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UGGIANO MONTEFUSCO, castello

a cura di Gianluca Lovreglio

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Il castello, oggi non più esistente, in un disegno del 1881.

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Uggiano Montefusco  Uggiano Montefusco  Uggiano Montefusco  Uggiano Montefusco

 

Il castello, oggi non più esistente, in una vecchia immagine  Il castello in un disegno del 1881


 


Epoca: XIV secolo?

Conservazione: non più esistente.

Come arrivarci: da Taranto verso Manduria, percorrere la strada statale 7ter fino a Sava: da qui dirigersi verso Uggiano Montefusco.

  

Cenni storici.

A poco meno di due chilometri da Manduria, sulla statale che da Taranto porta a Lecce, sorge la piccola frazione di Uggiano Montefusco, che conta oggi poco più di un migliaio di abitanti.

Ad Uggiano è esistito, fino a qualche tempo fa, un castello dalla datazione controversa ma di ottima fattura, senz’altro il più antico tra quelli del circondario.

Per la storia di Uggiano e del suo castello bisogna riferirsi ad un articolo di Primaldo Coco, il più vecchio scritto sull’argomento, ma il migliore. Secondo il Coco l’origine di questo borgo risale alla fine del secolo XII, quando alcuni abitanti di Casalnuovo (Manduria) si rifugiarono nel luogo dove sorge Uggiano, nel quale sembra che vi fosse stata una dimora di sentinelle o vigili, vigilarum, «posta al confine del principato di Taranto lungo la via Appia». Da lì il nome, Viggiano. Colella nella sua Toponomastica Pugliese sostiene invece che il nome richiami le vigne che si estendono in quantità nei dintorni.

La tradizione vuole che già in età federiciana vi sia localizzato un castello, ma mancano, purtroppo, attestazioni certe, e la località salentina non è menzionata nello Statutum de reparatione castrorum, un documento redatto negli anni 1241-1246 che indica le località tenute al restauro e alla manutenzione dei castelli appartenenti al demanio regio.

Il primo documento che parla di Uggiano è una carta del 1315, dove il re Roberto d’Angiò concede il feudo, il casale con tutte le pertinenze a Costanza Montefusco, vedova del cavaliere Egidio de Fallosa, che già possedeva i casali di Cellino, Parietalto e il territorio di San Marzano. Da allora il paese cominciò ad essere denominato Montefusco, in onore della famiglia feudale e per distinguerla da un’altra Uggiano, detta La Chiesa, in provincia di Lecce. Il casale di Uggiano passò poi da una famiglia feudale all’altra, fino a quando, nel 1417, lo troviamo in possesso di Baldassarre de Cutij, conte di Caserta e di Alessano, consigliere di Giovanna II.

Il Coco pubblica due documenti tratti dai registri della Cancelleria Angioma, nei quali si fa per la prima volta menzione del «Casale et castrum seu fortellitium Ogiani». Nello stesso anno la baronia è acquistata da un altro Montefusco (o Montefuscolo), Ciccariello, per la ragguardevole cifra di 809 ducati d’oro. Proveniente da Nardò, Ciccariello Montefusco era sposato con Margaritella, ultima delle figlie naturali di Giovanni Antonio Del Balzo-Orsini, principe di Taranto. La regina Giovanna II concede il suo assenso in un documento, anch’esso pubblicato dal Coco, in cui si fa menzione del «Casal Ogiani cum eius castro seu fortellitio».

Un vuoto documentario difficilmente colmabile segue questa fase della vita del casale. La costruzione del castello, tuttavia, a quel tempo doveva essere terminata. Dalle descrizioni successive si evince che fu abbellito per diventare, più che un rude maniero adatto solo alla difesa, un’elegante abitazione gentilizia.

I primi anni del 1500 videro il castello testimone della guerra tra francesi e spagnoli: scrive l’Errico nella sua storia della città di Oria che «il castello di Uggiano Montefusco si ribellò ai francesi, per la qual cosa il capitano d’Arces con un buon numero di soldati, uscì fuori di Oria e si portò a sottometterlo». Il maniero doveva essere quindi attivo e dotato di una guarnigione permanente.

Nel 1584 «castello e feudo passarono agli Albrizi che dopo pochi anni lo vendettero al conte romano Marcaurelio per 2.500 ducati. Verso la fine del XVIII fu acquistato dalla nobilissima famiglia Imperiali di Francavilla». Non abbiamo altre notizie del castello fino al 1850, anno in cui Arditi afferma che «una torre quadrata con merli e porta saracenesca […] vi rimase in piedi», quando il padrone la fece abbattere per costruire «poche casucce». La descrizione del castello ad opera di P. Coco parla di una torre quadrata (a donjon) ancora in piedi, seppure pericolante.

Nel 1914 del castello resta in piedi ben poco. Coco, nella sua visita, riferisce però che nei locali a pianterreno (quelli superiori erano inagibili) della torre quadrata vi sono affreschi di fattura non disdicevole, e legge un’iscrizione posta sopra l’architrave di una finestra che dava sul cortile.

L’iscrizione, che recita “Enfaio proprio sepe delicie”, è di difficile interpretazione, soprattutto a causa della prima parola, enfaio, di incerto significato. Coco se la cava scrivendo che forse quello era stato un «luogo di delizie». Ma può anche esserci stato un errore di lettura o di trascrizione, per la quale ragione sarà impossibile conoscere il vero significato dell’iscrizione.

Nel 1925 tra le rovine del castello fu scoperto un locale con volta a botte che conteneva alcuni affreschi trecenteschi. Alba Medea riporta quella data nel suo libro sugli affreschi eremitici pugliesi. Il libro di Alba Medea è del 1939: a quella data - per l’autrice - del castello non restano che rovine.

Il dottor Greco accenna ad un vincolo artistico: dopo la scoperta di A. Medea, il 13 ottobre 1925 la Soprintendenza pose un vincolo sugli «avanzi di costruzione a volta con affreschi del sec. XIV, raffiguranti nel fondo il transito di Maria Vergine con gli apostoli e sul lato ancora esistente della costruzione stessa S. Leonardo, S. Nicola, Santa Lucia e una quarta figura sacra con soprastante fregio in fogliame». Lo stesso Ente però, dopo quest’atto ufficiale consente colpevolmente ai proprietari di disinteressarsi delle sorti del monumento, lasciato all’incuria e ai danni del tempo. Nel maggio del 1937 (nota ministeriale n. 3546) si limita il vincolo dall’intero castello al solo torrione d’angolo. Il 24 novembre 1948 la Soprintendenza, «considerato che anche il torrione superstite è col tempo andato in completa rovina, per cui l’intero castello è da considerarsi totalmente distrutto», per mano del ministro Gonella firma quello che Pasquale Del Prete, in un articolo apparso sull’«Archivio Storico Pugliese» chiama «formale atto di morte» del castello: la revoca del vincolo». Da allora al posto del castello di Uggiano Montefusco sorgono alcune abitazioni private.

  

Riduzione da: G. Lovreglio, Note sulla tradizione del diruto castello di Uggiano Montefusco, in «Galaesus. Studi e ricerche del Liceo Ginnasio Archita di Taranto», n. XVII (1992/93), pp. 393-398. 

  

  

 

©2001 Gianluca Lovreglio-2012 Gianluca Lovreglio; il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.

  


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