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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Agordo (villa Crotta De Manzoni)

Dal sito www.infodolomiti.it   Dal sito www.magicoveneto.it

«Villa Crotta De Manzoni si presenta nella parte anteriore come un'imponente villa urbana, mentre nella parte posteriore si trasforma in una residenza di campagna con un grande parco e giardino. Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento Francesco Crotta acquisto la proprietà dove sorgeva un edificio del XV secolo che venne ingrandito ed abbellito per renderlo a tutti gli effetti una residenza signorile. Vennero uniti il nuovo edificio, che ospitava la residenza privata della famiglia, con l'ala antica che invece era destinata al numeroso personale della proprietà; nel punto di congiunzione tra le due strutture venne realizzata una sala completamente affrescata. Il corpo seicentesco si affaccia verso il grande prato, il cosiddetto "Broi", che occupa la piazza di Agordo e verso la strada che taglia il centro della cittadina. Poggioli e cornicioni in pietra decorano la facciata che si chiude con quattro grandi camini a punta. Nel Settecento venne eretta l'ala di rappresentanza unita ad angolo retto all'edificio principale, creando lo spazio per il giardino contornato da un'alta cancellata in ferro con colonne in pietra su cui sono posizionate quindici statue di antiche divinità. Nel 1813 la villa venne acquistata dalla famiglia Manzoni che, grazie alle ricchezze accumulate nelle miniere di Valle Imperina, riuscì a comprare il titolo nobiliare divenendo De Manzoni nel 1820. I De Manzoni fecero vivere alla villa il periodo di massimo splendore promuovendo la cultura e l'arte come mecenati. Chiamarono alcuni dei rappresentanti più significativi delle arti bellunesi tra cui l'architetto Giuseppe Segusini per completare il parco con un edificio in tipico stile romantico e Pietro Paoletti per decorare il salone con scene tratte dal poema epico Orlando Furioso. Durante la Grande Guerra la Villa subì numerosi danni; vennero distrutti e trafugati gli arredi, i dipinti e la ricca biblioteca insieme ad una grande collezione di minerali e conchiglie».

http://www.infodolomiti.it/dolomiti-da-vedere/ville-venete/a-nord-di-belluno/villa-crotta-de-manzoni/6736-l1.html


ANDRAZ (castello)

Dal sito www.magicoveneto.it   Dal sito www.comune.livinallongo.bl.it

  

«Un primo documento certo che parla della zona del Col di Lana e Livinallongo è del 1005 nel quale risulta appartenere alla contea della Pusteria. Tuttavia tracce e reperti attestano che la frequentazione del luogo si perde nella notte dei tempi, come testimoniato anche dal non lontano sito archeologico del Mondeval e dai forni fusori proprio presso il masso del castello. Con ragionevole certezza un castello esisteva già prima del 1027 quando Corrado II il Salico dona ai Vescovi di Bressanone un vasto territorio tra Livinallongo e Colle Santa Lucia (nome recente raggruppante alcuni paesotti a sede comunale), ma non il castello e le sue pertinenze. Si ipotizza un castelliere o un mansio di fattura tardo-romana e la riedificazione, poco prima del 1000 (dopo le successive ondate barbariche che sicuramente hanno distrutto il preesistente manufatto), ad opera di una potente famiglia locale, i Pouchenstein, per contrastare le dispute con i confinanti arroccati sui castelli di Avoscan e Rocca Pietore. Un erede di questa potente famiglia, nel 1200, vende il castello con le pertinenze ed il territorio circostante al Principe-Vescovo di Bressanone Conrad Von Rodenegg. Da allora in poi il castello apparterrà ininterrottamente ai vescovi fino al 1803 quando il Principato Vescovile venne soppresso. Ma non sarà una storia tranquilla, né facile. Già nel 1221 il vescovo insedia un suo nipote come vassallo e amministratore del castello e delle proprietà terriere. Qualche anno dopo altri suoi nipoti, Paul e Nicolaus Schoneck, compiono atti indicibili ed orrendi delitti e tiranneggiano la popolazione locale. è costretto all'intervento armato pure il Conte del Tirolo che deferisce i due 'bravi' e li costringe all'esilio e confisca tutti i loro beni nelle circostanti valli, ma non il castello che resta comunque a disposizione della famiglia Schoneck che di fatto si impossessa dei diritti dell'illustre vescovo. Probabilmente per necessità economiche nel 1331 i diritti d'uso, ma non la proprietà, che nominalmente appartiene ancora ai Vescovi di Bressanone, vengono ceduti alla famiglia degli Avoscagno rappresentata da Guadagnino, insediati ad Avoscan di San Tomaso Agordino.

è proprio in queste cruente lotte tra potenti famiglie locali che, nel 1350, il castello viene assediato ed assaltato con successo da Corrado Gobel che mette in fuga gli Avoscagno e consegna castello e diritti al legittimo proprietario, il Vescovo. Segue un periodo in cui il feudo viene concesso ad alcune nobili famiglie, tra cui gli Stuck, i Wolkenstein ed i Villander, che lo usano più come 'residenza di villeggiatura' e per il controllo delle attività agricolo-pastorali locali che per veri e propri fini militari. Strategicamente è importante anche perché si trova lungo la 'Strada della Vena' che collegava i siti minerari della zona, particolarmente quello del Fursil di Colle Santa Lucia. Dal 1416 il vescovo si riserva la gestione 'diretta' del manufatto e del feudo circostante, ed insedia una propria guarnigione militare con un capitano alla proprie dipendenze. Il Castello viene usato regolarmente dai Vescovi per 'villeggiatura' ma serviva, e abbastanza spesso, come sicuro rifugio in caso di situazioni di pericolo nelle numerose contese con gli scomodi vicini, primo tra tutti il Conte del Tirolo, o durante le numerose guerre come nella 'guerra dei contadini' del 1525. Nei periodi tranquilli invece, venivano ospitati illustri personaggi e serviva da dimora di rappresentanza. Dopo l'uragano napoleonico, nel 1803 il Principato dei Vescovi di Bressanone viene soppresso e le proprietà secolarizzate ed assoggettata definitivamente l'intera regione. Il castello diviene proprietà del governo austriaco. Privo di qualsiasi altra funzione strategica e relativamente in cattivo stato di manutenzione, nel 1853 viene venduto ad un privato locale che lo vede più come una specie di 'miniera' per ricavarne materiali da costruzione e legname che come 'bene culturale'. Il castello viene in parte demolito, le travature usate come materiale da costruzione per le case o addirittura come legna da ardere e così pure trovarono miserevole fine la grandissima, e probabilmente preziosissima, mole di suppellettili, mobilia, quadri e la notevole dotazione di materiale storico e cartaceo, serviti per anni ad accendere i fuochi delle stufe e dei caminetti delle case circostanti, come raccontano leggende locali. è storia comune del nostro imponente patrimonio storico-artistico, tutto sommato è andata meglio a quello 'rapinato' dai vari conquistatori, non ultimo Napoleone, e finito nelle raccolte private o nei musei di mezza Europa. ... Il castello di Andraz è di proprietà della Regione del Veneto».

http://www.magicoveneto.it/Agordino/Fodom/Castello-di-Andraz.htm


ARSON (castello di Lusa)

Dal sito www.castellodilusa.it   Dal sito www.magicoveneto.it

  

«Ai margini del parco delle Dolomiti bellunesi, a poca distanza da Feltre, è situato il Castello di Lusa, antica dimora feudale appartenente ad un sistema difensivo dei Vescovi di Feltre e Belluno. L'edificio sorge sul sito di un precedente castelliere del tardo periodo del bronzo, occupato anche in fase protovillanoviana e romana. Molti avvenimenti costellarono la vita di questo presidio fortificato, infeudato anticamente alla famiglia Lusa: assedi, avvicendamenti di proprietà ed eventi sismici particolarmente distruttivi. Tra le innumerevoli fonti storiche riguardanti l'edificio va sottolineata una trascrizione riferita al X secolo nella quale è menzionata la conquista del Castello di Lusa da parte del Vescovo Giovanni Tassina. Al 1116 risale invece un diploma imperiale di Federico Barbarossa, vergato a Landriano, che sancisce la restituzione del Castello di Lusa al principe Vescovo Ottone di Belluno. Dopo la dedizione del bellunese alla Serenissima, avvenuta tra il 1404 e il 1420, tutto il territorio subì una sostanziale modifica degli assetti economici e politici con la completa disgregazione del sistema feudale, suggellato successivamente dal perentorio editto nel quale Venezia decretava la demolizione di tutti i castelli appartenenti all’area che le si era assoggettata. A questo provvedimento si sottrassero soltanto le fortificazioni che avevano ancora un valore strategico e militare per la Repubblica stessa. Con l’avvento del periodo rinascimentale vi fu un’ampia fioritura di residenze di campagna che in parte riutilizzarono quanto rimaneva delle precedenti strutture difensive. Verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI i nobili Villalta subentrarono nel possesso del Castello di Lusa. Ai componenti di tale famiglia, tra cui si annovera il medico e umanista Donato, si devono, attorno al 1538, le sostanziali modifiche architettoniche dell’edificio medioevale che determinarono l’addossamento alle vecchie strutture di un doppio ordine di loggiati su pilastri in pietra e l’adeguamento degli interni ai nuovi dettami della cultura umanistica. Il recente restauro (1970- 1995), estremamente complesso dal punto di vista tecnico e filologico, pur rispettando le varie sedimentazioni storiche, ha inteso rendere dignità al complesso residenziale cercando di evidenziare le molteplici valenze in esso contenute».

http://www.castellodilusa.it/lastoria.htm


AVOSCAN (resti del castello)

Dal sito www.agordino.bl.it   Un'immagine di Avoscan nel 1964, dal sito www.delcampe.net

«Ad Avoscan, frazione più meridionale del Comune, fino a qualche anno fa si poteva scorgere ciò che rimaneva del castello degli Avoscano. Il casato dei Conti di Avoscano dominò per circa venticinque anni la storia dell'Agordino nel corso del XIV secolo, periodo in cui queste zone erano in mano agli Scaligeri di Verona (1322/1337). La residenza di questa famiglia nobile era appunto il castello di Avoscan, esistente già al tempo delle invasioni barbariche. In riferimento all'edificazione della fortezza, la tradizione vuole che tre sorelle, tra loro in disaccordo, abbiano costruito tre castelli: quello di Avoscan, quello di Rocca Pietore e quello di Andraz. Non si hanno ulteriori notizie sulle origini di tali sorelle, e forse perché questa tradizione si avvicina più alla leggenda che alla realtà. Altre testimonianze più attendibili descrivono il castello come "...un complesso di solidi edifici, alla maniera di fortilizio, e si estendeva anche lungo tutto il piccolo pendio, occupava il piano dove oggi passa la strada pubblica, e finiva sulla sponda del Cordevole". Attualmente nel luogo dove sorgeva tale costruzione sono state edificate case private e quindi non rimangono più tracce del castello».

http://digilander.libero.it/stomaso/schedule.htm


BELLUNO (palazzo dei Rettori)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.aribelluno.it/

«Il Palazzo dei Rettori fu sede per quasi quattrocento anni dei rettori veneti che governavano Belluno e il suo territorio. Su un preesistente e più arretrato edificio fortificato realizzato a partire dal 1409 (e completamente bruciato nel 1802) venne aggiunta nel 1491 dal rettore veneto Maffeo Tiepolo sul lato ovest una prima loggia lombardesca a due piani, poggiante su tre archi. Nel 1496 fu adottato un progetto di ampliamento disegnato dal veneziano Giovanni Candi (l'autore del "bovolo" di palazzo Contarini a Venezia), più volte interrotto fino alla crisi seguita alla guerra di Cambray. Venne infine completato nel 1536 durante il rettorato di Girolamo Rimondi. Tra il 1536 e il 1547 venne innalzata la torretta dell'orologio, progettato dal fiesolano Valerio da San Vittore. Sulla facciata, stemmi e busti di rettori veneti dei secoli XV-XVII. All'interno numerosi locali, nonostante i radicali restauri resisi più volte necessari in seguito ai terremoti degli ultimi due secoli, hanno mantenuto la fisionomia originaria, in particolare il salone centrale del secondo piano e la vicina saletta, con il soffitto alla sansovina».

http://www.prefettura.it/belluno/contenuti/11538.htm


BELLUNO (palazzo Doglioni)

Dal sito www.webdolomiti.net   Dal sito www.webdolomiti.net

«Insieme a Palazzo Fulcis-De Bertoldi, Casa Trois, al Teatro Comunale e alla Porta Dojona, quella che fu la dimora dei Doglioni, tra le famiglie aristocratiche più influenti della Belluno dei secoli passati, si affaccia sulla piazza oggi dedicata a Vittorio Emanuele II con una architettura di chiara impostazione veneziana. La facciata tripartita dei due piani superiori richiama infatti la tradizione della casa fondaco lagunare. Alle due ali laterali, dove la muratura è forata da due sole finestre che dovevano portare luce e aria ai vani interni minori, si contrappone la porzione centrale, dove la parete, rarefatta, lascia il posto ad una luminosa quadrifora ritmata da colonne e carnosi capitelli corinzi, con un balcone sorretto da robuste mensole, in corrispondenza del salone principale. Il porticato sulla piazza riporta invece ad una soluzione tipica della terraferma e muta questo ritmo ternario, riportandolo ad un numero pari pur sincopato: delle quattro grandi arcate, sostenute da massicce colonne con un capitello ionico molto schiacciato, l’ultima, quella sull’angolo con la via, è interrotta a metà e sorretta da un mensolone degradante, a lasciare lo spazio per il passaggio. Tra i più begli edifici storici di Belluno, palazzo Doglioni fa parte di quel gruppo di dimore, più o meno trasformate nel tempo, erette o rinnovate tra secondo Quattrocento e primo Cinquecento, nell’ambito di quel diffuso fenomeno di renovatio urbis che investì le città venete di terraferma poste sotto il dominio della Serenissima. La relativa stabilità politica determinatasi in conseguenza alla dedizione della città a Venezia nel 1404, favorì infatti anche a Belluno un rinnovamento del tessuto urbano, con la costruzione di case e palazzi, in un clima di nuova prosperità economica favorito dagli intensi scambi commerciali che si instaurarono con la Dominante e di cui fu protagonista il Piave, la principale via di navigazione attraverso cui giungeva alla Serenissima il prezioso legname dai boschi del Cadore. Nel primo Novecento il Palazzo fu sede della Banca Provinciale di Belluno che, costituitasi nel 1907, operava oltre che con la sede in città anche con una Filiale a Longarone. Già nel 1931, insieme alla Banca Feltrina e alla Banca Cattolica San Liberale di Treviso, venne a far parte della neo costituita Banca Cattolica del Veneto. Il Palazzo è oggi sede della Cassa di Risparmio del Veneto, gruppo Intesa Sanpaolo».

http://www.bancaintesaarteecultura.com/approfondimenti_palazzi.asp?sch_id=334&q_idmnu=1031


BELLUNO (porta Dojona)

Dal sito www.webdolomiti.net   Dal sito www.ufficiodelturismo.it

«Prende il nome dal vicino torrione (Dojon) con cui costituiva un complesso fortificato, già sede vescovile, all'angolo nord orientale delle antiche mura. L'arco interno venne innalzato nel 1289 da Vecello da Cusighe per il vescovo-conte Adalgerio da Vili alta: tale intervento, all'interno del rifacimento generale della cortina muraria resosi necessario dopo il tramonto del dominio di Ezzelino da Romano, è testimoniato da una lastra in pietra, murata al di sopra dell'arco, che presenta la più antica riproduzione dello stemma cittadino. Il raddoppio rinascimentale è opera di Niccolò Tagliapietra e venne realizzato nel 1553. La copertura di collegamento tra la nuova e la vecchia porta fu decisa ed attuata nel 1622. I battenti in legno originali sono ancora, secondo la tradizione, quelli rifatti dopo l'assedio imperiale del 1509. Il leone veneziano originale venne scalpellato dai Giacobini nel maggio del 1797. AI suo posto venne inserito alla fine dell'800 l'esemplare quattrocentesco che originariamente campeggiava sopra il primo arco e che era rimasto inglobato dalla copertura seicentesca, che lo aveva fortunosamente sottratto alla vista degli scalpellatori napoleonici. La porta è stata oggetto di un recentissimo, accurato restauro».

http://www.ufficiodelturismo.it/italia/veneto/belluno.shtml


BELLUNO (porta Rugo)

Dal sito www.webdolomiti.net   Dal sito www.ufficiodelturismo.it

«Da via Torricelle (nome che deriva dalle torri e camminamenti che esistevano nelle possenti mura che circondavano la Porta Sud della città) giungiamo a Porta Rugo. L'attraversiamo passando sotto l'arco ogivale e l'area aperta verso l'alto, caratteristiche queste di tutte le porte medioevali, per osservarne la struttura da sud, fuori le mura. Era questa la porta che conduceva a Borgo Piave e Borgo Prà. Rappresentava la parte meridionale delle strutture murarie della città, costruite dopo il terremoto del 1348. Col passare dei secoli è stata danneggiata e in parte ricostruita con forme architettoniche proprie dell'epoca dei rifacimenti. Nel 1622 è stata ristrutturata, ridisegnandone la facciata dell'ingresso sud con stile seicentesco: doppie lesene verticali e timpano spezzato, mentre sono rimaste le pietre di arenaria di epoca medioevale. Sulla destra vi è un edificio costruito con gli stessi materiali usati per la Porta, ciò fa pensare che si tratti di una delle torri di cui era circondata questa parte della città. Ricordiamo il dipinto di Domenico Falce (1619-1697) "Veduta di Belluno nel 1690"... Nel dipinto sono ben visibili le antiche mura settentrionali e quelle meridionali intervallate da una serie di piccole torri, equidistanti secondo una misura determinata dal tiro delle balestre e archibugi».

http://www.webdolomiti.net/belluno/tour/santa-croce-porta-rugo/


BELLUNO (resti del castello, torrione)

Dal sito www.webdolomiti.net   Dal sito www.webdolomiti.net

«Dell'antico castello Doglione rimane oggi un unico vestigio, nel massiccio torrione rotondo che, nascosto dietro case di nuova costruzione o rimodernate, al di là di un cancello di ferro, è oggi proprietà privata" (Zanenga). ... Un tempo la contrada era detta della "Motta", il nome della porta del castello e, in tempi più recenti, dopo la costruzione della chiesa delle Anime Purganti (da parte della Confraternita di S.Giorgio), "piazza dell'Anima". Raggiunta Piazza Mazzini, si osserva sulla sinistra il cancello di accesso al cortile del Torrione. Da quassù, è possibile vedere il vecchio quartiere di Borgo Pra dall'alto, affacciandosi dal muretto del cortile, così come il Quartiere Ardo, sulla sinistra. Il torrione fu costruito probabilmente sulle rovine di un fortino romano, ma già nel Cinquecento era nelle condizioni pressoché attuali. Nel X secolo al suo posto vi era un Castello detto Dollone e poi Doglion. è quindi uno dei più significativi monumenti storici della città. Salendo sul torrione si può osservare non solo un bellissimo panorama, ma anche le finestrelle strombate utilizzate dai balestrieri per difendere la città. Scendendo si può accedere al camminamento esterno dell'antico torrione, tramite una gradinata. Da qui, sono ben osservabili la grandezza dell'opera difensiva, lo spessore delle mura e...le edere di cui esso è vittima».

http://www.webdolomiti.net/belluno/tour/piazza-mazzini - http://www.webdolomiti.net/belluno/tour/via-cansiglio/


BELLUNO (torre Civica, Auditorium)

Dal sito www.infodolomiti.it   Dal sito www.webdolomiti.net

«Anticamente palazzo fortificato sede dei vescovi-conti, secondo la tradizione [l'Auditorium] venne eretto (o più probabilmente ampliato e rafforzato) alla fine del XII secolo dal vescovo Gerardo de Taccoli, morto nel 1196 combattendo in battaglia contro i Trevigiani. La torre civica regge la campana al cui suono, dal 1403, si riuniva il Maggior Consiglio cittadino. Una torre gemella, sull'angolo verso il Duomo, venne abbattuta nel 1516 per allargare la piazza di fronte al Duomo ma anticamente doveva essercene una terza, centrale, come mostra chiaramente l'antico sigillo vescovile che riproduceva proprio questo edificio. Più volte rimaneggiato, il portale ed alcuni elementi dei finestroni superiori risalgono alla ristrutturazione attuata dal vescovo Giulio Berlendis nel XVII secolo. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1873, subì un totale rimaneggiamento interno curato dall'ing. Giorgio Pagani-Cesa, cui si sommarono gli interventi sulla facciata seguiti al nuovo sisma del 1936. Già sede del Tribunale, ora è adibito ad Auditorium comunale».

http://www.bellunohotel.it/da_vedere.html


Castellavazzo (ruderi del castello della Gardona)

Foto di Africa68, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Foto di Tielephoto, dal sito http://tiellephoto.com

«I ruderi dell'antica fortezza (il fortilitium Gardonae) si trovano in località Gardona, a nord dell'abitato di Castellavazzo. Il luogo è facilmente raggiungibile per­correndo il sentiero che dal cementificio si snoda in quota sopra il tracciato ferroviario, ricalcando l'antico percorso della strada romana. Eretto nel 1171 da Ottone, vescovo di Belluno, il fortilitium Gardonae apparteneva, con il castello di San Giorgio a Soccher, al sistema difensivo della Contea di Belluno nel Trecento. Del presidio sono attualmente visibili i ruderi della torre, di inusitata pianta triangolare, che costituiva il corpo principale di un più esteso complesso. In prossimità dei resti del castello, a monte della strada di accesso, si trova la cava di pietra utilizzata per la costruzione del fortilizio».

https://myportal.regione.veneto.it/opencms/cmsinternamappa.act?dir=/opencms/opencms/CMCLZ/Castellav/Vivere/RisorseTuristiche


CORTINA D'AMPEZZO  (forte Tre Sassi)

Dal sito www.architetturahirschstein.it   Dal sito www.ecomuseograndeguerra.it

«Il Forte Tre Sassi (chiamato anche Tra i Sassi) è una fortificazione austro-ungarica risalente alla Grande Guerra riconvertita oggi ad un interessante museo dedicato alle battaglie che si sono succedute tra la Val Parola ed il Passo Falzarego.  Venne costruito tra il 1897 ed il 1901 per presidiare il passaggio della rotabile che conduceva verso la Val Badia e controllare le cime del Lagazuoi e del Sass de Stria. Posizionato ad un'altezza notevole (2183 metri s.l.m.), il forte subì alcune modifiche nel 1911 in quanto la sua struttura risultava già obsoleta in previsione di una guerra contro il Regno d'Italia.  Nonostante questi lavori di ammodernamento, le autorità austro-ungariche lo abbandonarono già nei primi giorni di luglio del 1915. Poco prima del termine di queste operazioni, una granata italiana lo centrò in pieno provocando dei danni molto ingenti. Se confrontato con i forti costruiti 15 anni dopo sull'altopiano di Folgaria, ci si rende conto che il Tre Sassi era notevolmente diverso. Di forma rettangolare su tre piani, era dotato di feritoie lungo i due lati rivolti verso il Passo di Falzarego (a sud) e sulla Val Parola (ad est), dove erano stati anche installati i due cannoni da 60mm. Non furono invece costruite le tipiche cupole dei forti che solitamente ospitavano dei cannoni o degli obici dal calibro molto più grande. Questa struttura era di dimensioni medie e poteva ospitare fino ad un centinaio di militari. All'interno furono naturalmente previsti anche magazzini, cucine, stanze per l'infermeria ed anche dei loculi nell'eventualità di qualche decesso. Non venne costruita invece una stanza per la fornitura di energia elettrica in quanto l'illuminazione era assicurata da lampade ad olio. L'acqua invece veniva pompata dal vicino Lago di Val Parola. Nel corso degli ultimi decenni una famiglia locale, i Lancedelli, ha dedicato molto tempo alla ricerca di materiale e testimonianze della Grande Guerra. Assieme al Comune di Cortina d'Ampezzo ha quindi provveduto al restauro del Forte e ne ha creato un museo di notevole interesse, inaugurato nel 2003. Al suo interno sono visibili resti sia militari (tra cui una granata da 305mm) sia della vita quotidiana sul difficile fronte dolomitico».

http://www.itinerarigrandeguerra.it/code/27104/Forte-Tre-Sassi


CORTINA D'AMPEZZO (rovine del castello di Botestagno o Potestagno)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.ugoagnoletto.it

«Il Castello di Botestagno o Podestagno (dal tedesco: Peutelstein, "Roccia sul Boite") fu un fortilizio medievale che si ergeva sull'omonimo monte (1.513 m s.l.m.), situato nella valle del torrente Boite, qualche chilometro a nord di Cortina d'Ampezzo (località Prà del Castil). Dell'intero complesso architettonico restano oggi soltanto poche rovine. Si pensa che i primi a costruire un avamposto stabile a Botestagno siano stati i Longobardi nel corso del VII o VIII secolo, certamente con l'intenzione di dominare le tre valli che qui convergono: la Valle del Boite, che è la principale, la Val di Fanes e la Val Felizon. I Longobardi edificarono probabilmente un fortino in legno, fondamentale baluardo strategico sul passaggio obbligato della forra del Rio Felizon. Il primo vero nucleo in pietra della fortezza venne fatto costruire probabilmente verso il 1100 (forse dal Patriarca Ulrico di Eppenstein), dopo che, nel 1077, il Sacro Romano Imperatore Enrico IV aveva donato tutta la zona al potente Patriarcato di Aquileia. Grande importanza ebbero quindi i signori da Camino, che del Cadore e dell'Ampezzo fecero il proprio feudo. Sotto di loro, nel corso del XIII secolo, Botestagno divenne sede di un capitanato. Poiché il castello sorgeva proprio lungo l'unica grande strada che collegava il Nordest italiano con il Sacro Romano Impero, divenne un fondamentale punto di ristoro per le carovane mercantili, e di riscossione di pedaggi per i da Camino. Nel 1420 tutta la zona passò in mano alla Repubblica di Venezia, che stava vivendo il culmine della propria età dell'oro, attuando una politica di espansione sulla terraferma. Poco più di novant'anni dopo, il castello venne inglobato al Tirolo da Massimiliano I d'Asburgo, insieme a tutta la conca ampezzana (1511). Da quel momento la fortezza fu sede dei luogotenenti asburgici, che ne furono gli ultimi proprietari. Nel 1618 venne completamente restaurata ed ingrandita, raggiungendo il proprio massimo splendore. L'edificio era costruito su tre piani, con cappella, celle, cucina e cantine; camere con stube, alloggi e armeria. All'esterno vi dovevano essere anche fienili e stalle. Con l'apertura del porto franco di Trieste (1719) e la deviazione del traffico di merci verso la pianura, tuttavia, l'utilità di Botestagno divenne sempre minore, fin quando i costi del suo mantenimento superarono quelli delle entrate. Nel corso del XVIII secolo gli Imperatori d'Austria ordinarono l'abbandono della piazzaforte, che fu messa all'asta ed acquistata dalla Magnifica Comunità d'Ampezzo nel 1783, cadendo ben presto in rovina. Dopo gli ultimi, marginali impieghi militari durante i fatti del 1809 e del 1848, il castello venne man mano demolito a seguito dell'apertura della Strada d'Alemagna (1830), e fu infine definitivamente abbattuto nel 1867 dalla comunità di Cortina. Il pretesto fu che, a seguito dell'annessione del Veneto all'Italia del 1866, in caso di guerra con l'Italia non fosse usato a scopi bellici; in realtà la popolazione aveva mal sopportato per secoli la presenza della fortezza con tutti i soprusi che comportava. Il Regio Esercito Italiano nel 1915, durante il primo conflitto mondiale realizzò sul colle una serie di gallerie con postazioni di mitragliatrici e trincee. La rocca di Botestagno si trova oggi all'interno del Parco naturale delle Dolomiti d'Ampezzo. Versa in stato di totale abbandono e, benché quasi completamente inghiottiti dalla vegetazione, i suoi poveri ruderi sono visitabili dal pubblico».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Botestagno


FELTRE (castello di Alboino, torre del Campanon)

Dal sito www.italiaservice.com   Dal sito www.magicoveneto.it

«Feltre romana fu fortificata da Teodorico, distrutta dai Longobardi, ma poi ricostruita da Alboino. Sulla parte più alta della città sorgeva presumibilmente una torre di vedetta romana. La leggenda dice che il Castello fu edificato nel 570, ma le prime testimonianze storiche di un vero e proprio Castello a Feltre risalgono solo al X-XI secolo. Il Colle delle Capre è il rilievo su cui sorge la parte più elevata della città, detta Cittadella, cinta da mura. è un dosso a forma di fuso con direzione est-ovest, circondato su tre lati da piane alluvionali e sul lato ad est da un crinale a quota più bassa. A nord, alle pendici del colle, scorre il torrente Uniera.Nel corso dei secoli c'è stato un continuo lavoro di scavo e di riporto dei materiali per aumentare l'efficacia delle opere di difesa, ad esempio creando fossati e terrapieni. Il complesso difensivo sorge sul punto più elevato del colle, non distante dai resti di Porta Valneria, di fronte al tratto mediano delle mura a nord. Il Castello vero e proprio e la Torre del Campanon si trovano in un'area rettangolare, che era cinta da mura, con quattro torri angolari: quella più a nord, in corrispondenza della Torre dell'Orologio, era detta Torre delle Polveri e di essa vi è ancora un basamento. Una corte più interna era racchiusa tra la Torre del Campanon, il Castello propriamente detto e le mura. Le parti più antiche del Castello sono state edificate in pietra calcarea chiara. Il Campanon veniva utilizzato per annunciare, con il suono delle sue campane, l’inizio delle esecuzioni capitali e per comunicare, attraverso segnali di fuoco, con il Santuario dei Santi Vittore e Corona e con il Col Marcellon; qui inoltre si rifugiavano gli abitanti in caso di attacco.

Al di sopra della porta al piano terra, sono scolpiti in bassorilievo tre stemmi: il primo a destra indica che a Feltre nel '300 governava una signoria molto importante, gli ; quello al centro è lo stemma di Feltre; di quello a sinistra non si conosce il significato. Sulla facciata sud del Campanon era dipinto un leone di S. Marco, di proporzioni notevoli, in modo da essere visto dai vari punti della città. Il mastio fu ampliato nel corso dei secoli: lo storico feltrino Cambruzzi parla di un restauro agli inizi del Duecento e di un altro nella seconda metà del Cinquecento, quando, a causa di un fulmine, crollarono le campane sfondando i solai fino a terra; in seguito non furono ricostruiti tutti i solai, ma solo quello del piano terra e le scale fino all'ultimo piano dove è stata posizionata un'unica campana più grande delle due precedenti. L'attuale campana della Torre è stata fabbricata a Bormio e installata nel 1664 nella attuale sede. E' stata simbolo militare e annunciatrice delle adunanze pubbliche della cittadinanza; fino al 1970 era suonata per annunciare il consiglio comunale, usanza questa tornata in uso in questi ultimi anni. Allo stato attuale la Torre del Campanon presenta tre fasi costruttive: il primo stadio, fino a 19 metri di altezza, è di origine protoromanica, il secondo, che va dai 19 ai 25 metri, risale al Tardo Medioevo e l'ultimo, fino a 35 metri, è della seconda metà del Cinquecento. Sono tre stadi di costruzione legati ad altrettanti periodi della storia di Feltre. Vicino al Campanon sorge l'edificio principale, all’interno del quale sono visibili una piccola cappella, una cucina e la sala d’armi, dove tuttora si possono ammirare bellissimi affreschi, attribuiti al pittore feltrino Lorenzo Luzzo ed alla sua scuola. Purtroppo l'intero edificio non è aperto al pubblico. Anche esternamente il Castello venne affrescato nel 1518 dal Luzzo. L'ala dell'edificio situata verso nord risale al XIX secolo.Nel cortile c’è un pozzo risalente al Tardo Medioevo la cui vera è monolitica. Il Castello era protetto, oltre che dal mastio, dalle quattro torri che lo difendevano in ogni angolo. Si arrivava alla fortezza attraverso una porta che sovrastava le attuali Fontane Lombardesche (allora non esistevano) e si apriva sul lato occidentale della Torre dell’Orologio. ... Tra il mastio ed il corpo residenziale del Castello è situata una casetta a sé stante, di modeste dimensioni, risalente all'800».

http://carioca40.altervista.org/concorso/il_castello_di_alboino_a_feltre.html


FELTRE (cinta muraria, percorso della sentinella, torre delle Rondinelle)

Dal sito http://musei.comune.feltre.bl.it   Dal sito https://myportal.regione.veneto.it

«La Cinta Muraria protegge il Colle delle Capre fin dal 1480, anno in cui l’ingegnere Dionisio da Viterbo la fa edificare per resistere alle armi da fuoco. La precedente struttura difensiva risale al 1200, ne testimonia l’esistenza la Torre delle Rondinelle. Gli edifici storici che delineano il profilo della cittadella poggiano le loro fondamenta su queste strutture. La linea della mura si presenta con vari accessi, i più importanti e interessanti da visitare sono la Porta Imperiale, la Porta Oria e la Porta Pusterla» - «Quello che oggi viene chiamato "percorso della sentinella" è un relitto di spazio pubblico, posto sulla sommità delle mura rinascimentali, che ricorda l'antico camminamento di ronda presente nelle strutture murarie fortificate. L'attuale percorso infatti è situato ad un livello determinato dalle sistemazioni urbane novecentesche, in particolare in seguito alla costruzione delle scalette nuove dalle quali si innesta. Il percorso si sviluppa tra le Mura e i muretti di contenimento in pietrame dei giardini a terrapieno dell'edificazione a monte. Da questo percorso sono visibili la zona della Cattedrale e degli scavi archeologici e, a monte, porzioni delle mura medioevali inglobate nell'edificazione successive e una torre superstite (la torre delle rondinelle). Il tratto terminale del percorso che si completava in porta Pusterla e nelle scalette vecchie è stato interrotto, agli inizi del '900, da frazionamenti dei terreni pubblici e cessioni di proprietà a privati. Il percorso attualmente si completa in prossimità dell'area comunale posta tra il fronte meridionale del palazzo Pretorio (Municipio) e porta Pusterla; è possibile quindi, ristabilire la continuità del percorso fino ad una piccola porta che si apre sulle scalette vecchie».

http://www.fenicefeltre.it/index.php/visita-feltre/il-sistema-difensivo - https://myportal.regione.veneto.it/opencms/cmsinternamappa...


FELTRE (porta Imperiale)

Dal sito www.italiaservice.com   http://fotozaifeltre.altervista.org

«Accesso principale alla città, anticamente chiamata porta Cormeda, assunse il nome odierno perché si dice che di lì transitarono gli imperatori Federico II e Carlo IV in visita al vescovo conte. Dal 1876 si chiama anche porta Castaldi per ricordare Panfilo Castaldi, uno dei primi stampatori italiani, vanto di Feltre. Edificata nel 1489, secondo il disegno di Dionigi da Viterbo, deve il suo aspetto attuale al restauro del 1545, quando fu rivestita di un’elegante decorazione scultorea e pittorica di stile classicheggiante, che la privò di qualsiasi contenuto di difesa. Sul versante meridionale del colle, in corrispondenza dell’arco che immette nella pittoresca piazzetta Odoardi, alla sommità delle Scalette Nuove, doveva aprirsi porta de Domo. Fino al tardo Ottocento era affiancata dal merlato torrione semicircolare delle mura rinascimentali, che, abbattuto nel 1873, fu poi sostituito dalle Scalette Nuove. Qui si innesta il panoramico Percorso della Sentinella».

http://musei.comune.feltre.bl.it/PalazziAperti/PortaImperiale.htm


FELTRE (porta Oria)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.mediarocca.it

«Chi sale in Cittadella da est per dirigersi poi lungo via Luzzo, verso piazza Maggiore, passa attraverso la poderosa struttura difensiva di porta Oria. Anticamente detta porta Aurea, perché era rivolta a prendere i raggi del sole nascente, era l’accesso alla città preferito dalle autorità veneziane durante i loro spostamenti da Venezia a Feltre e viceversa. L’imponente costruzione, che nemmeno Massimiliano d’Asburgo nel suo assedio di Feltre del 1510 riuscì a danneggiare, presenta ancora oggi tre archi acuti, le scanalature in pietra della saracinesca, le feritoie, i massicci portoni in legno originali e i merli tipicamente medioevali. Il sistema difensivo della porta era completato dalla torre della Rosa e dal ponte levatoio che cavalcava il fossato antistante. L’aspetto attuale risale al 1502, quando fu modificato il fronte esterno. Sopra l’arco in pietra, a tutto sesto, spiccano stemmi lapidei della città, del castellano e della Serenissima».

http://palazzi.comune.feltre.bl.it/porta-oria-0


FELTRE (porta Pusterla)

Dal sito www.dered.org   Dal sito www.italiaservice.com

«Situata a sud della città, ne costituisce l’antico accesso pedonale. Ultimata nel 1494, era munita a destra di un secondo bastione merlato semicircolare, demolito alla fine del Settecento. La facciata risulta divisa in due parti dalla fascia del toro: quella inferiore è ingentilita dall’affresco, sopra l’arco d’ingresso, raffigurante “La giustizia”; quella superiore presenta una fascia orizzontale con lapidi, stemmi e raffigurazioni appena leggibili. La porta tardo quattrocentesca riprende il nome di quella precedente, ubicata nella cinta muraria più antica, infatti il termine “posterla” indica la porticina segreta che permetteva una rapida sortita dalla cittadella. Antica porta-torre, munita di feritoie nella parte interna e di caditoi sul fronte esterno, rappresentava probabilmente parte di un passaggio fortificato, che collegava il castello vescovile, situato nell’area del Duomo, con la città alta. Di questo percorso oggi sopravvive il suggestivo camminamento coperto delle Scalette Vecchie: quattro rampe di scalini che salgono al centro storico fiancheggiando».

http://musei.comune.feltre.bl.it/PalazziAperti/PortaPusterla.htm


FELTRE (torre dell'Orologio)

Dal sito www.magicoveneto.it   Dal sito http://feltrenews.blogspot.it

«La Torre dell'Orologio risale forse al '300, come sembra risultare da un'iscrizione nello scudo in pietra esterno. Probabilmente aveva la funzione di porta-rivellino del Castello, con ponte levatoio esterno ed un passaggio coperto interno sopra la strada di accesso al mastio. In seguito allo spostamento della strada più a sud la Torre dell'Orologio perse la sua funzione di porta. Nel lato della Torre verso ovest sono ancora visibili tracce murarie dell'arco d'ingresso, che subì delle trasformazioni in epoca veneziana. Era munita di bertesche, beccatelli e feritoie. ... A ovest della Torre dell'Orologio sorge una loggetta e l'alloggio dei Rettori, affrescati esternamente e sopraelevati nel '500. Quando la città di Feltre e il territorio circostante furono dati a Venezia, tutti i castelli vennero distrutti o trasformati in ville, tranne quelli di Zumelle e di Feltre; quest'ultimo diventò la sede dei Rettori della Repubblica Veneta. Parziali interventi di restauro sono stati eseguiti e sono tuttora in corso nel Castello di Alboino: il rifacimento dei tetti, il restauro interno di strutture murarie e lignee della Torre, il restauro degli affreschi nella Sala grande».

http://carioca40.altervista.org/concorso/il_castello_di_alboino_a_feltre.html


LAMOSANO (castello non più esistente del Bongaio)

Dal sito www.alpagone.it   Foto di dori52, dal sito www.panoramio.com

«Dominato a nord da una lunga catena d'aspri rilievi, dal Teverone (2347 m.) al Cavallo (2251 m.), che segna il confine con il vicino Friuli, l'estensione territoriale di Chies è per lo più occupata da una fitta vegetazione boschiva intervallata da piccole valli e conche laterali. Culla della nobile potenza di Endrighetto da Bongaio, capitano di Belluno (1323) e signore dell'Alpago, l'entroterra comunale purtroppo non conserva più l'antico castello di Bongaio che s'innalzava maestoso dalla cima di un ripido colle nei pressi di Lamosano. In compenso, girovagando per i piccoli centri abitati (Chies, Lamosano, Irrighe, Codenzano), è ancora possibile visitare piccoli borghi completamente arroccati intorno a semplici ma caratteristiche chiesuole. Dal punto di vista turistico, oltre alle varie opportunità offerte dalla vicina montagna, bisogna senz'altro ricordare che a Chies è ubicato il 'Museo di storia naturale' che, grazie ai numerosi reperti raccolti e suddivisi in 5 sezioni (zoologia, filogenesi, anatomia umana, geologia e botanica), è diventato in breve tempo una delle mete preferite per chi voglia approfondire le proprie conoscenze su questa terra affascinante e, per certi aspetti, ancora misteriosa».

http://www.infodolomiti.it/dolomiti.560001518-0.run


Majon (castello De Zanna)

a c. di Stefano Favero

  


MEL (palazzo delle Contesse)

Dal sito www.villevenete.net   Dal sito http://tour.veasyt.com

«Mel, caratteristico centro storico della Val Belluna, ospita, nell'angolo a nord-ovest di Piazza Papa Luciani, l'edificio secentesco denominato "Palazzo delle Contesse". Il manufatto completa la cortina continua di edifici che racchiudono la piazza, mentre sul retro guarda una corte pavimentata interna privata, raggiungibile mediante un portale passante e chiusa a Nord da una barchessa indipendente. Il palazzo, ora di proprietà del Comune, sorse nel XVII secolo per volere di Adriano del Zotto e prese il nome di "delle Contesse" perché egli sposò due contesse veneziane, Elisabetta Papadopuli e Elisabetta Tiepolo, rispettivamente in prime ed in seconde nozze. L'edificio consta in un volume di tre piani fuoriterra più un ampio sottotetto, cui si aggiunge un piano parzialmente interrato visibile solo dalla corte, posta ad una quota inferiore. Il fronte principale è tripartito in modo asimmetrico: al piano primo una trifora, inquadrata da due archi in pietra ribassati alternati ad un timpano centrale, interrompe il ritmo uniforme dato dalle finestre rettangolari, dalle specchiature e dalle fasce di interpiano che definiscono il prospetto; una balaustra ornata da una raffinata ringhiera in ferro sostiene la trifora e inquadra la porta d'ingresso, raggiungibile da un'ampia scalinata. Interessanti gli artistici camini, orlati con cornici e piccole feritoie, che svettano sopra il tetto. Il fronte verso la corte è anch'esso tripartito, in verticale con un lessico non tradizionale: ad una porzione descritta da finestre regolari ne segue una seconda intagliata da aperture centinate, ed infine una terza più ampia svuotata, al piano terra, da arcate in pietra e, ai piani superiori, da logge trabeate sostenute da colonne. L'interno dell'edificio consta di uno spazio centrale che dà accesso a due vani laterali, nel quale, sul lato opposto a quello d'ingresso, è inserita una spaziosa scala. Salendo verso il piano nobile si apre via via la vista al soffitto affrescato del salone, finemente decorato dal settecentesco pittore bellunese Antonio Bettio, abile per il minuto disegno di figure. Abbassando lo sguardo, si scopre poi un pavimento "alla veneziana" ricco di decori floreali, geometrici e di stemmi, assai degno di nota. Infine, si giunge ad un ampio sottotetto abitabile sorretto da una superba copertura a capriate lignee. L'edificio, recentemente restaurato, è destinato a Centro Culturale della Comunità Zumellese: sede dell'Ufficio Turistico, ospita eventi d'arte, concerti, congressi, ed il Museo Civico Archeologico di Mel, a cui è dedicato il secondo piano del palazzo, dove sono esposti reperti provenienti dalla vicina Necropoli Paleoveneta».

http://www.villevenete.net/portalVV/faces/public/viven/home/dettaglio-villa/descrizione...


Mel (palazzo Zorzi)

Foto di Jacobus, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.provincia.belluno.it

«I lavori di costruzione del Palazzo, antica sede della Magnifica Comunità di Mel, vennero iniziati nel 1510. Il Palazzo è caratterizzato da un ampio loggiato con archi a tutto sesto (curvatura semicircolare), sostenuti all’esterno da capitelli ionici e all’interno da capitelli pensili di tipo composito, e volte a crociera. A destra del portone di ingresso, è visibile lo stemma della famiglia Zorzi, nobile famiglia veneziana che ottenne il contado di Zumelle a partire dall’anno 1422. Accanto al suddetto stemma si notano le grate delle prigioni dalle quali il carcerato udiva la sentenza della propria condanna letta dal giudice unico dalla grande sala adiacente un tempo chiamato lođa (loggia), oggi sede dell’ufficio tecnico comunale. Originariamente, la lođa era costituita da un ampio salone affrescato dal pittore Giovanni da Melo e arricchito con stalli in legno massiccio perduti, purtroppo, durante un grave incendio avvenuto nel 1633 dopo i festeggiamenti per la nomina di Costantino Zorzi a consigliere del Serenissimo Ducal Dominio. Ai piedi di una colonna, all’entrata della lođa , è visibile un grosso anello in ferro che veniva utilizzato per legare i condannati destinati ai tratti di corda e alla fustigazione. Sopra il tetto si erge una torretta nella quale venne collocato il grande orologio che in origine si trovava nel campanile della chiesa distrutto nell’incendio del 1756 causato da un fulmine. L’orologio risale al 1520 e il quadrante fu dipinto dal pittore Giovanni da Melo e forse anche dal fratello Marco.

Al primo piano del palazzo si accede per mezzo di un’ampia gradinata in pietra e si giunge all’elegante salone principale che si apre verso la piazza attraverso un’artistica pentafora che poggia sopra un poggiolo balaustrato in pietra. Le pareti interne sono decorate da antichi affreschi risalenti al 1545, come si legge dalla data posta sopra la trifora nella sala stessa e come riportano alcuni documenti conservati nell’archivio comunale di Mel. Gli affreschi sono opera dell’artista Marco da Mel (o da Melo) fratello di Giovanni e figlio del pittore cadorino Antonio Rosso. In questo ciclo di affreschi il pittore si ispira in particolare a due episodi dell’Orlando Furioso di Ariosto. L’affresco della parete est ripropone scene del 4° canto: riconoscibili Brunello legato all’albero,l’ippogrifo, meraviglioso cavallo alato, e il castello costruito dal mago Atlante. È stato quasi completamente distrutto, per il successivo inserimento della porta di entrata, l’affresco ispirato al 33° canto della parete opposta. Al centro si nota Atlante sull’ippogrifo, a destra il palazzo del re d’Etiopia attorniato dalla propria corte. Le pareti sono abbellite da larghe fasce decorative in cui si notano draghi, centauri, putti, cariatidi, grifi, elementi floreali e architettonici. Entrando nel gabinetto del sindaco, si possono notare due tele con ritratti a olio. Trattasi del ritratto di Lucrezia Zorzi, realizzato nel 1593 da autore ignoto per riconoscenza dell’attività svolta nella Magnifica Comunità di Mel e di suo figlio Costantino Zorzi ben voluto signore di Mel dal 1619 al 1642. L’ultimo piano ospita la sala consiliare dove è conservato un quadro del celebre pittore locale Luigi Cima. Oggi il palazzo è sede degli uffici comunali».

http://www.meleamel.it/cortili.php?page=municipio


Pieve di Cadore (castello)

Dal sito www.bellitaliainbici.it   Dal sito www.magnificacomunitadicadore.it

«Gli unici due castelli documentati con certezza in Cadore furono quelli di Pieve di Cadore e di Botestagno. Il castello di Pieve si trovava sul Monterìco, in posizione dominante e strategica, risultava perciò di difficile accesso. La prima fonte che ci consente di supporne l'esistenza, risale al 1140, quando il re di Germania, Corrado III, conferma i privilegi dati alla chiesa di Frisinga, fra cui il Comitatum Catubriae. Distrutto da un incendio, venne poi ricostruito durante l'occupazione aquileiese. Il castello era munito di ponte levatoio, era dotato di una torre, di alloggi destinati al corpo di guardia, di magazzini, di un'abitazione per il comandante; aveva inoltre al suo interno una chiesa dedicata a S. Caterina d'Alessandria. Il castello venne più volte restaurato nel corso del XV secolo e, a partire dalla dominazione di Venezia, venne progressivamente lasciato in abbandono. Il complesso, con l'avvento delle truppe francesi (1797), venne prima occupato e poi fu lasciato andare in rovina. Nel 1882 le autorità militari italiane costruirono in quello stesso sito una fortezza, la "Batteria castello"».

http://www.magnificacomunitadicadore.it/SitoFontiItalo-Austriache/MagnificaLink.htm#castelli


Pieve di Cadore (Palazzo della Magnifica Comunità)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.magnificacomunitadicadore.it

«A Pieve di Cadore, nella centrale Piazza Tiziano accanto alla Chiesa Arcidiaconale, si erge il palazzo in cui ha sede la Magnifica Comunità di Cadore. Il Palazzo fu edificato nel 1447, mentre la torre merlata venne terminata nel 1491 ed in essa fu installata la prima campana dell’Arengo che risuonava per richiamare i deputati al Consiglio. Tuttora nella Torre è custodito l'archivio della Magnifica Comunità, costituito da pergamene e documenti di interesse storico. Nel 1511, durante la Guerra della Lega di Cambrai, il palazzo e la torre furono però saccheggiati e bruciati: perciò, nel 1513 si procedette a lavori di ristrutturazione che durarono fino al 1558, quando un nuovo incendio danneggiò l'edificio. La costruzione attuale è, quindi, quella del tardo Cinquecento, in parte rimaneggiata sul finire dello stesso secolo per un crollo parziale del tetto a causa della neve. All'interno, l'opera degna di maggior nota è la sala del Cancellarius, con il soffitto in legno intagliato, e che ai quattro angoli porta le quattro insegne: del lavoro, della guerra, dell'arte e della religione. Nel Palazzo si riuniva l'organo assembleare della Magnifica Comunità, il "Maggior e General Consiglio": l'edificio rappresentava dunque il centro della democrazia cadorina, regolata dagli Statuti del 1338. Il testo, originariamente composto e custodito a Pieve di Cadore, venne sottratto dalle truppe asburgiche nel 1511 e si trova oggi ad Innsbruck. Nel 1683 al piano terra del Palazzo furono realizzate le prigioni della Comunità, mentre nel 1727 fu realizzata la scalinata in pietra che dà accesso al Palazzo. Dopo l'Unità d'Italia vennero svolti alcuni ritocchi alle decorazioni, con intento celebrativo patriottico. Nel 1980, a seguito di un restauro del Palazzo, l'ultimo piano divenne sede del Museo Archeologico Cadorino che conserva l'importante stipe votiva di Lagole e i ritrovamenti rinvenuti fra Valle e Domegge di Cadore. Nel 1996 il Palazzo fu visitato da papa Giovanni Paolo II, che era solito villaggire spesso a Lorenzago di Cadore, come segno di omaggio all'intera popolazione cadorina».

http://it.wikipedia.org/wiki/Magnifica_Comunit%C3%A0_di_Cadore


QUERO (castello di Quero o Castelnuovo)

Foto di Marco P., dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.vicenzanews.it

«Castelnuovo, maestosa struttura dalla severa, militare sagoma, costituisce, come tutte le opere fortificatorie, una continua sorpresa per chi lo avvicina. Appare quasi all'improviso, incuneato fra la montagna e il fiume Piave, a difesa di un transito che non è difficile immaginare come luogo di confine, e nonostante la sua incombenza, fisica, presenza, è la fantasia ad essere maggiormente sollecitata. L'atmosfera che gravita attorno ad un castello è carica di misteri e a poco valgono le esaurienti note storiche che narrano le vicende di ogni pietra del luogo; rimane sempre una zona oscura, che alimenta leggende, racconti, supposizioni. è quasi una regola alla quale non sfugge nemmeno Castelnuovo, ricco, comunque, di una esistenza intensa e ben documentata. La sua costruzione risale alla fine del 1376, motivata dalla necessità di difendere la repubblica veneta dagli attacchi dei nemici, in particolare dalle forze dei duchi d'Austria. A testimoniare l'importanza attribuita alla fortezza, detta Castelnuovo perché sostituiva un precedente sistema murario di difesa, è l'invio di castellani scelti fra le famiglie nobili, che vi rimanevano due anni con potere di giurisdizione sul territorio della pieve di Quero. Fra questi il più famoso è Girolamo Miani, protagonista nell'agosto 1511 di una battaglia che determinò una svolta decisiva alla sua esistenza. Fatto prigioniero, dopo strenua difesa del castello, fu liberato, come egli stesso racconta, per intervento della Madonna. Un episodio straordinario che lo indusse a riconsiderare gli scopi della sua vita e a fondare, successivamente, l'ordine religioso dei padri somaschi. Una vicenda che contribuisce ad accrescere il fascino di Castelnuovo, testimone non solo di fatti di sangue e rivoluzioni terrene, ma anche di rivoluzioni dell'animo. L'eco di questo avvenimento riecheggia fra le mura del castello, assieme alle grida delle guardie impegnate in battaglia, o alle voci dei dazieri che regolavano il passaggio delle merci attraverso il valico. Castelnuovo assicurava, infatti, la difesa del territorio veneto, ma controllava anche il commercio. Oggi Castelnuovo è sede di una Casa di Preghiera, gestita proprio dai Padri Somaschi, che vi onorano il loro fondatore».

http://www.comune.quero.bl.it/opencms/cmsinternaente.act?dir=/opencms/opencms/CMF/Quero/Vivere/Visitare_la_cittx/Castelnuovo.htm


TIAGO (castello di Zumelle)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.magicoveneto.it

«Il castello di Zumelle si erge sulla vetta di un colle a strapiombo sopra il torrente Terche, che gli gira attorno a oriente e a tramontana con i due corsi del Maòr e del Rui dai quali è formato. Vi si accede attraverso una modesta strada che si arrampica sul ripido pendio; verso mezzogiorno, le mura poggiano sopra una roccia di colore rossastro. Gira attorno alle mura un fossato di notevoli dimensioni, in gran parte scavato sulla roccia. Due altri fossati, ora quasi completamente inerbati e ricoperti, giravano attorno alla fortificazione. Del castello rimane soltanto una parte: le numerose distruzioni subite nel corso dei secoli e le successive ricostruzioni, le riparazioni e i rifacimenti hanno modificato la forma primitiva dell'antico maniero. Ma quando fu fondato e a quali periodi risalgono le riparazioni e le ricostruzioni successive? Racconta la leggenda (riferita da numerosi scrittori e studiosi, fra i quali il Bonifacio nella Historia di Treviso, il Cambruzzi nella Storia di Feltre, il Vergerio in La contea di Cesana e il Piloni nella Historia della città di Belluno) che il "castello" fu costruito verso il 540 d. C. dal goto Genserico, sulle macerie di altro maniero prima esistente ... Questo il racconto leggendario; ma è compito nostro cercar di cogliere, al di là della leggenda, quei segni e quelle testimonianze che siano indicazioni concrete di realtà storiche e di trasformazioni realmente accadute.

Le testimonianze e le indicazioni storico-archeologiche. All'antico mastio si giunge attraverso una stradetta (ora asfaltata) alquanto tortuosa che da Tiago scende al fondo valle del Rui e poi s'inerpica, tagliata per buona parte nella roccia, lungo una ripida collina, passando davanti alla chiesa di S. Donato. Si accede all'interno del «castello» attraverso un ponte posato su due archi, che immette in un porticato con annesso scantinato, da dove, per una modesta scala di legno, si sale al piano superiore. Qui si trovano alcune stanze adibite ad abitazione. Peccato che nel corso dei lavori di ristrutturazione, iniziati nell'anno 1961 sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti del Veneto,12 sia stato eliminato, nella cucina; il caratteristico fogèr «focolare», costruito a forma di mezza rotonda, che donava a tutto l'ambiente il sapore, il calore e l'odore delle cose antiche! Chi si affaccia alle finestre delle stanze e guarda verso il basso prova una sensazione di paura e di vertigini alla vista dell'orrido strapiombo. Nella parte Est, prima dei lavori di restauro, esisteva un grande magazzino, al posto del quale fu sistemato un salone (ora luogo di ristoro) messo in comunicazione con la parte superiore, adibita a solaio, per mezzo di una grande scala di legno e verso il seminterrato, per mezzo di un'altra scala in pietra. Oltre il grande magazzino, sempre nella parte orientale, si trovava e si trova la chiesetta, dedicata a san Lorenzo; nel 1965, durante i lavori di ristrutturazione, nella parte sottostante, fu scoperta l'abside di una più antica chiesetta. Verso nord si erge un muro, in gran parte distrutto; si è provveduto a consolidarne la parte rimasta. I lavori di ricostruzione furono veramente imponenti sul lato ovest, dove la maggior parte del muro, che raggiunge un'altezza di vari metri, era strapiombante di circa cm. 80 e presentava pericolose fenditure e grossi buchi; con un lavoro paziente e ingegnoso si riportò in verticale la parte inclinata del muro, dopo averlo consolidato con iniezioni di cemento e dopo averlo imbrigliato con solide intelaiature e legamenti in calcestruzzo, che consentirono il movimento di traslazione della parte inclinata. Al centro si erge la torre, alta circa m. 36, a pianta quadrata, con lati di circa m. 8.30, la quale all'interno è suddivisa "in cinque ripiani, collegati da una scala in legno. Vi si accede ora dalla parte orientale attraverso una piccola porta rettangolare, ottenuta abbattendo una porzione della parete. L'antica porta d'ingresso, ad arco, si apriva (come tuttora si può verificare) a notevole altezza rispetto al piano attuale del cortile. Nell'alto vi è la campana fusa nell'anno 1473 da Zampetrus patavus la quale, oltre allo stemma dei feudatari Zorzi, reca le immagini di Cristo crocifisso, della Madonna, di s. Marco protettore di Venezia e di s. Giorgio, protettore della famiglia feudale. Opportuni lavori di riassetto e di consolidamento furono eseguiti anche nella torre; gli scavi indicarono l'esistenza di una più antica e più piccola torre, della quale fu rinvenuto il moncone. A fianco della torre, verso est, esiste un pozzo, sistemato al centro di un grande bacino fatto a forma di catino, con il fondo rivestito di argilla impermeabilizzante e pieno di sabbia ad azione filtrante.

I lavori eseguiti riportarono alla luce numerosi teschi e scheletri e anche alcuni reperti interessanti. Oltre all'abside di un antica chiesetta un po' più piccola di quella attuale, riapparvero delle panche laterali e un grande sarcofago, ricoperto da una lastra, probabilmente dell'epoca carolingia. Il coperchio in calcare, a doppio spiovente senza acroteri, fu trovato un po' discosto, in posizione capovolta; esso conteneva due teschi e ossa umane. Inoltre, sotto l'abside furono dissotterrati un frammento di colonnina, del diametro di cm. 10, di marmo greco e un capitello di tipo corinzio, classicheggiante, in calcare locale; sotto la torre furono rinvenute molte palle di pietra di varia misura, usate come proiettili per la difesa. Gli strati di carbone, i calcinacci, la cenere e i materiali di riporto rinvenuti qua e là, a profondità diverse, nel corso degli scavi, sono prova degli incendi e delle molteplici distruzioni avvenute in epoche successive. Sono certamente del periodo romano (I sec. d. C.) l'impianto del «castello»; il moncone dell'antica torre, più piccola di quella attuale e gli angoli della stessa; vi sono inseriti numerosi conci rettangolari, bugnati e circondati da uno stretto listello spianato, costruiti in pietra del Cansiglio, spesso usata dai Romani. La chiesetta, ritrovata sotto quella attuale, risale probabilmente al breve periodo del dominio bizantino (553 -568 d. C.). Al periodo longobardo (568 -774 d. C. -o a quello Carolingio?) risalgono la colonnina e il capitello rinvenuti; longobarda è la vicina chiesa di S. Donato. La chiesa superiore di Zumelle fu costruita dopo il Mille e fu dedicata a s. Lorenzo, ma è probabile che lo stesso titolo abbia avuto la chiesetta più antica. Le altre parti della torre e del «castello», in pietra rossa e a strati sottili, sono di epoca più recente. Tutte queste evidenti testimonianze confermano dunque l'antichità della costruzione, romana nel suo impianto centrale, ingrandita e modificata in molte parti al tempo dei Longobardi e successivamente. Troviamo nelle cronache che il «castello» di Zumelle, assieme a quelli di Valmarino, Serravalle, Fregona e altri, fu concesso in feudo al vescovo di Ceneda il 6 giugno 743 d. C. (oppure 739?) da un «placito» di Liutprando, re dei Longobardi (712-744 d.C.). La notizia potrebbe corrispondere alla realtà in quanto è storicamente confermato che Liutprando seguì una politica di accordi e di alleanze con il potere religioso. La concessione del privilegio al vescovo di Ceneda sarebbe stata riconfermata nel 778 d. C. da Carlo, re dei Franchi (il futuro imperatore Carlo Magno) e due secoli dopo dall'imperatore Ottone III di Sassonia, nel settembre del 994 d. C. Effettivamente, furono proprio gli Ottoni che, per rintuzzare il potere dei feudatari laici, accrebbero il potere dei vescovi, affidando loro il governo dei territori e istituendo i vescovi-conti».

http://www.dadyweb.it/zumelle/storia.asp


ZORZOI (castello dello Schenér)

Dal sito www.magicoveneto.it   Zorzoi, dal sito www.sovramonte.it

«Almeno tre erano i castelli importanti che presidiavano il territorio sulla sponda sinistra del Cismon: il castello di Servo e quello di Val Rosna o dello Schenèr e infine quello di Faller. Essendo l'altopiano di Sovramonte attraversato dalla strada romana Claudia Augusta Altinate, è certo che si rese necessario difendere anche in questo tratto la via dalle possibili insidie e proprio a questa funzione dovette assolvere il castello di Servo.  La decadenza intervenne nei secoli successivi, in particolare quando si affermò quale via di comunicazione verso occidente quella del Canalet, tra Pedavena e Arten, per poi prendere piede definitivamente nel XV secolo.  Il castello dello Schenèr invece fu costruito allo scopo di presidiare la via verso il Primiero. Molto antico, tuttavia, nel corso del tempo, la sua importanza fu diminuita quando il Primiero fu assoggettato al potere temporale del vescovo di Feltre per essere destinato a risorgere più tardi quando il Primiero fu ceduto ai duchi d'Austria. Rinforzato sotto il dominio della Serenessima, fu distrutto durante la guerra della Lega di Cambrai e quindi ricostruito. Nel XVIII secolo fu restaurato, ma ormai aveva perduto la sua funzione originaria e con la caduta di Venezia si avviò verso un inarrestabile oblio e all'autodistruzione. Sembra che altre fortificazioni nella zona sovramontina esistessero sia a Sorriva che verso Zorzoi e quindi ad Aune e a Salzen. Altro maniero, probabilmente costruito anch'esso a difesa della Claudia Augusta Altinate, fu il castello di Faller poi trasformato in fortezza feudale della famiglia da Fallero».

«Baluardo difensivo della Repubblica Veneta contro l’Impero, sorse verso la fine del Quattrocento in posizione dominante sulla Valle del Cismon lungo l’antica strada per il Primiero, più precisamente sulla Costa di San Zenone (oggi Costa delle Fratte), dove essa piega a est per guadare il torrente Rosna. Questa via era più che altro una mulattiera molto malandata e pericolosa: il trasporto delle merci vi era possibile solo a schiena d’uomo o di animale, e per questo alla località venne dato il nome di Schenaro o Schenér. La costruzione fu terminata nel 1494, anche con l’impiego di settanta roveri tagliati in zona. Dalla locale famiglia Moretta provengono i suoi primi conestabili, nominati e pagati dal Podestà di Feltre: fin dal 1494 Pietro era Capitano del fortilizio presidiato da un caporale e 4 soldati, mentre nel 1509 viene ricordato il consanguineo Agostino che assisté alla distruzione del 1510 provocata, a seguito degli eventi della guerra cambraica, dalle milizie dell’imperatore Massimiliano. Prontamente ricostruito, già nel 1539 alcuni documenti accennano a disegni per una necessaria fortificazione della struttura, esigenza sentita e ribadita in tutto il Seicento. Tuttavia fino alla caduta della Repubblica di Venezia il castello fu utilizzato semplicemente come alloggio per il capitano e qualche soldato. Lasciato quindi in completo abbandono, venne demolito dalle truppe italiane nel 1915 utilizzandone i materiali per costruire trincee. Le principali funzioni del castello erano di sorveglianza del transito e repressione del contrabbando, molto praticato dai lamonesi che esportavano illegalmente granaglie in Primiero. Ci si può fare un’idea di come doveva essere il fortilizio guardando la litografia del Moro risalente al 1876, che lo riproduce quarant’anni prima della sua distruzione: era una piccola costruzione difensiva posta a cavallo della strada. La porzione più a valle era l’abitazione del capitano dominata a monte da una massiccia torre, le cui poderose fondazioni sono ancora visibili. Entrambe le strutture erano circondate da mura».

http://www.provincia.belluno.it/nqcontent.cfm?a_id=1216 - http://www.sovramonte.it/web/index.php?option=com_content&view=article...


     

      

 

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