolo Posi e sopraelevata di due piani,per gli appartamenti di Maria Teresa Orsini. La Rocca fu posseduta cronologicamente dalle famiglie: Da Ceccano, Caetani di Fondi, Aldobrandini, Ginnetti di Velletri, Orsini di Gravina e dai Doria Pamphilj. Intorno al 1930 il Palazzo Baronale,frazionato, fu acquistato dal comune di Roccagorga. Il Palazzo baronale oggi è composto da due corpi di fabbrica separati e da una sorta di maschio campanile, sormontato da un orologio. Ospita le sedi dell’Etnomuseo dei Monti Lepini, della Biblioteca comunale, dell’Ostello e abitazioni private. Tutta la facciata del Palazzo baronale fu restaurata intorno al 2000, soprattutto il campanile a cui fu ridato il suo colore originale rovinato dagli anni. Analizzando proprio nel particolare il campanile, notiamo che l’orologio è ancora quello del 1950, caratterizzato dagli antichi numeri romani, con l’unica differenza che dopo il restauro venne riaccentuata in modo particolare la cornice a facce a rilievo tondeggiante che lo circonda, per richiamare appunto la muratura sempre a facce a rilevo che costituisce il campanile. All’estremità superiore del campanile è posta una struttura piramidale in ferro al cui interno troviamo una piccola campana sempre in ferro che a fine anni 90 suonava ogni 15 minuti, ora invece suona allo scattare di ogni singola ora; inoltre all’apice di questa struttura troviamo una banderuola. ...».

http://www.comuneroccagorga.lt.it/turismo/monumenti


Roccasecca dei Volsci (palazzo Massimo)

Dal sito www.congressus.it   Dal sito www.aironeinforma.it

«All’interno del borgo medievale sono ancora molti i gioielli architettonici conservati tra i quali domina la scena nel punto più alto di Roccasecca: il palazzo Baronale del “Principe Massimo” fatto edificare dal cardinale Carlo Camillo Massimo intorno al 1650, una struttura che ancora mantiene la sua funzionalità polivalente. Situato nella piazza principale “Umberto I” conserva ancora intatte tutte le sue caratteristiche di corte medievale. Un grande portone è all’entrata principale a cui segue un atrio con quattro porte che prima conducevano ai locali del personale di servizio. Quindi si arriva al cortile in cui c’erano le stalle e gli spazi adibiti al frantoio, oltre ad una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. La struttura oggi è sede della amministrazione comunale e tra le stanze che hanno cambiato la loro destinazione d’uso, adibite ad uffici e circoli ludici e ricreativi, si trova la cappella Gentilizia. Nel palazzo c’è ancora l’antico frantoio azionato un tempo dai cavalli per la molitura delle olive. Di fronte si trova la Chiesa Collegiata di S. Maria Assunta in Cielo, nel cui altare è conservato il corpo di S. Massimo patrono del paese».

http://www.aironeinforma.it/una_gita_aroccasecca_dei_volsci_lt.html


San Felice Circeo (centro storico, palazzo baronale)

Dal sito www.regioni-italiane.com   Dal sito www.parcocirceo.it

«Raccolto nella cinta muraria ha carattere medievale e sorge su una piattaforma naturale a circa 100 metri sul livello del mare. Si accede al suo interno attraverso una porta ad arco, chiamata “il ponte”, che immette nella piazza principale sulla quale si affaccia la Torre dei Templari, costruita tra il 1240 e il 1259, dai monaci templari durante la loro permanenza sul promontorio. Sulla torre fu fatto istallare dal principe Poniatowsky, ai primi dell’ottocento, il caratteristico orologio che precedentemente si trovava sul portone d’ingresso del palazzo baronale. Sul quadrante sono segnati sei numeri e la sola lancetta gira quattro volte nelle ventiquattro ore. Le ore sono scandite da un martello che batte su una campanella. A destra della piazza un arco immette nel cortile del palazzo baronale, oggi sede del municipio, costruito nel XIV secolo dalla famiglia Caetani. Alcune sale al suo interno sono decorate da affreschi risalenti ai primi dell’ottocento. Proseguendo lungo il corso principale si arriva al piazzale del belvedere da dove si può ammirare un bel panorama e, nel recinto dell’asilo, un tratto delle mura in opera poligonale risalenti al VI secolo a. C. Proseguendo oltre si giunge alla Porta antica che testimonia tre epoche successive: sulla destra la parte originaria in opera poligonale, all’interno il restauro fatto in età sillana, in opera incerta, e la sistemazione medievale dell’arco tipicamente gotico».

http://www.comune.sanfelicecirceo.lt.it/manifestazioni/manifestazioni_action.php?ACTION=scheda_turismo&cod_turismo=20


San Felice Circeo (torre Cervia)

Dal sito www.capocirceo.com   Dal sito www.romeartlover.it

  

«Torre Cervia, insieme a Torre Moresca, Torre Fico e Torre Paola, faceva parte di un sistema difensivo realizzato dai signori di Sermoneta e di San Felice. La torre fu fatta edificare da papa Pio IV nel 1563. Torre Cervia, conosciuta anche come "La Torraccia" per lo stato di rovina in cui giaceva, fu costruita alla base del promontorio del Circeo in posizione strategica per contrastare le incursioni dei pirati, molto frequenti in questa zona, ovvero la parte compresa tra la località di Valle Caduta e Quarto Caldo. Distrutta dagli inglesi nel 1809, la torre fu ricostruita nel 1947 per volere del conte E. P. Galeazzi (1896-1986)».

http://www.futouring.it/web/filas/dettaglio?newsEventoId=80865


San Felice Circeo (torre dei Templari)

Dal sito www.accommodationz.com   Dal sito www.trekearth.com   Dal sito www.parcocirceo.it

«Nella piazza principale di San Felice Circeo si affaccia la Torre dei Templari, costruita tra il 1240 e il 1259. Sulla torre fu fatto istallare, ai primi dell’Ottocento, il caratteristico orologio che precedentemente si trovava sul portone d’ingresso del palazzo baronale. A destra della piazza un arco immette nel cortile del palazzo baronale, oggi sede del municipio, costruito nel XIV secolo dalla famiglia Caetani» - «La Torre è situata nel centro storico di San Felice Circeo ed è accessibile dal cortile dell’attiguo Palazzo baronale che è stato eretto nel XIV secolo inglobandone parzialmente le strutture. La torre sarebbe opera dei templari stanziatisi sul promontorio nel XIII secolo. Sul fronte rivolto verso la piazza, nei primi dell’Ottocento, il principe Poniatowsky vi fece istallare un orologio proveniente dal portone d’ingresso del palazzo baronale. La torre, recentemente restaurata, ospita un servizio di informazioni, una mostra di sintesi dei valori ambientali e culturali del Parco Nazionale del Circeo e, al primo piano, la Mostra permanente Homo sapiens et Habitat, una raccolta di testimonianze dell’epoca preistorica provenienti dal litorale pontino».

http://www.parcocirceo.it/ita_287_San-Felice-Comune-Parco-Circeo.html - http://www.tesoridellazio.it/pagina.php?area=I+tesori+del+Lazio...


San Felice Circeo (torre Fico)

Dal sito http://ragazzinblog.wordpress.com   Dal sito www.dipity.com

  

«La rinomata località balneare di San Felice Circeo, anticamente Circeii, a levante del Monte omonimo (m 541), secondo alcuni fu fondata dai Greci nel secolo VIII a.C., come indicherebbe il nome che potrebbe derivare da Kirkós, "cerchio", con riferimento al senso della navigazione per doppiare il promontorio; secondo altri fu invece fondata intorno al VI-V secolo a. C. dai Volsci e poi divenne colonia romana alla fine del IV sec a. C. Devastata dai Goti di Alarico nel 410, fu conquistata da Totila nel 546 e nella seconda metà del IX secolo fu distrutta dai Saraceni. Nei secoli successivi fu possedimento dei Terracinesi, dei Frangipane, dei Templari, degli Annibaleschi e poi rimase in possesso dei Caetani per circa quattro secoli. Dopo svariate vicissitudini e devastazioni, per ordine di Pio IV (Giovanni Angelo Medici, 1499-1565) nel 1562 fu munita di quattro torri di difesa lungo la costa del promontorio - Paola, Fico, Moresca e Nervia - contro le incursioni dei Saraceni, accollandosi la Camera apostolica le spese di mantenimento delle relative guarnigioni. La Torre Paola, sul versante nord-occidentale del parco del Circeo, è l'unica che abbia conservato la sua struttura originaria; le altre furono semidistrutte nel 1809 dai bombardamenti navali inglesi durante gli scontri anglo-napoleonici, e furono ricostruite negli anni successivi per ordine di Pio VII (Gregorio Luigi Barnaba Chiaramonte, 1742-1823), salvo la torre Moresca, di cui restano solo i ruderi del basamento. La Torre del Fico si trova sul versante opposto del promontorio, a ponente di San Felice Circeo. È una robusta struttura cilindrica ottimamente conservata, dal tipico alto scudo sulla terrazza di copertura, a protezione della piazza d'armi contro eventuali attacchi dall'entroterra. L'ingresso, sul versante a monte, è soprelevato rispetto al piano di campagna ed era probabilmente accessibile per mezzo di un ponte levatoio».

http://www.sullacrestadellonda.it/torri_costiere/torri_circeo.htm


San Felice Circeo (torre Moresca)

Foto Carlo Gallone, dal sito www.circei.it   Dal sito www.archivioluce.com

  

«Torre Moresca è una torre costiera del Lazio, situata sul promontorio del Circeo in provincia di Latina, in comune di San Felice Circeo. La torre venne realizzata a seguito del Breve di papa Pio IV nel 1562 che obbliga il feudatario di San Felice Circeo e Sermoneta ad erigere quattro torri sul promontorio del Circeo: Torre Paola, Torre del Fico, Torre Cervia e appunto Torre Moresca. Nel 1593 la guarnigione della torre venne incolpata dalle autorità pontificie di connivenza con i briganti che sovente infestavano la zona. Ad ogni modo, il complesso venne definitivamente abbandonato nel 1809, e venne raso al suolo dai bombardamenti navali della flotta britannica. Oggi ne resta solo il basamento».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Moresca


San Felice Circeo (torre Olevola)

Foto Egnoka, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://foto.libero.it/aprilia20101

  

«Torre Olevola è una torre costiera del Lazio che si trova nel comune di San Felice Circeo, in provincia di Latina. La torre fa parte di un sistema difensivo progettato per la difesa dalle continue incursioni dei pirati, soprattutto i saraceni. La sua origine risulta essere più antica delle altre quattro torri, volute da Papa Pio IV (torre Paola, torre Cervia, torre Fico, torre Moresca), ma costruite materialmente dai signori di Sermoneta e San Felice Circeo: la prima volta, infatti, che "turris Euole" viene citata in un documento storico è nel 1469. Troviamo inoltre una rappresentazione di questa torre in una mappa disegnata da Leonardo da Vinci raffigurante le zone sulle quali si doveva eseguire la bonifica al tempo di papa Leone X. La torre venne poi riedificata nel 1703 su ordine di Papa Clemente XI, e per questo è anche conosciuta come "torre clementina". Nei pressi della torre è ubicata la stazione meteorologica di Capo Circeo, ufficialmente riconosciuta dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il capitano Giulio Cesare Grillo la Torre, Provveditore Generale della Marina Pontificia, così descrive la sua posizione nel 1617 (quindi prima che venisse ricostruita): "La Torre è posta alle radici del monte Cercello verso Ponente, scopre tutta la spiaggia de Caprolace, Fogliano, Foce Verde, Asturi, sino al Capo d'Anzi. .... è Torre di grandissima considerazione e del continuo vi stanno delli vascelli assai e particolarmente l'estate tutti li vascelli che uengono dalla parte del Monte le sera si fermano detta torre per hauer fondo capace di qualsivoglia galera o altro vascello et per assicurarsi dalli corsari"».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Olevola


San Felice Circeo (torre Paola)

Marku1988, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.mtb-forum.it

  

«Torre Paola è una torre costiera difensiva posta sul Promontorio del Circeo al confine con la lunga spiaggia di Sabaudia. Venne eretta nel 1563 per volontà di papa Pio IV (1559-1565) ad opera dei signori di Sermoneta e San Felice Circeo per contrastare le continue incursioni dei pirati saraceni, completando un sistema difensivo che comprendeva, verso Roma, Torre Astura, Tor Caldara e Tor San Lorenzo. Insieme a Torre Fico fu la prima ad essere edificata, posta in un punto strategico a custodia della foce del canale emissario del Lago di Paola, divenendo parte di un sistema difensivo di sei torri. Già durante la sua costruzione subì il primo attacco da parte dei saraceni (che scesero dall'alto della montagna per cogliere la guarnigione di sorpresa) tanto che, per ovviare a future incursioni dalla rupe, venne modificato l'impianto originario, dandogli la particolare struttura a testuggine con struttura difensiva lato montagna. Nel 1604, dalla torre, si riuscì a cannoneggiare e a spingere alla fuga alcune navi turche. Nel 1773, come riporta l'archivio di stato, a Torre Paola vi erano 1 cannone da 10 con 15 palle, 15 casse di mitraglia e 15 di polvere, 1 cannone da 3/4 con 15 palle, 15 cassa di mitraglia e 70 di polvere; 1 cannone da 1 con 15 palle, 15 casse di mitraglia e 7 di polvere. Nel 1809, i soldati di presidio si opposero con il fuoco a navi inglesi e numerosi furono gli scontri e le vicissitudini che videro la torre coinvolta. Scontri che però, fortunatamente, hanno rispettato il suo aspetto originale, gravemente minacciato dalla trasformazione del complesso in area residenziale negli anni Sessanta. Recentemente, la giunta comunale di San Felice Circeo ha deciso di avviare la procedura di esproprio della torre, che oggi risulta proprietà privata e che attualmente versa in un grave stato di incuria e abbandono, per poter realizzare al suo interno un museo delle Torri Costiere che racconti la storia ed il mito del Circeo e del territorio pontino».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Paola


San Felice Circeo (torre Vittoria)

Foto Caro Gallone, dal sito www.circei.it   Dal sito www.romeartlover.it

  

«Anno di costruzione: 1631. Committente: Francesco IV Caetani, duca di Sermoneta. Progetto: architetto Bartolomeo Breccioli. Storia della torre:  sorta nel terzo decennio del secolo XVII. La torre si sarebbe chimata Torre Vittoria dopo un combattimento vittorioso avvenuto nel 1808 contro una fregata inglese. Ma anche prima si chiamava Torre Vittoria o Santa Vittoria, a seguito, sembra, della Vittoria di Lepanto. La torre subì ben 22 colpi da parte della nave inglese. La guarnigione non soffrì perdite di vite umane, mentre una delle navi nemiche colò a picco nella spiaggia di Caprolace. Anno 1691 - relazione di Giuseppe Miselli: "Gionto alla Torre Vittoria del Sig. Duca Gaetano, vi ho trovato Giuseppe Ascolano Torriero provisonato di scudi 15 il mese, con patente di S.S.ll.ma et Andrea Giacomo Tortolani e Giuseppe Galisi suoi soldati. Questa torre è l'ultima della Giurisdizione del S. Duca Gaetano, situata nella pianura fuori del monte, nella spiaggia di Terracina, lontano dall'acqua marina passi 63 incirca, et un miglio dalla terra di S. Felicita, luogo di detta Ecc.za posto nella falda del Monte Ciorcello dalla banda di terra, nel quale il Sig. Duca sud. ha il Palazzo fatto ad uso di fortezza, armato di proprie armi, e questo non soggiace alle visita... (Archivio Caetani)". ... Anno 1773 - a Torre Vittoria vi erano "1 cannone da 6 con 30 palle e 70 casse di polvere (Arch.Storico Roma)". Anno 1792 - guarnigione di presidio: "Caporale Vincenzo Caroccia. Soldati: Crescenzo Zoina, Luigi Caroccia, Domenico Innocenti, Francesco Antonio Galisi, Francesco De Sanctis (Rollo dei capi e dei soldati del dipertimento di S. Felice". ... 1809 - Maggio: una flotta ostile inglese dopo aver tentato vanamente di occupare con l'inganno Torre Paola viene cannoneggiata per diverse ore e costretta alla fuga. 1839 - Alla destra della torre sorge il palazzetto fatto costruire Stanislao Poniatowsky, dal cui balcone si affacciò Gregorio XVI durante la sua visita al paese. ...".

http://www.circei.it/torre-vittoria.html (a cura di Carlo Gallone)


SAN MARTINO (castello di San Martino o palazzo Tolomeo Gallio)

Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.comune.priverno.latina.it

«Le sue origini non sono ancora del tutto conosciute, ma un intero fascicolo (conservato nell'ex Archivio della Curia Vescovile di Priverno) sui litigi insorti per la sua proprietà fornisce abbondanti informazioni che permettono di seguirne l'evoluzione fino ai tempi recenti. Prende il nome dal cardinale che lo fece costruire e lo scelse come sua residenza dopo aver ottenuto in enfiteusi perpetua dal vescovo F. Beltramini due appezzamenti di terreno appartenenti alla mensa vescovile di Terracina, siti nel territorio di Priverno. L'edificio venne eretto sulle rovine dell' antica chiesa di San Martino (da qui deriva il nome del castello) tra il 1565 e il 1569. Nel 1589 vi soggiornò Papa Sisto V, di passaggio per recarsi a Terracina dove doveva visitare i lavori del porto. Nel 1597 il Cardinale Tolomeo Gallio donò ai Camaldolesi l'edificio e la tenuta circostante, a condizione di realizzare nel palazzo una chiesa da dedicare a S. Martino ed un monastero dove avrebbero dovuto risiedere stabilmente dieci monaci. Ma i monaci ben presto ebbero problemi con il Comune di Priverno per alcuni usi civici goduti dai privernati in quei terreni acquistati dal Gallio. Nel 1652 il Pontefice Innocenzo X soppresse tutte le piccole comunità monastiche: fra queste vi fu quella di S. Martino che scomparve per sempre dal luogo. Il forzato abbandono di S. Martino da parte dei monaci provocò una lunga serie di controversie tra i duchi di Alvito (eredi del Gallio) ed il vescovo pro tempore della diocesi di Terracina, entrambi pretendenti alla tenuta di S. Martino. Dopo secoli di controversie, segnati da alternate vicende, sul finire del XIX secolo i principi Borghese, già proprietari della tenuta di Fossanova, giunsero in possesso di S. Martino. L'immensa proprietà dei Borghese si dileguò nel giro di pochi decenni e le tenute furono acquistate dalla famiglia Di Stefano nel 1914. Acquistato dal Comune e riportato all'antico splendore è oggi centro convegni e corsi di aggiornamento. Il parco circostante, di circa 33 ettari, è sempre aperto al pubblico anche per visite guidate. Esso è percorribile attraverso un sentiero naturalistico ed è attrezzato con aree di sosta e anche da un percorso ginnico in legno. La valenza artistica e paesaggistica, che l'insieme Castello-Parco rivestono nel loro contesto territoriale, è oggi arricchita dall'affascinante richiamo del Museo per la Matematica "Il giardino di Archimede" e dal Laboratorio Provinciale di Educazione Ambientale, aventi sede nell'edificio. Il palazzo ha pianta quadrata con ingresso nella facciata nord-ovest, con un portone in opera bagnata sormontato dallo stemma della famiglia Borghese e da un balcone, che introduce ad un vasto cortile aggraziato da un portico a tre campate. Ai quattro angoli si innalzano agili torri che superano i due piani dell'edificio con un attico avente una bifora ad archi a tutto sesto per ogni lato. Le torri, come i muri perimetrali dell'edificio, poggiano su basi con pareti fortemente rastremate, che insieme alla serie di poderosi contrafforti danno all'insieme quel carattere sancito con l'attuale denominazione di "castello". A sinistra dell'androne vi è la cappella dedicata a S. Martino. A destra del porticato si trova la scala che conduce al piano superiore e agli scantinati».

http://castelliere.blogspot.it/2011/04/il-castello-di-martedi-26-aprile.html


Scauri (torre dei Molini)

Dal sito www.venditaroma.it   Dal sito www.liveinit.com

« Della lunga storia dell’insediamento di Minturno restano numerosissime testimonianze, distribuite sia nel tempo sia nel territorio. Questa “distribuzione” spaziale dei resti storici testimonia i vari spostamenti che il centro abitato subì, i vari tipi di insediamenti che si susseguirono ed anche le diverse utilizzazioni del territorio. La Torre dei Molini fu eretta nel XIV secolo in concomitanza con lo sviluppo agricolo del centro in periodo medievale e per questo soggetto a razzie. Aveva lo scopo di sorvegliare il litorale dalla incursioni piratesche, e di fornire immediata protezione agli opifici che sfruttavano la forza dei corsi d’acqua della pianura per le loro attività. Questo non impedì ovviamente incursioni durissime, come quella del 21 luglio 1552 del corsaro Dragut che sbarcò sul lido di Scauri e trasse in schiavitù 200 cittadini. Il corsaro ottomano, il cui vero nome era Dorghut, tenne in scacco il mediterraneo e tutte le coste tirreniche per anni».

http://www.tesoridellazio.it/pagina.php?area=I+tesori+del+Lazio&cat=Rocche+e+torri&pag=Minturno+%28LT%29+Loc+Scauri...


Scauri (torre di Scauri o Quadrata o dei Cavallari)

Dal sito www.marketing.territoriale.it   Foto di Anna Molisso, dal sito www.parcodigianola.it

«La Torre di Scauri (Torre Quadrata o dei Cavallari) sorge su di un picco a strapiombo sul mare, di fronte all'abitato di Scauri; fu eretta, forse riconvertendo una preesistente struttura, nella seconda metà del XVI secolo per potenziare la difesa costiera insieme alle già esistenti torri del Fico, di Gianola (oggi distrutte) e Torre Foce verso il Rio Santa Croce, che furono invece erette nella I metà del secolo, in seguito ad un'ispezione dell'ingegnere Benvenuto Tortelli lungo le coste del Regno di Napoli. Per la costruzione di Traetto, così come si chiamava il Comune anticamente, furono obbligati a stanziare 300 ducati e a stanziare una guarnigione per la costruzione della torre. All'inizio del secolo scorso venne utilizzata, al pari di altre vedette, come postazione doganale. La torre attualmente è priva della parte superiore e della scala di accesso, mantiene comunque la sua forma quadrata di circa 13 metri alla base ed 11 alla sommità per un'altezza di 14 metri a creare una curiosa forma tronco-piramidale, tipica delle rocche di difficile accesso. In origine, comprendeva una base a scarpa, un piano principale ed una terrazza con guardiola per munizioni. L'accesso, sopraelevato, avveniva mediante una doppia rampa di scale ed un ponte levatoio. Sulla terrazza, in asse con la porta di accesso, era ricavata una piccola caditoia. La muratura si compone di blocchetti di tufo e scaglie di pietra locale. Si raggiunge passando da Monte d'Oro prendendo una stradina sterrata in salita».

http://www.parcodigianola.it/interesse.php


Sermoneta (castello Caetani)

Dal sito www.partire2011.it   Dal sito http://macorig.files.wordpress.com

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Nietta Pastore (https://www.facebook.com/nietta.pastore)   Foto di Nietta Pastore (https://www.facebook.com/nietta.pastore)

«La costruzione del castello risale alla metà del XIII secolo, per opera della famiglia Annibaldi. Attualmente, le uniche testimonianze tangibili relative all'originario castello annibaldesco rimangono le fondazioni di quella che poi divenne la Sala dei Baroni, la torre Maschietto e soprattutto la torre Maschio, alta 42 metri. I Caetani acquistarono la rocca nell'anno 1297 con Pietro II, conte di Caserta, il quale stava divenendo il signore di gran parte dei territori dei monti Lepini e della Marittima (oggi identificabile a grandi linee con il territorio Pontino), per volontà e con i mezzi finanziari dello zio Benedetto, il pontefice Bonifacio VIII. La famiglia Caetani, una volta entrata in possesso della rocca, iniziò ben presto lavori di ampliamento e di ricostruzione, i quali stravolsero la struttura preesistente: al suo interno furono eretti nuovi edifici e vennero innalzate le mura di cinta. La costruzione più importante del XIV secolo fu la grande ‘Sala dei Baroni’ (oggi non più distinguibile nella sua interezza dopo le modifiche apportate dai Borgia), nella quale si svolgevano gli affari principali del feudo e dove si concentrava la vita familiare. Il castello di Sermoneta, tuttavia, divenne la residenza stabile della Casa solamente nei primissimi anni del XV secolo. Conobbe, infine, il suo momento di maggiore splendore, insieme a tutti i feudi della Marittima, intorno alla metà del Quattrocento, quando a capo della signoria di Sermoneta si era insediato il giovane Onorato III Caetani: subendo il fascino del Rinascimento, egli diede vita alla costruzione di nuovi edifici e fece abbellire con affreschi sia le sale appena costruite che quelle più antiche. Tra le opere di questo periodo ricordiamo le cosiddette ‘Camere Pinte’, affrescate da un autore ancora ignoto nella seconda metà del Quattrocento. Nel 1499 papa Alessandro VI Borgia scomunicò i Caetani e confiscò tutti i loro feudi, affidandoli a sua figlia Lucrezia. La signoria Borgia, però, durò solamente quattro anni, poiché alla morte di Alessandro VI i Caetani, dopo la revoca della scomunica, vennero subito reintegrati nel possesso di tutti i feudi. Al loro ritorno a Sermoneta trovarono il castello completamente stravolto dal punto di vista architettonico. Alessandro VI lo aveva fatto diventare un'imponente fortezza militare, atta a sbarrare l'accesso a Roma dalla parte sud, controllando sia la via Appia sia la più antica via Pedemontana: quest’ultima, ubicata proprio ai piedi del colle di Sermoneta, a partire dal secolo VIII aveva iniziato a sostituire l’Appia stessa nel lungo tratto allagato dalle paludi Pontine, per poi soppiantarla del tutto all’inizio del Basso Medioevo. I Caetani, tornati in possesso della rocca, cominciarono però pian piano ad abbandonarla durante il corso dei secoli, tanto che dalla seconda metà del Seicento, al suo interno soggiornavano solamente un castellano ed un pugno di soldati. Nel 1798 il castello, ormai completamente avvolto nell'oblio, venne quasi interamente saccheggiato dai soldati francesi, i quali asportarono tutta la sua armeria e gli arredi. La famiglia tornò ad occuparsi del vecchio maniero solamente negli ultimi anni dell'Ottocento con Gelasio Caetani, il quale diede vita ad imponenti lavori di restauro. Il castello appartiene oggi alla Fondazione Roffredo Caetani, creata da Lelia Caetani, ultima discendente del ramo di Sermoneta e scomparsa l'11 gennaio del 1977».

http://www.sermoneta.net/castello.htm


Sermoneta (mura, bastioni)

Dal sito www.camminideuropa.eu   Dal sito www.sermoneta.net

«Negli ultimi anni, grazie ai finanziamenti della Comunità Europea e della Regione Lazio e ad un ingente lavoro da parte dell’Amministrazione Comunale, sono state ristrutturate le mura rinascimentali del Centro Storico di Sermoneta ed è stato creato un percorso museale lungo le stesse mura che cingono interamente il paese. La cinta muraria fu commissionata da Onorato III Caetani nel 1448 e fu terminata da Francesco Caetani nella prima metà del 1600 per ordine di Urbano VIII. Fu costruita con materiali locali (pietra calcarea) rispettando il precedente tratto di mura medievale. L’accesso al paese è permesso da quattro porte (Porta del Pozzo, Porta delle Noci, Porta San Nicola, Porta Sorda). Di grande importanza sono il Bastione della Torrenuova e il Bastione di San Sebastiano, che testimoniano il passaggio dal sistema di difesa “a tiro piombante” al sistema di difesa “a tiro incrociato”. Il Bastione della Torrenuova fu costruito tra il XVI e il XVII sec.; è caratterizzato dalla tipica forma a “coda di rondine”, struttura che contribuiva alla inespugnabilità del paese, ed è un possente bastione pentagonale addossato alle antiche mura gotiche. Il Bastione San Sebastiano (XVI sec.), costruito per volontà del Duca Francesco Caetani, presenta una porta per l’accesso al paese ed una serie di colonne in muratura sulle quali veniva appoggiato un tavolato funzionale al transito delle merci e delle artiglierie e di facile rimozione in caso di pericolo. Una volta smontato il tavolato veniva alzato il ponte levatoio all’interno della porta e impedito l’accesso ai nemici. Il percorso museale è di particolare suggestione, il visitatore ha la possibilità di effettuare una passeggiata dalla Porta delle Noci alla Porta Sorda ammirando da un lato l’intera fortificazione del Centro Storico e dall’altro, in un paesaggio che va da Roma fino al Circeo: i Castelli Romani, Ninfa, la pianura pontina, il mare, il monte Circeo e le isole pontine. Il percorso, lungo circa 1 km e immerso negli oliveti secolari, è attrezzato con pavimentazione in pietra, teche illustrative e panchine».

http://www.comunedisermoneta.it/?page_id=422


Sezze (centro storico, castelletto)

Dal sito www.setino.it   Dal sito www.ebay.it

«Cominciamo la nostra passeggiata da Porta Romana, ma, prima di entrare nella cinta urbana, scendiamo lungo una ripida rampa posta a ovest e giriamo a sinistra. Inizia un sentiero sterrato  che cammina lungo il versante del paese rivolto alla Pianura Pontina. Lungo questo sentiero ammiriamo la più esterna delle due cinte di mura che fortificavano l'antica Setia. Entrambe sono in opera poligonale di terza e quarta maniera e risalgono al IV secolo a.C., in alcuni tratti sono ottimamente conservate. Proprio all'inizio del nostro percorso appare un maestoso bastione, anch'esso in opera  poligonale, sormontato da una gigantesca opera idraulica del periodo sillano.  Continuando vediamo emergere imponenti tratti di mura e, sotto via del Guglietto, una "posterula" (porta minore di accesso alla città). Torniamo a Porta Romana dove possiamo ammirare il medievale Palazzo Normisini ... e incamminiamoci verso il centro. ... Lungo via Cavour incontriamo angoli caratteristici come la scalinata che porta a piazza Margherita, la chiesa e il monastero di Santa Chiara e un'imponente costruzione di mura "ciclopiche" (scoperta dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale). Continuando invece lungo via Corradini si esce a porta Pascibella con la chiesa di Santa Paresceve e, subito a sinistra, il Parco della Rimembranza con il monumento ai caduti nelle guerre. Sull'incrocio con via Piagge Marine c'è un ampio portone antico: è l'ingresso del "Castelletto", costruzione di fine '700 voluta dalla ricca famiglia Rappini su copia di un castello medievale (a quei tempi ciò era molto in uso). Questo castello, immerso in un ampio parco privato, è oggi invisibile dalla strada a causa delle abitazioni costruite dagli anni '60 in poi. Seguendo il Parco della Rimembranza ("monumento") e, arrivando in piazza Ferro di Cavallo (oggi completamente stravolta), osserviamo sulla destra la chiesa di S. Bartolomeo col vicino convento, ora ospedale.

Da "Ferro di Cavallo"arriviamo a porta S. Andrea con l'omonima chiesa ora sconsacrata.  Entriamo in via San Carlo da Sezze (lasciando a sinistra via Umberto I con il suo medievale palazzo De Ovis) e osserviamo una serie di bei palazzi del '700 e '800 le cui facciate avrebbero in verità bisogno di restauro, entriamo poi in uno dei vicoletti che escono nella bella piazzetta di  San Lorenzo con la chiesa omonima e la casa dove è nato San Carlo da Sezze, restaurata ed ora adibita a museo del santo. Proseguendo lungo via San Carlo si giunge all'incrocio con via Roma e via Gioberti. Guardando a destra vediamo l'arco di porta Paolina (o Gioberti) qui in una foto degli anni '50. Passando sotto l'arco e guardando a destra vediamo un palazzo medievale con la caratteristica torre. Saliamo ora lungo via Roma e, a sinistra, in via Valerio Flacco troviamo un'altra caratteristica torre medievale e,subito dopo, l'antico palazzo del Vescovado con la sua torre romanica (Sezze è stata per secoli sede vescovile). Ritornando su via Roma e salendo ancora si arriva in piazza IV Novembre con la bella fontana ed il retro del vecchio palazzo comunale, ora sede dell'Antiquarium Comunale. Chiudiamo pietosamente gli occhi su una costruzione anni '70 che ha irrimediabilmente  deturpato questa piazza e, continuando lungo via Roma, incontriamo l'ingresso  dell'Antiquarium e, di fronte, l'ex pretura ora sede della Ludoteca (una delle prime sorte in  Italia) e del Museo del Giocattolo, rarità culturale che consigliamo di visitare. Salendo ancora si arriva in piazza De Magistris con il Palazzo Comunale (un tempo dimora  della famiglia De Magistris)».

http://www.sezze.it/centro.htm


Sezze (porte)

Porta Pascibella, dal sito www.aziendaagricoladelduca.it   Porta Romana, dal sito www.numismaticamemoli.it

«Porta Romana. Posta a sud‑ovest della città, anticamente doveva essere l'ingresso più importante di Sezze, in quanto dava l'accesso alla città dalla strada che proveniva dal piano (p.ta di Piano) e da Roma (da cui l'appellativo di porta Romana) e che passava attraverso importanti edifici monumentali extraurbani. La piazzetta di porta Romana si presentava all'incirca uguale a quella attuale. Un importante disegno del pittore Carmignani ci ripropone l'antica Porta Romana: esso rappresenta l'ultima e unica testimonianza che abbiamo della porta, prima che andasse distrutta; parti delle strutture sono ancora quelle di età romana, così l'ampio arco a tutto sesto a grossi conci di calcare locale, sormontato da una trabeazione in opera quadrata, coronata a sua volta da una cornice aggettante, che all'epoca del disegno rimaneva ancora per una parte insita sul lato sinistro. Non è possibile dire il sistema di chiusura della porta che, però, per analogia con altre di simili sistemi difensivi, doveva essere a saracinesca, di cui rimanevano le guide nelle pareti interne dell'arcata. Sul lato della Porta si trova in buono stato di conservazione l'edificio medioevale appartenuto alla nobile famiglia dei Normesini, signori del castello di Monte Trevi. Sotto la pavimentazione dell'attuale largo che si apre davanti Porta Romana, ancora si conserva "in situ" la vecchia strada romana formata da robusti basoli di calcare. Vicino la porta è stato rinvenuto nel 1960 un magnifico mosaico policromo geometrico risalente al I sec. a. C.. All'estremità sud‑ovest del piazzale antistante Porta Romana ancora sono visibili i ruderi di una torre medievale. Porta Paolina. Questa porta nel tempo ha visto cambiare spesso il suo nome. In un documento del 6 marzo 1296 è detta Porta Rea (è l'unico documento in cui viene nominata così);in esso si legge che il Comune di Sezze nomina CRISTOFORO MARRACONI procuratore per stipulare con MAGISTRO GREGORIO medico di Sezze il contratto di affitto del macello per due anni. Poi è diventata porta Nova, quindi porta Paolina o Gioberti. Non molto ampia, ha un'arco a tutto sesto che poggia su piedritti formati da blocchi squadrati di calcare. La parte esterna dellaporta è abbellita dauna decorazione geometrica, ottenuta incidendo gli intonaci in modo da ripartire gli spazi. La parte superiore è completata da tre merli ghibellini, che danno maggiore slancio alla struttura. Fino all'inizio di questo secolo esisteva un robusto portone di legno a due battenti, che veniva chiuso la sera; rimangono ancora i fori degli stipiti.

Porta Pascibella. Era l'ingresso orientale di Sezze. Da essa i Setini passavano per andare, tramite la scorciatoia delle Mole e del Rosacco, ai campi, che si trovavano nei pressi del fiume Ufente. A tal proposito ci piace ricordare che anche due illustri personaggi, il Papa Sisto V e San Luigi, giunsero a Sezze a dorso di mulo attraverso la scorciatoia ("costa" in gergo locale) delle Mole. La porta fu ubicata in questo punto già in età romana, nella cinta di mura di mura in opera poligonale del IV sec. a. C.. Inserita nelle mura, la porta, ma nel rifacimento medioevale, ci appare nel disegno lasciatoci dal Corradini nel 1705; essa è vista dall'esterno e ha sullo sfondo la chiesa di Santa Parasceve. La porta di "gotico modo" (così la chiama il Marocco) si presentava di imponenti dimensioni, con l'arcata fortemente ogivale che insisteva su robusti piedritti formati da conci di calcare locale. Essa doveva avere un robusto portone di legno, che veniva chiuso non appena suonava l'Ave Maria. Davanti alla porta, all'esterno, c'era un ampio spazio dove si svolgevano le fiere e il mercato di bestiame. Il Lugli indica porta Pascibella con il nome di Signina. Porta Sant'Andrea. è l'ingresso a nord di Sezze. Oggi di essa è rimasto solamente il nome, non esiste né la porta né alcuna documentazione grafica che la rappresenti. Le uniche sue tracce sono strutture appartenenti alla porta di età romana, distanti dall'attuale ingresso, e ciò dimostra che in origine la porta aveva una diversa ubicazione. Si tratta dei resti dei piedritti della porta, che doveva essere ad arco a tutto sesto, costruiti secondo la tecnica dell'opera poligonale, risalenti al IV sec. a. C.. In età romana questa porta fu chiusa e sostituita da un'altra, che probabilmente si trovava nello stesso punto dell'attuale ingresso».

http://www.setino.it/liceo-b3.htm


Sezze (resti del castello di Monte Trevi)

Foto Cicolo Lepini Legambiente, dal sito www.setino.it   Fortificazioni di Monte Trevi, dal sito www.setino.it

«Monte Trevi è situato ad est della collina di Sezze ed è alto 505 metri. Alle sue pendici, dalla parte verso Priverno corre l’antico “vallum”, una sorta di fortificazione naturale che separava il territorio dei Volsci da quello dei Latini. Di questo monte ci dà notizia Dionisio già nel 40 a.C. quando pone alle pendici che guardano la contrada dei Colli di Suso l’antica città di Apiole, una delle “viginti trium urbium” citate da Plinio nella Naturalis Historia (libro III capo V). Questa città fu assalita e presa da Tarquinio Prisco e malgrado l’eroica resistenza degli assediati, le mura furono rase al suolo, gli abitanti in gran parte uccisi e altri venduti come schiavi. ... Sulla sommità del monte fu costruito in epoca imprecisata un castello, che per la sua ubicazione costituiva una roccaforte naturale e strategica, perché oltre a sovrastare la città di Sezze e la conca di Suso, dominava l’antica via consolare pedemontana volsca, l’unica che conduceva a Priverno e Terracina quando le acque della palude invadevano l’Appia. Era il classico castello feudale: accanto all’abitazione del signore vi erano quelle dei sudditi, i granai, le cisterne per l’acqua e persino un monastero delle Clarisse di San Francesco, istituito da Clemente V con bolla del 1313 inviata da Avignone. Le prime notizie certe di questo castello risalgono al 1205, quando papa Innocenzo III lo tolse a Sezze per concederlo in feudo ai Conti di Ceccano, ma già dopo pochi anni, nel 1248, sappiamo da una lettera di Innocenzo IV indirizzata a tutti i fedeli di Campagna e Marittima, che i Setini assalirono e distrussero il castello di Trevi facendo prigionieri i figli di Guido di Trevi. 

La distruzione del castello non fu però definitiva perché lo ritroviamo successivamente come proprietà di un ramo della nobile famiglia dei Pagano, che assunse il cognome “De Trebis”, per passare poi ai Caetani e all’occupazione di Ladislao re di Napoli, e nel XIV secolo pervenne in proprietà della famiglia di Tuccio Normesini, come dote del suo matrimonio con Tancia, utima erede della stirpe dei Signori di Trevi, che lo mantenne tra alterne vicende fino a quando non fu definitivamente distrutto sul finire del XV secolo dagli abitanti di Sezze, pur se il Comune vantava sul castello dei diritti ”pro indiviso”con i Normesini, come risulta da un inventario dei beni del Comune redatto nel 1495. Le motivazioni ufficiali della distruzione furono da ravvisarsi nella tracotanza dei castellani che compivano rapine e furti di bestiame nel territorio di Sezze oltre al fatto di far rotolare enormi massi di pietra su quanti transitavano nei sottostanti viottoli delle “coste delle Mole “e delle “coste del Rosacco” per recarsi in campagna. La verità storica della distruzione risiede però nel fatto che i Signori di Trevi avevano cercato di mettere le mani sul territorio di Sezze (Giannetto, figlio di Tuccio Normisini era sindaco di Sezze) ed i sezzesi, che mal sopportavano le angherie e le gabelle di signori e feudatari, alle quali non erano avvezzi per essere sempre stati sotto il dominio diretto della Chiesa, cancellarono per sempre il castello di Trevi dalla faccia della terra. La lotta fu spietata, i Trevigiani furono assediati e costretti ad uscire dal castello per aver terminato le riserve di acqua e di cibo; furono fatti prigionieri e in gran parte uccisi, il castello incendiato e raso al suolo. La famiglia Normesini riuscì ad avere salva la vita e, seppure malvista dai sezzesi, tornò ad abitare nel vecchio palazzo di Porta Romana. Qui, dopo un po’ di tempo, i Normisini ospitarono papa Sisto V, che giunse a Sezze per ammirare dall’alto i lavori di prosciugamento della palude pontina che lui stesso aveva ordinato».

http://www.setino.it/studio-03d.htm


Sezze (torre dei Pani)

Dal sito www.setino.it   Dal sito www.setino.it

«La bellissima ed imponente torre della nobile famiglia setina dei Pani si trova a circa 200 metri dalla curva di via Variante, solitaria tra l'abbondante vegetazione. La costruzione della torre risale al periodo medievale, tra il XIII e il XIV sec., e fu progettata per la difesa dalle scorrerie dei briganti e dalle incursioni dei molti eserciti che vagavano per tutta Italia. Dopo questo primo periodo la torre perse la sua originaria funzione divenendo luogo di sorveglianza per le zone circostanti e l'intera valle di Suso. Sull'architrave monolitico della porta d'ingresso compare il nome di CARLO PANI insieme allo stemma gentilizio della famiglia. Per quanto riguarda la struttura, la torre presenta un basamento a tronco piramidale avente gli spigoli rafforzati da contrafforti e un superiore corpo quadrangolare separato dalla base per mezzo di una modanatura di calcare. La torre è costituita da quattro piani, un piano terra e tre superiori, separati tra loro da un piccolo cordolo a sezione quadrangolare, ma ora i piani mancano quasi completamente dei soffitti, crollati nel corso degli anni. L'interno, alquanto disadorno e costituito quasi esclusivamente dai soffitti, era formato da agili volte a crociera. Una leggenda popolare narra che un cunicolo sotterraneo mettesse in comunicazione la torre con Monte Trevi e che alcuni briganti lo usassero per portarvi un tesoro, dato che il luogo appartato e in posizione strategica rendeva l'edificio un ottimo rifugio; oggi, però, non possiamo dire con certezza se esso esistesse veramente perché, molto probabilmente, il crollo dei soffitti e delle volte deve averlo occultato. Finestre strombate, che terminano con una feritoia all'esterno, permettono di illuminare i vari piani. Sulla facciata esterna possiamo vedere i segni di grosse aperture rettangolari ricavate in un periodo successivo a quello della prima costruzione. Una merlatura di tipo guelfo, il cui merlo centrale è più grande rispetto ai due laterali, avente la funzione di proteggere i difensori della torre, corona la sommità della torre dei Pani».

http://www.setino.it/liceo-b6.htm


Sonnino (castello)

Dal sito www.comune.sonnino.latina.it   Dal sito www.laziosud.net

«L’antico castello medioevale, che sorge in Piazza Garibaldi, fu fatto costruire dai signori “De Sompnino” verso la fine del sec. IX. Il Castello - “castellum”, diminutivo di “castrum” - situato sulla cima del colle Sant’Angelo, costituì fin dall’inizio una fortificazione per il sistema di difesa. Dominato dall’alta torre di oltre 30 m., a forma cilindrica, interposta nelle mura perimetrali del castello, faceva parte di un vasto sistema di avvistamento e segnalazioni dell’epoca.  La torre fu costruita insieme al castello nel punto più alto del predetto colle. Lo spessore delle sue mura è di 3 m..  Ciò che rimane dell’originaria torre è suddiviso in 4 ripiani a cui si accede tramite ripide scalinate. Ogni ripiano è fornito di 4 piccole finestre.  All’interno troviamo gli scantinati con le prigioni, i forni e le cisterne (pozzi) che servivano ad assicurare la sopravvivenza in caso di assedio. Inoltre si trovano nicchie, trabocchetti e attrezzi di tortura.  La struttura originaria del castello, primitiva abitazione del “domus” (signore) è andata in gran parte distrutta, la torre terminava con un’ampia merlatura.  Oggi restano le strutture perimetrali del castello e le stanze del palazzo affrescate, dove abitavano i De Sonnino. Per quando modeste le comodità di tali fortificazioni, erano destinate a soddisfare le esigenze della vita del signore feudale.  Nel primitivo borgo l’ingresso principale del castello era rivolto verso la “Portella”, nel portico che conduce alla chiesa di Sant’Angelo e ancora oggi si possono osservare gli “anconi” di pietra che testimoniano l’antica porta di accesso.  Verso il 1450 il primitivo nucleo abitato del castello cerca di espandersi ai fianchi del colle e si svolge la prima circonvallazione chiamata “Via di mezzo”, (oggi Via Vittorio Emanuele) caratteristica con archi e portici.  Verso il 1500 viene fatta una’altra circonvallazione, ora via Giacomo Antonelli, che si svolge più ampia dalla porta di Tocco alla Porta Riore.  Queste due strade sono messe in comunicazione da 14 vicoli, rapidi percorsi di collegamento.  Successivamente furono completate le mura di cinta lunghe 696 m. che costituiscono il punto più avanzato del sistema difensivo. Le mura, infatti, erano interrotte da 13 torrette semicilindriche, con finestrelle di osservazione, feritoie, camminamenti per la ronda che collegavano le 5 porte di accesso ...».

http://www.sonnino.info/sonnino/castello.php


Sonnino (mura, porte)

Porta San Giovanni, dal sito www.sonnino.info   Porta San Giovanni, dal sito www.sonnino.info

«Anche il primitivo nucleo abitativo era circondato da una cinta muraria: racchiudevano tutto il rione del castello (oggi è possibile vederne parte nei pressi della "Piazza delle Erbe"). Con l'espandersi del paese, dopo la costruzione della “Via di mezzo” (oggi Via Vittorio Emanuele) e della seconda circonvallazione, ora via Giacomo Antonelli, furono completate le mura di cinta lunghe 696 m. che costituiscono il punto più avanzato del sistema difensivo. Le mura, infatti, erano interrotte da 13 torrette semicilindriche, con finestrelle di osservazione, feritoie, camminamenti per la ronda che collegavano le 5 porte di accesso. ... Cinque sono porte di accesso al paese: la Portella, Porta S. Pietro, Porta S. Giovanni, Porta di Tocco e Porta Riore. Le porte erano collegate tra loro da camminamenti all'interno delle mura cittadine e venivano aperte al mattino e richiuse al tramontar del sole. La porta principale di accesso non era "La portella", come si potrebbe pensare, dato che attualmente si affaccia sulla piazza principale del paese, ma la Porta San Pietro poiché è qui che arrivava l'unica via accesso al paese: la "Via Volosca" (una vera mulattiera). Nel tempo prese il suo posto la Porta Riore, perché la più vicina a questa via di accesso: la posizione esatta di questa attualmente non è più visibile, in quanto è qui che cominciò la distruzione del paese per ordine di Pio VII nel 1819. La Portella, una delle porte più piccole, è quella che veniva utilizzata principalmente dai signori del Castello (nel portico che conduce alla chiesa di Sant'Angelo ancora oggi si possono osservare gli "anconi" di pietra che testimoniano l'antica porta di accesso)».

http://www.sonnino.info/sonnino/mura.php - http://www.sonnino.info/sonnino/porte.php


Sperlonga (borgo)

Foto di nece, dal sito www.trivago.it   Dal sito www.comune.sperlonga.lt.it

«Sperlonga è un borgo marinaro a metà strada tra Napoli e Roma, arroccato in cima a uno sperone roccioso, con gli intonaci bianchi di calce, con archi, scalette e viuzze che si aprono e si nascondono, s'inerpicano e ridiscendono fino a scivolare al mare. La sua struttura urbanistica è tipicamente medievale: partendo da un primo nucleo centrale, le case si sono avvolte intorno al promontorio divenendo tutt'uno con la roccia, e abbracciate le une alle altre in funzione difensiva. Il borgo è sorto così, sullo sperone di S. Magno, nella più pura e spontanea architettura mediterranea, con vicoli stretti e lunghe scalinate per rendere più disagevoli le incursioni dei predoni del mare. Nell'XI sec. Sperlonga era un castello chiuso da una cinta muraria, nella quale si aprivano due porte che oggi sono le testimonianze superstiti dell'epoca medievale: la Portella (o Porta Carrese) e Porta Marina, la principale via d'accesso al paese, entrambe con lo stemma dell'aquila della famiglia Caetani. ... Dopo la devastazione del 1534 dovette passare quasi un secolo perché la vita tornasse a Sperlonga, che fu ricostruita nell'attuale forma a testuggine ed arricchita di chiese e palazzi signorili. Tra le emergenze architettoniche, sono da ricordare l'antichissima chiesa di S. Maria di Spelonca, costruita nei primi anni del XII sec. con campanile e pianta latina con matronei, la chiesa di S. Rocco, edificata nel XV sec., Palazzo Sabella, il più antico e importante del borgo, temporanea residenza nel 1379 dell'antipapa Clemente VII e con facciata rifatta nel '500».

http://www.borghitalia.it/html/borgo_it.php?codice_borgo=276


Sperlonga (torre Capovento)

Dal sito www.sullacrestadellonda.it   Dal sito www.italiavirtualtour.it

«Nel Medioevo a Sperlonga per difendersi dai Saraceni furono costruite quattro torri per ordine del viceré Don Pietro di Toledo con il sistema di difesa costiera che oltre alla Torre Truglia era completato dalla Torre del Nibbio, dalla Torre Centrale, oggi in Via Giosa nel centro del borgo, e dalla Torre di Capovento che sorge a circa 3 km a sud del paese. Edificata su di uno sperone di roccia a picco sul mare nel 1532, dopo alterne vicende servì dal 1820 come posto di dogana. La Torre Capovento si trova a poca distanza dai resti della villa dell'imperatore Tiberio immersa nella lussureggiante flora mediterranea e sorge sulla mitica Riviera di Ulisse in uno dei tratti di mare più belli del mondo dove il fascino del paesaggio si sposa felicemente con quello della preistoria e della storia antica e medievale».

http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=95660


Sperlonga (torre Centrale, torre del Nibbio)

Foto di Bepix (Giuseppe de g...), dal sito www.panoramio.com   Foto di Bepix (Giuseppe de g...), dal sito www.panoramio.com

«La "Torre centrale", detta localmente Torre Maggiore, apparteneva al sistema di torri di avvistamento impiantato nel XVI secolo: ne sopravvive solo una porzione nell'attuale centro del paese. ... Al sistema difensivo appartenevano anche la "Torre del Nibbio", inclusa in un castello baronale prospiciente la piazzetta centrale del paese, e la "Torre di Capovento».

http://it.wikipedia.org/wiki/Sperlonga#Architetture_militari


Sperlonga (torre Truglia)

Dal sito www.italiantourism.com   Dal sito www.comune.sperlonga.lt.it

«La costa del Tirreno è punteggiata da numerose torri costruite per avvistare e per difendersi dagli attacchi via mare. Le torri di Sperlonga risalgono al 1500. La Torre centrale, di cui sopravvive solo una parte nell'attuale via Giosa, dominava il paese e il suo profilo è disegnato nello stemma attuale del Comune. La Torre Truglia, sorge su di uno scoglio di pietra viva sull' estrema punta del promontorio di Sperlonga. Edificata nel 1532 sulle fondamenta di una preesistente torre romana di avvistamento, solo due anni dopo fu devastata dalle orde di Kaireddin Barbarossa. Ricostruita nel 1611, epoca in cui ospitava un sergente e un solo soldato, già nel 1623 venne di nuovo devastata dai Turchi. Rifiorì solo nel secolo successivo, quando costituì una vedetta sicura per tutto il litorale. Dal 1870 al 1969 è stata utilizzata dalla Guardia di Finanza. Attualmente è il Centro Educazione dell'ambiente Marino del Parco Naturale Regionale "Riviera d'Ulisse"».

http://www.comune.sperlonga.lt.it/main.php?module=custom&content=arteestoria&idcategory=4&tab=arte


Spigno Saturnia (resti del castello)

Dal sito www.comune.spignosaturnia.lt.it   Dal sito www.castellidelazio.com

«La parte più alta di Spigno Saturnia è dominata dai ruderi del Castello Medioevale, una poderosa fortezza interamente costruita in pietra locale, con alta torre quadrata e torrioni laterali. La rocca sorge nella parte più alta dell’abitato di Spigno, su un pendio orientale scosceso del Monte Petrella, sui Monti Aurunci a controllo dei traffici della via Ercolanea. Intorno all'anno Mille una famiglia di origine normanna, di cui non si conosce il nome, costruì il "Castrum" (fortezza), ponendo le sue fondamenta su uno sperone di roccia a forma trapezoidale. Tutto l'impianto è circondato da una cinta muraria, munita di torri di guardia e di torrioni laterali. Nel corso dei secoli, il Castello subì notevoli danneggiamenti. Nel 1690, della fortezza rimaneva in piedi soltanto l'alta torre quadrata con gli edifici in rovina, compresa la chiesa di San Lorenzo, sita all'interno dell'impianto, nella cripta della quale si notano ancora oggi tracce di affreschi probabilmente di scuola benedettina. Abolita la feudalità (1806) il Castello divenne proprietà privata e da allora le strutture murarie subirono un progressivo abbandono. Alla fine di gennaio del 1944, a causa delle operazioni di guerra lungo la vicinissima linea "Gustav", i Tedeschi fecero saltare in aria l'alta torre, causando danni irreparabili alle restanti parti dell'impianto. Oggi restano i due torrioni cilindrici».

http://www.comune.spignosaturnia.lt.it/museo/museo_action.php?ACTION=tre&cod_museo=10&cod_aggiornamento=5


Suio (castello)

Dal sito www.lestrigonia.it   Dal sito www.marketing.territoriale.it

«Il nome Suio è legato al castello, Castrum Suji, sorto per il controllo della foce del Garigliano nel decimo secolo d.C. La fortificazione infatti è posta su una altura, a circa 150 metri s.l.m., a ridosso della sponda settentrionale del fiume da cui si ha una visuale da Monte Orlando (Gaeta) al Monte Massico. Il ruolo del castello, realizzato prima del 1040 (data del primo documento che fa riferimento a Castrum Suji) quando il territorio era di proprietà del conte Ugone di Gaeta, era importante per il controllo delle incursioni dei corsari saraceni e dei loro insediamenti nella valle. Proprio in quell’anno metà del castello venne donato alla potente Abbazia di Montecassino, che in seguito a successive donazioni parziali ne ottenne il completo controllo nel 1078. Nell’ottobre del 1079 l’abate Desiderio concesse agli abitanti di Suio le “Chartae libertatis”, delle Carte di franchigia, come aveva già fatto nel 1061 per Traietto, che includevano una serie di diritti e privilegi molto moderni. Desiderio ampliò anche le fortificazioni, e lo stesso fece l'abate Gerardo (1115-1125). Suio entrò nell'orbita normanna nel 1140 insieme a Gaeta. Agli inizi del Duecento nel castello nacque Tommaso da Suio, maestro e notaio alla corte dell’imperatore Federico II di Svevia. Nel XVI secolo sia il castello che il borgo videro un rapido spopolamento, andando così a dipendere, insieme al vicino borgo di Castelforte, alle sorti del ducato di Fondi e di conseguenza della famiglia Caetani. Con la signoria della famiglia Caetani, Castelforte e Suio attraversarono un periodo di relativa pace e di tranquillità anche se nella famiglia stessa si ebbero dissensi sia per lo scisma d’occidente con l’elezione a Fondi nel 1374 dell’antipapa Clemente VII patrocinata e sostenuta da Onorato I e sia per le contrapposizioni dei vari membri della famiglia negli schieramenti dei pretendenti al trono dell’Italia meridionale. Ai Caetani nel 1497 nella contea di Fondi subentrò Prospero Colonna che in seguito alla battaglia del Garigliano ebbe rinnovato il possesso. Vespasiano Colonna successe al padre Prospero nel 1503 e dopo la sua morte il feudo fu ereditato dalla figlia di primo letto Isabella. Nel 1570 ad Isabella subentrò il figlio Vespasiano II nato dalle nozze con Luigi Gonzaga ed a questi la figlia di Vespasiano Isabella che sposò nel 1591 Luigi Carafa, principe di Strigliano, a cui portò in dote la Contea di Fondi e quindi anche Castelforte e Suio.

A Luigi Carafa di Stigliano e Isabella Gonzaga che governarono queste terre dal 1591 al 1602, dopo alterne vicende di famiglia successe nel 1624 la nipote Anna Carafa figlia del premorto figlio Antonio. Questa sposò nel 1636 don Filippo Raniero Guazman (viceré di Napoli dal 1637 al 1644) a cui successe il figlio don Nicola Carafa Guzman, principe di Stigliano che governò sino al 1689. Morto senza lasciare figli o altri legittimi necessari, i “suoi feudi furono devoluti alla Regia Corte”. Questa mise in vendita le terre cadute in successione (Castelforte, Suio, ecc.) che nel 1691 furono aggiudicate al Conte don Antonio Carafa della Spina, la cui famiglia ne mantenne il possesso sino al principio del 1800 quando sotto la spinta della rivoluzione francese fu abolita la feudalità. Il castello nella sua forma originaria risalirebbe agli inizi del Duecento. Di pianta quadrata era composto da mura in pietra locale con torri angolari cilindriche con beccatelli e merlature, oggi quasi completamente sparite. Nella parte sud delle mura di cinta c'era una porta, non più esistente, che veniva aperta la mattina e chiusa la sera, per la quale gli abitanti uscivano per accudire ai lavori dei campi e per altre attività. Al centro del castello si ergeva maestosa una torre, simile a quelle di Castelforte e di Ventosa (frazione del vicino Comune di SS. Cosma e Damiano) che serviva per sorvegliare la piana del Garigliano. Questa torre andò distrutta in parte dal terremoto del settembre 1349 e totalmente nel 1912 dai bombardamenti. Buona parte delle mura perimetrali e del manufatto interno è stato completamente modificato con la costruzione avvenuta nella metà del Novecento di edifici di carattere abitativo che hanno ormai irrimediabilmente danneggiato le antiche strutture. Durante la Seconda Guerra Mondiale, trovandosi sulla Linea Gustav, il castello è rimasto in parte danneggiato. Negli ultimi anni il castello è stato oggetto di lavori di restauro (da ricordare un finanziamento concesso dalla Regione Lazio nel 2006), nel corso dei quali sono stati ritrovati i frammenti di alcuni affreschi di età desideriana di particolare pregio».

http://castelliere.blogspot.it/2012/12/il-castello-di-sabato-1-dicembre.html


Terracina (case-torri, palazzi)

Nella foto di Dario D'Elia la casa-torre di Via SS. Quattro, dal sito www.terracinese.com   Palazzo Venditti, dal sito www.weagoo.com

«Casa-torre della Salita Castello. Faceva probabilmente parte di una struttura fortificata più complessa, risalente al XII-XIII sec. Dell’edificio attualmente visibile rimangono soltanto tre piani, caratterizzati da finestre a sesto acuto; i prospetti est e ovest sono qualificati da due accessi. La porta d’ingresso, prospiciente la distrutta Porta Castello, conserva sull’architrave in travertino il nome di una degli antichi proprietari, Horatius Melior, inciso in bei caratteri latini. Casa-torre di Via SS. Quattro. Rappresenta un importante modello di edilizia civile fortificata: l’ubicazione (all’incrocio di tre importanti assi viari, la pianta triangolare, la tecnica edilizia, l‘imponenza della costruzione e le strette feritoie nei muri ne facevano infatti un significativo strumento di difesa e di offesa all’interno della città medievale. Da un’iscrizione apposta sulla facciata, risulta che la casa venne acquistata nel 1283 da Gregorius de Acso, la sua edificazione dovrebbe tuttavia risalire al secolo precedente. Palazzo Matthias. L’edificio è il risultato dell’accorpamento di più strutture pertinenti ad epoche diverse. L’uso del basalto in alcuni muri e la presenza di aperture con disposizione irregolare farebbero ritenere che l’edificio originario sia databile alla fine del XII sec. Di notevole pregio risulta il prospetto sul Corso A. Garbali, ristrutturato in età moderna e costituito da un parametro in blocchetti calcarei; sopra la finestra del primo piano è infatti inserita una lastra ad arco di ciborio, decorata da una doppia treccia viminea risalente al IX sec., forse pertinente alla fase carolingia della Cattedrale. Palazzo Vinditti. Risalente al XIII sec. – ad eccezione della sopraelevazione di età moderna – esso rappresenta un significativo esempio di architettura cistercense applicata all’edilizia civile pubblica, avendo probabilmente costituito l’originaria sede del Comune medievale. Il grande arco carraio su cui è impostato l’edificio presenta un’apertura a sesto acuto verso la piazza e un’altra a tutto sesto sul lato opposto. Assai caratteristiche sono le trifore, in particolare quella prospiciente la Cattedrale (l’unica originale), con elementi stilistici di chiara derivazione cistercense».

http://www.comune.terracina.lt.it/turismo/percorsi/eta_medioevale/punto_1.html e ss.


Terracina (mura, porte)

Porta Romana, dal sito www.iloveroma.it   Dal sito www.comune.terracina.lt.it

«Le antiche mura di cinta di epoca volsca e romana, di cui rimangono visibili solo alcuni tratti, erano state in seguito sormontate dalla nuova fortificazione costruita nel V secolo. Dopo il loro abbandono, una parte del camminamento di ronda fu trasformata in passeggiata pubblica e circondata da abitazioni. Delle porte cittadine la Porta Albina fu abbattuta nel 1831, mentre della Porta Maggio, distrutta alla fine del Settecento rimangono solo le torri laterali, trasformate in abitazioni. Una nuova porta di accesso all'abitato, Porta Romana, fu realizzata nel 1780 sul lato nord-occidentale, su progetto di Gaetano Rappini, riunendo alla città il borgo esterno di "Cipollata". La nuova costruzione si appoggia ad una torre più antica, con basamento in opera poligonale e sopraelevazione in opera incerta, parte probabilmente della cinta muraria più antica. Nella parte alta della città si conserva anche una torre medioevale, realizzata in blocchetti di calcare inframmezzati da filari con mattoni e datata al X secolo. La parte bassa della città ebbe due momenti di espansione: il primo sotto i Romani, lungo la via ad Portum, tra il porto e la fertile valle agricola a nordovest (soprattutto tra I secolo a.C. e I d.C.), e il secondo soprattutto nel XIX e XX secolo. Alla fase romana appartengono una seconda piazza forense (cosiddetto "Foro Severiano"), un anfiteatro e delle terme ("Terme alla marina"), a cui si aggiungono ville e residenze (la villa detta delle "Terme Nettunie", resti di ville presso i "Granai Antonelli"). Lo sviluppo crebbe con il cambiamento di percorso della via Appia, reso possibile dal taglio del Pisco Montano, e con la ricostruzione del porto (tradizionalmente attribuiti all'epoca traianea, ma secondo un'ipotesi di Filippo Coarelli da retrodatare al I secolo a.C.). Sono tuttora visibili i resti dei due moli antichi e dei magazzini portuali. La collina di sabbia del Montuno, oggi parco pubblico, si formò probabilmente in seguito ai lavori di scavo per la realizzazione del porto. Le mura del V secolo racchiusero solo una parte di questo abitato inferiore, che doveva essere già parzialmente abbandonato. In epoca altomedioevale il territorio vide la fondazione di chiese e conventi extra-urbani. La parte bassa era in abbandono: il porto e i canali si andarono insabbiando e divennero inutilizzabili. Il passaggio della via Appia sotto il Pisco Montano venne fortificato (la porta venne ricostruita nel XVII secolo come Porta Napoletana)».

http://it.wikipedia.org/wiki/Terracina#Le_mura


Terracina (rocca dei Frangipane o rocca Traversa)

Foto di Dario D'Elia, dal sito www.terracinese.com    Dal sito http://castelliere.blogspot.it

«è detto anche Rocca Traversa dalla particolare forma trapezoidale del maschio, l’unica parte dell’edificio che è rimasta, insieme a parte dell’ala sud, dopo i massicci bombardamenti aerei del 1943-44. Alla fine del X secolo, con la crisi del papato e lo strapotere delle famiglie locali, Terracina fu interessata dal fenomeno dell’incastellamento: pertanto, allo scopo di controllare politicamente la città e il suo territorio, forse ad opera dei Crescenzi, venne avviata l’edificazione di un imponente castello, poi denominato Frangipane dalla famiglia dei nobili romani che lo occupò dal 1153 al 1202. L’avvento dei Frangipane iniziò quando papa Celestino II, per assicurarsi il loro appoggio di tipo militare, nell’anno 1143, cedette loro cospicue rendite sul territorio di Terracina spettanti alla Chiesa. In pratica, i Terracinesi avrebbero dovuto dipendere economicamente dai Frangipane e giuridicamente dal Pontefice, ammesso che quest’ultimo fosse in grado di imporre il rispetto dei patti ai Frangipane, pronti ad invadere l’intera sfera del potere politico e giuridico a garanzia di quello economico. Alla morte del debole Celestino, provò a riformulare gli accordi il ben più energico Eugenio III (1145-1153). Sulla parete est sono visibili due iscrizioni facenti riferimento a lavori fatti eseguire proprio da quest’ultimo. Dopo la sua morte, nel 1153, i Frangipane, più per il tradimento di qualche Terracinese che per la forza dei loro armati, entrarono in città e si impadronirono anche della Rocca Traversa. I papi successivi non potettero o non vollero mettersi contro di loro e, ma la popolazione per nulla contenta di questa dominazione, nel 1202 si rivoltò. La Rocca fu assaltata, ne furono distrutte le difese, furono scacciate le truppe dei tiranni Frangipane, inseguiti fino a Sanfelice e quindi scacciati anche da lì. Da allora i Frangipane a Terracina non misero più piede, malgrado i numerosi tentativi di mediazione di papa Innocenzo III. La Rocca Traversa divenne il simbolo della lotta comunale per la libertà dai legami feudali. Nel ‘400 una guarnigione pontificia iniziò a dimorare nel Castello e vi rimase fino ai primi anni del secolo XIX. Quando, poi, il maniero venne trasformato in un conservatorio per l'educazione di signorine di buona famiglia fu un brutto colpo, per le gloriose tradizioni militari dell'edificio».

http://castelliere.blogspot.it/2012/01/il-castello-di-domenica-8-gennaio.html


Terracina (torre Frumentaria o dei Rosa, torre delle Mura)

Torre Frumentaria, dal sito www.comune.terracina.lt.it   Torre delle mura, dal sito www.comune.terracina.lt.it

«Torre Frumentaria. Detta anche Torre dei Rosa, dalla famiglia che tra la fine del XII e il XIII sec. Provvide probabilmente ad erigerla, costituisce un notevole esempio di architettura civile fortificata, oltre ad essere la più alta torre della città (circa 30 m.). Di particolare rilievo sono le due grandi porte ad arco acuto sul lato nord e l’originaria monofora, pure archiacuta, sul lato ovest. L’edificio, parzialmente distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra e successivamente restaurato, ospita oggi il Museo Civico, l’Ufficio Cultura e l’Archivio Storico Comunale. Torre medievale delle mura. Costituisce l’unica torre di epoca medievale nell’ambito del circuito murario del V sec. d.C. di forma trapezoidale, essa presenta una tecnica costruttiva caratterizzata da blocchetti di calcare disposti in filari orizzontali, sporadicamente frammisti a mattoni; di epoca recente deve essere invece considerata la parete prospiciente il camminamento di ronda, in origine mancante. Le finestre originarie, in parte tamponate, sono di forma rettangolare e in alcuni casi fornite di archi di scarico. La datazione della torre, coeva alla prima fase del castello, può risalire alla fine del X sec.».

http://www.comune.terracina.lt.it/turismo/percorsi/eta_medioevale/punto_2.html - ...punto_7.html


Terracina (torre Gregoriana)

Dal sito https://m.facebook.com/permalink.php   Dal sito www.delcampe.net   Dal sito http://m.ebay.it

«Nel 1534 Terracina subisce un terribile saccheggio da parte del corsaro e ammiraglio ottomano Kaireddin detto Barbarossa (Khizir Khayr ad-Dîn) dominatore del Mediterraneo per decenni. La torre va immaginata come parte di un sistema di fortificazione costruito dal IX secolo in poi lungo la costa dello Stato Pontificio, da Montalto di Castro, a nord di Roma, a Terracina (circa 220 km). Il suo principale scopo era quello di proteggere lo Stato dalle incursioni saracene e ottomane. Infatti, nel corso del XVI secolo, sotto lo stimolo di una crescente supremazia ottomana nel Mediterraneo, si dà il via ad un programma globale di revisione delle fortificazioni dello Stato Pontificio che include il recupero di strutture esistenti da integrare con nuove costruzioni. Una caratteristica fondamentale di questo sistema è l’interrelazione visiva che esiste tra le fortificazioni costiere; non era raro infatti che per rispondere ad un assalto pirata il segnale visivo di allerta, da una torre all'altra, viaggiasse fino a Civitavecchia, sede della flotta papale. Torre Gregoriana quindi era in contatto visivo, verso nord con il forte Forte del Pisco Montano, che a sua volta era visibile dalla Fortezza di Terracina (Castello Frangipane), verso sud invece poteva comunicare con Torre Canneto situata proprio sul confine tra lo Stato Pontificio ed il Regno di Napoli.

Nel 1583, per ordine di Papa Gregorio XIII e su progetto dell’architetto Battista de Cavalieri una nuova struttura difensiva detta Torre Nova viene costruita forse sul sito di una struttura precedente. Ad oggi ciò che rimane della Torre originale é la sua base tronco-piramidale di 10 m di lato e 5 m di altezza. La base originale non aveva aperture ed era inaccessibile dall'esterno. L'altezza complessiva della struttura era di circa 17 m e comprendeva quattro  livelli. Il piano terra, utilizzato come polveriera e magazzino. Il primo piano, individuato da un cordolo esterno in pietra lavorata chiamato "cordonatura". L'ingresso alla torre avveniva a questo livello tramite una scala in muratura sul lato ovest della torre. Per motivi di sicurezza la scala si arrestava ad una distanza di circa 2 metri dalla porta d'ingresso dove un ponte mobile in legno permetteva di controllare l’accesso alla torre. Questo era livello dedicato alla sistemazione del capitano o “torriere" del suo ufficio. Una scala interna in legno conduceva al secondo piano dedicato ai soldati ed eventuali visitatori. All’ultimo livello della torre, si trovava lo spazio più importante della struttura, la cosiddetta "piazza d'armi". Si trattava di una terrazza protetta da un coronamento, fornita di armi da fuoco a media gittata e di attrezzature necessarie alla segnalazione. Un piccolo deposito per munizioni era presente in un angolo della piazza d’armi. Il coronamento era merlato per favorire la difesa in caso di un attacco da terra. I tre livelli erano coperti a volta ed avevano differenti dimensioni. ...».

http://www.torricostiere.it/wp-content/uploads/2014/08/TdM_201407_n1.pdf  (a c. dell'architetto  Pierangelo Cacciotti)


TORRE DEL PADIGLIONE (torre)

Foto di Giampilor, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Foto di Clementi, dal sito www.trekearth.com

è tra gli edifici costruiti tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX.

http://www.apriliasulweb.it/monumenti.html


Ventosa (torre romanica)

Foto di Carlo V. Iossa, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.santicosmaedamiano.eu

«Ventosa nasce nell'Alto Medioevo. Nell'anno 830 entra nella storia: Ventosa allora era territorio di Gaeta, città bizantina; nei verbali di un processo per una controversia su alcuni beni ecclesiastici appare tra i giudici tale Siceramit de Ventosa. Allora Ventosa era già un villaggio dove avevano trovato rifugio gli abitanti della pianura dalle invasioni barbariche. Nel 1064 i Normanni conquistano Gaeta e 1078 Giordano, principe normanno di Capua dona la contea di Suio all'Abbazia di Montecassino, guidata dall'abate Desiderio. Il controllo della foce del Garigliano attraverso l'acquisizione della contea era di importanza strategica per il monastero cassinese perché questa era un diretto sbocco verso il mare. Ventosa era uno dei casali più cospicui della contea di Suio; entrando a far parte della Terra di San Benedetto il villaggio s'accresce: all'incirca in quest'epoca si ha la realizzazione di un piccolo monastero benedettino, una cella, dedicata a San Giovanni Battista; probabilmente la cella benedettina fu costruita su di una chiesetta rurale preesistente. L'attuale chiesa di San Martino è costruita sulla stesso luogo, abbandonato dai benedettini nel Trecento. Del XII secolo è il simbolo stesso della località, la torre da cui si domina sia la piana del Garigliano sia parte dell'entroterra. Torre romanica, a base quadrata, alta originariamente 24 metri, oggi 5 in meno. Attraverso le tre torri Ventosa, Castelforte e Suio, che si guardavano reciprocamente, si aveva la visione del golfo di Gaeta e dell'arco dei monti Aurunci che lo chiudono».

http://www.santicosmaedamiano.eu/frazioni.html


Ventotene (castello borbonico)

Foto di Valéry-Xavier Lentz, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.rivieradicirce.it

«Soltanto nel 1731, con la morte dell'ultimo dei Farnese, l'isola passa piano piano sotto il dominio dei Borboni, che gettarono i presupposti per una sua nuova urbanizzazione. Nel 1768, sotto Ferdinando IV, si diede il via ad un progetto organico di urbanizzazione dell'isola affidato a due illustri tecnici: Antonio Winspeare e Francesco Carpi. La città borbonica si sviluppò intorno ai due edifici simbolo del potere: il Castello la Chiesa di Santa Candida. Per entrambi furono pensate due belle vie di accesso: al castello ci si sarebbe arrivati tramite una via carrabile che, sovrastando l'antico camminamento romano, avrebbe percorso in salita ed in modo concentrico il Pozzillo per poi sbucare nella Piazza del Castello. Alla chiesa ci si sarebbe arrivati invece tramite una scenografica serie di rampe che dal Porto Romano avrebbe raggiunto la Piazza Chiesa. Attualmente il Castello è la sede del Municipio di Ventotene e del suo Museo Archeologico, ma la sua fisionomia originaria è stata alterata dalla sopraelevazione di due piani effettuata in epoca fascista per adattarlo meglio alla sua funzione di allora, che era di carcere, mentre la sua funzione originaria era quella di una fortezza come è testimoniato dal suo orientamento, che presenta uno "spigolo" alla marina di Cala Nave, per meglio resistere alle cannonate. Il piano seminterrato era adibito a cisterna e fognatura, il primo ad alloggio per i militari e il secondo ad alloggio per gli ufficiali e i funzionari del governo».

http://www.ventotene.it/escursioni.aspx#borbonica


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