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FOGGIA, RESTI DEL PALATIUM FEDERICIANO

a cura di Alberto Gentile, foto a cura di Luigi Bressan

scheda    cenni storici


Un arco e un'iscrizione è tutto ciò che rimane del castello-palazzo di Federico II di Svevia.

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Foggia

 

Le uniche testimonianze del castello-palazzo federiciano: un arco a tutto sesto e un'iscrizione  Iscrizione indicativa dell'anno di edificazione del castello  Il testo dell'iscrizioneb La collocazione dell'arco agli inizi del secolo XX  Particolare dell'arco

 

In un disegno del secolo XVI il palazzo federiciano è indicato con la lettera B  Foggia in un atlante della fine del secolo XVII  Foggia nell'atlante di G.B. Pacichelli, 1703  Foggia e la sua cinta muraria in un atlante degli inizi del secolo XVIII


Epoca: 1223.

Conservazione: della costruzione rimangono, sole testimonianze, un’iscrizione che ne ricorda l’anno di edificazione ed un arco a tutto sesto con due aquile in funzione di mensole, inglobati in una parete dell’edificio della biblioteca del capoluogo dauno.

Come arrivarci: dall'autostrada A-14 Bari-Bologna, uscita Foggia; dalla strada statale16.

  

Cenni storici.

Da più parti si ritiene che l’imperatore svevo Federico II fosse solito trascorrere gran parte dei mesi più freddi dell’anno in Foggia e nel resto della Capitanata, mentre nel periodo estivo si tratteneva in luoghi meno caldi, in ogni modo non molto lontani dal Tavoliere. Eberhart Horst scrive «Le Puglie e la Capitanata di oggi riescono a dare solo un'immagine molto sbiadita della bucolica bellezza di un tempo: disboscate le foreste, inariditi i fiumi, prosciugati i molti laghi, ... la maggior parte delle turrite colline, una volta ricche di boschi, oggi sono squallide o ricoperte di arida sterpaglia. Laddove branchi di cervi e caprioli si alternavano a orsi e cinghiali, ora soltanto frugali pecore e capre trovano pastura. Foggia e Lucera erano circondate da fitte foreste di latifoglie, querce, faggi, frassini, olmi». 

Nel 1223 Federico eresse in Foggia un magnifico palazzo, su progetto dell’architetto Bartolomeo da Foggia; sembra che si estendesse su di un’ampia superficie, presumibilmente nei pressi dell’attuale via Arpi, che avesse giardini, fontane, sculture, che gli interni fossero costituiti da ampi saloni rivestiti di marmi preziosi e che ad esso fossero annesse scuderie, magazzini e stalle. Il suo attaccamento a Foggia e alla Capitanata era tale che, quando Foggia gli chiuse per un momento le porte, dopo la rottura con la Chiesa, disse con vero sentimento di dolore: «Fogia, cur me fugis, cum te fecit mea manus?».

Infatti Foggia, prima che Federico la eleggesse a sua "inclita sede", era un piccolissimo centro misconosciuto. Del palazzo resta solo il portale ed un’epigrafe; il portale, alto 7,38 metri e largo 3,20 metri, è costituito da un arco finemente scolpito a foglie di acanto ed impostato su due capitelli a forma di aquile, l’epigrafe è distribuita su cinque righe. 

Su di essa sono riportati i dati relativi alla costruzione del palazzo (giugno 1223), quelli relativi agli anni di regno e di impero di Federico II, il nome del protomagister Bartolomeo progettista ed esecutore dei lavori. Sull’epigrafe inoltre è scritto che Foggia è considerata inclita sede (sede preferita). 

Molte sono le testimonianze sia iconografiche sia scritte che ci sono pervenute; tra queste quella del 1703 del
Pacichelli.

Un'altra dimora, San Lorenzo in Carmignano, fu costruita in località Pantano nei pressi del bosco dell’Incoronata, adorna di giardini e giochi d’acqua, oltre che dotata di un vivarium e di un parco recintato per la selvaggina e animali esotici; qui il normanno Roberto il Guiscardo aveva costruito la chiesa di San Lorenzo in Carmignano. L’Imperatore in questo luogo amava dedicarsi all’osservazione degli uccelli e degli altri animali, tra i quali sembra che ci fossero anche felini di grossa taglia. 

Presso il museo di Foggia è conservato un augustale d'oro, moneta coniata dall'imperatore svevo. L'esemplare custodito a Foggia è stato coniato dalla zecca di Brindisi dopo il 1231 ed è stato donato dallo studioso Carl A. Willemsen, pesa 5,20 gr. e ha un diametro di 20 mm.

L'augustale oltre alle funzioni delle altre monete serviva per diffondere l'immagine dell'imperatore come successore di Cesare Augusto, infatti le monete somigliano molto a quelle di epoca augustea. Da un lato è incisa l'effigie di Federico con un mantello cesareo con l'alloro in testa, proprio come gli imperatori romani; vi è scritto: «IMP(erator) ROM(anorum) CAESAR AUG(ustus)». Sul retro c'è l'immagine di un'aquila (simbolo degli imperatori romani e svevi) e la scritta «FRIDERICUS».

   

   

©2002 Alberto Gentile (il testo è stato pubblicato nel sito Stupor mundi)

   


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