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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI LECCE

in sintesi, pagina 1

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Acaya (borgo fortificato, porta monumentale)

Dal sito www.salentoverde.it   Dal sito www.nelsalento.com

«L'antico borgo di Segine, di epoca medievale, entrò a far parte della Contea di Lecce nel XII secolo, poi fu donato dagli Angioini al Convento di S. Giovanni Evangelista di Lecce ed infine, nel 1294 fu concesso in feudo da Carlo II d'Angiò a Gervasio Acaya. Gli Acaya tennero il feudo per ben tre secoli. Assunse l'attuale nome di Acaya nel 1535, quando il grande magister Gian Giacomo dell'Acaya, "regio ingegnere militare" di Carlo V, costruì la cinta muraria ed il fossato, che ancora oggi circonda il paese, aggiunse bastioni, baluardi e fossato al castello fatto edificare dal padre 29 anni prima. Attualmente è l'unico esempio di città fortificata del Meridione d'Italia, uscita indenne dai secoli ed avente un'impronta tipicamente rinascimentale. Nel 1714 il Castello ed il borgo furono devastati dai Turchi. Il castello di Acaya e la città tutta, rappresentano il risultato straordinario di un importante ingegno architettonico, un magister regio ingegnere militare di Carlo V: Gian Giacomo Dell'Acaya. Il castello rappresenta la testimonianza tangibile di un potere feudale, intorno al quale si é sviluppata la storia di queste popolazioni, che è poi una storia di grande e dignitosa povertà. Il motivo profondo che spinse sia Gian Giacomo, dopo, che il padre Alfonso, prima, a ricostruire e consolidare Acaya scaturiva dalla necessità secondo cui questa città poteva assolvere a numerose funzioni, soprattutto difensive, perciò durante l'esecuzione dei lavori, rivolsero una parte della cintura perimetrale bastionata verso la marina di San Cataldo, un'altra verso Lecce ed un'altra verso i piccoli centri di Acquarica, Vanze, Strudà, Pisignano, quasi a volerli difendere. Le mura perimetrali della cittadella sono di forma rettangolare con tre baluardi. Sulla parte superiore di queste mura vi era un camminamento di ronda per le guardie e tutte erano circondate da un fossato. Tre dei quattro angoli delle mura sono muniti di robusti bastioni mentre nel quarto, posto a sud-ovest, il maestro progettista, decise di costruirvi il castello.

Il castello risale al 1535/36 ed è una struttura trapezoidale, intorno ai cui lati est e sud vi sono gli ambienti a pianoterra. Sia il castello che la cintura bastionata vengono muniti a difesa, da un doppio ordine di casematte disposte verso il fossato e la campagna attigua. Il castello è collegato con la terraferma attraverso un unico ponte. La muraglia fortificata del castello è delimitata a Sud-Ovest e Nord-Est da due torri di forma circolare; la cortina Est viene ripresa da Gian Giacomo su una preesistente struttura costruita dai suoi antenati ed adattata al sistema difensivo dell'epoca; il lato Nord del castello, che è anche il limite estremo delle mura, era stato concepito dall'architetto come la zona atta ai servizi essenziali, gestiti dai suoi vassalli. Vi erano: il forno e il mulino. Qui viene costruita anche la cappella di culto ad uso del barone e del suo seguito. La cittadella è dotata di un sistema viario rigorosamente geometrico del tipo detto 'ad insula', concepito da Gian Giacomo e composto da sette strade rettilinee che si intersecano le une con le altre; sono orientate da nord verso sud e le stesse si incrociano con altre tre poste da est verso ovest. All'interno del borgo Gian Giacomo ristruttura completamente la chiesa matrice, la torre campanaria e costruisce il Convento dei Minori Osservanti intitolato a Sant'Antonio.

Nella fase di impostazione del borgo cittadino (ma in fondo militare, sulla maniera degli antichi castra di epoca romana) l'architetto matura l'idea di creare una struttura atta a contenere una popolazione complessiva di "300 fuochi... " che deve corrispondere all'incirca a 1400/1500 abitanti, sufficiente a garantire la manovalanza necessaria a sostenere un assedio di qualche settimana, in attesa dei rinforzi. La sicurezza del borgo unito all'operosità della popolazione nelle attività agricole e pastorali, fanno raggiungere alla cittadella, intorno alla metà del XVI secolo, il suo massimo fulgore economico e di densità di popolazione. Con la morte di Gian Giacomo Dell'Acaya (1570) e la definitiva vendita del medesimo feudo, per il borgo di Acaya comincia il periodo di irreversibile decadenza. Acaya è, da qualche tempo, al centro di una intensa attività di recupero e rilancio sul piano storico, culturale e turistico da parte dell'Amministrazione Comunale di Vernole e dell'Amministrazione Provinciale di Lecce».

http://www.comunedivernole.it/pagine.php?m0d=Territorio&c0n=Acaya


Acaya (castello aragonese)

a c. di Lucia A. Buquicchio

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Margherita Maggiore (cuba49@yahoo.com)  ---  Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)   Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)


Acaya (castello: aggiornamento)

a c. di Elena De Matteis

  


Acaya (masseria fortificata Avarella o Favarella)

Dal sito www.prolocovernole.it   Dal sito www.acquaricadilecce.it

«Databile alla seconda metà del XVI sec., l'insediamento sorge e circa 2 Km. dalla cittadella fortificata di Acaya, sulla strada che conduce al mare, e si inserisce in quel fitto disegno difensivo che interessa il territorio compreso nel triangolo Lecce-S. Cataldo-Roca Vecchia. La mole massiccia della torre è appena alleggerita dal raffinato disegno della cornice che delimita il parapetto. Ampi locali coperti da eleganti volte si dispongono su due piani collegati internamente da una scala in muratura che si interrompe in prossimità del ballatoio del primo piano per dar luogo ad una sorte di ponte levatoio. Nello "Inventario ed annotazione generale de' corpi feudali e burgensatici del feudo terra di Acaya" del 1776, la troviamo così descritta: "Situata mezzo miglio distante dall'abitato della terra di Acaya, consiste in casamenti, cioè camere due sottane, tre soprane, rimessa, molino in ordine, due tagliere, forno coverto, scernituro, capanne di bovi, curti, puzzo, pile per adacquare le bestiami e per uso della masseria con giardino murato, con vari alberi comuni, e con stradone in frontespizio a detta Masseria, con alberi di celsi e di fiche nei lati e una nevera atta a conservare la neve". La neviera è ricavata in un locale sotterraneo scavato nella roccia a forma di grotta. In questo locale durante l'inverno, veniva raccolta tutta la neve disponibile che, una volta solidificata, era confezionata in piccoli box mantenuti divisi con paglia o foglie secche. Quando, per ragioni climatiche, la neve non cadeva, questa era importata dalle località montane della Calabria o della Lucania con conseguenti ingenti spese di trasporto che solo alcuni latifondisti potevano permettersi».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLLEVRN00000&cod_luogo=PGLLEVRN00000&cod_pe=2


Acaya (masseria fortificata Cesine)

Dal sito www.salentinitemarca.it (Raffaele Ligori)   Dal sito http://cesine.altervista.org

«Databile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo ("Situata due miglie distante dall'abitato della Terra di Acaya"), si colloca nel quadro di quel progetto difensivo che, dopo la presa di Otranto del 1480, si rese necessario per far fronte alle terrorizzanti scorrerie dei Turchi. Una torre di difesa costiera, situata all'interno di un'area poco favorevole alle attività agrofondiarie e a contatto con le paludi, intorno alla quale si è organizzato il complesso edilizio della masseria. Verso la metà del diciassettesimo secolo la masseria risulta essere stata abbandonata "per mancanza di abitanti". Nella seconda metà del '700 risulta invece affittata per 193 ducati l'anno. Faceva parte del feudo di Acaya e consisteva in "una camera per la merce, una pagliera, una capanna per bovi, e l'altra per le vacche, una neviera con una camera affianco per comodo della gente, quando deve fatigare per riponere la neve e il g(h)iaccio in quella". Recentemente restaurata è stata acquistata dal WWF che la utilizza come punto di riferimento per le visite guidate alla Riserva naturale delle Cesine».

http://www.comunedivernole.it/pagine.php?m0d=Territorio#cinque


Acaya (masseria fortificata Li Candi)

Dal sito www.comune.vernole.le.it

«Il piccolo centro abitato di Vanze è tutto organizzato intorno a cinque masserie fortificate, delle quali, la masseria "Li Candi", che prende il nome da Domenico Candido, che ne fu proprietario nel corso del XVIII sec., è la testimonianza più significativa di una fitta rete difensiva del territorio tra Acaya e il mare. La "Torre lamiata" descritta nei documenti del Settecento, corrisponde al solo piano terra dell'edificio-torre, di forma tronco-piramidale, databile ai primi del XVI secolo. Il piano superiore, invece, coperto da embrici, è stato realizzato successivamente. Un piombatoio a doppia bocca difende la finestra del primo piano e la porta d'ingresso del piano terra originariamente munita di una porta-levatoia, che una volta chiusa e addossata alla muratura rendeva difficile qualsiasi tentativo di accesso».

http://www.comunedivernole.it/pagine.php?m0d=Territorio#tre


Acaya (masseria fortificata Pier di Noha)

Dal sito www.comune.vernole.le.it

«È a sud di Acaya, sulla strada che conduce a Vanze. Prende nome probabilmente da un certo Pier de Noha, un prelato di origine francese giunto nel Salento al seguito di Carlo D'Angiò. Dal 1755 fino agli inizi dell'800 la masseria fu di proprietà del Venerabile Real Monastero dei Padri Celestini sotto il titolo di Santa Croce. Su una facciata della torre campeggia ancora lo stemma degli Acaya, baroni della vicina cittadella fortificata, patria dell'architetto militare di Carlo V, Gian Giacomo dell'Acaya. Il complesso edilizio si sviluppa all'interno di un cortile rettangolare ed è dominato dalla torre fortificata. Al centro, un pozzo con alcuni abbeveratoi circondati da colonne che reggevano una copertura di materiale vegetale (freschera), che consentiva agli animali di stare al fresco durante l'abbeveraggio. Una spaziosa stalla per bovini chiude un lato della corte».

http://www.comunedivernole.it/pagine.php?m0d=Territorio#quattro


Acquarica del Capo (castello feudale)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.acquaricadelcapo.le.it

  

«La struttura originaria del Castello era di forma quadrangolare, con ciascun lato che misurava 40 metri. Gli spigoli erano muniti di quattro torrioni, uno dei quali esiste ancora oggi. Il nucleo più antico fu costruito dai feudatari normanni Bonsecolo e con ogni probabilità consisteva in una cinta rafforzata da un torrione. In seguito il castello fu ristrutturato dai vari feudatari che lo abitarono e, in particolare, da Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto, che ebbe il feudo di Acquarica nel 1342. I saloni della residenza feudale, giunti fino noi, hanno il tetto a solaio rinforzato da archi per meglio sostenere il peso della travatura lignea. Al pianterreno si notano le tracce di numerosi rifacimenti, come a d esempio la sostituzione del solaio ligneo con volta a botte. Nell'antica sala da pranzo dell'alloggio baronale la porta di accesso è barocca ad arco spezzato. Nell'interno vi sono altre due porte più antiche murate, una ogivale e l'altra a tutto sesto. Con un rogito del notaio Judicata di Taranto del 1447 fu sancita la vendita del castello e del feudo di Acquarica da parte del principe di Taranto Orsini ad Agostino Guarino. Nel 1476 il castello passò a Roberto Securo, nel 1504 a Fabio Guarino. Nel 1980 la famiglia Colella, ultima proprietaria del castello, lo ha ceduto al comune di Acquarica che ha redatto un progetto di ristrutturazione dell'intero immobile».

http://www.comune.acquaricadelcapo.le.it/monumenti/dettagli.php?id_elemento=2&i=1&parola_chiave=


Acquarica del Capo (torre Colombaia)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.acquaricadelcapo.le.it/

«La monumentale masseria fortificata di Celsorizzo (detta anche "Gelsorizzo") è databile, almeno per il primo nucleo dell'impianto, alla prima metà del XVI secolo. La masseria è caratterizzata da un'alta torre a pianta quadrata con feritoie e caditoie e da altri vani aggiunti nell'Ottocento come deducibile dalla data 1807 incisa sull'architrave del portale di accesso. L'adiacente torre colombaia, a pianta circolare, fu edificata nel 1550 dalla famiglia feudale dei Guarino come si evince dallo stemma e da un'iscrizione sulla porta d'ingresso. L'iscrizione, rozzamente incisa ed in parte erosa, recita: "FABRI IUS… COLUMBARIUM HOC… CONSTRUXIT… SIBI SUIS AMICISQUE. ANNO D.N.I. MDL" - "Fabrizio fece costruire questa colombaia per sé e per i suoi amici. Anno 1550". Nella base scarpata della torre si conserva una piccola cappella dedicata a San Nicola risalente all'XI secolo. Nell'abside è possibile notare gli affreschi bizantini raffiguranti il Cristo Pantocratore e San Giovanni Crisostomo. Tra gli altri affreschi si segnalano l'Ultima Cena e i Santi Cosma e Damiano».

http://www.montidauniturismo.it/jsps/10/Home/11/MENU/154/Da_fare_e_da_vedere/70/Storia_e_cultura...


Acquarica del Capo (masseria e torre Gelsorizzo o Celsorizzo)

Dal sito www.comune.acquaricadelcapo.le.it/   Dal sito www.comune.acquaricadelcapo.le.it

  

«Ceciovizzo era situato a 1 Km. Dal centro dell'abitato ed ora viene chiamato Gelsorizzo. Qui il feudatario Fabrizio Guarino eresse nel 1550 la torre colombaia, dove è presente l'iscrizione rozzamente incisa ed in parte erosa "Fabrizio fece costruire questa colombaia per sé e per i suoi amici. Anno 1550". Nel 1545, quando il Guarino lo comprava da Clausio Lubello, per ducati 3500, il casale stava ancora in piedi, ma nei rogiti del 1615 si menziona come semplice feudo, perciò già da allora non veniva considerato una fortezza. Ai piedi della torre più grande della masseria si trova la cappella di san Nicola che misura m. 7,8 di lunghezza e m. 3,7 di larghezza. È il monumento religioso più antico di Acquarica, risalente con probabilità al sec. XI. Vi è all'interno dell'abside l'affresco di Cristo Pantocratore che regge nella mano sinistra le tavole della legge con scritte in greco e sottoposte vi sono due immagini di santi che recano in mano anch'esse scritte in greco su pergamena».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLLECQR00000&cod_luogo=PGLLECQR00000&cod_pe=5


Acquarica di Lecce (castello)

a c. di Elena De Matteis


Alessano (palazzo fortificato dei Sangiovanni)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.japigia.com

«Di fronte alla residenza ducale risalta per la sua particolare facciata un edificio noto come Palazzo Sangiovanni. La sua edificazione risale al XV secolo, la facciata presenta un elegante motivo bugnato a punta di diamante, eccezionale esempio di creatività architettonica. Con un unico portale di ingresso con arco a tutto sesto e con cornice arricchita da eleganti motivi fitomorfi. Costruito su due piani, entrambi sono movimentati da una successione di finestre con arco. Le finestre del piano nobile presentano una decorazione costituita da ritratti in bassorilievo e da stemmi. A tanta estrosità si affianca una singolare iscrizione sull’architrave dell’ingresso infatti si legge “Maledictus homo qui confidit in homine”».

http://www.mondoturismoitalia.it/alessano/centro-storico.aspx


Alessano (residenza fortificata dei Gonzaga)

Dal sito www.apa-alessano.com   Dal sito www.viaggiareinpuglia.it

«Nella parte più antica di Alessano nota come Piazza Castello sorge il Palazzo Ducale erroneamente indicato come Palazzo Gonzaga. La sua costruzione avvenuta alla fine del 1400, si deve invece alla famiglia Del Balzo, di cui resta memoria nella stella a sedici punte simbolo della casata. Solo successivamente, nel XVI secolo i Gonzaga trasformarono il complesso nella propria residenza signorile. Non solo il Palazzo divenne un importante centro di cultura durante il loro governo, ma Alessano visse un periodo di grande splendore socio-economico. Nel riprendere i particolari ci accorgiamo che alla sommità di un arco si notano due medaglioni che ritraggano Margherita e Francesco Del Balzo, e divisi da una testa alata le loro iniziali, e in più lo stemma nobiliare. L’edificio fortificato con eleganti decorazioni che ne ingentiliscono l’aspetto, nel corso dei secoli subì numerosi interventi, specialmente nei locali posti a pianterreno; conserva la sua primitiva struttura, invece, nella parte centrale del piano nobile e negli ampi e comodi scaloni ad esso accedenti. La bella facciata rinascimentale non è purtroppo ben visibile data la costruzione dell’edificio che ospita l’attuale banca. Alcuni cambiamenti furono desiderati dalla famiglia feudataria d’Aragona, durante il 1700. Un’epigrafe testimonia il motto della casato espressione di una ideologia di estrema attualità».

http://www.mondoturismoitalia.it/alessano/centro-storico.aspx


Andrano (castello Spinola-Caracciolo)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Giuseppe Resta (https://www.facebook.com/giuseppe.resta1)   Foto di Giuseppe Resta (https://www.facebook.com/giuseppe.resta1)   Foto di Giuseppe Resta (https://www.facebook.com/giuseppe.resta1)   Foto di Giuseppe Resta (https://www.facebook.com/giuseppe.resta1)

«Il primo schema costruttivo del castello di Andrano è quello di un "casale", un agglomerato di umili cellule abitative con il ricovero per gli animali, un recinto, la Chiesetta, la torre di avvistamento; il tutto racchiuso entro mura. Successivamente, ingrandendosi, il caseggiato si trasforma in una masseria, dove vivono insieme più nuclei familiari. Intorno al 1300 vengono effettuate opere di fortificazione per difendersi dagli assalti di pirati e quindi il casale diventa una masseria fortificata con un vasto terreno coltivabile e racchiusa da una cinta muraria. Un primo assetto architettonico di castello è verificabile intorno ai secoli XV e XVI in cui viene pianificato il sistema difensivo costiero ed urbano dell'intero Salento. La prima opera ha riguardato la torre cilindrica ed il fossato. Intorno al castello vi erano depositi di derrate agricole e cereali, le "fovee", ancora in parte visibili. Alcune di queste "fosse" sono state distrutte proprio in occasione della realizzazione del fossato, segno evidente della trasformazione da casale a masseria fortificata e successivamente a Castello con relativo fossato (epoca di G. Antonio Saraceno, XV secolo). Nel 1622 il castello venne acquistato da Alessandro Gallone e con esso cessò la sua funzione militare e venne trasformato in palazzo gentilizio. Risale a questo periodo la costruzione della loggiata interna, il balcone in stile barocco sulla piazza, le modanature delle finestre con motti in latino ed altre opere di ingentilimento. Un successore di Alessandro Gallone, Francesco Alessandro, vendette il feudo a Fulvio Gennaro Caracciolo nel 1734. Successivamente, nel 1980 l'Amministrazione Comunale ha acquistato una prima quota del Castello per completarne poi la restante quota nel 1985, che era di proprietà delle suore maestre Pie Filippine».

http://www.comune.andrano.le.it/monumenti/view.php?id=6


Andrano (palazzo Bacile Castiglione)

Dal sito www.docartis.com   Dal sito www.docartis.com

«Originariamente edificato attorno ad un'antica Rocca, si erge oggi, nella sua maestosa forma, nella piazza principale del paese da dove è facile ammirare le otto eleganti arcate del piano superiore».

http://www.comune.andrano.le.it/monumenti/view.php?id=10


Andrano (torre di Andrano o di Portoripa)

Dal sito http://laputea.com   Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it

«Ubicata a circa 15 m s.l.m., della costruzione originale rimane solo il piano inferiore, destinato a contenere una cisterna di raccolta delle acque piovane. Tale base presenta una forma tronco conica di 11 m di diametro, realizzata in conci squadrati e pietrame informe. Edificata nella prima metà del XVI sec., la torre è nota anche come Torre di Portoripa, dal nome del piccolo attracco che trova posto nelle calette della costa. Visivamente la torre era in comunicazione con le vicine Torre del Lupo di Diso e Torre Sasso in territorio di Tricase».

http://www.salentoviaggi.it/comuni/andrano/torre_andrano___442.htm


Aradeo (palazzo baronale Grassi)

Dal sito http://iluoghidelcuore.it   Dal sito www.salentoviaggi.it

«Sito in Piazzetta Luigi Grassi, la dimora signorile venne ricostruita nel secolo XVI su una vecchia preesistente costituzione e ampliata nel 1655. Presenta un'imponente struttura con una facciata elegante ed austera. Versa in uno stato di conservazione discreto. Nel proprio ambito insiste la Colonna votiva di San Giovanni Battista ».

http://www.comune.aradeo.le.it/Controller?service=FOShowCnt&cnt::0::id=4999


Aradeo (palazzo baronale Tre Masserie)

Foto Alessandro Manta, dal sito www.comune.aradeo.le.it   Dal sito www.salentoviaggi.it

«Impropriamente chiamato castello, presenta un'imponente mole con una facciata sobria; interessante l'adiacente oratorio che esibisce un elegante prospetto. Versa in uno stato di conservazione discreto, è in parte visitabile e spesso usato per manifestazioni culturali soprattutto nel cortile. è stato, per oltre un decennio, sede dell'Associazione Teatrale Koreja».

http://www.comune.aradeo.le.it/Controller?service=FOShowCnt&cnt::0::id=4999


Arnesano (palazzo di Selvaggio Guarini)

Dal sito http://atlab.linksmt.it   Dal sito http://atlab.linksmt.it   Dal sito http://atlab.linksmt.it

«è una delle poche testimonianze dell'edilizia cinquecentesca. Il palazzo di Selvaggio Guarini, di antica e nobile discendenza, uomo d'arme e Sindaco di Lecce per il biennio 1575-76, che scelse di eleggere in Arnesano la propria residenza, da una descrizione del 1670 risultava essere una "casa consistente in curte, camera, stalla, forno...". Con la costruzione poi del piano nobile adibito ad abitazione, il piano terra fu adibito a magazzini, forno e deposito. Il portale d'ingresso alla corte è sormontato dall'impresa araldica, che nei suoi quattro riquadri presenta due volte lo stemma dei Guarini (la moglie, infatti, sposata nel 1552, era la cugina Cardonia Guarini), quello della madre Caterina Tafuri e quello della madre della sposa, Raimondina Francone. Inoltre, immediatamente sotto la riproduzione dello stemma si legge ancora la parola "TETRAGRAMMATON" (lett. "quattro lettere"), che per alcuni è da intendersi come una parola tendente ad ottenere rispetto, per altri invece come un'enigmatica allusione alla disciplina (l'alchimia?) che il Guarini forse praticava.».

http://www.comune.arnesano.le.it/monumenti/dettagli.php?id_elemento=8


Arnesano (palazzo marchesale)

Dal sito www.365giorninelsalento.it   Dal sito www.365giorninelsalento.it   Dal sito www.comune.arnesano.le.it

  

«Un'attenta analisi degli ambienti in corrispondenza di "Porta Rande" rivela l'esistenza di un apparato difensivo; senz'altro sopra questa porta esisteva una torre o comunque qualche altra struttura di controllo, mentre gli ambienti dovevano ospitare contemporaneamente l'abitazione del "barone" e il presidio militare. Anche i vari e successivi rimaneggiamenti sembrano rispondere all'esigenza di combinare la funzione di dimora signorile, con ambienti consoni al prestigio aristocratico delle famiglie succedutesi nel tempo, e di residenza feudale, con spazi aperti destinati ad orto e giardino ed altri chiusi nei quali aveva luogo la trasformazione dei prodotti agricoli. Alle opere murarie i Prato fecero seguire lo sfarzoso arredamento, nonché la famosa quadreria. L'iniziativa dei Prato conferì al palazzo l'aspetto che ora presenta. Nel 1802, forse a causa di qualche fenomeno tellurico, si verificò un crollo dove erano "quelle stanze che formano la gran loggia del largo del Palazzo" (Piazza Paisiello), in seguito al quale la quadreria in parte andò distrutta, in parte fu trasportata a Venezia, in parte fu donata ad amici del marchese Nicolò Prato. Le tele rimaste ("anch'esse andate col tempo in maggior parte disperse tra Roma e Napoli") furono numerate ed elencate da Michele Bernardini per il giudice De Simone».

http://www.comune.arnesano.le.it/monumenti/dettagli.php?id_elemento=7&nome_modulo_corrente=monumento&i=1&parola_chiave=


Bagnolo del Salento (villa Papaleo)

Dal sito www.google.it/maps   Dal sito www.booking.com/hotel/it/villa-papaleo-b-b.it.html   Dal sito www.bbplanet.it

«...Il Palazzo Papaleo, costruito in pietra leccese, si trova nella piazza principale di Bagnolo del Salento, opposto alla chiesa come nella tradizione architettonica ed urbanistica di un tempo. Il Palazzo venne trasformato, nel basso Medioevo, in fortezza, con l'edificazione di un torrione sul lato nord, munito di fenditoie e camminamento di ronda, per difendere il territorio dalle frequenti incursioni dei Turchi e dei Saraceni. La struttura attuale della costruzione è il risultato di varie aggiunte e rimaneggiamenti susseguitesi nei secoli, per sopperire alle nuove e diverse necessità del "dominus", e della sua vita interna sino alla armonizzazione finale con la costruzione della odierna facciata del 1870, voluta dal bisnonno degli attuali proprietari. Il Palazzo è sotto la tutela dei Beni di valore storico dei beni culturali ed un'ala è in fase di progettazione e restauro conservativo. Il complesso nei secoli scorsi era il fulcro della vita del borgo ed il luogo è ricco di fascino e storia, e ha dato origine a varie storie e leggende, ancora vive nel ricordo popolare. Oggi Palazzo Papaleo appare ricco di elementi neogotici e neoclassici, con un torrione laterale a pianta ottagonale, finestre bifore d’influenza arabesca e una balaustra puntuta».

http://castelliere.blogspot.it/2016/03/il-castello-di-sabato-26-marzo.html


Barbarano del Capo (torre Capece)

Foto Ciullo Pantaleo, dal sito www.torrevado.info   Dal sito www.torrevado.info

  

«La Torre Capece di Barbarano del Capo è l’ultimo elemento di un castello baronale cinquecentesco fatto erigere dalla famiglia Capece, la forma quadrangolare determina imponenza. Venti beccatelli ornano la torre, caditoie e varie aperture testimoniano l’imponente funzione difensiva. Diciotto metri d’altezza sono ripartiti in tre piani, il primo piano era il posto di guardia con un’unica finestra e sotto a questa una botola nel pavimento, probabilmente una tomba o un semplice rifugio. Una stretta scaletta porta al secondo piano gradevolmente ampio, con quattro finestre per lato, la stessa scala porta al terrazzo il quale presenta sette aperture utilizzate per sistemarvi i cannoni. Al piano terra la corte consente l'ingresso agli alloggi e locali di servizio, a sinistra la scuderia e maneggio con volte a botte e l’originaria pavimentazione; probabilmente anche il mulino ed uno splendido giardino tutto a dimostrazione di una vita completa della corte. Presenti poi gli ambienti per le guardie e due pozzi utilizzati anche dalla popolazione, uno di questi pozzi è oggi visitabile. Sul portale d’ingresso lo stemma di famiglia, il Leone Rampante, con la scritta “DEPOSE I POTENTI ED ESALTO’ GLI UMILI MDV (1505)”».

http://www.torrevado.info/salento/barbarano-del-capo/torre-capece-barbarano.asp


Borgagne (castello dei Petraroli)

Dal sito www.torredellorso.com    Dal sito http://ideeviaggi.zingarate.com   Foto di Lupiae, dal sito it.wikipedia.org

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)  --  Foto di Gianfranco Piemontese (https://www.facebook.com/gianfranco.piemontese.33)

«Il Castello di Borgagne, denominato Castello Petraroli dal cognome della famiglia che lo costruì, è situato a Borgagne in provincia di Lecce. In origine si ergeva ai margini del piccolo centro abitato, in direzione est, allo scopo di svolgere, con più efficacia, la sua funzione difensiva contro i pericoli provenienti dalla direzione del mare. Il complesso presenta una pianta rettangolare che, in corrispondenza dello spigolo nord-est, ingloba parzialmente una torre innalzata nel 1498; l'anno si ricava dall'iscrizione che, murata con l'arme gentilizia del Petraroli sul versante ovest della torre, così recita: BELLISARI(us) DE PETRAROLIS / BURGANEI DO(minus) FEDERICO / REGI FIDUS IN PRI(n)CIPIUM / ARCI(s) ET TUTELAM / INCOLARUM POSUIT / TURRIUM 1498. L'iscrizione lascia intendere che, quando la torre fu innalzata a difesa dell'abitato, questo era privo di qualsiasi apprestamento difensivo; l'opera di fortificazione intrapresa dal Petraroli non si arrestò con la costruzione della sola torre che, tra l'altro, non poteva esplicare un'efficace difesa e serviva, al massimo a poter effettuare un'azione di avvistamento preventivo, ma dovette proseguire a breve tempo con la costruzione del castello la cui presenza fu, nel 1531, puntualmente registrata dal commissario regio incaricato di procedere alla stima dei beni feudali di cui il Petraroli fu spogliato per aver aderito alla congiura antispagnola ordita dal baronaggio napoletano nel 1527/28. I Petraroli, spogliati dei loro possedimenti feudali, riuscirono successivamente a rientrare nelle grazie sovrane e a farsi reintegrare nel possesso dei feudi perduti; nel 1601, il feudo di Borgagne che comprendeva i due feudi di Pasulo e San Salvatore, quest'ultimo disabitato, fu venduto da Lucrezia Petraroli al leccese Vincenzo Maria Zimara con tutti i beni feudali, tra i quali il castello. Quindici anni dopo, il feudo di Borgagne fu venduto dagli Zimara al genovese Giovan Battista Spinola. Il castello si sviluppa a pianta quadrata con cortile centrale, ed ha subito interventi ed ampliamenti, anche recenti, in relazione alla sua utilizzazione attuale ad abitazione privata. Un tempo vi erano anche piombatoi, feritoie e un fossato, prima che diverse opere di ristrutturazione alterassero alcune parti dell'edificio in maniera irrimediabile. Pertinente al castello è la piccola cappella della Madonna del Rosario».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgagne


Borgagne (torre della masseria Porcaccini)

Dal sito www.torredellorso.com   Dal sito http://wikimapia.org

«Dalla corografia del territorio e dalla memoria degli abitanti di Borgagne si evince che la masseria Porcaccini si trova ai margini di una depressione che nell'antichità formava un lago e che successivamente è diventata palude. L'area è stata bonificata nel 1905, quando fu costruito un canale di drenaggio che dalla masseria Malapezza arriva ai laghi Alimini. La torre fortificata fu costruita quasi certamente su preesistenti strutture nei primi anni del Seicento (sull'architrave si trova uno stemma con il simbolo di Cristo adottato anche dai Gesuiti con il numero 16018 che probabilmente deriva da un errore dello scalpellino). La torre consisteva in tre stanze su tre piani: per passare dal pianterreno al primo piano si doveva usare, per motivi di sicurezza, una scala a pioli che attraversava una botola sul soffitto e che in caso di pericolo poteva essere ritirata; dal primo piano al secondo e dal secondo al tetto c'era una scala ricavata nello spessore della muratura. La masseria fu costruita da Cesare Percaccino, all'epoca sindaco del comune di Borgagne. Dal catasto onciario di Borgagne risulta che a metà '700 la masseria era posseduta da don Donato Percaccino, arciprete di Borgagne».

http://www.dalsalento.com/storia.htm


Botrugno (palazzo marchesale dei Castriota Scanderbeg)

Dal sito www.salento.com   Dal sito it.wikipedia.org

  

«è ricorrente l'affermazione che il palazzo marchesale di Botrugno, comunemente indicato come palazzo Guarini, sia stato "elevato dai Castriota nel Cinquecento e restaurato dai Guarini nel 1725". Ciò non trova alcun riscontro nelle vicende dinastiche delle famiglie nobili di Botrugno. Un dato certo è che soltanto nel 1651 i Maramonte vendettero ai Castriota la terra di Botrugno insieme "con suo castello seu fortellezza", e il riferimento non può essere che al palazzo in questione. Inoltre, i registri parrocchiali, ma anche gli altri documenti d'archivio consultati, non lasciano intravedere una presenza stabile dei Castriota a Botrugno prima del Seicento. Meno plausibile appare il riferimento ai Guarini, per i quali non esistono elementi che confermino una loro presenza a Botrugno nel corso del Settecento. Il catasto onciario (1749) non li elenca in alcuna categoria di cittadini, mentre tra i "beni feodali" posseduti dal marchese d. Saverio Castriota nel 1749 al primo posto troviamo: "Un palazzo Baronale sito dentro l'abitato di detta Terra luogo detto lo largo del Monastero, consistente in più membri inferiori e superiori con tutte le comodità per proprio uso e della sua famiglia". Soltanto nel 1817, come si è detto altrove, d. Oronzo Guarini eredita il patrimonio dei Castriota. è, dunque, molto più probabile che il palazzo sia stato costruito dai Maramonte ne1 1500 e restaurato dai Castriota nel 1725, allorquando fu elevato il lungo balcone su mensoloni di chiara ispirazione barocca. Allo stato attuale, l'immobile comprende al piano terra un vasto cortile e un totale di 77 vani, tra cui cantine e depositi; il primo piano si compone di 46 vani, tra cui due grandi saloni oltre alle ampie terrazze che cingono il palazzo. La pietra leccese è l'elemento dominante sia nella struttura portante dell' opera, che è in muratura massiccia, sia nella decorazione esterna: sagomati in pietra leccese sono i cornicioni di coronamento, i balconi, le balaustre e le cornici delle finestre. All'interno troviamo una varietà di coperture a volta, del tipo a botte a piano terra, a padiglione ed a spigolo al primo piano "tutte di discreto valore architettonico per la loro soluzione strutturale e per gli affreschi presenti al primo piano". Da lastre di pietra leccese sono anche ricoperti i pavimenti del piano terra, mentre al primo piano prevale il mosaico. Già da tempo alcune di queste soluzioni sono andate distrutte, come la copertura in legno di uno dei due saloni».

http://www.comune.botrugno.le.it/palazzo.php


Calimera (palazzo Castrignanò, ex Sansonetti, case a corte)

Dal sito www.greciasalentina.org   Dal sito www.greciasalentina.org

«Costruito nel Seicento il palazzo presentava nella facciata un balcone in pietra leccese, ed una loggia, con due archi a tutto sesto. Successivamente tali elementi sono stati demoliti per la costruzione del cinema che tuttora ha sede nel palazzo. In buono stato di conservazione è il portale bugnato, sormontato dallo stemma nobiliare, incorporato nel prospetto del cinema-teatro». - «Le case a corte di Calimera sono quasi tutte caratterizzate dalla presenza, accanto alla struttura originaria, del sappuertu, androne coperto utilizzato per il ricovero di animali e carri. L’espansione ottocentesca dell’abitato ha mantenuto una notevole presenza di case a corte, lasciando inalterata la gerarchia degli spazi: privato, semipubblico e pubblico. Non ritroviamo invece a Calimera i mignani, balconi di origine romana, diffusi negli altri paesi della Grecìa Salentina. Le case a corte calimeresi hanno perso la copertura originaria a embrici, sostituita dalle volte a stella e a spigolo».

http://www.greciasalentina.org/...7 - http://www.greciasalentina.org/L_Html/edstorici...


Campi Salentina (casa Prato, palazzi)

Dal sito www.salentoviaggi.it   Dal sito www.comune.campi-salentina.le.it

«Il complesso architettonico ubicato nel cuore della città è databile tra il XV-XVI secolo; presenta una tipologia "a corte" molto diffusa nel Salento, esempio emblematico del persistere di tradizioni greco-latine nell'architettura cinquecentesca. Il fabbricato è stata residenza della famiglia Leccisi fino al 1700, il cui stemma araldico raffigurante un albero di leccio è tuttora visibile sull'arco del portone di ingresso. L'edificio, sito in via San Giuseppe, si sviluppa su più livelli: dal piano seminterrato al primo piano. Il complesso nel corso degli ultimi secoli è stato utilizzato a vari scopi: come luogo d'incontro della Carboneria di Campi, sede di una scuola di medicina e, nell'ultimo conflitto mondiale, sede di un distaccamento militare alleato. Restaurato negli anni '90, attualmente è adibito a Centro Culturale Polifunzionale, l'"Isola della Cultura", ospita l'Archivio Storico del comune di Campi e la Biblioteca Comunale».

http://www.comune.campi-salentina.le.it/comune.asp?id=39


Campi Salentina (palazzo marchesale)

Dal sito www.salentoviaggi.it   Dal sito www.italiavirtualtour.it   Dal sito www.comune.campi-salentina.le.it

«Costruito come castello, tra '400 e '500 fu interessato da opere di rifacimento in stile tardo-gotico e successivamente di gusto rinascimentale, ad opera dei baroni Maremonti e poi Paladini. Quando nel 1625 Maria Paladini, erede primogenita del ramo campiota della sua famiglia e vedova del barone Emilio Guarini, sposò Giovanni Enriquez, marchese di Squinzano, il castello fu trasformato in palazzo marchesale con architetture esterne e apparati interni di elegante gusto barocco».

http://it.wikipedia.org/wiki/Paladini_%28famiglia%29


Cannole (castello marchesale Granafei)

Foto di Primaldo, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.invacanzanelsalento.com

«Sorto su una preesistente struttura difensiva del XV secolo, il Castello subì, tra il XVII e il XVIII secolo, varie modifiche che ne trasformarono l'aspetto in un palazzo signorile. Tuttavia lateralmente sono ancora visibili i tratti propri dell'architettura militare. L'edificio, a pianta quadrangolare, è dotato di robuste mura perimetrali a base scarpata. Agli angoli, quattro garitte consentivano la difesa della struttura da tutti i lati. La facciata si presenta schematicamente suddivisa in tre parti, la centrale occupata da un austero portale bugnato sormontato da una lunga epigrafe. Nell'ampio cortile interno, la vera di un pozzo riporta incisa la data 1752. Le maggiori trasformazioni architettoniche si ebbero con il passaggio della proprietà dalla famiglia Personè ai Granafei nel 1747. I marchesi Granafei di Sternatia ampliarono infatti il palazzo con un'ala sul lato orientale e realizzarono un lussureggiante giardino dominato da una fontana di gusto settecentesco, sopra la quale spicca lo stemma nobiliare».

http://it.wikipedia.org/wiki/Cannole#Castello


Cannole (masseria fortificata Torcito)

Dal sito www.heavensroom.com   Dal sito www.365giorninelsalento.it

«Il complesso masserizio di Torcito è collocato nell’antico feudo denominato Cerceto che esisteva già nell’864, anno in cui il borgo fu distrutto e raso al suolo dai saraceni. Il nucleo originale della masseria risale al XII, la fortificazione alla fine del XVII secolo. Oltre ai locali direttamente annessi, a fare da sfondo alla costruzione rurale ci sono: le due cappelle di S. Vito, una delle quali purtroppo ridotta a pochi ruderi; il frantoio ipogeo; l’imponente torre colombaia, che poteva ospitare fino a tremila piccioni; la cripta, alcune tombe e altre tracce di insediamenti brasiliani; le caratteristiche fosse granarie; le neviere sei-settecentesche; un pozzo, punto di sosta dei carovanieri ed un antico tracciato viario, che testimoniano l’esistenza della cosiddetta via Calabra, prolungamento della romana via Appia e che, costeggiando il feudo di Cerceto, arrivava fino ad Otranto».

http://www.torcito.com/tor_cenni.asp


Caprarica del Capo (castello feudale)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.tricase.le.it

«Il castello di Caprarica è situato a Caprarica del Capo, rione del comune di Tricase in provincia di Lecce. La costruzione del castello fu probabilmente una conseguenza del clima di pericolo instauratosi all'indomani del sacco di Otranto da parte dei Turchi nel 1480 e delle scorrerie che ne seguirono. Cosimo De Giorgi, studioso salentino, riporta in uno dei suoi scritti un'epigrafe, oggi scomparsa, da lui letta su una delle torrette da cui è possibile evincere committente e anno di costruzione: "CASTELLO FACTO PER MASTRO ANTONIO RENNE DE TRICASE A(nno) 1524". Un tempo circondato da un fossato, il castello è a pianta rettangolare. Le mura, alte dai 6 ai 7 metri e spesse 1,40 metri, sono realizzate in conci irregolari di carparo bruno e presentano un robusto toro marcapiano. Sormontate da piccoli beccatelli che sostengono la cornice superiore, sono rafforzate agli angoli da torri circolari con base scarpata. Il severo portale è difeso da una tripla caditoia. All'interno si disponevano numerosi ambienti: quattro camere al pian terreno, sei al piano superiore, magazzini e cantine. Dentro le mura trovavano posto anche un giardino e cisterne per l'approvvigionamento idrico. Agli inizi del Novecento, era possibile ancora scorgere traccia degli affreschi e delle mensole figurate della piccola cappella interna dedicata a San Giovanni Battista, a volte indicata come cappella di San Cristoforo, probabilmente identificabile con un vano con volta costolonata sorretta da colonne addossate alla muratura. Il castello fu adibito a masseria alla fine dell'Ottocento».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Caprarica


Caprarica di Lecce (castello)

Dal sito www.nobili-napoletani.it   Dal sito www.iluoghidelcuore.it

  

«La prima struttura fortificata di Caprarica, molto probabilmente, risale al XII sec., quando i Normanni, conti di Lecce, e, soprattutto, Tancredi d’Altavilla, incentivano ed incoraggiano al massimo lo sviluppo dell’edilizia a scopo difensivo e religioso. La Torre fortificata, sita nel giardino del castello e che confina con la retrostante (attuale) via Martano, è sicuramente la prima struttura costruita a scopo di avvistamento e di difesa in Caprarica; d’altra parte, anche in Lecce i Normanni hanno costruito un’imponente Torre difensiva poi inglobata, verso la metà del ‘500, dall’architetto imperiale, Gian Giacomo dell'Acaya, all’interno dell’intera struttura rinascimentale del castello, oggi detto, di Carlo V; così come anche nella città ideale del Rinascimento, Acaya, costruita dallo stesso architetto imperiale, una precedente Torre difensiva, angioina, costruita dal suo antenato Gervasio dell'Acaya, è stata inglobata nella struttura del castello. Tale torre fortificata, in Caprarica, è stata ristrutturata e potenziata dai baroni Guarini, all’indomani dell’invasione turca del 1480, per poter meglio rispondere alle eventuali, nuove incursioni levantine. Il Castello. Considerando che dal XV sec. in poi, le invasioni e le scorrerie di pirati levantini diventano una spina nel fianco per le derelitte popolazioni del Salento, molto probabilmente, il barone di Caprarica Antonello Guarini, per meglio difendere il suo casale ed i suoi possedimenti, decide di costruire, nei pressi della torre fortificata, un imponente castello. Ai Guarini, infatti, si può imputare la prima costruzione del maniero locale, almeno, a giudicare dallo stemma impresso sia sulla torretta di avvistamento posta a destra del castello che, un secondo, posto al centro della gran torre fortificata ubicata nel giardino del medesimo maniero. Allo stato, non si hanno documenti circa l’autore del progetto di questo castello, ma non è improbabile ipotizzare che l'architetto sia stato lo stesso Gian Giacomo dell'Acaya, considerando che tra i due casati vi era anche una certa parentela, in quanto uno zio di Antonello, Giovanni Maria Guarini (figlio del nonno, omonimo, Antonello maior), barone di Acquarica di Lecce, aveva sposato la sorella di Gian Giacomo, Aurelia dell'Acaya. L’intervento di Gian Giacomo dell'Acaya sembra ancora più verosimile se si va a considerare la struttura architettonica del castello, che coagula in sé tutta l’arte dell’architetto.

Il castello presenta le seguenti caratteristiche: il portale d’ingresso ha un bel bugnato liscio; l’interno del portale d’accesso, detto in vernacolo “simporto”, presenta una bella volta a schifo affine a quella dell’Ospedale dello Spirito Santo di Lecce; due angeli posti sull’architrave esterna del portale d’ingresso, che l’architetto pone come numi tutelari su ogni struttura che egli compie, sono gli archetipi (o se si vuole la firma) che quelle strutture sono proprio sue. ... Nei secoli successivi, i baroni che si sono succeduti sono intervenuti a consolidare e ristrutturare più volte il castello, con l’arte ed il gusto del momento. è stato, molto probabilmente, nel XVII sec. che i Giustiniani, baroni locali, ristrutturando il castello alla maniera di costruzione, allo stesso tempo, militare e gentilizia, lo decorano con bellissime balconate rococò, con due torri laterali, con feritoie, e lo rendono conforme ad un fortino vero e proprio. Si ritiene che il castello, nel periodo di massimo splendore, abbia avuto 99 ambienti; vi era il famoso salone detto “degli Specchi” arredato con mobili sei-settecenteschi ed annessa quadreria; vi era una stanza destinata agli indesiderati i quali venivano fatti cadere, attraverso una botola o trabocchetto (“trabuccu”), in un pozzo dove erano presenti delle lance acuminate, infisse ben salde nel terreno e rivolte, con la punta, verso la parte alta, dove venivano infilzati i malcapitati destinati a morte sicura. Per sfuggire ad eventuali assalitori, il castello è dotato financo di un passaggio sotterraneo dal quale, dopo un lungo percorso, si esce nella campagna».

http://www.giustiniani.info/caprarica.html


Carmiano (palazzo baronale o dei Celestini)

Dal sito http://ambientecarmiano.blogspot.it   Dal sito www.seti-engineering.it   Dal sito http://belsalento.altervista.org

  

«Il Palazzo, che sorge sulla via provinciale per Lecce, è testimonianza inconfutabile della permanenza dei Padri Celestini a Carmiano, che si insediarono nel 1448. È stato realizzato in varie epoche e presumibilmente il nucleo più antico risale alla prima metà del XIV secolo. La sua imponenza deriva dalle ragguardevoli dimensioni in lunghezza, pari a 45,50 metri, e in altezza, pari a 13 metri. Completamente realizzato in conci di tufo locale, è strutturato in due piani, comprendenti sale grandiose. Il prospetto del Palazzo presenta un'ampia superficie liscia movimentata da diverse porte e finestre ed un ampio portale affiancato ai lati da due nicchie di statue lapidee raffiguranti Santi e incorniciato superiormente da uno stemma della Santa Croce che rappresenta l'ordine dei Celestini. A sinistra del portone Durazzesco, una porta immette all'interno di una chiesetta dedicata a San Donato, ormai spoglia del corredo religioso ma ricca ancora di un altare fregiato da stucchi e marmi di vario colore. La volta a botte dell'androne è completamente decorata da un affresco raffigurante la glorificazione dell'ordine benedettino. In una stanza adiacente alla chiesa compare sul muro un affresco di Madonna col Bambino che sovrasta un'apertura ad un piano interrato. Il piano superiore del Palazzo comprende una serie di stanze comunicanti con ampio e luminoso salone ricoperto da stucchi eleganti che incorniciano le porte di accesso ed alcuni riquadri ormai spogli di tele. Tale bene architettonico, inserito tra gli immobili di particolare pregio del Comune, è stato riconosciuto dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Artistici e Storici della Puglia, di interesse storico e artistico» - «La lunga facciata risulta divisa in due ordini ed è scandita da una serie di portali con soprastanti aperture quadrate al piano terra, da finestre con balconcini leggermente aggettanti, le tre di sinistra, e decorazioni con motivo a conchiglia sulla trabeazione. L'intera pagina muraria è il frutto di diversi interventi decorativi e strutturali nel corso degli anni, come testimoniato dalla differente e asimmetrica posizione del portale maggiore, con arco catalano-durazzesco, rispetto alla struttura dell'insieme. Ciò permette di far risalire la parte destra dell'edificio ad un'epoca precedente (XVI secolo) rispetto a quella sinistra (XVII secolo). Il portale centrale, con lo stemma dei Celestini nella chiave di volta dell'arco, è affiancato da due nicchie ospitanti statue di Virtù rese irriconoscibili dall'avanzato stato di degrado ed è sormontato dalla finestra centrale con timpano aggettante. Splendido il pozzo del cortile interno porticato, con colonne riccamente decorate».

http://www.comune.carmiano.le.it/territorio/da-visitare/item/il-palazzo-dei-celestini - https://www.valledellacupa.it/trasparenza/784-opere...


Carpignano Salentino (mura)

Foto di Freddyballo, dal sito it.wikipedia.org    Palazzo Chironi, dal sito www.itinerarisalento.it

«La cinta muraria partiva dal castello e tornava al castello, interrotta solo da una porta monumentale a nord-est e da una porta più piccola a ovest, accanto al castello stesso. All'interno delle mura, il paese era strutturato come un campo romano, con un sistema di strade che si incrociavano ad angolo retto. Sull'asse principale, che univa le due porte, si affacciavano il palazzo dei feudatari e la chiesa madre, nella parte più alta del paese. Oggi delle mura resta solo una piccola parte, ma il centro storico, delimitato dalle due estramurali, è esattamente uguale a quello antico disegnato alla fine del Seicento nella carta di G. B. Pacichelli (1703). Entrando nel centro storico dall'attuale via Roma (dalla piazza Duca d'Aosta oppure dal Palazzo Chironi (sorto sulla superficie del castello), si possono visitare sia la Chiesa Parrocchiale, sia il Palazzo Ducale. Ma lungo le altre strade si incontrano case e palazzetti di fine Cinquecento (periodo dei Personè) nelle vie Duca Ghezzi, Giuseppe Elia, P. Pasca. Ma si incontrano anche case e palazzi del Seicento e Settecento in ottima conservazione. Oppure palazzi dell'Ottocento e del Novecento. Anche del Quattrocento è facile trovare case piccole, ma che all'esterno non mostrano niente».

http://www.prolocosalento.it/carpignano/main.shtml?A=p_carpi_2


Carpignano Salentino (residenza fortificata degli Orsini)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.ponicmartano.com

«La cartina del Pacichelli (1703) indica, accanto al castello, il palazzo del duca. Diviso in due parti da un ampio spazio, aveva giardini, scalinate e fontane. Doveva essere un palazzo antico attaccato da una parte al castello e con esso comunicante. In quel palazzo, la notte del 10 ottobre 1496, Isabella Del Balzo, moglie di Federico d'Aragona, ricevette la notizia che era diventata regina di Napoli. Qui vennero i nobili del Regno per accompagnarla a Napoli. Ai primi del Settecento i duchi Ghezzi, servendosi -pare- delle maestranze Margoleo di Martano ristrutturarono e ampliarono l'edificio. La parte bassa del vecchio palazzo (lo stemma ancora esistente dei Del Balzo ne indica l'antichità) fu rafforzata e fu costruito il piano superiore. Vi si entra attraverso un portale riccamente ornato con lo stemma dei Grezzi (recentemente restaurato). I vari locali, dopo la metà Ottocento, quando i Ghezzi se ne andarono a Lecce, sono stati adibiti per vari usi (deposito e lavorazione di tabacco, oleificio, molino, banca). Ma si prevedono ristrutturazioni e restauri».

http://www.prolocosalento.it/carpignano/main.shtml?A=p_carpi_2


Carpignano Salentino (torri colombaie)

Dal sito http://ilcolombaio.blogspot.com/   Dal sito www.carpignano-salentino.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)   Foto di Samuele Romano (https://www.facebook.com/samuele.romano.9)

«...Altre testimonianze dell’età rupestre sono le neviere, anfratti sotterranei profondi circa tre-quattro metri, riadattati intorno al XIII–XIV secolo come depositi per conservare la neve, dato che in passato il clima salentino era molto più rigido di quello attuale. Nello stesso fondo si erge la colombaia più grande ed austera della penisola salentina fatta costruire nella seconda metà del 1400 dagli antichi signori del luogo. Sulla porta gli stemmi dei del Balzo ai lati e dei del Balzo-Brienne al centro. Oltre a questa ve ne sono altre due, anch’esse in buone condizioni».

http://www.carpignano-salentino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=83&Itemid=79


Casalabate (torre Specchiolla)

Dal sito www.invacanzanelsalento.com   Dal sito it.wikipedia.org

«Casalabate è una località balneare salentina, frazione di Lecce [attualmente fa parte amministrativamente dei comuni di Squinzano e Trepuzzi]. è un piccolo borgo di pescatori e stabilimenti balneari, che nel periodo estivo si trasforma in luogo di villeggiatura accogliendo centinaia di turisti. Dista circa 15 Km da Lecce. Della storia di Casalabate poco ci giunge; certo è che sulla scogliera di Casalabate si erge l'antica torre di avvistamento Torre Specchiolla, perfettamente conservata. La torre presenta una struttura troncopiramidale a base quadrata con una leggera scarpatura. Venne innalzata intorno al XVI secolo come difesa contro gli attacchi dei Saraceni. La torre è a due piani, divisi da un marcapiano, e presenta dodici caditoie "a filo di scarpa"».

http://www.invacanzanelsalento.com/puglia/vacanze-casalabate.htm


Casamassella (castello De Viti de Marco)

a c. di Daniela De Donno


Casarano (castello o palazzo D'Aquino o De Lorenzi)

Dal sito win.tuttocasarano.it   Dal sito win.tuttocasarano.it

«Cosiddetto castello, è il maggior palazzo di Casarano per l’imponenza volumetrica della facciata a due ordini di finestre nel piano superiore, scompartito da quello inferiore da un lun­ghissimo balcone che non ha mai trovato posto sulle cinquanta-due mensole figurate, rimaste impazienti per secoli ad attender­lo e testimonianti il disappunto e l’amarezza per un’opera rimasta incompiuta, che dalle finestre sfondate o accecate pur di mostrare lo splendore cui era stata destinata, in gara, per il prestigio dei duchi d’Aquino, con i più fastosi palazzi baronali del Salento. Sull’epoca del palazzo P. Chetry c’informa che antecedentemente alla attuale fabbrica, dai più assegnata al XVII secolo. Doveva esistere un antico "castrum, castello", testimoniato, in particolare, da un documento del 9 dicembre 1358: "In Provintia terrae hydronti appud (sic) terram Casarani magni eì’ proprie i”tus cameram aulae castri dicte terre ex parte occidentis"». Il palazzo fu verosimilmente ideato per celebrare i fasti della famiglia napoletana che, a corto di aviti titoli nobiliari ma ricca di milioni di ducati, aveva inteso richiamare l’attenzione della nobiltà salentina sulla magnificenza di una dimora che sui prospetto di 120 metri allinea una sala definita dal De Giorgi una delle più vaste tra quelle dei palazzi feudali di Terra d’Otranto. La superba dimora che non fu allietata dai figli di Antonio d’Aquino, primo duca di Casarano nel 1654, e della bella Gio­vanna del Tufo della marchionale casa di Matino, fu invece po­polata dai dodici figli del fratello Matteo, cui toccò il titolo alla morte di Antonio, avuti da Giulia Basurto dei duchi di Alliste: Leonardo, Giacinto, Giovanna, Tommaso, Domenico, Antonia Oronza, Bartolomeo, Giacomo, Nicola, Teresa, Antonio Oronzo e Carmina Felice. Per premorienza del primogenito Leonardo il Cor palazzo, passato nel 1704 a Giacinto, vide i sette figli del terzo duca di Casarano avuti da Giulia Belli della nobiltà leccese e successivamente i cinque figli di Emanuele, quinto duca di Casarano, non avendone avuti il fratello maggiore Giacomo, quarto duca, malgrado i matrimoni con Giuseppina Mitrovich nel 1762 e con Beatrice Sersale nel 1780. Passato il titolo da Emanuele al figlio primogenito Antonio, sesto duca ed ultimo dei d’Aquino nati in Casarano, il palazzo si chiuse nel ricordo dei suoi feudatari ormai passati a Napoli».

http://win.tuttocasarano.it/palazzo%20d%27aquino.htm


Casarano (castello Pio)

Dal sito www.sangiovannicasarano.it   Dal sito www.sangiovannicasarano.it

«Nonostante la sua parvenza 'medievale', il Castello Pio è un palazzo più o meno recente (edificato agli inizi del XX sec. per volontà dell' avvocato Alfonso Pio) secondo i canoni dello stile neo gotico. Le stesse "mura" altro non sono che semplici muri di recinzione di modeste dimensioni e sormontati da merlature. Ad ogni modo si tratta di uno dei palazzi più suggestivi della Città...».

http://www.comune.casarano.le.it/citta/arte-palazzi.aspx


Castrì di Lecce (palazzo baronale Vernazza)

Dal sito www.prolocopuglia.it   Dal sito it.wikipedia.org

«L'attuale "Palazzo ducale" di Castri di Lecce, fu fatto costruire da Aniello Vernazza (figlio di Andrea) alcuni anni dopo l'acquisto dei feudi-casali di Castrifrancone e Castriguarino, avvenuto nel 1709 da parte della famiglia Vernazza. I lavori furono iniziati verso il 1714, quando era ancora in vita Andrea padre di Aniello e dopo varie vicissitudini furono terminati da quest'ultimo nell'anno 1724, come risulta anche da un'incisione esistente sul prospetto principale del palazzo e dopo che la famiglia Vernazza ottenne sui due casali di Castri e sul feudo di Gramignano il titolo ducale. Il palazzo ducale Vernazza fu fatto costruire nel luogo ove precedentemente sorgeva la vecchia abitazione feudale-baronale, ormai ridotta ad un ammasso di ruderi. I Vernazza, provenienti da Napoli, dopo un periodo di permanenza in Acaia decisero di costruirsi una residenza all'altezza del loro rango in Castriguarino e questo lo fecero commissionando lavori di radicale ristrutturazione dei "resti" dell'edificio esistente, nonché di ampliamento ed adeguamento al gusto rococò del tempo. La maestranze che eseguirono i lavori di costruzione del "Palazzo Vernazza" furono locali. All'edificazione parteciparono i capimastri fratelli Francesco e Pasquale Margoleo di Martano, il maestro orlando Lazzaro della stessa località ed i fratelli Stefano e Camillo Comi di Corigliano d'Otranto».

http://digilander.libero.it/prolococastri/i_monumenti.html


Castrignano dei Greci (castello dei Gualtieri)

Dal sito www.castrignanodeigreci.it   Dal sito www.castrignanodeigreci.it

  

«...Nel nostro castello, innalzato nella parte bassa del borgo antico, si convogliavano buona parte delle acque piovane che, stagnando nel fossato che lo circondava, costituivano una sua difesa naturale; esso doveva essere al centro dell' originario agglomerato urbano, di cui non si conosce quanta fu vasta l'area. Questo maniero, costruito "multas et artes" dai "magistri frabicatores" locali, divenne l'abitazione dei feudatari, i quali lo consideravano l'elemento più importante della difesa, preferendolo alle cinte urbane, in quanto a costoro importava dominare piuttosto che difendere i centri urbani. In una pergamena di re Carlo I d' Angiò, il nostro castello è ricordato, assieme ad altri castelli del Salento, come sito fortissimo di difesa per respingere attacchi nemici. è provato che contribuì a respingere l' attacco dell' esercito del papa Innocenzo VI che voleva saccheggiarlo. Dalla lettura della citata pergamena si deduce, altresì, il castello aveva una sua autonomia con soldati, vettovaglie e leggi; disponeva di alcuni inservientes (addetti ai lavori di manutenzione) e, quando occorrevano delle riparazioni, interveniva l'università di Castrignano a concorrere alle spese. Il castello è al centro di un fossato (presentemente interrato e in parte occupato da abitazioni) su cui sopravanza il basamento dei muri a scarpa. Su questo basamento, cinto da un robusto cordone in pietra leccese prendono il loro elevarsi, a piombo, le facciate, di semplici linearità, interrotte da finestre dai modesti fregi decorativi e sormontate da stemmi gentilizi e da qualche piccolo putto a braccia aperte. La facciata di via V. Emanuele è tutta in pietra leccese a file di blocchi squadrati e levigati di altezza costante (un palmo), messi in opera a "faccia vista" senza intonaco esterno, come tutte le facciate in pietra leccese, e si possono quindi agevolmente contare. In alto si nota un susseguirsi di mensole che completano la facciata. Il tutto molto semplice e lineare secondo le leggi dell'architettura salentina del medioevo. Fanno spicco ai lati i gocciolatoi di semplice linearità. Sul portone d'ingresso si impone l'arma gentilizia dei Gualtieri. Entrando si attraversa un piccolo androne carrozzabile che immette in un cortile, dal quale si accede in diversi ambienti: scuderie, magazzini e nelle adiacenze trappeto e forno. In uno di questi ambienti c'è un passaggio murato che - a quanto si dice - dovrebbe essere una galleria che porta alla citata abazia di S. Onofrio (cripta bizantina). è certo invece che c'erano nell'atrio due cisterne con puteali scolpiti in pietra leccese. Nello stesso cortile sul lato sinistro esiste una scalinata molto antica che porta a una terrazza scoperta, chiusa da una balconata in pietra. Da questa si accede ad ampie stanze che non mostrano nulla di notevole. Sul lato destro, pochi gradini portano a un vano sulla ci volta è scolpito un falco: stemma dei baroni Gualtieri, da questo, parte una scalinata che porta al piano nobile, al termine di questa scalinata fanno bella mostra due arcate seicentesche.

è stato accertato che i soffitti originari del primo piano erano a limbrici (tegole) e successivamente trasformati a volta. In una delle stanze si nota una botola circolare: doveva essere il "trabucco" (trabocchetto) dove venivano gettati i malcapitati "destinati a miglior vita. Sull'ala destra dell' antica costruzione quella, cioè, che guarda nel Largo Castello, un tempo faceva bella vista un giardino pensile del quale ne è rimasta una piccola parte. La facciata di via Umberto I presenta una scala scoperta in pietra che porta ad un artistico balcone. I balaustri della balconata poggiante su robusti mensolari sono di stile rinascimentale, piuttosto tozzi. Nell'angolo di nord-est della stessa facciata si notano i ruderi di una garitta (ce ne doveva essere più di una) per riparo delle sentinelle o come ricovero di manovratori delle attrezzature del castello. Dalla sua posizione è facile dedurre che il castello ebbe la duplice funzione di fortezza e di dimora, feudale; infatti si distingue una zona destinata alla residenza vera e propria del feudatario e alle cerimonialità e una parte destinata ai servi e ai soldati che comprendeva anche depositi di armi, attrezzi agricoli e viveri; e inoltre stalle per i cavalli e vari ricoveri per animali e vettovagliamento. Il feudo di Castrignano nel medioevo appartenne alla contea di Lecce sin da quando il normanno Tancredi, conte di Lecce, lo donò a Pietro Indimi, suo valoroso condottiero. Attorno al 1347, allorché la contea di Soleto (Lecce) venne occupata da Raimondello Orsini del Balzo, il castello di Castrignano con gli altri castelli svolsero un' azione di strenua difesa nella lotta contro l' infeudamento, anche se ciò non valse a scampare il villaggio dal divampare di guerra e di devastazioni. Il castello appartenne a diverse casate feudali. Tra i feudatari più noti, Filippo Prato che lo acquistò da Porzia Tolomei e Alfonso Guevara. Successivamente, terre e castello furono comprati e rivenduti da amministratori, Intendenti e Luogotenenti dei Gualtieri. Nel 1591 il capitano Mario Pagani da Oria li acquistò dal barone di Acaja. Nel 1646 Giuseppe Marchese, principe di Montemarano e S. Vito, a Gerolamo Maresgallo che era creditore di Francesco Antonio Prato. Ne furono proprietari, poi, nel 1679 Raimondo Prototico di Otranto ed infine la famiglia Gualtieri col titolo baronale. Nicola Gualtieri fece demolire la parte superiore dell' antico torrione che "minacciava rovina" ed edificò un palazzo. ...».

http://www.castrignanodeigreci.it/index...  (testo tratto da Castrignano dei Greci,  di Angiolino Cotardo).


Castrignano del Capo (borgo Terra)

Dal sito www.prolocoleuca.it   Dal sito www.comune.castrignanodelcapo.le.it

«Rione Borgo Terra: con questa denominazione viene indicato il nucleo abitativo più antico di Castrignano del Capo. Si presenta come una sorta di quadrilatero: ogni lato è lungo circa 60 metri. Detta configurazione si spiega con la necessità di difendere gli abitanti del Casale dalle varie incursioni di briganti e Saraceni sul finire del XIV secolo. Il borgo ha subìto nel tempo interventi di trasformazione e adattamento alle varie esigenze, però ha fortunatamente conservato intatta la struttura originaria davvero molto affascinante: sul decumano e sui vicoli si affacciano i piccoli ambienti che ci riportano nel cuore del Medioevo Salentino. Il prospetto principale di Borgo Terra venne arricchito nel 1460 dal magnifico palazzo Fersini progettato dall'architetto Montanaro di Lecce. Castrignano del Capo, sito nel distretto di Gallipoli della Provincia di Terra d'Otranto (a sua volta costituita da altri 3 distretti: Lecce, Taranto e Brindisi), nel 1848 contava 2345 abitanti, di cui 471 a Giuliano, 437 a Salignano e 1437 a Castrignano (Leuca compresa)».

http://www.perledelsalento.net/borgoterra.htm


Castrignano del Capo (ruderi di torre Marchiello)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal sito www.ilmiosalento.com

«Torre Marchiello (Castrignano del Capo) è una torre d'avvistamento tra le marine di Leuca e Felloniche, costruita al tempo delle incursioni saracene (XVI sec.). Sull'omonima punta nei pressi delle Tre Porte, vi sono i resti dell'antico torrione a forma tronco-conica, anche conosciuto come Torre Imbriachelli, a 12 metri sul livello del mare. Vi si trova anche la Grotta del Drago, chiamata così per la forma dello scoglio».

http://www.salentolive.it/index.php?option=com_content&view=article&id=90&Itemid=373


Castrignano del Capo (torrione di Salignano)

redazionale


Castro (castello)

redazionale

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi   Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi   Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi   Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi


CastrO (mura)

Dal sito www.felline.it   Dal sito it.wikipedia.org

«La cinta muraria che racchiude Castro, l'antica Castrum Minervae, si sviluppa per un perimetro complessivo di circa 700 metri ed è rafforzata dal poderoso castello e da alcune torri. La manutenzione delle mura, fu assicurata dal feudatario sino al 1806, anno in cui fu abolita la feudalità. Gran parte delle mura furono nel corso dei decenni utilizzate come fondamenta delle case perimetrali dell'antico abitato; restano comunque lunghi tratti di cortina e quattro tra torri e bastioni di varie dimensioni e forma. L'ingresso a Castro Alta avveniva e avviene tuttora, attraverso l'unica entrata, la cosiddetta Porta Terra, di cui è rimasto soltanto il nome, non essendoci più nessuna porta. Il nucleo antico di Castro costituisce l'unico esempio, nell'intera provincia, di cittadella fortificata situata su un'altura rocciosa prospiciente il mare».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castro_%28Puglia%29#Le_mura


CastrO (ruderi di torre Diso)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal sito http://salentoblog.myblog.it

«La torre costiera, ubicata sulla collina lungo il litorale di Castro, fa parte di una serie di costruzioni realizzate lungo il litorale salentino con funzione di avvistamento e segnalazione per la difesa costiera. La torre è databile intorno agli inizi del XVI secolo, nel periodo in cui Carlo V fece edificare la maggior parte delle strutture difensive. La struttura, realizzata con pietrame informe intelaiato con conci di tufo, è in parte crollata».

http://www.ilmiosalento.com/?p=4996


Cavallino (castello dei Castromediano-Limburg)

  Dal sito www.salentoviaggi.it   Foto di Lupiae, dal sito it.wikipedia.org  Dal sito www.castlecce.it

«Tra le tante residenze patrizie salentine spicca, sicuramente, quella dei Castromediano-Limburg a Cavallino, dove intorno alla seconda metà del XV secolo venne eretto il nucleo originario dei palazzo marchesale che, nel tempo, subì non pochi rifacimenti e aggiunte strutturali tali da configurarlo inequivocabilmente come struttura fortificata. L'ingresso, rivolto verso settentrione, è quattrocentesco, mentre la facciata merlata col bastione risale al XVI secolo e così pure il lato che volge ad est e un altro corpo architettonico, a due ordini, che prospetta sulla piazza. Del secolo successivo è il lato nord della residenza. ove si notano arcate di rafforzamento statico. Entrati nel castello, cosi viene detta la residenza dei Castromediano Limburg dagli abitanti del luogo, troveremo nell'atrio una enorme statua, denominata "il gigante" che raffigura in abiti seicenteschi Kiliano di Limburg capostipite della famiglia Castromediano il quale si stabilì in Terra d'Otranto, ottenendo cariche e feudi. L'interno del palazzo dimostra i segni degli interventi effettuati nel tempo, ma subito la nostra attenzione viene calamitata da tanti ambienti. vasti e decorati, con evidente prevalenza del gusto barocco, soprattutto nella galleria che Cosimo De Giorgi ed altri studiosi, tra cui il Garrisi, considerano come una delle più belle sale delle residenze patrizie della provincia di Lecce, degna di un vero castello. Tra l'altro, si nota il pavimento realizzato con impasto cementizio smaltato. ricco di mattonelle verdi, nere, bianche e gialle che disegnano un motivo di stelle, che si ripete negli affreschi che illustrano la volta a crociera, decorata con i simboli delle decorazioni dello Zodiaco. Queste figure per la morbidezza e per l'eleganza della composizione. indussero il De Giorgi a riferirle al gusto michelangiolesco per l' evidente risalto delle forme atletiche e muscolose delle dodici figure. Statue in pietra leccese, di ottima fattura, decorano i lati della galleria. Altre sale, come quella delle armi, appartenenti in gran parte ai Gorgoni eredi di Castromediano, attireranno la nostra attenzione e ci immergeremo nell'atmosfera barocca entrando nel salotto che contiene due pregevoli dipinti, uno dei quali firmato dal noto pittore leccese Oronzo Tiso. Attigua al salone di rappresentanza vi è la cappella fatta costruire da don Giovanni Antonio II Castromediano, nel 1565. Qui noteremo due vezzosi altarini, rispettivamente dedicati alla Madonna di Leuca e alla Vergine Addolorata e ammireremo pure i dipinti di Gianserio Strafella, che fu discepolo di Raffaello. In questo palazzo il più illustre abitatore fu Sigismondo Castromediano, archeologo, scrittore e patriota del Risorgimento salentino».

http://www.comune.cavallino.le.it/index.php?option=com_content&task=view&id=147&Itemid=1


Cavallino (masseria fortificata Insarti)

Dal sito www.masseriainsarti.it   Dal sito www.anticocamino.it

«Più comunemente nota con il nome “Li ‘Nsarti”, questa masseria è la più grande tra quelle di Cavallino e gode di ottime condizioni statiche. Per raggiungerla occorre, percorrendo la SS. Maglie-Lecce, imboccare lo svincolo per S. Cesareo, superare il primo tratto stradale alberato lungo circa 300 metri, prendere la prima strada asfaltata interponderale a sinistra e procedere per 2 Km: a sinistra sorge il vasto complesso dominato da una bellissima torre a due piani collegati internamente da una scala in muratura. La struttura de li ‘Nsarti è articolata all’interno di un ampio cortile quadrangolare in tre unità abitative a corte risalenti a tre diversi periodi che localizzano residenze di coloni o affittuari, dominate dalla massiccia torre di difesa. Un tempo centro nevralgico delle varie attività aziendali di un territorio abbastanza vasto, quest’ultima era divenuta prima residenza estiva e poi dimora permanente di un agiato proprietario terriero la cui presenza più assidua si nota nella ricchezza di una serie di connotazioni tipiche dell’architettura della città trasferendo così il gusto artistico dalla vicinissima Lecce in aperta campagna. I segni di tale trasformazione sono facilmente individuabili nel ricco parapetto del terrazzo del fortilizio, negli elementi decorativi che impreziosiscono le volte, negli eleganti camini, nella presenza di una cappella all’esterno del recinto e nelle robuste e bellissime mensole che un tempo sorreggevano due balconi da poco restaurati: uno sul prospetto destro rispetto all’ingresso alla torre, l’altro sul prospetto posteriore. Per motivi di sicurezza, a seguito del crollo dei balconi, erano stati murati i rispettivi affacci. Le mensole del parapetto richiamano il motivo di quelle che sorreggevano le balconate. L’accesso al piano terra si affaccia sulla piccola corte interna delimitata su tre lati dai vari casamenti. Il piano terra è costituito da un monovano con volta a stella le cui unghie sono delimitate da eleganti trecce di pietra leccese: molto bella risalta anche la chiave di volta. Il piano superiore è anch’esso un monovano con volta piana sostenuta da sbarre di ferro: è chiaro che si tratta di un intervento recente resosi necessario per evitare pericoli di crollo della copertura originaria della copertura originaria. Dal piano superiore al terrazzo si accede mediante una scala interna in muratura ricavata nello spessore del muro perimetrale. Il terrazzo è munito di un camminamento di ronda; del parapetto originario restano integri solo due lati caratterizzati da aperture a feritoie. Il complesso è arricchito da una cappella costruita a tre metri di distanza dal lato posteriore della torre, lungo il muro perimetrale del giardino-frutteto: preoccupa una profonda lesione sul prospetto principale. Singolare ed elegante è poi il campanile a vela. L’attività principale della masseria doveva sicuramente essere la pastorizia giacché la torre di difesa si presenta circondata da ampi spazi recitanti destinati alla custodia degli ovini, stalle e capanne. Tutta la struttura è circondata da un recinto con la parte superiore aggettante all’esterno (paralupi) in modo da impedire qualsiasi tentativo d’accesso al cortile stesso. Nel recinto è incluso un giardinetto con alberi da frutta che veniva affidato alla gestione del massaro ed erano anche presenti pozzi o cisterne per l’acqua, pile per il bucato e gli abbeveratoi per gli animali».

http://caballinus.altervista.org/masseria_l%27insarti.htm


Cocumola (palazzo baronale Pasca)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

«Palazzo Pasca fu edificato nella seconda metà del XVI secolo ed ingloba una torre quadrangolare di fine Quattrocento. L'edificio si affaccia nella centrale piazza San Nicola e presenta un prospetto caratterizzato da un elaborato portale barocco del Settecento sormontato da balaustra. L'edificio si distribuisce su un unico piano intorno ad un cortile centrale su cui si affacciano tutti gli ambienti. La parte nobile del palazzo è arredata con mobili d'epoca essendo ancora abitata in alcuni periodo dell'anno. Altri ambienti ospitano i magazzini, le scuderie e le stalle. Un ampio giardino si apre sul lato destro e custodisce un grande esemplare di Quercia Vallonea pluricentenaria».

http://it.wikipedia.org/wiki/Cocumola#Palazzo_Baronale_Pasca


Collepasso (palazzo baronale)

Dal sito www.comprensivocollepasso.it   Dal sito it.wikipedia.org

  

«Il palazzo baronale, risultato di diversi interventi di modifica e ampliamento realizzati tra la fine del 1500 e i primi del 1800, ingloba un'antica costruzione turriforme edificata dal barone Pietro Massa dopo il 1576 quale possibile rifacimento di analoga struttura turriforme difficilmente databile; in questa parte sono visibili la merlatura e le caditoie; il palazzo, che si sviluppa su due piani con locali voltati a botte, è stato dichiarato immobile di interesse particolarmente importante ed è di proprietà comunale.

http://www.comune.collepasso.le.it/index.php?option=com_content&task=view&id=57&Itemid=105


Copertino (castello)

a c. di Lucia A. Buquicchio

  


Corigliano d'Otranto (castello de' Monti)

Dal sito www.icastelli.it   Dal sito www.fondazioneterradotranto.it   Dal sito https://spigolaturesalentine.wordpress.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)   Foto di Claudia Giannoccaro (https://www.facebook.com/claudia.giannoccaro)

«Attestato sul versante sud-est dell'antica cerchia muraria, il Castello de' Monti di Corigliano d'Otranto rappresenta, secondo le parole di G. Bacile di Castiglione, il «più bel monumento di architettura militare e feudale del principio del Cinquecento in Terra d'Otranto», ed è sicuramente il modello più compiuto del trapasso dalle torri quadre a quelle rotonde: il castello ha infatti impianto quadrangolare con quattro torri angolari a base scarpata e a tre livelli di fuoco, circondato da un profondo fossato. È interamente circondato da un fossato e si sviluppa su una pianta quadrata ai cui angoli si innestano quattro poderosi torrioni circolari; a questi era affidata la maggiore efficacia dell'intero sistema difensivo, come denotano le numerose cannoniere che si aprono lungo i fianchi in corrispondenza delle casematte interne disposte a piano terra ed a primo piano. Ogni torrione presenta l'araldica dei de' Monti accompagnata dalle raffigurazioni allegoriche delle quattro virtù cardinali e dai bassorilievi di altrettanti Santi sotto la cui protezione è posto ciascun torrione. Guardando la facciata principale, il torrione a sinistra è intitolato a San Michele Arcangelo la cui effigie è affiancata dall'allegoria della fortezza; il torrione a destra è intitolato a Sant'Antonio Abate al quale è affiancata, anche se ormai praticamente cancellata per l'erosione del materiale lapideo, l'allegoria della temperanza. Gli altri torrioni sono intitolati a San Giorgio e a San Giovanni Battista, ai cui bassorilievi sono associate, rispettivamente, le raffigurazioni allegoriche della prudenza e della giustizia. Di impianto medievale, il castello fu radicalmente ristrutturato e ampliato tra il 1514 e il 1519 da Giovan Battista de' Monti che lo adeguò alle esigenze belliche ed ai princìpi dell'arte militare del tempo avvalendosi di maestranze locali. La struttura che oggi si vede è il risultato dei due maggiori interventi architettonici realizzati nel XVI e nel XVII secolo. Il primo ad opera di Giovan Battista Delli Monti, che fortificò il castello con torri e una piazza d' armi; i lavori durarono nove anni, dal 1505 al 1514. Dopo la fine della casata Delli Monti, il castello passò alla famiglia Trani, che lo trasformò in palazzo ducale nel 1667. L'incarico di rifare la facciata fu affidato all'architetto coriglianese Francesco Manuli, che gli diede l'aspetto attuale, ricco di mensole decorate con figure umane ed antropomorfe. Sugli architravi si trovano motti, ormai resi indecifrabili dal tempo, di Andrea Peschiulli. Le statue della facciata sono ospitate in nicchie e rappresentano alcune virtù e personaggi famosi dell'epoca. Venuta meno l'originaria funzione difensiva che sicuramente restò di primaria importanza per tutto il Cinquecento, alla metà del Seicento il castello fu adattato, secondo la moda del tempo, ad esigenze estetiche e di rappresentatività della famiglia del feudatario. Infatti, il duca Francesco Trane, appartenente alla famiglia feudataria che nel 1651 aveva acquisito il feudo dall'ultimo dei de' Monti, nel 1667 ingentilì l'austero edificio militare facendo costruire una nuova facciata, sovrapposta alla preesistente, sulla quale schierò una serie di statue allegoriche accompagnate da iscrizioni celebrative e dai busti dei grandi condottieri del passato; al centro fece porre la sua statua affiancata dalle allegorie della giustizia e della carità. La facciata barocca posta in corrispondenza del ponte d'accesso è opera del 1667 di maestranze locali dirette dal mastro coriglianese Francesco Manuli».

http://www.icastelli.it/castle-1237974936-castello_di_corigliano_dotranto-it.php (a cura di Andrea Orlando)


Corigliano d'Otranto (palazzi)

Dal sito www.greciasalentina.org   Dal sito www.invacanzanelsalento.com

«Piazza Vittoria è un'estesa zona verde destinata a giardini pubblici dove predominano i lecci. Su quest'area, nella parlata locale denominata "ezzumero" (luogo posto fuori le mura), convergono diverse vie che collegano il paese ai centri vicini ed alla campagna circostante. Secondo la leggenda, in questa piazza fu sepolto il generale dell'esercito turco morto durante l'assedio del paese. In passato era molto più estesa ed era il luogo in cui si svolgevano le più importanti attività commerciali del paese: ospitava settimanalmente un fiorente mercato a cui si aggiungevano appuntamenti di maggior rilievo come una fiera, ogni 22 di aprile, giorno di San Giorgio, a cui accorreva un gran numero di mercanti provenienti da lontano. L'antica frequentazione del luogo è testimoniata ancora dalla presenza di due frantoi oleari sotterranei e da un gran numero di cisterne pubbliche, ormai dismesse da diversi anni, alle quali, anticamente, tutta la popolazione poteva liberamente attingere. Il lato nord dell'ampia piazza lambisce alcuni tratti della cinta fortificata cinquecentesca ancora riconoscibili dal caratteristico toro che sporge dalle antiche strutture murarie. ... L'elegante mole di Palazzo Comi si affaccia nella centrale Piazza San Nicola, insieme ad altri episodi di edilizia minore. Si tratta di un alto fabbricato a due piani costruito nel 1755 e che a piano terra ingloba alcune residue strutture di preesistenti edifici. L'ingresso principale del palazzo è in corrispondenza del grande portale bugnato lungo la via Moncenisio. Per la strutturazione dei volumi e per l'ornato delle facciate costituisce un significativo esempio di architettura civile settecentesca con evidenti richiami di tipo classico nell'impostazione delle facciate. Sulla facciata principale gli ornati della falsa bifora del balcone superiore e quelli della soprastante nicchia in cui è collocata la statua dell'Immacolata sono riferibili ai coriglianesi Gaetano e Orazio Carrone. Nei locali a piano terra si conserva il frammento di un'iscrizione a caratteri greci che è una delle poche testimonianze del passato bizantino di Corigliano rimaste nel paese».

http://it.wikipedia.org/wiki/Corigliano_d%27Otranto#Architetture_civili


Corsano (palazzo baronale Capece)

Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.angelosiciliano.com   Dal sito www.corsanoweb.it

  

«Castello Baronale Capece, situato in Piazza Umberto I e fatto erigere intorno al XVII secolo. Modificato col volgere degli anni per ultimo esso fu adibito a deposito per la lavorazione del tabacco. Presenta un giardino pensile, il cui corpo antico è in precarie condizioni. Il carattere costruttivo manifesta delle murature in elevato in pietra da taglio a faccia a vista di natura calcareo-tufacea. Le coperture sono con volte a stella e a botte. Da notare alcuni resti di affreschi in alcuni vani del piano nobile e di decorazioni di stucco e di pietra nella sala del trono. Al corpo principale un tempo era annessa la cappella di S. Vito» - «...Corsano fece parte della Contea di Alessano e del Principato di Taranto (1088-1463). Il Castello Baronale Capece, situato in Piazza Umberto I, fu eretto intorno al XVII secolo sul posto di un'antica fortezza voluta da Fabiano Securo (a cui era stato donato il feudo dal re normanno Tancredi nel 1190) agli inizi del XIII secolo. Modificato nel corso dei secoli, per ultimo esso fu adibito a deposito per la lavorazione del tabacco. Il castello appare notevolmente rimaneggiato per le tante aggiunte e manomissioni operate nel tempo. Il carattere costruttivo manifesta delle murature in elevato in pietra da taglio a faccia a vista di natura calcareo-tufacea. Di particolare interesse è il caratteristico giardino pensile, il cui corpo antico è in precarie condizioni. Le coperture interne sono con volta a stella e con volta a botte. Delle antiche decorazioni rimangono alcuni resti di affreschi nei vani del piano nobile e alcuni bassorilievi di modesta fattura artistica situati nella sala del trono. ...».

http://wikimapia.org/10500279/it/Castello-Baronale-Capece - http://castelliere.blogspot.it/2014/10/il-castello-di-mercoledi-1-ottobre.html


Corsano (ruderi della torre del Ricco o dello Rio o di Cala del Rio)

Dal sito www.ilmiosalento.com   Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it

«Torre del Ricco è una torre costiera del Salento situata nel comune di Corsano a 62 m. s.l.m. Sorge nei pressi della strada litoranea, su un tratto di scogliera a strapiombo sul mare, in corrispondenza dell'omonimo canalone. La torre fu edificata tra il 1563 e il 1569 come opera di fortificazione voluta da Carlo V per difendere il territorio salentino dagli attacchi dei Saraceni. Della struttura rimangono soltanto i ruderi ad eccezione di una parte del basamento. È anche conosciuta con il nome di Torre dello Rio o di Cala del Rio. Comunicava a nord con Torre Specchia Grande e a sud con Torre di Porto Novaglie».

http://www.salentolive.it/index.php?option=com_content&view=article&id=87&Itemid=370


Corsano (torre Specchia Grande)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it

«Costruita nel 1550 e ceduta nel 1581 alla Reale Corte. Dista 500 metri dalla costa. Di recente è stata eliminata la struttura circolare al primo piano realizzata nel dopoguerra. Torre Specchia Grande è una torre costiera del Salento situata nel comune di Corsano a 127 m s.l.m. Sorge su un promontorio roccioso caratterizzato da pendii ripidi terrazzati con muretti a secco e ricoperti da arbusti, macchia mediterranea e alberi di ulivo. La torre è un'opera di fortificazione voluta da Carlo V per difendere il territorio salentino dagli attacchi dei Saraceni. Edificata nel 1584, consta di un solo piano di forma troncoconica, corrispondente al basamento originario, di una scala in muratura a ridosso della parete esterna e di un cordolo aggettante, che originariamente divideva la base dal piano superiore. Comunicava a nord con Torre Nasparo, nel comune di Tiggiano, e a sud con Torre del Ricco».

http://scelgosalento.it/scheda-luogo.php?id_str=166&id_t=3


Depressa (castello del barone Riccardo Winspeare, borgo)

Dal sito www.vizionario.it   Dal sito www.fufla-bb.com

«Il Castello di Depressa è situato nel centro del piccolo paesino omonimo, a metà strada fra Otranto e Santa Maria di Leuca. La proprietà dista circa sei chilometri dalla costa adriatica. La struttura originale del Castello fu edificato nel IV secolo come fortezza per proteggere gli abitanti del paesino dagli invasori. Nel 1470 fu distrutto dai Turchi e successivamente riedificato e trasformato in masseria. Nel 1870 un influente politico napoletano, di origini inglesi, sposò una principessa del luogo ed ereditò il Castello. La coppia lo trasformò in una dimora abitativa. La dependance si trova esattamente al pian terreno fra le due corti del Castello. La proprietà è racchiusa fra alte e grosse mura di pietra entro le quali si vive con riservatezza e tranquillità. Da un grande portone che ci introduce nel cortile principale della proprietà, il Castello ci appare con la sua bella ed elegante facciata in pietra ricoperta da bouganvilla, decorata da ampie finestre ad arco. Al centro, una colonna in pietra caratterizza il cortile, la cui particolarità la si scopre su un lato di questo, dove numerose tavole di pietra sono state incastonate nel muro, ognuna in memoria dei cani che hanno fatto parte della famiglia. Un posto ideale dove gli ospiti possono trascorrere momenti all’aperto. Entrando nell’appartamento ci si trova in una ampia cucina/soggiorno completamente attrezzata, che affaccia con le sue finestre in entrambe i cortili del Castello. Attraverso una porta si accede ad un salotto con un divano letto, a destra si trova la camera matrimoniale con affaccio sul cortile, e a sinistra il bagno con vasca. Ancora oggi il Castello appartiene alla stessa famiglia, e nonostante i numerosi interventi delle diverse generazioni che si sono succedute, conserva sempre la sua bellezza e il suo fascino originali».

http://www.salentonascosto.it/it/136/castello-depressa


Felline (borgo)

Dal sito www.costedelsud.it   Dal sito www.costedelsud.it

«Felline, frazione di Alliste, è un piccolo paese che incanta per il suo centro storico. Con le sue piccole e strette stradine, con palazzi antichi di fattura rinascimentale, trasmette un’atmosfera sublime e magica. Fra le diverse dimore signorili, si distinguono per importanza artistica, il Palazzo De Rinaldis, con annessa cappella dedicata a Sant’Oronzo, e Palazzo Trianni. Importante testimonianza di aggregazione e ritrovo della gente del posto è l’antico forno pubblico rimasto intatto. Tappa obbligatoria per chi giunge a Felline è il maestoso Castello, risalente al XII secolo. ... In origine il castello costituiva il vertice nord dell’antica cinta muraria. Oggi, all’interno, si svolgono periodicamente mostre e manifestazioni culturali».

http://www.terrarussa.it/4243/guida-salento/cultura/felline-piccolo-borgo-antico-ristrutturato-da-vivere-e-visitare/


Felline (castello dei Bonsecolo)

  Dal sito www.garziatouristservice.it    Dal sito http://castelliere.blogspot.com   Dal sito http://bedandbreakfastsalento.beepworld.it

«Di Felline è noto soprattutto il castello medioevale del XII sec. che ha caratterizzato il tessuto sociale del Paese dal sec. XVI in poi, da quando cioè esso è venuto a perdere il ruolo di avamposto fortificato della messapica Ugento. Il castello, sfidando l'usura del tempo è situato nel centro abitato di Felline, in una posizione che possiamo definire strategica; costituisce il vertice nord dell'antica cinta muraria, presentandosi come uno dei manufatti più interessanti tra le opere fortificate del Salento. Dall'analisi risulta infatti uno schema che è fondamentale delle opere fortificate: cassero con due torri quadrangolari rivolte ad ovest per avvistamento dai pericoli che venivano dal mare. L'opera fortificata risulta del XII secolo, costruita quasi interamente dalla nobile famiglia dei Bonsecolo con la quale ebbero origine i feudatari di Felline. In linea di massima conserva la sua struttura originaria, nel corso dei secoli ha subito qualche trasformazione particolarmente ad opera dei Malaspina nel XIII secolo e dei Tolomei nel XVI secolo. La facciata principale sulla piazza, presenta ed esprime nel suo aspetto volumetrico totale, lo stile ed il fascino della costruzione originaria. Nella zona centrale domina il portale unico ingresso originario del castello».

http://www.prolocosalento.it/allistefelline/main.shtml?A=p_alliste_11


Fulcignano (periferia di Galatone, resti del castello)

a c. di Giuseppe Resta


GaGLIANO DEL CAPO (borgo, resti del castello baronale)

Foto di Lupiae, dal sito it.wikipedia.org   Palazzo Buccarello, dal sito www.comune.gaglianodelcapo.le.it

«La cittadina, adagiata sul costone della Serra dei Cianci è stata protagonista di varie vicende feudali così come tanti altri casali di Terra d'Otranto. Durante il dominio angioino (tra il XIII e il XV secolo), divenne feudo di Isolda De Nocera, del milite francese Guglielmo Brunel e di Mariotto Corso. Nel 1495, Gagliano fu concessa da Ferdinando di Aragona alla famiglia Castriota Scanderbegh, i cui discendenti abitarono nel castello di Gagliano situato accanto alla Chiesa Parrocchiale. Il borgo antico, era circondato da mura edificate tra il 1413 e il 1421. Divenne rifugio anche degli abitanti dei casali vicini (Valiano, Misciano, Prusano, Santu Dimitri, San Nicola e Vinciguerra). Nel secolo XVII il feudo passò ai Conti di Alessano e solo nel 1806 il paese fu sciolto da ogni vincolo feudale. Nel corso dei secoli, Gagliano, pur essendo munito delle Torri costiere come quelle di Montilongo e Novaglie, ha subito i continui attacchi dei Saraceni. Nel 1547 il pirata algerino Dragut sbarcava a Salve e attaccava Gagliano facendo ogni sorta di razzia» - «Il Palazzo [Ciardo] fu edificato nel 1900 sui ruderi del vecchi castello baronale di Gagliano del Capo, del quale attualmente è rimasto un torrione con un grande cisternone alla base, visibile dall'esterno attraverso il vicolo tra il palazzo e la Chiesa Matrice di San Rocco. L'interno di questo torrione è stato attualmente adattato a piccola cappellina dell'oratorio. Il lato esterno che dà su via Fra Basiliano Le Mura, anticamente il fossato del castello, oggi è uno spiazzo dedicato alle manifestazioni della parrocchia. La prima stanza, che affaccia su via Antonio Bisanti, nella prima metà del XX secolo, era adibita a farmacia comunale, attualmente è usata come biblioteca della parrocchia, mantenendo la sua forma semi-ovale con stuccature dorate. La stanza centrale, adiacente alla biblioteca, è stata adibita ad ufficio parrocchiale. Sul lastricato solare sono presenti mattonelle in maiolica provenienti dallo smantellamento, nel 1956, del piano di calpestìo della Chiesa di San Rocco. Due stanze del piano superiore e una nel piano inferiore sono pavimentate a mosaico, quest'ultima reca la data 1900. Sono presenti anche delle stalle, che affacciano su via Fra Basiliano Le Mura, con pile per la raccolta di derrate alimentari, ed un torchio in legno del tipo "alla genovese"».

http://www.sagrecapodileuca.com/gaglianodelcapo.html - http://www.comune.gaglianodelcapo.le.it/territorio/da-visitare/item/palazzo-ciardo


Galatina (castello Castriota Scanderberg)

Dal sito www.castellosalento.com   Dal sito http://195.60.147.20/it

«Il Castello, d'impianto quattrocentesco, fu dimora della principesca famiglia Castriota Scanderbeg, originaria d'Albania, resa illustre da Giorgio (1405-1468), principe d'Albania ed Epiro e valoroso condottiero. Soprannominato Scanderbeg cioè principe Alessandro, con evidente allusione al più grande eroe del mondo classico Alessandro il Macedone, Giorgio Castriota rappresentò per oltre un ventennio il più sicuro baluardo contro l'espansionismo ottomano nella Europa Cristiana. In cambio dei servigi resi ai Re Aragonesi, ottenne per sé ed i propri discendenti il ducato di S. Pietro in Galatina e la contea di Soleto, in Terra d'Otranto, dove la famiglia si radicò rimanendovi ininterrottamente sino al 1561. Accanto ai Castriota sorse una corte, una vita elegante, un certame poetico di cui rende testimonianza, fortunosamente sopravvissuta, il Canzoniere del Vernaleone. Tra Sei e Settecento fu residenza degli Arcivescovi di Otranto. è il caso del vescovo Gabriele Adarzo de Santader (1657-1674) con il quale il centro amministrativo della diocesi si trasferì effettivamente nel Castello di Galatina. Qui organizzò anche un modesto cenacolo intellettuale cui parteciparono giuristi e letterati. Il Castello, successivamente dimora dei Sanseverino, degli Spinola e dei Gallarati Scotti, fu oggetto nei sec. XVIII e XIX di importanti rifacimenti, con demolizione delle antiche torri e costruzione, in adiacenza all'originario corpo quattrocentesco, della splendida ed imponente terrazza che domina piazza S. Pietro».

http://www.castellosalento.com/pagina.asp?id=70


Galatina (mura, porte, palazzi, torri)

Dal sito www.comune.galatina.le.it   Dal sito www.viaggioadriatico.it

«Iniziamo a conoscere questa città davvero interessante partendo dal centro storico e cercando anche di immaginare come doveva essere Galatina qualche secolo fa all’interno delle mura erette la prima volta nel 1355. Le prime mura di Galatina, che consentirono il passaggio dai vari casali o "chorion bizantini" alla prima fase di inurbamento della città, furono edificate nel 1355 da parte del feudatario Raimondo Del Balzo (zio del più famoso Raimondello Orsini Del Balzo il quale aggiunse al suo cognome quello della madre alla quale era affettuosamente legato e quello dello zio che gli aveva conservato la contea di Soleto che il padre Niccolò voleva dare al primogenito Roberto). Due secoli dopo, nel 1540, con il governatore Pedro da Toledo vennero ricostruite le vecchie mura con le porte di accesso nella città tre delle quali visibili ancora oggi ormai dirute in più punti e allargate per la crescita demografica della città. I lavori iniziarono dalla Porta della Piazza o Porta Maggiore e furono diretti da Evangelista Menga architetto militare famoso per aver costruito il castello di Copertino e le fortificazioni nell’isola di Malta che avevano resistito all’attacco dei turchi. I lavori, interrotti per un trentennio, furono ripresi nel 1574 sotto il ducato di Ferdinando Castriota Scandenberg. Altri lavori vennero completati nel seicento e nel settecento allorché furono riempiti i fossati e molti canali di scolo delle acque. Iniziamo un percorso virtuale lungo le vecchie mura e attraverso le porte che si aprivano lungo di esse, partendo da Porta della Piazza fatta costruire da Stefano da Putignano sposato a Galatina con una figlia di mastro Andriolo nel 1566. La porta principale della città affiancava una porta cilindrica del vecchio castello e dava l'accesso a piazza S. Pietro. Questa porta ricostruita nel Settecento prese il nome di Porta delle Beccarie per la presenza, nelle sue vicinanze, di parecchie macellerie e concerie.

Dopo il casello, le mura proseguivano verso Porta S. Pietro o Porta Nuova. Affiancata ad essa vi era Torre Papadia. Prima di arrivare a Porta S. Giorgio, chiamata così fino alla metà del '500 per la presenza di una chiesa dedicata al santo e abbattuta insieme alla porta nel 1575 nel luogo dove oggi sorge la Chiesa delle SS. Anime del Purgatorio e all'altezza della Chiesa del Carmine, c'era poi un'altra torre anch'essa, purtroppo, abbattuta. Dopo la porta S. Giorgio vi è un'altra torre ancora visibile da Vico Freddo e poi Porta dei Cappuccini chiamata così per il passaggio che questi frati facevano dal loro convento al monte di pietà da loro stessi fondato nel 1578 e che si trovava nell’attuale vico del Monte. A quel tempo non esisteva la porta che venne costruita nel 1725, ma vi era una piccola strada, attualmente Via D'Aruca, che confinava con un canale per il displuvio delle acque. Successivamente la porta prese il nome di Arco Cadura dal momento che fu fatta ricostruire e rimasta così come la vediamo oggi dal sindaco Domenico Cadura nel 1803. Subito dopo vi era la Porta di S. Caterina o Porta Terra abbattuta nel 1896 durante il sindacato di Mario Micheli. Nello stesso periodo vennero colmati i fossati in quella zona grazie al lascito di Giuseppina Delli Ponti proprietaria dei suoli che in cambio ebbe dall’amministrazione intitolata la strada a suo nome. Proseguendo vi era il torrione Nachi e poi Porta Luce, la più antica delle porte oggi esistenti. Prima di ricongiungerci con la porta che dava l'accesso a piazza S. Pietro ed al "Largo Fontana" l’attuale piazza Alighieri vi era la torre Capano».

http://www.rairo.it/territorio/Galatina/mura.html (a cura di Raimondo Rodia)


Galatone (castello)

a c. di Giuseppe Resta

  


Gallipoli (castello)

a c. di Lucia A. Buquicchio


Gallipoli (mura, fortino San Benedetto, fortino San Giorgio, torrioni)

Dal sito www.letresorelle.it   Dal sito http://office.fpcgilpuglia.it

«Per la sua posizione geografica, per il ruolo politico-militare Gallipoli ha dovuto munirsi di fortificazioni. Nell'età di mezzo accrebbe per la città, la necessità di fortificarsi, sicché i Bizantini, i Normanni e gli Svevi realizzarono opere di ingegneria militare, fino a giungere al periodo aragonese che produsse l'imponente cinta delle mura bastionate, capaci di far fronte agli attacchi delle armi da fuoco. Tutto il borgo antico, e quindi l'isola, è racchiuso da queste mura, rese sicure da dodici superbe fortificazioni tra bastioni, torri e fortini. Con legge del 21 agosto 1862 n. 793, le Camere autorizzarono il Governo ad alienare i beni demaniali che non erano destinali ad uso pubblico o richiesti per pubblici servizi e pertanto, in dipendenza di tali disposizioni legislative, furono poste in vendita le mura di cinta della città di Gallipoli e quindi le fortificazioni, ad esclusione del Castello. Ed ecco che, finalmente, il 1° aprile del 1879, in Gallipoli, in una delle sale del Palazzo Comunale, con rogito del Notaio di Gallipoli Domenico Mazzarella ed alla presenza dei testimoni Gregorio Consiglio e Nicola Senape, la città di Gallipoli, rappresentata dal Sindaco pro tempore Michele Perrin, e l'Amministrazione Demaniale, rappresentata dal Ricevitore del Registro Achille Ferrari, stipularono l'atto di compravendita della cinta bastionata per il prezzo di L. 1.500. Dalla lettura del rogito notarile risultano essere stati trasferiti alla città di Gallipoli i seguenti fabbricati:
1) Il Torrione trapezoidale posto nei pressi della Chiesa di San Francesco di Paola. Questo torrione nei tempi passati era chiamato "Torre del Serpente, ma, dopo la costruzione nei suoi pressi della Chiesa di San Francesco di Paola, con l'annesso convento dei Padri Paolottì, gli fu mutato il nome e fu chiamato "Torre di San Francesco di Paola " come ancora oggi si noma. La sua funzione, come afferma il Vernole, fu sempre secondaria e fungeva da "vedetta e fiancheggiamento al fortino di San Giorgio, perché quel sito era inadatto agli attacchi ". Di Fortificazioni di Gallipoli questo Torrione oggi resta solo la rampa di discesa alla banchina del porto.
2) Il Fortino di San Giorgio, la cui denominazione deriva da una antica chiesetta, dedicata al Santo, esistente in quel luogo, ora distrutta. Rappresentò nel passato una delle più importanti postazioni difensive della città. Di remotissima costruzione, il torrione, di forma circolare, si affaccia sul nuovo porto e domina vasta parte del golfo di Gallipoli.
3) Il Fortino di San Benedetto, anch'esso di forma circolare ed importante caposaldo per la difesa della città.
4) Il Torrione di San Guglielmo, detto anche delle Ghizzene o della Purità, situato nei pressi della Chiesa della Madonna della Purità. Questo torrione ha origini remotissime e nei secoli passati ebbe un'importanza notevole.
5) Il Forte di San Francesco d'Assisi, il più importante della cinta bastionata, situato di fronte all'antichissima Chiesa di San Francesco d'Assisi con l'annesso convento. Costruito in epoche remotissime, fu, nei secoli passati, molte volte restaurato, in quanto, per la sua posizione, era soggetto a tutte le intemperie atmosferiche e marine. Nel 1684, oltre ad essere restaurato, fu anche ampliato e per la sua maestosità gli furono apposte le armi della Casa Regnate ed all'interno fu installata una statua raffigurante san Fausto, uno dei protettori della città.
6) La Torre del Ceraro o della Madonna degli Angeli, nei pressi del tempio omonimo, di forma pentagonale, così chiamata perché nel 1755 era frequentata da coloro che lavoravano la cera. In passato era anche chiamata "Torre del Governatore" o "Giardino del Governatore", in quanto fu abbellita con piante e fiori a mò di giardino dal Governatore D. Antonio Siropoli.
7) Il Baluardo di San Domenico o del Rosario, anch'esso di forma pentagonale, così chiamato per la vicina Chiesa di San Domenico o del Rosario con l'annesso convento dei Domenicani. Il Ravenna ci fa sapere che anticamente era chiamato " Baluardo di Santa Maria delle Servine " per un antico monastero basiliano esistente nelle vicinanze; poi gli fu mutato il nome e fu denominato "Torre degli Arsi", perché il 5 maggio 1595, a causa di un incendio divampato in Baluardo di San Francesco D'Assisi sottostante questo baluardo, perirono, arse vive, tredici persone.
Annessa a questo baluardo vi era la "Torre del Fosso", usata come lazzaretto e cioè come luogo di isolamento e quarantena; " Fino al Cinquecento, al sommo dello sperone occidentale dei bastioni turriti di Gallipoli, era la Chiesetta della Madonna del Cassopo eretta in epoca Bizantina presso il demolito Tempio pagano del Pantheon: se ne conserva ancora la vetusta immagine Bizantina, e quel nome di Cassopo ricorda il nome Bizantino della rada di Corfu e i traffici di Gallipoli con l'Oriente. Nel secolo scorso questa torre fu adibita a giardino pubblico esistito fino al 1866.
8) La Muraglia di scirocco. "Questa muraglia è ben solida per la sua grossezza, e guarentisce le abitazioni, che negli altri luoghi dominano in altezza le mura, che le restano sottoposte, nell'atto che qui sono occupate e nascoste dalla detta muraglia".
9) Il Bastione di Santa Venerandia, o di Santa Venere, di forma quadrilatera, così chiamato per il culto, molto acceso in Gallipoli, di Santa Venerandia, o Santa Venere, o Santa Veronica. La Santa si venerava in una Chiesetta basiliana intitolata alla stessa e sita fuori le mura della città. Questo bastione che anticamente era detto di San Basilio, oggi si chiama anche "Baluardo delle Anime" per l'omonima Chiesa che è sita di fronte. La sua funzione nei secoli trascorsi fu quella di difendere la porta di mare della città. Nel 1544 fu ampliato e rafforzato da Ferdinando Loffredo, marchese di Trevico e preside della Provincia.
Oltre alle fortificazioni su elencate, la cinta bastionata della città era composta anche da altre torri che, per loro poca importanza, non furono neanche menzionate nell'atto notarile di compravendita, e che, per completezza, vanno descritte:
1) La Torre di San Luca, così chiamata per un'antica cappella, esistente in quel sito, dedicata al Santo.
Questa piccola torre, che .si trova vicino al Castello, come dice il Vernole, aveva la funzione di infastidire il nemico che attaccava il Castello.
2) La Torre di Sant'Agata o delle Saponere, così chiamata per la prossimità di una Cappella dedicata alla martire siciliana e per la presenza di opifici che producevano sapone. La sua funzione era "sussidiaria e di fiancheggiamento al vicino Baluardo di San Francesco".
3) La Torre di San Giuseppe o della Bombarda, situata quasi di fronte alla Chiesa di San Giuseppe e poco distante dalla porta di terra della città; Questa torre a base triangolare aveva la funzione di difendere l'accesso alla città. Oggi non è più visibile perché ospita gli uffici della Dogana.
Di tutte queste opere militari oggi non è rimasto quasi nulla; la mano devastatrice dell'uomo ha distrutto e cancellato ciò che era gloria e vanto della città di Gallipoli, che per queste sue fortificazioni era difficilmente espugnabile. Dove erano posti i forti, i baluardi e le torri esistono oggi piazze o palazzi e per fortuna sono rimaste ancora le alte mura della città con le basi delle fortificazioni, che bene si possono ammirare solo 'circumnavigando l'isola ove è posta la città».

http://www.gallipoli-vacanze.com/informazioni-turistiche-gallipoli/gallipoli-castello-e-fortificazioni.htm


Gallipoli (palazzi)

Particolare del palazzo Tafuri, dal sito http://office.fpcgilpuglia.it/Gallipoli   Particolare del palazzo Pirelli, dal sito it.wikipedia.org

«PALAZZO PIRELLI (sec. XVI). Il palazzo appartenne alla famiglia Pirelli estintasi nel XVIII secolo. Sul prospetto Est che affaccia sul Duomo, si può ammirare il bel portale con loggia sovrastante di stile barocco e finestrature classiche; mentre su quello in via De Pace si apre l'antico portale cinquecentesco catalano-durazzesco il cui ingresso è stato trasformato da più di un secolo in farmacia, del quale si conserva l’originale arredamento. PALAZZO D'OSPINA. La famiglia D'Ospina, di antica origine spagnola, eresse l’immobile nel XVII secolo, poi fu ristrutturato ed abbellito con delicati stucchi alla veneziana, dalla famiglia De Pace che ne acquisì la proprietà. In questo palazzo nel 1818 nacque l'eroina risorgimentale Antonietta De Pace, che cospirò a favore dell'unità italiana, ed ebbe l’onore di fare nel 1860 con Garibaldi l’ingresso trionfale a Napoli. PALAZZO ROMITO (sec. XVIII). Eretto dalla famiglia Romito intorno al 1760 in stile barocco l’edificio si colloca in un contesto urbano assai gradevole perché prospiciente allo slargo del secentesco palazzo Venneri. L’esuberanza dell'architettura di questo residenza signorile rivela l’intervento dell'architetto leccese Mauro Manieri. Nei primi anni del XIX secolo passò in proprietà della famiglia De Pace. PALAZZO VENNERI (sec. XVII). Edificato nel primo ventennio del XVII secolo, presenta un prospetto austero ingentilito dalle finestrature barocche e dal fastoso balcone. Nel salone di rappresentanza è ancora visibile la pittura in stile liberty del soffitto realizzata sul finire degli anni ‘20 da Agesilao Flora. PALAZZO TAFURI (sec. XVIII) Un ricco giureconsulto della famiglia Tafuri, originaria di Matino, fece realizzare intorno al 1760 il prospetto barocco del palazzo in pietra di carparo, inserendo un sontuoso portale d’ingresso e delle finestre ovali a piano terra e delle ferrate spagnoleggianti ai balconi del piano superiore».

http://office.fpcgilpuglia.it/Gallipoli/monumenti_02.html


Gallipoli (torre Alto Lido)

Dal sito www.caramuscio.it   Dal sito www.case-vacanza-italia.it

«A circa sette chilometri da Gallipoli si può osservare la bellissima torre cilindrica dell'Alto Lido. La denominazione è certamente dovuta alla posizione della torre arroccata su un pianoro sopraelevato di circa 80 metri e alquanto distante dal mare in direzione dell'attuale località marina "Montagna Spaccata" nei pressi di Lido Conchiglie. Nei documenti e nelle carte geografiche del tempo il suo nome ha subito varie alterazioni: talvolta è detto semplicemente dell'Alto, altrove dell'Artellotto, dell'Arteglio, dell'Attolido. Secondo quanto affermano gli storici Onofrio Pasanisi e Primaldo Coco, la torre con molta probabilità venne costruita nel 1565; ma gli stessi confessano che non hanno potuto accertare se la torre dell'Alto Lido, insieme a poche altre nel Salento, fu costruita in seguito ad un ordine del Duca d'Alcalà negli anni 1560-61 oppure alcuni decenni prima per ordine di Don Pietro di Toledo nel 1532-33. La torre viene costantemente riportata sia nell'elenco dei Mazzella, sia in quello dell'Alemanno, come in tutta la cartografia dal sec. XVII in poi. Dato il suo limitato spazio interno, che ne consentiva la utilizzazione unicamente come vedetta sul mare, e data la sua forma cilindrica, a noi sembra appartenere alla prima meta del '500. Il peso della vigilanza ed efficienza della torre ha sempre gravato sulla Università di Galatone, la quale, in un documento dell'1 luglio 1686, informava le autorità provinciali che in quello stesso anno aveva sopportato il peso di rifare il ponte nuovo, e ancora di aver speso annui ducati 60 per il caporale e ducati 25 per il compagno torriero, oltre alla continua provvisione di munizioni, cioè palle, polvere e miccia occorrenti per l'esercizio di tale presidio. Nel 1583 la torre era custodita dal caporale Cordoba Bartolomeo; nel 1609 invece troviamo come responsabile militare un certo Carlo Caputo. Il 15 novembre 1706 il notaio E. Bonvino di Nardò riferisce un episodio riguardante il caporale della torre dell'Alto Lido: "Leonardo Longo della Terra di Galatone e Caporale della torre marittima detta Aldo Lido, territorio in questa città, davanti a noi dichiarò che entro il mese di settembre 1706 esso Leonardo fece una relazione al Sig. Carlo Brancaccio, Preside di questa Provincia, che nel porto di S. Caterina, poco distante dalla sua torre, una notte era sbarcata una barca e scaricò tavole, seta e tabacco, e che dette robbe l'avessero comprate li Sig.i Abate Orazio Giocoli, Vicario Generale de questa città, l'Abate D. Oronzo Spraviente e Gio Maritato di Nardò, come riferito da persona ecclesiastica degna di credito, e come caporale era in obbligo di fare detta relazione. Ma oggi ha capito che quello che gli è stato raccontato è tutta buggia e invenzione e perciò ritrae quella relazione, perché non sapeva che quella persona, che gli riferì tutto, lo fece per fini particolari". Il quadro indicante il grado di conservazione e funzionalità delle torri costiere dello Jonio, redatto nel 1820, la indica in pessimo stato e abbandonata. Sebbene nel 1686 il sindaco di Galatone dichiarasse che l'Università aveva a sue spese costruito il nuovo ponte per la Torre dell'Alto Lido, oggi la medesima risulta sprovvista di scala esterna monumentale. Nel suo interno presenta una piccola stanza a piano terra, con porta d'ingresso, ed una al piano superiore, cui si accede tramite una scaletta ricavata, forse in epoca tarda, all'interno della spessa muraglia perimetrale».

http://www.bpp.it/Apulia/html/archivio/1984/I/art/R84I006.html


Gallipoli (torre Pizzo)

Dal sito http://immaginidelsalento.blogspot.com   Dal sito www.vacanzenelsalento.com

«Nelle antiche mappe è detta anche "del Cotriero o Catriero". Secondo alcuni il termine deriverebbe dal greco "acroterion = estremità". Si trova in feudo di Gallipoli, quasi ai confini col territorio di Taviano, in località detta "ll Campo". Posta a circa 50 metri di distanza dalla costa (in quel punto alta circa 20 metri), domina una vasta area e custodisce una zona di mare ancora incontaminata e straordinariamente affascinante. Nelle immediate vicinanze sorge una masseria fortificata. Per la forma cilindrica, secondo quanto afferma la studiosa M. Letizia Troccoli Verardi, potrebbe risalire al tempo del viceré D. Pedro di Toledo, cioè nella prima metà del '500. è documentato che funzionava perfettamente nel 1569, sotto la denominazione "Punta di Gallipoli". Nel 1579 la torre fu oggetto di una disputa legale tra le Università di Taviano e di Gallipoli. Sebbene essa sorgesse in territorio di Gallipoli, tuttavia era molto vicina all'abitato di Taviano; sicché Gallipoli, già oberata da tante responsabilità militari, insisteva presso la Corte di Lecce perché la cura della torre, e soprattutto la paga al caporale ed ai compagni torrieri, fosse assolta dai cittadini di Taviano. In seguito a pressanti inviti da parte dei Gallipolini, le autorità centrali, già nello stesso anno 1579, avevano obbligato la città di Taviano alla corresponsione di ducati 69 per spese militari. Immediatamente gli amministratori di Taviano, convinti di essere gravati di pesi non loro, incaricarono il Procuratore dell'Università, Vittorio Baldassarre, di spedire una garbata ma chiara protesta alla Regia Camera della Summaria, la quale liberò la detta Università del pesante fardello. A questo punto Gallipoli, con tutta l'influenza della sua autorità civile e militare, appellò la sentenza e cercò di ottenere l'annullamento del provvedimento, ma non ci riuscì; infatti risulta che nell'anno 1586 il Preside della città di Gallipoli, Gio Cola Verdesca, aveva erogato ducati 12 ad Andrea Pende, Caporale della Torre del Pizzo, e ducati 7 ad Angelo Nigro, compagno torriero, per il servizio di vigilanza prestato per tre mesi dal primo giugno a tutto agosto di quell'anno. Forse alla suaccennata disputa fa riferimento un altro foglio del documento gallipolino; la città di Gallipoli in data 6 novembre 1590 chiedeva nuovamente di essere esonerata dalla paga ai cavallari, ordinari di notte e straordinari di giorno, "in quanto ne poteva fare di manco, poiché essa città è sita sopra di uno scoglio alto in mezzo del mare che facilmente il dì scopre per molte miglia a torno e, senza tenere con tanta spesa detti cavallari estraordinari, si può da se guardare come sempre ha fatto". Nel 1655 viene registrato, come caporale, un certo Diego Lupo. La Commissione Regia del 1815, insieme a poche altre torri della costa ionica, la giudica idonea ad essere armata con pezzi di artiglieria pesanti e nuovi. Negli ultimi anni è stata opportunamente restaurata ad abitazione».

http://www.bpp.it/Apulia/html/archivio/1984/I/art/R84I006.html


Gallipoli (torre Sabea)

Dal sito www.caramuscio.it/   Dal sito www.vacanzenelsalento.com

«A circa cinque chilometri da Gallipoli, sulla scogliera di settentrione, si può ammirare un'altra torre posta nelle immediate vicinanze del mare. Nelle mappe e nei documenti militari è detta "Torre Sapea o Spea", ma dai Gallipolini è conosciuta come "La Vecchia Torre". è di forma quadrata, simile nel disegno ma anteriore alla Torre S. Giovanni della Pedata. Molto probabilmente la sua costruzione fu decisa durante la visita in Terra d'Otranto del Presidente della Regia Camera, Alfonso Salazar, accompagnato dal regio ingegnere Ettore Scala e fu terminata entro l'estate del 1569. Torre Sabea è riportata negli elenchi delle torri fatti dal Mazzella (1586 e 1601) e da Bacco Alemanno (1609); come pure è sempre presente nella cartografia del '600. Nei documenti di Gallipoli troviamo questa descrizione: "La città di Gallipoli per la parte della sua marina di tramontana tiene una torre chiamata la Sapea distante tre miglia dalla città". La medesima fonte ci informa che la responsabilità della torre, come anche della vicina costa, fu sempre di competenza dell'Università di Gallipoli col contributo però dei paesi convincini. Un dispaccio, redatto a Lecce il 10 dicembre 1569, si assicura che in quella data la Torre Sabea era quasi pronta all'uso: "Magnifico Percettore della nuova città di Otranto Gian Bonori, a noi è stata presentata la sottoscritta fede che l'architetto delle torri e città di Terra d'Otranto e di Bari è Paduano Schiero, regio responsabile in questa provincia, facemmo fede per la spesa fatta per il Magnifico Silvio Zaccheo sindaco della città di Gallipoli in la Torre dei Sapea, sita nel territorio di detta città per la scala, porte, finestre e serratura, quale ispesa somma ducati 8 e grana dudici e mezzo". Infine il Sindaco di Gallipoli, in data 3 gennaio 1570, conferma che, secondo quanto stabilito, furono effettuati i lavori per la torre Sabea la cui somma ammontava a ducati otto e grana dodici e mezzo. Il 22 gennaio 1571 Paduano Guarino della città di Lecce faceva fede che "Gio Bonori, Regio Percettore della Terra d'Otranto, per mano di Benvenuto Risaliti suo Cassiero ha pagato nel giorno 17 gennaio 1571 ducati 53 al caporale ed ai compagni della torre dei Sapea sita in territorio di Gallipoli e cioè: a Domingo Diaz caporale dal 1° maggio per tutto settembre e dalle 7 di ottobre per tutto dicembre per il passato 1570, ducati 31; a Cesario Spano compagno dal 1° maggio per tutto novembre 1570, ducati 17 e mezzo; ad Antonio Farsanito compagno dalle 7 di ottobre sino alla fine del 1570, ducati 4 e grana 11, che messi insieme sommano ducati 53 per loro soldo di governo fatta la guardia in quella torre dei Sapea, il caporale in ragione di ducati quattro e li compagni di ducati due e mezzo per ciascuno il mese".

Da queste precise notizie possiamo concludere che la Torre Sabea divenne effettivamente funzionante nella primavera del 1570; da quel momento in poi il presidio militare fu in grado di vigilare il tratto di mare antistante e di segnalare alla città di Gallipoli l'arrivo di navi battenti bandiera turca o corsara. Nel mese di gennaio del 1573 subentra, come caporale della torre, Francesco Meldonato spagnolo, coadiuvato in questo compito dai compagni torrieri Asterio Pettaro e Francesco Lupo anche per tutto l'anno 1674. In altro documento, redatto a Lecce il 16 settembre 1586, sono registrate le paghe che in quegli anni venivano somministrate ai caporali ed ai torrieri di servizio tramite Gio Cola Verdesca, Preside della Città di Gallipoli: a Ipofaro De Cunes, caporale per la durata di dieci mesi, dal primo di ottobre 1582 fino a tutto luglio 1583, furono consegnati ducati 36; ducati 4 ad Asterio Pettaro, compagno torriero, durante i mesi di ottobre e novembre 1582, computando il mese di ottobre composto di 20 giorni secondo il nuovo Calendario Gregoriano; ducati 20 ad Alfonso Lopez, compagno torriero, dal primo ottobre 1582 fino a tutto luglio 1583; ancora ducati 12 a Pietro Leon Caporale e ducati 7 a Pietro de Avila compagno. Molto probabilmente erano sorte delle liti tra i soldati, che avevano prestato servizio alla torre e l'Università di Gallipoli: i primi facevano ricorso alle Autorità Provinciali e perfino alla Regìa Camera di Napoli, affinché i loro salari fossero soddisfatti fino all'ultimo centesimo; gli Amministratori di Gallipoli, d'altro canto, emettevano precisi e circostanziati rapporti che attestavano la regolare somministrazione delle paghe. Sta di fatto che in data 22 maggio 1585 la Regia Camera di Napoli, pur prendendo atto che l'Università di Gallipoli corrispondeva circa 220 ducati annui ai caporali ed agli altri soldati della torre Sabea, esortava la medesima ad essere più sollecita a liquidare le somme dovute. Nel 1589 è registrato come caporale Giosuè Martinez, mentre nel 1697 ha prestato servizio Gio Andrea Ruoda in compagnia del torriero Giuseppe Finograna; Quintino Maggio invece risulta caporale dal 1° gennaio a tutto novembre 1730, coadiuvato dai compagni torrieri Quintino Cernasi, Gio Antonio D'Amico e Gio Antonio Merico. Nel febbraio 1767 morì il caporale Gio Andrea Rota e le autorità leccesi, preoccupate che la torre rimanesse priva del responsabile militare, esortarono il Sindaco di Gallipoli ad eleggere un torriero interino: "Con Lettera di Gaetano Ates, Sopraguardia di Cesaria, in data 2 febbraio 1767 abbiamo tenuto avviso che sia passato a miglior vita Gio Andrea Rota, caporale della torre dei Sapea. E comando che la medesima resti provvista di un torriero per interim sin a tanto che da Sua Ecc. sarà provvisto. Intanto, voi Sindico ed Eletti di Gallipoli, dovete eleggere due persone atte, abili et idonee per l'esercizio di Torriero e inviarle subito da noi acciò se ne possa eliggere uno ad arbitrio". Nel 1820 la torre era in abbandono ed in pessimo stato, anche se sul terrazzino vi era ancora un cannone di ferro con calibro 3. Agli inizi del nostro secolo la torre subì alcune modifiche nel suo interno; nel 1974 fu definitivamente restaurata per interessamento di Angelo Mollone e su perizia di Vittorio Faglia. Oggi nei pressi della Torre esiste un ben avviato stabilimento per campeggiatori detto "Camping la Vecchia Torre". ...».

http://www.bpp.it/Apulia/html/archivio/1984/I/art/R84I006.html


Gallipoli (torre San Giovanni della Pedata)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal sito www.laterradelsalento.com

«A circa tre chilometri a sud di Gallipoli si erge a pochi metri dal mare la torre di S. Giovanni della Pedata, costruzione di limitate dimensioni a forma quadrata. Secondo quanto afferma Onofrio Pasanisi, l'edificazione di questa torre fu decisa nel 1582, ma effettuata solo dopo il 1608 per mancanza di fondi. Il Mazzella, quando elenca le torri marittime di Terra d'Otranto, non fa menzione della Torre S. Giovanni della Pedata; mentre l'atlante manoscritto a colori di Mario Cartaro del 1613 e quello di Bari riportano anche la torre costiera in questione; non viene menzionata invece dall'Atlante dei Magini. Il noto documento Gallipolino descrive la sua ubicazione: "Per parte poi della marine di scirocco (Gallipoli) tiene un'altra torre chiamata S. Giovanni della Pedata distante due miglia dalla città"; il medesimo rapporto militare ci informa ancora che il tratto di spiaggia tra la suddetta torre e la città veniva continuamente perlustrato da "Cavallari ordinari e straordinari soliti" pagati dall'Università di Gallipoli. Giuseppe Sala, capitano, sopraguardia e proprietario del Comarca di Cesaria e Marina di Gallipoli fino alla Torre di Novaglie, ci assicura che il Caporale Basso Giovanni e il compagno torriero Giuseppe Pellegrino hanno custodito detta torre per tutto l'anno 1730. Oggi tutta la zona è stata ormai raggiunta dalle enormi costruzioni moderne che, durante l'estate, fanno riversare migliaia di bagnanti su questo splendido tratto di mare. Il nome S. Giovanni, certamente preso da un'antica cappellina o grotta, negli ultimi anni è stato comunicato ad un importante stabilimento turistico per la balneazione, sorto proprio a ridosso della torre, molto noto anche negli ambienti turistici stranieri. Non siamo riusciti però a dare una plausibile spiegazione al curioso termine "Pedata"».

http://www.bpp.it/Apulia/html/archivio/1984/I/art/R84I006.html


Galugnano (palazzo baronale Dellanos)

Foto Antonio Lella, dal sito www.comunesandonatodilecce.it   Dal sito www.galugnano.it

«I territori sui cui sorge il paese sono stati abitati fin dai tempi più antichi come testimoniano menhir e specchie presenti numerosi nelle campagne intorno all'abitato. Si ritiene che il paese sia stato fondato dai Messapi. In origine in zona vi era una forma abitativa dispersa con abitazioni concentrate in più centri (Galugnano, Lete, Siosti, Ussano). In un secondo momento si passò ad una forma aggregata con Galugnano che assorbì gli altri tre insediamenti. Nel corso dei secoli passò sotto il controllo di Greci, Romani, Barbari e Bizantini fino ad arrivare al periodo feudale. Nel 1192 Tancredi d’Altavilla, Conte di Lecce, donò Galugnano a Giorgio Remanno. Nel 1285 i dell'Acaya divennero signori di Galugnano per volere di Carlo II d’Angiò. Il Regio Baglivo Ramirez Dellanos acquistò dai dell'Acaya il feudo di Galugnano il 6.10.1587 e a lui si deve la costruzione del Palazzo Baronale. Nel 1621 Dellanos vendette i suoi possedimenti ad un certo Nicolò di Andrea Levanto. Durante il governo dei Levanto sorsero le chiese dell'Annunziata e della Madonna della Pietà. I Levanto, caduti in disgrazia, vendettero il feudo al nobile leccese Geronimo Massa, ultimo feudatario. Finito il periodo feudale, il comune di Galugnano venne aggregato a quello di San Donato e nel 1886 ne divenne frazione (cinquecentesca carta Castaldina). è impossibile stabilire la data esatta di costruzione del palazzo baronale Dellanos: non esistono epigrafi di sorta, saltuari i lavori di costruzione e tuttora incompiuti. Si suppone, tuttavia, che i lavori di costruzione della sua dimora nella nuova residenza siano iniziati subito dopo l’acquisto di Galugnano nel 1587. Il progetto prevede una fabbrica quadrangolare a due piani con ampio giardino interno. In questa prima parte i lavori si limitano al completamento dell'ala Sud, ai locali del piano terra alle spalle della costruzione ed alla parte prospettica che va dall'ala sud al portone d'ingresso incluso; ciò è riscontrabile dalla asimmetrica confrontatura dei cuccetti per tutta l'altezza del palazzo subito dopo il portone d'ingresso. Per caratteristiche costruttive rilevate durante lavori di consolidamento vi è fondato motivo di credere che parti di preesistente o preesistenti costruzioni dell'ala sud siano state conglobate nel progetto Dellanos. Degno di rilievo è un monumentale camino».

http://castelliere.blogspot.it/2013/11/il-castello-di-sabato-9-novembre.html


Giuliano (castello)

Foto di Psymark, dal sito it.wikipedia.org    Foto Pantaleo Ciullo, dal sito www.torrevado.info/   Dal sito www.paesionline.it

«Sorge nel centro di Giuliano, si affaccia su Piazza Castello e costituisce una della testimonianze più importanti e prestigiose dell’arte fortificatoria feudale. Ad esempio, è uno dei pochi castelli feudali del Salento che abbia mantenuto il suo impianto originario e conservato intatto il fossato: attualmente l’ingresso al castello avviene attraverso un ponte in muratura, nel mentre il fossato isola completamente il fortilizio dal muro perimetrale esterno. Purtroppo vegetazione spontanea, erbacce, sterpi e arbusti selvatici d’ogni tipo hanno invaso il fossato: conseguenza del deplorevole stato di abbandono in cui sono lasciati questi nostri importanti monumenti dell’antica architettura militare. I caratteri essenziali del castello di Giuliano sono quelli tipici dell’arte castrense in generale e delle fortificazioni medievali in particolare: torri, cortine, poderosi bastioni verticali atti alle difese piombanti. Due torri quadrate, alte e ben proporzionate rispetto al corpo del fortilizio, sono addossate ai due spigoli del castello sul fronte principale, quindi sono libere ciascuna su tre lati: nella parte bassa dette torri si slargano gradualmente, contribuendo ad assicurare maggiore solidità all’intera struttura. La torre di destra purtroppo è compromessa nella sua bellezza a causa di una nuova costruzione addossata alla torre medesima, con la quale ormai fa corpo unico. Il cuore del castello è costituito da un atrio centrale scoperto sul quale si affacciano tutti gli ambienti, quelli a piano terra destinati ai servizi (scuderie, depositi, locali per la servitù, ecc.), quelli a primo piano destinati alla residenza del feudatario; le volte degli ambienti posteriori sono crollate ab immemorabili. Il castello è di proprietà privata».

http://www.torrevado.info/salento/castello-giuliano.asp


Giurdignano (castello baronale)

Dal sito www.leccenews24.it   Dal sito www.otrantooggi.it   Dal sito www.varomaonline.it

«Percorrendo la strada principale del paese ci si trova dinanzi ad una piazza molto suggestiva per bellezza dei suoi monumenti artistici come la chiesa di stile barocco, ed il palazzo baronale. Dopo l’invasione turca nel 1480 Giurdignano venne fortificata dal re di Napoli che fece costruire nel ‘500 il primo palazzo baronale. Al quale si aggiunse nel ‘600 un secondo attiguo, circondata da un fossato che fu terminato nei primi del ‘700. Non si sa con esattezza chi abbia abitato il palazzo in questi secoli, ma non si hanno notizie precise dai primi del’800 ad oggi. Nei primi anni del secolo, i feudatari del paese furono i signori Alfarano Capece, famiglia illustre di origine greca col titolo baronale. Successivamente questa famiglia lo vendette a donna Filomena Bello la quale sposò don Peppino Montori, dal quale ebbe un figlio Filippo, che ereditò il palazzo restaurandolo nel 1915. Rifece il tetto sostituendolo con tegole nuove, alla morte di don Filippo Montori, il palazzo fu venduto all’asta in quanto non essendoci eredi, ma anche perché aveva contratto molti debiti. Nel 1934 la acquistò il signor Mauro Ruggero e da allora è stato conservato dalla famiglia Mauro che l'ha tramandato da padre in figlio. Percorrendo la strada principale del paese, ci si trova dinanzi ad una piazza molto suggestiva per la bellezza dei suoi monumenti artistici come la chiesa parrocchiale. L’ingresso principale del palazzo baronale, è costituito da un arco a tutto sesto, in bugnato liscio tipico del 1400, con lo stemma baronale deturpato dal tempo. Nel retro del portale vi sono i ruderi delle strutture di un ponte levatoio, il quale ci fa capire che il castello era preceduto dal fossato. Entrando nel cortile, si può notare la facciata del palazzo preceduto da due alte e profonde arcate che reggono una discreta balconata di stile barocco. Salendo per una ripida scaletta, nel retro del palazzo si accede in una grande sala con la volta a botte con affreschi, purtroppo deturpati dal tempo. Si possono intravedere delle cornici d vari colori con ghirigori agli angoli di ogni cornice, al centro di esse vi sono dei medaglioni che racchiudono delle teste nobiliari che risalgono allo stile barocco, come pure il pavimento decorato con colori policromi eseguiti da artigiani locali. Nelle altre stanze attigue i soffitti sono stati rifatti all’inizio del 900, gli affreschi delle pareti sono andate completamente perdute. Le finestre del palazzo racchiuse da lesine molto lineari testimoniano la fusione di stili con alla sommità di esse di stemmi di vari casati del 1500 e del 1600».

http://www.varomaonline.it/salento/giurdignano/palazzo_baronale.htm


Lecce (castello di Carlo V)

a c. di Lucia A. Buquicchio


Lecce (masseria Papaleo o Tagliatelle)

Dal sito https://massimonegro.wordpress.com/   Dal sito www.seti-engineering.it   Dal www.salentoacolory.it

«Lecce svela un’altra delle sue meraviglie e apre le porte di Masseria Tagliatelle, all’interno delle Cave di Marco Vito [sulla strada che da Lecce conduce a San Cesario]. Duecentocinquanta metri quadrati di copertura per la masseria del ‘700, che durante i lavori di recupero si è rivelata essere una seconda costruzione su un palazzo nobiliare risalente al 1500, residenza di Scipione de Summa, governatore della Terra d’Otranto. La struttura si trova all’interno del parco urbano e ha anche le caratteristiche di una laura basiliana. ... All’interno della struttura sono presenti i resti di un antico Ninfeo ipogeo, probabilmente all’epoca sorgivo, dove le dame di Lecce si riunivano nei momenti conviviali, per immergere i piedi nell’acqua durante i periodi più caldi. Al Ninfeo delle Fate si accede da un’antica scala sulla quale campeggia un affresco, datato 1585, che illustra l’Annunciazione. All’interno, dodici nicchie occupate dalle “fate”, disposte intorno alla stanza».

«... Un gioco di archi dalle grandezze e altezze variabili, mantenuti ancora in piedi grazie a chissà quale miracolo, ci conduce all’interno del complesso, dinanzi alla lineare e imponente facciata dell’edificio. Le decorazioni esterne sulle architravi delle tre porte di accesso al piano nobile fanno intuire, con pochi dubbi, l’importanza del luogo. Da segni ormai non più visibili, ma giunti sino a noi da chi nei primi decenni del secolo scorso visitando il luogo ha voluto lasciar memoria per iscritto della propria visita, si pensa che sia appartenuta a Scipione de Summa, che governò nella Terra d’Otranto dal 1532 al 1542. Siamo nel periodo in cui, grazie a Carlo V, si iniziava la progettazione e costruzione del maestoso Castello di Lecce. È evidente che la stessa attuale denominazione di masseria potrebbe essere impropria, trattandosi quindi di un vero e proprio palazzo nobiliare. Ma il complesso ha molto probabilmente origini che potrebbero andare poco più indietro nel passato. Infatti, giunti dinanzi alla scalinata che conduce all’esterno, sul lato sinistro del complesso, ove molto probabilmente sorgeva un giardino, in alto sulla lunetta vi è un affresco rappresentante l’Annunciazione, e in basso (forse) si legge 1518 [?]. L’affresco è rovinato ma grazie all’altezza non a subito danni ancora maggiori. La scalinata anzidetta conduce all’esterno, alla base del blocco calcareo su cui poggia il grande complesso. Dopo pochi passi è ben visibile una piccola porta. A guardarla oggi, con sguardo superficiale e veloce, sembra una normalissima entrata. Una di quelle che possono condurre in qualche locale di servizio, in qualche scantinato. Ma basta porre un minimo di attenzione per rendersi conto che non è un accesso come tanti altri. Il tempo e lo sfarinamento della pietra leccese ha ormai reso irriconoscibili i dettagli di una architrave che doveva essere di particolare pregio.

Francesco Tummarello che visitò il posto nel 1925 ci ha lasciato questa descrizione: “Appena si mette piede nel giardino, si è richiamati da un grande bassorilievo su l’architrave d’una porta -della murata a destra del caseggiato soprastante. Tale bassorilievo, intagliato sulla pietra leccese, e formante l’architrave, è quasi tutto corroso, ma vi si scorgono ancora due grandi angioli che sostengono una targa con una logora e indecifrabile iscrizione, la quale principia colla seguente parola: NIMPHIS ET…. POMO…. in carattere lapidario romano. Poco al disopra, sono intagliati due piccoli scudi colle insegne attaccati alla cornice; in uno dei quali scorgonsi due torri e un leone rampante”. Oggi di quello che vide il Tummarello resta ben poco. È visibile ancora l’angioletto di destra; di quello di sinistra si intuisce che vi era dai contorni sgretolati della pietra. Dell’iscrizione non resta praticamente nulla. Una pietra particolarmente delicata (non tutta la pietra leccese è uguale in quanto a resistenza e sfarinamento) e nel tempo non curata purtroppo ha fatto giungere ben poco sino a noi. Ma quello che lascia intuire la porta di accesso è ben poca cosa rispetto a quello che appare una volta entrati. Basta fare un passo all’interno, pochi secondi che la vista si abitui alla penombra e si viene colti da un evidente sensazione di incredulità. Grandi figure femminili sembrano prender vita dalle pareti. Le fate del Ninfeo di Masseria Papaleo. ...» (testo di Massimo Negro).

http://www.salentodove.it/svelato-lecce-ninfeo-delle-fate-del-500-gallery-video - https://massimonegro.wordpress.com/2013...


Lecce (palazzi)

Dal sito http://digilander.libero.it/vdslecce   Dal sito www.leccenelsalento.it

«Il Palazzo del Seggio o Sedile di Lecce è un maestoso edificio cubico aperto su Piazza S. Oronzo. Fu costruito verso la metà del ‘500 da Alessandro Saponaro ed era destinato a rivestire un ruolo di rappresentanza della città di Lecce. La struttura del Sedile è suddivisa in due piani di cui quello inferiore con due mura, quella frontale e la superficie di sinistra che guarda verso l’Anfiteatro, aperte da immensi archi ogivali e al piano superiore una loggia composta da tre archetti. L’ampia sala interna del Palazzo del Seggio è decorata con affreschi sulla vita di Carlo V e presenta sulla parete di fondo un grandioso camino e ha due accessi secondari. Inoltre sul muro laterale conserva un’epigrafe scritta in spagnolo che il re di Spagna, Carlo di Borbone inviò alla città di Lecce nel 1744 per ringraziare i leccesi del dono offertogli, due caraffe con olio santo di S. Oronzo. In principio il Sedile era anche il prestigioso magazzino per le munizioni della città di Lecce, nel corso del tempo divenne sede del Municipio fino al 1851, dopo fu destinato alla Guardia Nazionale. A ridosso tra Ottocento e Novecento fu sede del Museo Civico. Oggi il palazzo del Seggio è spazio culturale destinato ad essere una delle location più ricercate per gli artisti che vogliono esporre le loro opere a Lecce.

Palazzo Adorni è stato voluto dal genovese Gabriele Adorno, generale della marina imperiale di Carlo V, residente a Lecce. Edificato esattamente nel 1568, Palazzo Adorno è caratterizzato da una facciata a bugnato liscio su cui spicca lo stemma gentilizio della famiglia del militare. All’interno di Palazzo Adorno si apre un bellissimo cortile tutto decorato. Oggi è la sede dell’Amministrazione Provinciale di Lecce.

Palazzo Carafa insieme alla sua chiesetta adiacente, fu costruito dal vescovo Sozi-Carafa, da cui ne ereditò il nome, intorno alla metà del Cinquecento per sostituire il precedente edificio mal messo. Nel tempo è stato abitato da diversi ordini monastici fino a quando il vescovo Nicola Caputo lodestituì dalla sua originaria funzione di sede religiosa per passarlo nelle mani della Provincia di Lecce che lo proclamò sua sede definitiva. In seguito a questo passaggio di consegne la struttura fu modificata sia internamente che esternamente per essere adattata alle nuove esigenze funzionali del Palazzo, aprendo sulle strade di Lecce ariose finestre e eleganti balconi in stile Neoclassico. Ancora oggi Palazzo Carafa è uno dei poli amministrativi di Lecce, in quanto è la sede del Comune. ...».

http://www.leccenelsalento.it/lecce/palazzi-di-lecce/


Lecce (porte)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.salentofoto.it

«PORTA S. BIAGIO. La porta S. Biagio risale al 1700. Costituita da un solo arco e presenta la facciata scolpita minuziosamente su cui sono posti due stemmi di Lecce. Composta da colonne binate che furono ricostruita nel 1774 su una porta già preesistente. Nella parte superiore si erge la statua in pietra raffigurante San Biagio.

PORTA NAPOLI. Porta Napoli, conosciuta anche come Arco di Trionfo, sorge nell'omonima piazza e fu eretta, nel 1548, in onore dell'imperatore Carlo V, su disegno di Giangiacomo dell'Acaja, dalla cittadinanza grata per le opere di fortificazione fatte realizzare in difesa di Lecce. Presenta un arco fiancheggiato da una coppia di colonne per lato, con capitelli compositi, che reggono un timpano triangolare. In esso sono scolpiti l'aquila bicipite, stemma dell'Impero austro-spagnolo, un doppio colonnato e i cannoni. Alto circa venti metri, questo monumento fu realizzato nel luogo dell'antica porta di San Giusto.

PORTA RUDIAE. Porta Rudiae venne chiamata così perché da essa iniziava la strada per la città di Rudiae. La porta originale crollò verso la fine del 1600 ma fu generosamente ricostruita nel 1703 da un patrizio leccese. La porta è sormontata nella sua parte più alta da una statua che raffigura Sant'Oronzo e lateralmente dalle statue di Sant'Irene e San Domenico. La statua di Sant'Oronzo è in alto sull'epigrafe dedicatoria dove si narra la leggendaria origine di Lecce, mentre sull'architrave è possibile vedere i busti dei mitici fondatori della città: Euippa sposa di Idomenco, Malennio re dei Salentini e fondatore della città, Dauno figlio di Malennio e Idomeneo che secondo la leggenda, avrebbe dato il nome alla città».

http://www.nelsalento.com/guida/id/64/lecce/porte.aspx


LECCE (ruderi di torre Veneri)

Dal sito www.torreveneri.info   Dal sito www.bbsalento.it

«Datazione: costruita a partire dal 1567 dal Maestro Nicola Saetta. Proprietà: demaniale. Torre Veneri è una torre costiera edificata per far fronte alle incursioni dei saraceni nel Salento. Sorge su un lieve sperone roccioso. La torre presenta una struttura troncopiramidale dalla base fino al cordolo, mentre termina in forma parallelepipeda. Costruita su due piani, presenta al pian terreno una cisterna e una scala in pietra che conduce al primo piano. Quest'ultimo, con volte a crociera conserva ancora l'antico camino e una scala che conduce al terrazzo. Presenta caratteristiche delle torri delle masserie fortificate e delle torri fatte costruire dallo Stato della Chiesa lungo le coste tirreniche».

http://www.bbsalento.it/scheda-luogo.php?id_str=219


Lecce (torre del Parco, torre di Belloluogo)

redazionale

  


Lequile (resti del castello d'Enghien e palazzo Saluzzo)

Palazzo Saluzzo, dal sito www.comune.lequile.le.it   Dal sito www.italy-italy-hotels.com

  

«Il Castello dei d'Enghien, situato nella piazza principale e già proprietà dei principi Ruffo, risale al XIV secolo e fu edificato dalla famiglia Orsini Del Balzo. ... Il Palazzo dei Principi Saluzzo (oggi De Palma) si presenta con ampie finestre e vasto loggiato. Notevole per i suoi vasti ambienti e per le numerose sale che lo compongono, l'attuale edificio venne probabilmente ampliato nella prima metà del XVII secolo, con oratorio nel piano superiore e una biblioteca privata che custodisce preziosi incunaboli e diverse stampe antiche pugliese. Al piano terra è annessa una cappella dedicata a San Giorgio».

http://www.comune.lequile.le.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=59&Itemid=154


Leverano (torre)

a c. di Giuseppe Resta


Lizzanello (castello baronale Paladini)

Dal sito www.torredibelloluogo.com   Dal sito it.wikipedia.org

  

«Il Palazzo baronale Paladini è di origine quattrocentesca e fu edificato originariamente come castello. Modificato una prima volta nel Cinquecento, fu trasformato in residenza signorile da Giovanni Paladini nel XVII secolo. Ha subito arricchimenti e modifiche nei corso dei secoli seguenti, in particolare in epoca neoclassica. Della struttura originaria rimane, nella parte posteriore, una torre in pietra leccese. La torre possiede una base tronco-conica e si sviluppa con una pianta cilindrica. L'interno custodisce lo stemma dei Paladini consistente in uno scudo diviso in quattro parti, con due gigli bianchi su corpo rosso e due rossi su corpo bianco: la targa è sormontata da un cimiero e riposa sulla croce di Malta. Seicentesca è anche la circolare torre colombaia posta alle spalle del palazzo. Lo stile architettonico tardo-rinascimentale del palazzo, costruito molto probabilmente con la consulenza di Gian Giacomo dell'Acaya, fu stravolto verso la fine dell'Ottocento con la trasformazione della facciata e del giardino in stile neoclassico. Il prospetto, che conserva ancora la base scarpata, è caratterizzato da un austero allineamento di grandi finestre e da una portale trapezoidale sormontato dallo stemma dei Lotti, ultimi feudatari di Lizzanello. Nulla è rimasto delle numerose opere d'arte che rendevano lussuoso l'edificio in quanto vendute a privati o trasferite a Napoli nel palazzo partenopeo dei Lotti. Non esistono più neanche le cappelle interne dell'Annunziata e di San Salvatore, intitolata successivamente a San Gregorio. Restano tuttavia un frantoio ipogeo e una torre casamatta munita di petriere e saettiere».

http://it.wikipedia.org/wiki/Lizzanello#Palazzo_baronale_Paladini


Lucugnano (castello degli Alfarano-Capece, borgo)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.tricase.le.it

«Secondo alcuni storici il toponimo di Lucugnano deriverebbe dal gentilizio romano Lucullus o dal latino Lucus Jani, cioè bosco sacro alla divinità Giano. Infatti Lucus, in latino, significa non un bosco qualsiasi, ma un bosco sacro. Ciò è confermato dall’esistenza in questa zona di una vera foresta, il Bosco di Belvedere, che si estendeva in un territorio compreso fra Ruffano, Supersano e l’Adriatico. Si racconta che il Casale di Lucugnano sia sorto sotto l’occupazione della Repubblica Romana. Nel 1092 si hanno notizie della sua esistenza, e il normanno Conte Goffredo ne fece donazione ai monaci Basiliani e forse a Nardò. Furono signori e feudatari i Capece nel 1358, i Trane nel 1604 e gli Alfarano-Capece. Lucugnano è stato frazione del Comune di Tricase, passò a Specchia intorno alla metà del 1855 e poi definitivamente a Tricase con Decreto Regio del 23/09/1874. Del cinquecentesco Castello o Palazzo Baronale dei Capece, nobile famiglia di Terra d’Otranto con il titolo di Barone, rimane solo il torrione. La restante parte è frutto di vari e, non sempre positivi, rimaneggiamenti nei secoli successivi. Attualmente è diviso in due parti con relativi proprietari. Nella piazza centrale è situato il busto bronzeo in onore all’insigne salentino Girolamo Comi (1890 – 1968). Numerose sono le opere in prosa e in poesia del poeta di Lucugnano. Di fronte al monumento c’è il Palazzo Baronale del poeta Comi, attualmente proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Lecce, dove ha sede la Biblioteca Provinciale “Girolamo Comi”, a piano terra e il “Museo Comi”, nel piano primo, nel quale si conservano il patrimonio librario e gli scritti del poeta salentino».

http://www.comune.tricase.le.it/territorio/frazioni-e-rioni/item/lucugnano-3


Maglie (palazzo baronale Capece)

Dal sito www.salentoviaggi.it   Dal sito http://195.60.147.20/it

«è probabile che, nato dapprima in età angioina come modesto organismo difensivo, sia stato poi, verso la metà del XV secolo, rimaneggiato e rinforzato dai Lubello (baroni di Maglie sotto il regno di Alfonso I d'Aragona). Il castello era circondato da un fossato. Certamente subì seri danni nei primi tempi dell'assedio di Otranto (1-2 agosto 1480) quando squadre di cavalieri turchi correvano selvaggiamente verso i paesi costieri e dell'interno, depredando, bruciando, saccheggiando, imprigionando o tagliando a pezzi gli abitanti. Otranto non fu la sola a subire la violenza ottomana. Nel XVIII secolo il feudo di Maglie fu acquisito dal duca Ascanio Filomarino il quale decise di demolire il castello, in quanto fatiscente e in rovina, per trasformarlo in un signorile palazzo dalle linee architettoniche misurate ed eleganti. Del vecchio castello non restarono che le fondamenta, le scuderie, i magazzini di deposito, la casamatta (adibita, probabilmente, a deposito di munizioni) e il tardo cinquecentesco portale interno dell'atrio a grosse bugne sfaccettate, che un po' più in alto della chiave di volta dell'arco incastona, in araldico scudo, il leone lapideo dei Capece, ultimi feudatari, e precedentemente incastonò le imprese delle altre famiglie feudatarie. Il portale che noi oggi ammiriamo, sormontato da araldico scudo (il leone rampante dei Capece, che volge il dorso all'incoronata bicipite aquila dei Castriota-Scandeberg), da due maestose colonne e da un'elegante balaustra, fu voluto da don Giuseppe Pasquale Capece Castriota, signore di Maglie nel 1749, e fu realizzato dal noto architetto salentino Emanuele Manieri. Recenti lavori di ristrutturazione hanno portato alla luce i graffiti seicenteschi dell'ambiente destinato a carcere criminale. Su tre pareti sono incisi nomi e cognomi dei reclusi magliesi e dei casali vicini del periodo compreso dal 1601 al 1669. Del 21 luglio 1629 è l'iscrizione che ricorda due scomunicati che invano si erano rifugiati nel convento dei francescani La struttura ospita attualmente il Liceo Classico, intitolato a Francesca Capece, che donò l'edificio al Comune nei primi anni del XIX secolo».

http://www.comune.maglie.le.it/monumenti/dettagli.php?id_elemento=24&i=1&parola_chiave=


Marina di Novaglie (ruderi di torre Porto di Novaglie)

Foto di A. Bascià, dal sito https://culturasalentina.wordpress.com   Foto di Carlom, dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Torre Porto di Novaglie (Comune di Gagliano del Capo, località Novaglie, m. 8 s.m.) risale al XVI sec., ma è tanto ridotta a rudere che non si riesce a individuarne la tipologia. Ciò che resta potrebbe far supporre che fu circolare, ma questa è solo un’ ipotesi. Giace sul piccolo porto con accesso alla masseria Vagliano, ma in passato era collegata visivamente con torre del Ricco a nord e con Torre Montelungo a sud, quest'ultima ormai completamente scomparsa, come la seguente Torre di S. Maria di Leuca».

http://www.torrevado.info/torri-salento/torre-porto-novaglie.asp


Marina Serra di Tricase (torre Palane)

Dal sito www.bbsalento.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=J2dswQE51Rw

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi   Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi   Foto di Lucia Lioi, https://www.facebook.com/lucia.lioi

«Il litorale di Tricase si presenta ricco di insenature e piccole calette, ideali per lo sbarco di insidiosi e pericolosi manipoli di pirati barbareschi, insenature e calette che sono attualmente pittoreschi approdi per imbarcazioni da pesca o da diporto e incantevoli località frequentate da turisti e viaggiatori alla ricerca del “Salento da vivere”. Edificata a seguito del saccheggio di Castro e Marittima e dell’incendio di alcune località rivierasche e dell’entroterra (1537), tra cui anche Tricase, la possente torre si presenta divisa in tre registri per un’altezza complessiva di ben 15 m La poderosa base si presenta tronco piramidale con un ingresso realizzato successivamente. Un toro marcapiano divide il primo dal secondo registro che presenta un corpo quadrangolare con piccole finestre collocate lungo tre lati per osservare il mare e la costa, mentre sul lato monte si apre l’originario ingresso al quale si accedeva mediante una scala mobile in legno. La parte superiore presenta una piazza d’armi con una caditoia in asse con l’ingresso e una doppia cornice di beccatelli che corre lungo il perimetro della costruzione. La torre domina l’incantevole baia detta “la piscina” ricavata nella roccia arenaria per edificare la costruzione e per realizzare un pittoresco approdo».

http://www.salentoviaggi.it/comuni/tricase/torre_palane___444.htm


Marittima (palazzo baronale Maglietta, palazzo Spagnolo e altri palazzi)

a c. di Oreste Casciaro per Tecnoline


Marittima (fraz. di Diso, torre Baldassara, torre di Alfonso, torre Colombaia)

a c. di Oreste Casciaro per Tecnoline


Marittima (torre Lupo)

a c. di Oreste Casciaro per Tecnoline


Martano (castello baronale)

Foto di AIERVO, dal sito win.salento.us   Foto di AIERVO, dal sito win.salento.us   Dal sito www.salentoviaggi.it

  

«Ubicato su un'altura a 90 metri sopra il livello del mare, Martano dista da Lecce circa 20 Km. Nel 1486, sotto il feudatario Antonello Gesualdo, Martano aveva il castello, le mura con sei torri di vedetta ed il fossato. Si suppone ci fossero quattro porte per poter accedere all’interno della città, ma si hanno notizie certe solo di due, una delle quali, Porta Grande o Portella, si trovava ad oriente mentre l’altra, chiamata Porta Piccola, era situata a occidente. Dentro queste fortificazioni si serrarono i martanesi alla notizia dell'assalto turco di Otranto nel 1480. Dopo la riconquista aragonese, del 1481, il castello venne ricostruito. Sorse a nord-est, attaccato alle case dell'antico abitato dal lato sud e, protetto da un fossato, si raccordava, con i suoi massicci volumi, alle mura cittadine, difese da cinque torri poste a presidio della Terra (il Borgo). Di questo fortilizio fatto realizzare da Ferdinando e Alfonso d'Aragona, per proteggere la città dalle invasioni dei Turchi, rimangono la torre di via Marconi e l'imponente torrione cilindrico del castello che presenta la base scarpata, il toro marcapiano ed, all'interno, tre feritoie ed una cannoniera strombata. Dalla superiore piazza d'armi, con falconetti, colubrine ed archibugi si sparava contro gli aggressori. Sotto i Trani, nella seconda metà del ‘600, venne trasformato da edificio militare in palazzo baronale dall'esimio architetto coriglianese Francesco Manuli che sostituì la vecchia facciata con l'attuale, inserendo il bel portale con l'originale motivo delle bugne inclinate. Pregevole la balaustra della scalinata, animata da foglie-volto con valenza apotropaica. Nei piani superiori sono interessanti alcuni pavimenti maiolicati e le volte a mattrotta dipinte con fiorami, trombe, pifferi, tamburelli, festoni, scene bucoliche e scorci di campagna. La facciata del castello in via Pomerio, nella seconda metà del ‘700, sotto i Gadaleta, venne rifatta integralmente dai maestri martanesi Donato Saracino e Tommaso Pasquale Margoleo, molto attivi nella Grecìa Salentina.Alla fine del secolo XIX il palazzo divenne di proprietà del barone Mario Comi che proseguì nell'opera di ammodernamento della struttura abbattendo il torrione destro della facciata principale. Attualmente il Palazzo Baronale, che è uno dei monumenti principali di Martano, ospita eventi culturali».

http://castelliere.blogspot.it/2013/07/il-castello-di-mercoledi-24-luglio.html


Martano (palazzi)

Dal sito www.salentoviaggi.it   Dal sito www.comune.martano.le.it

«Definito col nome di "Terra" perché circondato da mura con fossato, torri e castello, la parte più antica di Martano rappresenta uno dei centri più interessanti del Salento sia per l'ottimo stato di conservazione che per la regolarissima struttura viaria ad andamento ortogonale che permette di ritagliare isolati rettangolari le cui dimensioni non superano i ventisei metri di lunghezza, misura che troveremo in altri centri della Grecìa Salentina. L'accesso all'abitato era garantito da due porte ora distrutte, messe all'estremità dell'attuale via Roma. Il minuto tessuto residenziale fatto non solo di piccole case a corte ma anche di palazzetti con straordinarie soluzioni architettonico - decorative (portali, balconi, finestre, colonne angolari, stemmi, etc.), è dominato dai due enormi volumi del Castello e della Parrocchiale che costituiscono momenti tra i più significativi della storia dell'arte salentina.

Palazzo Andrichi-Moschettini. Chi lascia l'abitato di Martano per raggiungere Otranto, si troverà di fronte, sulla sua sinistra, la lunga facciata a due piani del vasto palazzo Andrichi-Moschettini costruito tra il 1710 e il 1720. Sei aperture animano il primo piano; il fastoso portale, asimmetricamente collocato in facciata, e sormontato da un lungo balcone sorretto da sette mensoloni di notevolissima potenza figurativa ed inventiva; ben diciassette pilastrini definiscono la balaustra del balcone che inquadra un arco stemmato che, arretrato, contiene l'apertura per l'accesso al balcone. Altro esemplare tipico dell'abilità costruttiva delle maestranze martanesi e del gusto delle ricche famiglie committenti è l'elemento più caratteristico di questo edificio: la parte terminale, specie di ballatoio sostenuto da beccatelli e archetti pensili che si sviluppano per tutta la lunghezza della facciata e sono uno diverso dall'altro a riprova di una capacità ideativa veramente straordinaria. In alto nel parapetto si aprono le saettiere che servivano per scrutare se dal mare arrivavano i soliti temutissimi Turchi. ...

Palazzo Ducale (Palazzo Chiriatti-Corina). Il grande complesso, sito in via Calimera, è un valido esempio di architettura del tardo ‘800. Già sede di alcune edizioni della fiera-mercato Agorà, è in fase di consolidamento e di ristrutturazione, destinato a diventare un contenitore culturale polifunzionale. ...».

http://www.comune.martano.le.it/palazzi.asp


Martignano (case a corte e palazzi)

Dal sito www.martignano.net   Dal sito www.martignano.net

«La tipologia architettonica delle case a corte è un fenomeno tipicamente salentino che deve la sua fama più che alle proprie caratteristiche strutturali, alla funzione di coesione sociale che testimonia. Il fenomeno nasce nel 1500 e trova rapida espansione in tutto il Salento; dal punto di vista architettonico la casa a corte presenta un'unica entrata, caratterizzata da un portale d'ingresso più o meno rifinito a seconda della casata a cui appartiene, che porta ad un cortile interno su cui si affacciano gli ingressi per ogni singola stanza dell'abitato; raramente le stanze sono collegate tra di loro ma tutte si riversano nel cortile. Su questo si affacciano anche la stalla, la stanza del pozzo e la "pila" per il bucato che completano la struttura. Solitamente vi è anche un giardino sul retro delle abitazioni che, a differenza del cortile antistante non è lastricato. Le case a corte erano di proprietà dei latifondisti che le concedevano come unità abitativa ai propri braccianti. Ad abitarle era solitamente un unico nucleo familiare anche se spesso alcune stanze venivano concesse ai figli sposati. è superfluo ricordare che gli ambienti erano molto spartani; spesso la vita si svolgeva in un’unica stanza.  Le stanze comunque erano di grandi dimensioni, si parla di una superficie minima di 7mx5m. A seconda del numero di stanze potevano aversi la camera da letto, la cucina, la stanza per il telaio, la stanza per i figli sposati, e la caratteristica stanza con il pozzo da cui veniva attinta l’acqua per uso domestico. Occorre dire che l’ aspetto architettonico delle case a corte cede il passo alla grande funzione di socializzazione di queste abitazioni. La sera, a conclusione di una faticosa giornata di lavoro, si era soliti sedersi a cerchio (le famose ruote) ad ascoltare le storie fantastiche degli adulti che tanto entusiasmavano i piccini. Con il passare degli anni tale prerogativa viene scemando con la creazione di unità abitative sempre più indipendenti».

http://www.martignano.net/case%20a%20corte.htm


Martignano (palazzo baronale Palmieri)

Dal sito www.martignano.net   Dal sito www.salentoviaggi.it

  

«Il fabbricato è costituito da un nucleo originale di impianto cinquecentesco con funzione residenziale e difensiva e da porzioni più recenti, frutto di ampliamenti del XVIII e XIX secolo, articolate intorno ad un cortile centrale. Comprende due piani fuori terra, un ampio giardino retrostante, oggi adibito a parco pubblico, ed un frantoio oleario a piano seminterrato, parzialmente scavato nel banco roccioso affiorante. Tra i vari ambienti a piano terreno vi è anche l'antica cappella di famiglia, intitolata a S. Domenico, oggi totalmente dismessa ed a mala pena riconoscibile dalla porta murata che si apre immediatamente a sinistra del grande portale di ingresso. In questo palazzo, che attualmente in parte è di proprietà privata ed in parte di proprietà comunale, ebbero la loro dimora alcune delle famiglie feudatarie che si avvicendarono nel possesso del piccolo paese.  Tra questi i fiorentini Bonori, i Granafei venuti dal brindisino e titolari di altri feudi nel Salento leccese ed i monopolitani Palmieri uno dei quali, Giuseppe, che vi nacque nel 1721, fu uno dei maggiori illuministi del Settecento napoletano. Sul portale di ingresso, costruito negli anni settanta del Settecento, è incastonata l'arme araldica della famiglia Granafei (d'oro al leone rampante di nero, lampassato di rosso, portante fra le branche anteriori tre spighe di grano di nero) ultimi feudatari di Martignano dal 1771 sino all'eversione della feudalità. Tutto il complesso è stato recuperato ed oggi costituisce un elegante contenitore di spazi culturali, come mostre, conferenze, concerti. Liberata dal monumento dei caduti, spostato in altra sede, e da parte degli alberi ivi annessi, la piazzetta consente la vista unitaria del palazzo baronale Palmieri e del suo elegante portale, della cappella seicentesca di S. Giovanni e della biblioteca comunale, ex-sede del comune».

http://www.martignano.net/palazzo%20palmieri.htm


Matino (palazzo dei marchesi del Tufo)

Foto Romano Salvatore, dal sito www.fotografieitalia.it   Dal sito www.salento.com

  

«Il primo documento storico che attesta la presenza di Matino come centro occupato stabilmente risale al 1099. Come tutte le città che si sviluppano sulle pendici di una collina, Matino esercita un fascino singolare. Quello matinese, infatti, è uno dei pochi centri storici della provincia di Lecce ad aver conservato, pressoché inalterate, le sue caratteristiche: vicoli stretti e tortuosi, stradine impreziosite da nicchie votive, cortili attrezzati ancora con "pile" per lavare i panni, palazzotti dai balconi mensolati e baroccheggianti. Ed è proprio nel borgo antico che si possono ammirare gli immobili più preziosi e di maggior valore storico ed architettonico. Primo fra tutti ed unico nel suo genere nel territorio, il Palazzo Marchesale dei Del Tufo (tra i primi feudatari di Matino), dagli anni '80 è di proprietà comunale, grazie all'intuizione dell'allora Sindaco Giorgio A. Primiceri (l'attuale primo cittadino). Sorto sulle rovine di un'antichissima opera fortificata, intorno al XVI secolo, si affaccia sulla centrale Piazza San Giorgio con una trifora balaustrata. All'interno del palazzo si aprono una quarantina di stanze erette su una serie di CAVE scavate nel tufo (queste ultime di recente restauro ed oggi visitabili), un giardino pensile, un'area verde attrezzata e delle splendide scuderie con pareti affrescate e mangiatoie con scritte che riportano nomi di cavalli. Ciò testimonia l'amore e la passione dei Marchesi Del Tufo verso i cavalli di razza. Il recupero delle scuderie, intitolate ad Ascanio Del Tufo, rientra nel progetto più ampio di ristrutturazione del Palazzo Marchesale e dell'intero centro storico. Già dal 2002 il palazzo ospita il Consiglio Comunale ed è usato anche come contenitore polifunzionale per mostre, eventi e manifestazioni culturali e di spettacolo».

http://www.comune.matino.le.it/informazioni/storia_e_tradizione_di_matino.aspx


Melendugno (castello d'Amely o d'Amelj)

redazionale

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Gianfranco Piemontese (https://www.facebook.com/gianfranco.piemontese.33)   Foto di Gianfranco Piemontese (https://www.facebook.com/gianfranco.piemontese.33)   Foto di Gianfranco Piemontese (https://www.facebook.com/gianfranco.piemontese.33)


Melpignano (palazzo marchesale De Luca)

Dal sito www.greciasalentina.org   Dal sito www.ssrm.arch.unige.it/did/l3/ssrm/tesipdf/06le.pdf

  

«Il palazzo fu edificato nel 1636 per volere di Giorgio Castriota (Scanderbeg era il nome dato dai turchi: Iskander=Alessandro, beg=bay). è sorto al posto di un precedente castello, di cui si possono ancora intravedere alcuni elementi: i camminamenti di ronda, le torri di guardia, le garitte per gli armigeri. Pertinenza del palazzo è un bellissimo giardino, con un’area di sosta circondata da balaustre in pietra leccese, una fontana al centro dei viali disegnati a scacchiera, un pergolato che si svolgeva attorno ai muri perimetrali, e panche in pietra per il riposo. Il palazzo, oggi in fase di restauro, tornerà ad essere un contenitore culturale polifunzionale, dopo che già nell’Ottocento aveva ospitato una ricca pinacoteca, ora a Molfetta, che annoverava, tra gli altri, dipinti del Veronese, del Domenichino, del Tintoretto, del Giaquinto, oltre che dei più rinomati pittori salentini dell’epoca».

http://www.greciasalentina.org/L_Html/edstorici0b89.htm?id=84&class=6&all=1


Merine (palazzo baronale Mayola)

Foto di Lupiae, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://atlab.linksmt.it

«La ricostruzione cinquecentesca del palazzo baronale, al quale era annesso un vasto giardino, ha cancellato qualsiasi elemento di fortificazione originario. Il palazzo baronale viene edificato sul preesistente corpo di fabbrica che era stato commissionato dalla famiglia Majola, feudataria del paese. La struttura è dominata dall'ampia facciata a due piani. La parte alta è animata da una serie di finestre architravate, concepite secondo i dettami del gusto borghese tipico dell'area tra la fine del Settecento e i primi del Novecento. Il Palazzo Baronale Palmieri-Majola attesta l'agiatezza di alcune famiglie di Merine. L'edificio è al centro di un sistema di case-torre, integralmente conservato, che qui si svilupperà fra il XVI e il XVIII secolo. Intorno a questo nucleo si realizzerà il successivo ampliamento edilizio dell'abitato».

http://web70.linksmt.it/attrazione/-/journal_content/56_INSTANCE_44RJW34h73Of/10180/186790


Minervino di Lecce (palazzo Venturi)

Dal sito www.sicurezzasud.it   Dal sito www.a-hotel.com   Dal sito www.bedandbreakfast.eu

  

«Palazzo Venturi è una severa struttura cinquecentesca che può essere considerata una vera e propria fortezza. Si distribuisce su due piani e in corrispondenza delle finestre e del portale d'ingresso sono posizionate alcune piombatoie che servivano a difendere l'edificio dagli attacchi stranieri. Di particolare valore artistico è il portale bugnato sul quale troneggia lo stemma dei Venturi».

https://it.wikipedia.org/wiki/Minervino_di_Lecce#Palazzo_Venturi


Monteroni di Lecce (palazzo baronale)

Dal sito http://en.db-city.com   Dal sito www.salentoviaggi.it

  

«II Palazzo baronale è uno dei più grandi della provincia di Lecce; fu costruito nel suo nucleo principale, dalla famiglia Montoroni, quale "castrum", cioè come piccola fortezza per la sicurezza dei signori del casale, verso la fine del 1500. Nel piano superiore dell'edificio si trovava una cappella dedicata all'Annunciazione. Col passare degli anni fu acquistato dai baroni Lopez y Royo, famiglia nobile, oriunda spagnola, venuta in Italia verso la fine del XVI secolo, che iniziò la ristrutturazione e così l'antica fortezza fu trasformata in palazzo nobiliare. Nel 1665 furono costruiti i due complessi laterali e fu arricchito il portale con quattro colonne con capitelli corinzi sormontati da un fregio e dallo stemma dei Gattinari, ai cui lati due medaglioni raffigurano rispettivamente un personaggio con la corona imperiale e una sirena».

http://www.nelsalento.com/guide/monteroni-di-lecce.html


Monteroni di Lecce (ville)

Dal sito win.salento.us   Dal sito www.comune.monteroni.le.it

«Villa Pasca: è in stile neoclassico, con statue che rappresentano figure mitologiche. All'interno, un prezioso mosaico pavimentale che rappresenta lo stemma della famiglia Pasca. Villa Citrulli: datata 1704, si trova all'interno della campagna circostante. Un grande edificio solenne, armonioso, dal quale si accede da un imponente doppia scala, al centro l'immenso salone dalla volta magnifica, al pianterreno notevole è l'artistica cappella e poi il grande maestoso viale, un tempo ricco di vegetazione, la fontana dei delfini nella quale continuano a fiorire le ninfee. Sulla facciata è scolpito lo stemma nobiliare. Nella cappella privata sono sepolti i discendenti della famiglia del XIX e XX secolo. Villa Ida: una delle più belle espressioni del gusto architettonico tra la fine dell"800 e i primi del "900. Questa elegante dimora è circondata da una folta vegetazione. Villa de Giorgi: struttura medievaleggiante con caratteristiche torri merlate e finestre a bifora o trifora. All'interno del parco si può ammirare il teatro all'aperto circondato da statue. Caratteristica è l"antica masseria datata 1822, che affianca la villa. Villa Zina: Sorge sulla strada Lecce-Monteroni, nel 1865, in un area dove la presenza di antiche cave per l"estrazione del tufo ha consentito la realizzazione di giardini-frutteti e di un parco con alberi monumentali. Villa Saetta: di proprietà Lopez Y Royo, famiglia nobiliare che, fino all'800, ebbe il dominio su Monteroni di Lecce».

http://www.nelsalento.com/guida/id/244/monteroni-di-lecce/ville.aspx


Montesardo (castello)

Dal sito www.portale-hotel.com   Dal sito www.castellomontesardo.it   Dal sito www.japigia.com

«La parte più antica dell'edificio a pianta quadrata, presenta quattro torrioni posti ad ogni angolo anch'essi quadrati. Tutt'intorno corre un recinto. Tra le mura di cinta ed il corpo dell'edificio si apre la piazza d'armi su cui affacciano tutte le stanze del castello. La piazza era collegata con l'esterno da un ponte levatoio, oggi sostituito da una stradina. E questa una delle tante trasformazioni apportate nel corso dei secoli all’impianto originario. Nell'Ottocento il castello fu acquistato dai baroni Romasi, mentre durante la seconda guerra mondiale il castello venne occupato dalle truppe tedesche, depauperandolo di tutte le sue ricchezze. Oggi si e trasformato in una accogliente casa di riposo. Numerose testimonianze rimandano all'epoca della colonizzazione greca e romana. Di recente sono state scoperte tracce importanti di strutture di epoca messapica come alcuni resti della cinta muraria risalenti al IV secolo a.C., tombe, fondamenta di edifici che dimostrano la presenza di un insediamento urbano,per quel periodo di notevoli dimensioni. Sui documenti di epoca romana Mons arduus è segnato sul tracciato della via Traiana. Dopo la caduta dell'Impero Romano fu sempre utilizzata come fortezza, grazie ai suoi possenti bastioni e alle solide mura. Le mura e le torri furono abbattute nel 1867. Bisogna ricordare che nel paese si accedeva attraverso quattro porte che erano Porta la Terra, Porta Nova, Porta Castello e Porta Lo Chiuso. Il castello durante la seconda guerra mondiale è stato utilizzato da parte delle forze naziste come presidio per quanto riguarda lo stazionamento delle truppe in zona. Ed ha subito notevoli compromissioni al momento in cui è stato abbandonato perché ritirandosi i tedeschi anno fatto saltare una serie di mine che anno distrutto tutta una serie di elementi importanti del castello».

http://www.mondoturismoitalia.it/Alessano/Montesardo/Castello.aspx


Morciano di Leuca (castello Castromediano)

Dal sito wwwbisanzioit.blogspot.it    Dal sito www.vivereilsalento.com   Da un video youtube

  

«è opera voluta e fatta costruire da Gualtiero VI di Brienne, signore della Terra di Morciano dal 1335: imponente, bellissimo, fa rimanere perplessi per la robustezza della sua mole, per le sue alte mura merlate, per il suo poderoso torrione. La struttura è a pianta quadrata con torrioni angolari cilindrici disposti agli spigoli; la facciata principale è quella rivolta sulla attuale Piazza S. Giovanni Elemosiniere. Delle quattro torri angolari originarie, quella di nord-ovest fu fatta abbattere nel 1507 dall’allora proprietario, il barone Rodolfo Sambiasi, per consentire la costruzione della attigua chiesa dei Carmelitani. Il secondo torrione, l’unico in fondo superstite nella sua struttura essenziale originaria, ha pareti verticali, senza scarpata o altre strutture sfuggenti: prova evidente del fatto che il fortilizio è stato costruito prima dell’invenzione della polvere da sparo. Detto torrione si presenta suddiviso in tre piani: il primo piano è diviso dal secondo da una serie di beccatelli. Il coronamento presenta una maggiore ricchezza di particolari e di elementi architettonici quali bertesche, feritoie, cateratte, ecc. Per quanto riguarda i due rimanenti torrioni angolari del prospetto posteriore, essi sono parzialmente inglobati dalla muratura perimetrale esterna, al punto da perdere del tutto la propria fisionomia originaria. Le murazioni posteriori attuali sostituirono le vecchie originarie mura intorno alla metà del Cinquecento, per esigenze di ampliamento. Un altro interessante elemento architettonico del castello è costituito dai merli della cortina di coronamento. La loro forma è quella del giglio di Francia, emblema della casa angioina. Il portone d’ingresso al castello è singolare per la caditoia riccamente decorata che sovrasta la porta stessa, e per gli stemmi gentilizi raffigurati e dislocati a mo’ di cornice al di sotto della caditoia. Superato l’ingresso ci si trova in un ampio cortile scoperto, una grande corte sulla quale si affacciano tutti i locali del piano terra e dei piani superiori. Così come avviene per tutti i castelli del tardo Medioevo, il piano terra si presenta come un insieme di locali di servizio in cui dovevano svolgersi le attività materiali della vita curtense, mentre gli alloggi baronali veri e propri occupavano il primo piano».

http://www.torrevado.info/salento/castello-morciano.asp


Muro Leccese (castello o Palazzo del Principe)

a c. del Museo di Muro Leccese


Nardò (castello Acquaviva)

Dal sito www.salentowebcam.it    Dal sito www.mondodelgusto.it   Dal sito www.salentoviaggi.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Vito Cassano (https://www.facebook.com/profile.php?id=100006252105008)   Foto di Vito Cassano (https://www.facebook.com/profile.php?id=100006252105008)   Foto di Vito Cassano (https://www.facebook.com/profile.php?id=100006252105008)

«Le prime notizie sul castello risalgono alla seconda metà del XV secolo, quando la sua edificazione segnò il passaggio dalla dominazione angioina a quella aragonese, che in città coincise con l'affermazione della famiglia Acquaviva. La struttura fu opera dell'architetto Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri e allievo di Francesco di Giorgio Martini. Probabilmente l'edificio fu concepito come ampliamento di una costruzione precedente, e si caratterizzò con un impianto quadrangolare cinto da mura e circondato da un profondo fossato. Il maniero era completato agli spigoli da quattro massicci torrioni a mandorla sporgenti; uno dei quali fu poi fatto ricostruire dal Guercio di Puglia dopo la rivoluzione neretina del 1647 scoppiata in concomitanza con la rivolta popolare di Napoli guidata da Masaniello; sicuramente tutto l'edificio si sviluppava su quattro livelli in cui erano distribuite circa 49 stanze. Il Castello perse parte della sua consistenza quando fu oggetto di un decisivo rimaneggiamento che lo portò alla trasformazione in residenza civile della famiglia Personè tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, su progetto dell'ingegnere Generoso De Maglie di Carpignano Salentino. Di mirabile fattura rimangono i cornicioni della parte più alta delle torri, lievemente aggettanti, che poggiano su piccoli beccatelli a mensola. Anche la facciata principale, decorata con motivo a bugnato, è frutto del rimaneggiamento ottocentesco, e caratterizza oggi l'aspetto definitivo di questo ormai nobile palazzo che ospita la sede del Municipio».

http://it.wikipedia.org/wiki/Nard%C3%B2#Castello_Acquaviva


Nardò (masseria fortificata di Agnano, oggi Bernardini)

Dal sito www.forzasalento.it   Dal sito www.masseriabernardini.com   Dal sito www.comune.nardo.le.it

«La Masseria fortificata di Agnano è situata a tre chilometri della strada statale Nardò-Avetrana e si accede attraverso una strada di campagna dopo aver superato la Masseria Bernardini. La masseria fu costruita all’interno dell’antico Casale di Agnano che Carlo I d’Angiò, re di Napoli, concesse, nel 1280 a Guidone della famiglia Alemagna. La masseria, nel Catasto onciario del 1750, risulta appartenere ai beni di Domenico Antonio Bernardini di Lecce. In passato era appartenuta al Monastero ed Ospedale di Santa Caterina di Galatina e poi al Monastero di Santa Chiara di Nardò. Purtroppo dell’antico complesso edilizio rimangono i resti di una torre quattrocentesca, il pozzo con gli abbeveratoi e i recinti in pietra a secco» - «Concesso da Carlo d’Angiò al condottiero Guidone di Alemagna in occasione della venuta degli Angioini nel Regno delle Due Sicilie (XIII sec.) il casale di Agnano ospitò ben tre complessi masserizi sorti a poca distanza per sfruttare la prosperità delle campagne. L’attuale Masseria Agnano è la più imponente delle tre e si presenta come un tipico impianto con torre difensiva centrale e corte chiusa, alla quale sono stati addossati altri fabbricati. La torre, databile al XV sec., si presenta in parte crollata, ma conserva ancora l’eleganza e l’imponenza originarie. Articolata su due piani con toro marcapiano a determinare visivamente gli spazi, la torre presentava una doppia cornice dentellata che correva lungo il perimetro, proprio sotto il parapetto. Alla struttura difensiva principale sono state aggiunte altre strutture destinate all’allevamento e come spazi per il bracciantato agricolo. Il tutto articolato attorno ad un cortile centrale che rappresentava il cuore delle attività agricole e la vita stessa della masseria. Interessante notare che un sarcofago è stato utilizzato come abbeveratoio per uno dei pozzi del complesso. Nel corso del Settecento fu edificata anche una piccola cappella che divenne il punto di riferimento per le famiglie che abitavano i territori e le masserie circostanti. Il casale di Agnano fu proprietà del Monastero di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina, dal 1443 e successivamente del Monastero di Santa Chiara di Nardò, a partire dal 1454».

https://www.forzasalento.it/masserie/masserie-nard%C3%B2/#2 - http://www.salentoviaggi.it/comuni/nardo--/masseria_agnano__635.htm


Nardò (masseria fortificata Giudicegiorgio)

Dal sito http://spigolaturesalentine.wordpress.com   Dal sito www.salentonline.it

«Fra tutte ritengo che una in particolare meriti il titolo di regina, la masseria Giudice Giorgio, una delle masserie strategicamente più importanti, sulla strada statale 164, Nardò-Avetrana (da secoli denominata strada tarantina, a circa 10 km dal centro abitato di Nardò. Caratterizzata dall’imponente torre cinquecentesca a pianta quadrata, a tre piani, dei quali l’inferiore, cui si accede attraverso un artistico portale bugnato, leggermente scarpato, fu adibito un tempo al deposito e alla lavorazione delle olive. È collegata a vista con le masserie Bovilli e Roto Galeta, che tuttavia non possono competere con essa in altezza e particolarità architettoniche. Il pianterreno, voltato a botte ed assai più antico rispetto al resto, era collegato al primo piano da una scala a pioli che portava alla scala in muratura impostata a circa tre metri dal pavimento. Anche il piano terminale, con due vani, è voltato a botte e collegato col sottostante da una scala ricavata nello spessore murario. Da qui si accede al terrazzo con una botola che originariamente era munita di una scala di legno. Le bellissime quattro garitte angolari pensili e le caditoie, tutte sostenute da mensoloni, sono collegate da un camminamento di ronda con feritoie. Il coronamento è ad archetti e beccatelli. Non meno interessanti il bugnato della finestra del piano intermedio e l’ingresso alla masseria, con doppia cinta muraria con fornice d’ingresso di stile catalano-durazzesco. Svetta maestosa tra gli ulivi secolari e le rarissime e basse abitazioni sparse nelle immediate vicinanze si annullano del tutto di fronte a tanta grandezza. Il sapiente e garbato utilizzo, in parte finalizzato alla ricettività turistica, ma anche la cura con cui è tenuto il complesso, ne fanno un gioiello davvero prezioso che merita di essere esibito».

http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/08/21/giudice-giorgio-regina-delle-masserie-del-neritino/


Nardò (masseria fortificata Torre Termide o Termite)

Foto di Fabrizio Suppressa, dal sito www.fondazioneterradotranto.it   Dal sito www.salentonline.it

«La masseria fortificata Torre Tèrmide o Termite è situata a pochi chilometri a nord-ovest dal centro abitato di Nardò, nell’agro denominato Arneo, il vasto e fertile territorio posto lungo l’insenatura jonica della penisola salentina. Secondo il Costantini, la costruzione appartiene alla tipologia delle “Torri a base scarpata con scala esterna”, conformazione questa tipica dell’area di “affittimento neretina”, in cui la stessa è inserita. L’impianto agricolo, dalla conformazione quadrangolare del suo recinto, ha fondamento su una lieve asperità rocciosa del terreno. Al centro del complesso vi è l’elemento fortificato, il nucleo originario del complesso, databile alla prima metà del XVI secolo e caratterizzato dall’aspetto severo della mole bruno-scura dei suoi conci tufacei. La torre è dotata di due accessi, quello inferiore è costituito da una piccolo passaggio, probabilmente successivo, posto nel basamento del fronte nord. Quello superiore, sempre sul medesimo prospetto, è garantito da una ripida e stretta scala in muratura al cui termine vi è un pianerottolo d’arrivo sostenuto da una volta a botte. Questo originariamente era formato da un ponte levatoio in legno movimentato manualmente in caso di necessità. Il sistema difensivo era inoltre dotato di quattro caditoie poste in asse con le principali aperture e di cinque feritoie adatte all’uso di artiglieria di piccolo calibro, come moschetti e archibugi. Dall’ampio terrazzo, la torre comunicava a vista con le limitrofe masserie fortificate di Abbate Cola, Corsari, Agnano e con la torre costiera di S. Isidoro.

Piuttosto scarne sono le fonti storiche relative al piccolo insediamento agricolo. Dalle pergamene della Curia e del Capitolo di Nardò emerge come la masseria nel giorno del 6 dicembre 1619 sia soggetta ad un nuovo proprietario. Alessandro Vernaleone di Nardò vende infatti a Lupo Antonio Coriolano e ai suoi figli Lucio, Orazio, Cesare e Gerolamo, per 1000 ducati il complesso agricolo. Dagli stessi documenti emerge anche il nome del primo proprietario di cui si hanno notizie: un tal Ottavio figlio di Giovanni Pietro de Vito di Nardò, da cui Alessandro Vernaleone aveva acquistato anni prima la masseria per lo stesso prezzo di 1000 ducati. Gli affari non sembrano andare bene ai nuovi proprietari; pochi anni dopo, il 12 gennaio 1622, un nuovo soggetto entra in società con i Coriolano. Vengono venduti all’Abate Domizio, procuratore del Capitolo di Nardò, al prezzo di 220 ducati, 19 ducati sulle prime rendite annuali della masseria e altri beni stabili “a scelta del Capitolo”. Nella prima metà del XVII secolo la masseria passa alla nobile famiglia neretina dei Sambiasi-Massa (per il matrimonio di Ottavio di Pietro Massa con Veronica Sambiasi) come emerge dallo stemma nobiliare posto sul fronte nord della torre. Altrettanto interessanti risultano le cartografie storiche che inquadrano l’area in esame. Un primo documento di estrema rilevanza è certamente l’atlante del 1806 detto del Rizzi Zannoni, qui infatti la masseria Termide appare rappresentata immersa in un territorio prevalentemente impervio ed incolto, tra le folte macchie dette di Villanova e di Carignano, a non poca distanza dalla via di comunicazione che parallela alla costa da Taranto conduce a Gallipoli. Un territorio dalle caratteristiche estremamente differenti da quelle attuali, che giustifica il toponimo “Tèrmide”. Tale vocabolo indica infatti nel dialetto locale l’olivastro, pianta tipica della macchia mediterranea impiegata anticamente per le proprietà di resistenza al clima e alle patologie come portainnesto per gli ulivi da coltivazione; una vera e propria risorsa per la florida olivicoltura di Terra d’Otranto. Macchie che venivano impiegate anche per il pascolo allo stato brado di ovini e caprini, attività specifica delle masserie dette da “da pecore”, come la nostra in esame, nei cui capienti ricoveri, ingranditi nel corso dei secoli, poteva senz’altro ospitare numerosi capi di bestiame. Anche la cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, protettore degli animali domestici, adiacente al complesso ne è una forte testimonianza di questa importante attività agropastorale.

Attorno al 1870 la torre della masseria Tèrmide diviene vertice trigonometrico di seconda categoria, per la nascente rete cartografica nazionale redatta dall’Istituto Topografico Militare, viene per questo motivo costruito sul terrazzo, all’angolo di nord-est della torre, un pilastrino in muratura con un centrino in acciaio atto ad ospitare la strumentazione topografica. Verso la fine dell’Ottocento la masseria risulta accatastata, compare l’impianto originario, in cui sono ben individuabili i vari corpi facenti parte dell’insediamento agricolo, i vani accessori, un’aia, una cappella e un cisternone per la raccolta delle acque piovane. Alla fine della II Guerra Mondiale proprietario del complesso risulta essere il botanico napoletano Gioacchino Ruffo, Principe di Sant’Antimo e Duca di Bagnara e Baranello. Alla morte di costui nel 1947, la proprietà transita alla figlia Maria Lucia, e tale rimane fino al 6 settembre del 1952, quando per decreto dell’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, le proprietà (assieme ad altre masserie del Salento, quali Ascanio, Pittuini, Rauccio, Scorpo e li Ronzi) vengono espropriate per 8.347.889,30 di Lire e affidate al neonato Ente per la Riforma Fondiaria di Puglia, Lucania e Molise. Il vasto latifondo dai circa 630 ettari (uno dei più estesi della provincia), viene dapprima dissodato e bonificato, ed inseguito frazionato in “poderi” e “quote” venduti ai contadini assegnatari con patto di riservato dominio. La masseria divenne invece un centro di servizio per il patrimonio zootecnico e per questo motivo alcune parti furono demolite per far spazio a nuovi fabbricati e a case coloniche di tipo “Arneo”. Con il fallimento della Riforma Fondiaria, tutto il complesso è entrato in un lento ed inesorabile declino; attualmente di proprietà demaniale, la masseria è saltuariamente occupata da coloni. Lo stato di conservazione è pessimo» (testo di Fabrizio Suppressa).

http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/08/21/giudice-giorgio-regina-delle-masserie-del-neritino/


Nardò (palazzi)

Dal sito www.nardoedintorni.com   Foto di nardonline, dal sito www.flickr.com

«L’itinerario proposto è un viaggio in questo centro di antichissima origine, attraverso le vie lunghe e strette pavimentate in antico basolato. Si parte da piazza Cesare Battisti e dal Castello, oggi sede del municipio, noto anche come palazzo Personè-Acquaviva, con le sue due ali una risalente al XII secolo e l’altra frutto di rifacimenti ottocenteschi. Da qui si imbocca via Lata sino ad arrivare in Piazza S. Giuseppe, per ammirare l’omonima chiesa. Lungo via De Pandi, stretto vicolo che punta direttamente al cuore del centro storico, non si può non ammirare, palazzo De Pandi, ora Zuccaro, caratterizzato da un arco di collegamento tra i due lati della strada. Proseguendo fino in Piazza San Domenico si possono osservare la Chiesa e il convento di San Domenico, anticamente dedicati a Santa Maria de Raccomandatis. Ma è l’attigua piazza Salandra il vero cuore della città antica. Qui si trovano importanti monumenti sacri e civili: al centro troneggia la guglia dell’Immacolata, con i suoi 19 metri, eretta nel 1769 come ringraziamento per lo scampato pericolo del terremoto, da notare sono poi, lungo i lati della piazza, il sedile, edificato alla metà del '600 e ornato dalle statue dei Santi Patroni della Città, la chiesa di San Trifone e il palazzo di Città (Pretura), con le sue linee decisamente Rococò. Tutta la piazza è uno splendido esempio di edilizia barocca caratterizzata da forme dolci e armoniose. ... Palazzo De Pandi. Probabilmente realizzato già nel XV secolo, l’aspetto attuale deriva soprattutto dai lavori effettuati nel 1874. L’elemento che salta subito agli occhi è l’arco di collegamento che, al di sopra della strada, congiunge due immobili facenti parte della stessa fabbrica. All’interno interessante è il cortile e le ampie sale arricchite da affreschi. Annessa alla costruzione è una cappella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio».

http://www.salentospecialist.org/1/upload/nardo.pdf


Nardò (torre dell'Alto o del Salto della capra o della Dannata)

Dal sito www.bbsalento.it   Dal sito www.lecceprima.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Giuseppe Resta (https://www.facebook.com/giuseppe.resta1)

«è una torre costiera del Salento situata nel comune di Nardò e ricadente nel Parco di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Posta a 51 m s.l.m., su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare, venne eretta nella seconda metà del XVI secolo con funzioni difensive su progetto del viceré spagnolo Don Pietro da Toledo che redasse un sistema di controllo delle coste della penisola salentina. Finita di costruire già nel 1569 dal mastro neretino Angelo Spalletta, la costruzione presenta un basamento troncopiramidale a pianta quadrata, leggermente scarpato, separato dal corpo superiore da una cornice marcapiano. Il piano superiore, dotato di porta d'accesso, termina con una cornice a beccatelli ed è provvisto di merli e di dieci piombatoie distribuite su tutti e quattro i lati. Una grande scalinata in tufo a tre arcate permette l'accesso. L'interno, costituito da due ambienti sovrapposti, è provvisto di cisterna per l'approvvigionamento dell'acqua; il piano terra era adibito al deposito delle scorte, il primo piano, diviso in quattro ambienti, era utilizzato come abitazione dei cavallari (così venivano chiamate le guardie che presidiavano la torre e in che in caso di eventuali arrivi di pirati lo segnalavano ai paesi dell'entroterra utilizzando il cavallo). Comunicava a nord con Torre Uluzzo e a sud con Torre Santa Caterina. Note e curiosità. Riparata nel 1596. Decenni fa detta anche Torre del salto della capra».

«Una di esse [torri di guardia costiere] è la bella Torre dell'Alto, lungo la costa neretina, in località Santa Caterina. È posta quasi a guardia di uno dei luoghi più belli del Salento ed immersa nel verde dei pini d'Aleppo, su una rupe di ben 51 metri sull'azzurro del Mare Jonio; dall'alto della rupe si scorge a sud il profilo di Gallipoli, la Perla del Salento, e, a nord, la frastagliata costa del parco regionale di Porto Selvaggio. La rupe dove sorge il fortino era detta, nel 500, del Salto della Capra o, anche, è detta la dannata: si narra, infatti, che, da questo roccioso precipizio, venissero gettati in mare i condannati a morte. Il salto, ben 51 metri di irte rocce, non lasciavano speranze di salvezza. La torre è una tipica costruzione militare, alta circa 20 metri, con cordolo marcapiano a circa 9 metri di altezza. Il pianterreno non presenta accessi e l'unica porta è al primo piano, al quale si accede mediante una elegante scalinata esterna in tufo. Un tempo la scalinata era separata dalla torre ed un ponte levatoio permetteva di proteggere la piccola guarnigione di cavallari (solitamente due persone) da un eventuale assedio. Una cisterna, accessibile dall'interno, permetteva il necessario rifornimento d'acqua. L'interno della torre, purtroppo, non è accessibile. Tuttavia è facile immaginare l'esistenza di un grande ambiente al primo piano e delle scale, strette, anguste ed interne alla muratura che permettevano di passare al pianterreno, usato, probabilmente, per le scorte ed al tetto, da dove era possibile la difesa lanciando sugli aggressori ogni sorta di ordigno dalle caditoie. La torre, infatti, è ben provvista di caditoie: ne presenta ben 10, quattro verso il mare e tre per gli altri lati. Da esse potevano essere gettati grandi massi o olio bollente. La torre, inoltre, era scarpata alla base: questo accorgimento la rendeva ancora più difficilmente espugnabile».

http://www.bbsalento.it/scheda-luogo.php?id_str=178 - http://www.japigia.com/le/nardo/index.shtml?A=nardo_9


Nardò (torre Inserraglio o Critò)

Dal sito www.salentoviaggi.it   Dal sito www.salentoviaggi.it

«La torre [1568] si collega visivamente, a nord con Torre Sant' Isidoro ed a sud con Torre Uluzzo. Torre Inserraglio, che prende il nome dall'omonima località, è nota anche con i nomi 'Crito' e 'Creto', termini dialettali che derivano da 'Critmo'-'Critamo' che significa 'finocchio marino'. La torre sorge ai margini di una costa bassa, frastagliata e ricca di scogli. è un largo edificio di forma tronco-conica, non molto alto e fortemente radicato al suolo. Le pareti oblique sono interrotte da diverse aperture rettangolari ubicate disordinatamente, segni evidenti di trasformazioni successive all'impianto originario cinquecentesco, evidenziate, oltretutto dalla costituzione di un secondo corpo annesso alla torre. La torre è costituita da due stanze voltate a botte al piano terra e da un ampio vano unico al livello superiore. Nello spessore murario è stata ricavata una cisterna. Sul lato nord ed in asse con la sottostante apertura, insiste, pensile, l'unica caditoia sopravvissuta. L'accesso alla torre è sul fronte sud, munito, un tempo, di porta elevatoia. Dalle documentazioni d'archivio risulta che la torre era utilizzata nel 1842 dalle Guardie Doganali. ... è di proprietà demaniale».

http://www.viagginelsalento.it/zona/salento/comuni-provincia-lecce/torre-dell-inerraglio.html


Nardò (torre Sant'Isidoro)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal sito www.nessundove.net

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Michela Calignano (https://www.facebook.com/michela.calignano)   Foto di Michela Calignano (https://www.facebook.com/michela.calignano)

«Torre Sant'Isidoro è una delle numerose torri costiere di avvistamento del Salento costruita da Carlo V, nel XVI secolo, per difendere il territorio dagli assalti dei Saraceni. È costruita con blocchi di carparo regolari e si sviluppa su tre livelli. Il piano terra, privo da accessi esterni, presenta una struttura tronco-piramidale a base quadrata. Gli ultimi due piani si sviluppano in verticale, con struttura a parallelepipedo, ed un marcapiano nella parte superiore. Il marcapiano presenta una serie di beccatelli e una caditoia per ogni lato. L'unico accesso è rappresentato da una maestosa scalinata che conduce al primo piano e che è collocata sul lato opposto a quello che da sul mare. Il locale più ampio è quello collocato al primo piano. Da questo si può raggiungere sia il piano terra, attraverso una botola, sia il secondo piano, tramite una scala ricavata su una parete laterale. Sul terrazzo è presente una piccola guardiola. Comunicava a sud con Torre dell'Inserraglio e a nord con Torre Squillace. Attualmente la torre è di proprietà demaniale ed è utilizzata come abitazione estiva. In passato è stata abitata tra gli altri dai torrieri capitani Gian Camillo Levere e da Gaetano Lauvè».

http://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Isidoro_%28Nard%C3%B2%29#Architetture_militari


Nardò (torre Santa Caterina o Scorzone)

Dal sito www.torrimarittimedelsalento.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=dtuTOpiYAlw

«Data di costruzione: xvi sec. Destinazione originaria: torre d'avvistamento. Destinazione attuale: abbandonata. Descrizione: La torre si trova su una diramazione delle cosiddette “serre salentine”, ricoperta da una fitta vegetazione arborea. Ha un corpo troncoconico a pianta quadrata. Al primo piano si presenta leggermente scarpata e priva di finestre. La parte superiore, il cui inizio è sottolineato dalla presenza di una cornice marcapiano, è invece dotata di finestre e termina, in alto, con una cornice a beccatelli. Nell’angolo sud-ovest si trova una guardiola, mentre l’accesso è permesso da una grande scala ad archi. Il piano terra comprende un unico vano voltato a botte che veniva utilizzato come ricovero per gli animali: sono ancora visibili all’esterno le mangiatoie e l’abbeveratoio. Il primo piano si apre su tre stanze: nella prima sono presenti trave di affreschi. Negli altri due vani, più piccoli, troviamo un camino per parte» - «Le torri del litorale neretino si presentano poderose e di grandi dimensioni, tanto da risultare perfettamente visibili al visitatore che percorre l’incantevole litoranea. Torre S. Caterina si affaccia sull’omonima località balneare da uno sperone di roccia a 32 m s.l.m. La torre fu iniziata nel 1582 e portata a termine solo nel 1608 ad opera di mastro Massenzio Gravili, sotto la supervisione del soprastante Pietro de Tazca, anche se nel 1595 era già stato nominato responsabile della torre e del servizio di guardia il caporale Antonio Lopez. La torre, come tutte le torri del litorale neretino, presenta una possente base tronco piramidale nella quale si apre un’ampia sala voltata a botte, destinata al riparo dei cavalli e come deposito di attrezzature. Un cordolo divide il piano inferiore dal registro superiore che presenta, invece, ben tre sale destinate ai sorveglianti delle quali una presenta anche tracce di affresco, segno dell’evoluzione del concetto di torre da luogo di avvistamento a presidio stabile del territorio, quindi edificio vissuto e simbolo di rappresentanza del potere locale. La piazza d’armi è caratterizzata da un parapetto con cordolo poggiante su beccatelli e nel quale si aprono delle caditoie poste in asse con gli ingressi alla torre. Sulla terrazza si erge una ulteriore garitta per garantire una visuale migliore e più ampia dell’orizzonte. I due piani, inferiore e superiore, non erano comunicanti, quindi il registro superiore era raggiungibile solo per mezzo di una scala in muratura che si interrompeva poco prima dell’accesso, sostituita da una porta levatoia. La torre era armata con uno schioppettone di pietra. La torre è nota anche come Torre de lo Scorzone, con riferimento al biacco, un serpente locale di colore nero denominato in dialetto “scorzone”. Nel corso del Settecento, in occasione di una epidemia forse di colera, patologia abbastanza frequente nel Salento, la torre fu adibita a lazzaretto».

http://www.prolocosalento.it/santamaria... (a cura di Serena Falconieri e Stefano Manca) - http://www.salentoviaggi.it/comuni/nardo-...


Nardò (torre Squillace)

Dal sito www.belpaeseweb.it   Dal sito www.365giorninelsalento.it

«Torre Squillace rappresenta una delle più belle torri di osservazione che la costa salentina possa offrire al suo visitatore. La torre, risalente al XVII secolo, sorge a pochi metri dalla spiaggia, tra le località di Sant’Isidoro e Porto Cesareo. In un contesto naturalistico mozzafiato che incanta qualunque occhio, dal più superficiale al più esigente. Purtroppo oggi la struttura versa in uno stato di evidente abbandono e degrado, che comporta un declassamento dell’edificio e ne mina anche la stabilità architettonica. Tuttavia, nonostante il crollo della torretta di guardia che originariamente svettava sul tetto della torre e la nefasta azione posta in essere dagli agenti atmosferici all’esterno, all’interno la torre sembra ancora integra e intatta, pronta a raccontare le storie di uomini che nella struttura vi trovarono rifugio durante i lunghi periodi di appostamento per avvistare il nemico. Ma il degrado della torre ha i minuti contati, anche perché gli abitanti dei luoghi limitrofi hanno più volte manifestato la volontà di veder rinascere Torre Squillace. Forte è la sensibilizzazione dei cittadini che mirano ad ottenere al più presto una ristrutturazione della torre al fine di veder risplendere la struttura così da poterne godere in prima persona e permettere al turista di apprezzare un altro angolo di storia e di architettura del Salento. Da un punto di vista architettonico la Torre presenta un basamento troncopiramidale a pianta quadrata, senza aperture. La parte superiore è caratterizzata da una cornice a beccatelli ornata da merli e da quattro piombatoie. In un secondo momento la torre venne arricchita con una scala esterna in pietra. All’interno della torre si può osservare un pozzo e un ambiente con volte a botte, contenente anche un camino».

http://www.visitaportocesareo.it/torre-squillace/


Nardò (torre Uluzzo o Crustano)

Dal sito www.fondazioneterradotranto.it   Dal sito www.thepuglia.com

«Torre Uluzzo, o Crustano, è una torre costiera del Salento situata nel comune di Nardò e ricadente nel Parco di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Di dimensioni minori rispetto alle altre torri circostanti, venne eretta nella seconda metà del XVI secolo con funzioni difensive, per volere di Alfonso de Salazar, dal mastro neretino Leonardo Spalletta. Costruita sulla sommità di uno sperone roccioso e già ultimata nel 1575, la torre presenta una forma tronco piramidale ma è parzialmente crollata. La copertura non è più presente e restano in piedi solo alcune pareti, costruite con conci irregolari; in particolare il lato nord e il lato rivolto verso il mare sono i meglio conservati. Rimangono visibili i resti di qualche piombatoia e delle mensole di appoggio per il coronamento. Da alcuni documenti si apprende che la torre fu frequentata sino al 1695 e che nel XVIII secolo risultava già gravemente compromessa».

http://www.culturiachannel.it/torre-uluzzo-nardo-le-italy/


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