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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI MILANO

in sintesi

castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Abbiategrasso (castello visconteo)

Dal sito www.terredilombardia.it   Dal sito it.wikipedia.org

  

«La tipologia originaria del castello rappresentava un prototipo di “castello signorile di pianura” nella Lombardia del duecento: circondato da un fossato, l'edificio si sviluppava intorno ad una corte quadrangolare con quattro torri ai vertici raccordate da quattro corpi di fabbrica a due piani. Lo stato attuale del castello, che ha subito radicali ristrutturazioni, è assai problematico tanto che da alcune angolazioni si fatica a riconoscerlo come tale. L'ingresso è sul lato ovest, all'opposto di quello originario. Il cortile è un quadrato leggermente irregolare; in tale corte si possono leggere le arcate gotiche che la circondavano. Il ponte in mattoni che porta all'interno del castello è posteriore alla struttura originale. Dall'esterno le facciate dell'edificio sono assai segnate da interventi di chiusura e apertura di finestre. Il lato dell'attuale ingresso un tempo era caratterizzato da una serie di finestre ad arco, ora murate per dar luogo a una facciata di tipo tardo secentesca con porta poligonale. All'angolo sinistro uno scivolo porta ai seminterrati dove, al posto di una torre, si è ricavata un'ala di servizi; l'angolo destro del lato ovest è mancante.

Il lato nord mostra i segni di bifore tardo trecentesche e quattrocentesche, alcune delle quali rifatte, altre murate; si nota anche traccia del muro della torre abbattuta all'angolo nord- ovest. All'angolo opposto sorge l'unica torre rimasta. Il lato più interessante è quello est, di fronte alla fontana: si possono leggere le antiche merlature e le bifore, un' arcata duecentesca e il simbolo del biscione visconteo al di sopra dell'ingresso originario. Il portone dell'ingresso antico è murato. L'angolo sud est è invece mancante. Gli interni hanno subito vari interventi ma compaiono tracce ancora visibili di affreschi decorativi, sovente con il motto visconteo: ”A bon droit”.

Non si conosce esattamente la data di costruzione dell'edificio, ma alcune strutture architettoniche fanno pensare che risalga a prima del Trecento, poi ampliato e trasformato nel 1381 da Gian Galeazzo Visconti. Nel 1438 Filippo Maria Visconti ordina lavori di restauro e abbellimento del castello adornandolo con affreschi e aprendo delle bifore. La decadenza deve iniziare con la fine della signoria Sforzesca in Lombardia (1535). Nel 1658, il Governatore di Milano, temendo la conquista del castello e del borgo fortificato da parte dei Francesi , dà ordine di smantellarlo. Il cinquecentesco bastione antistante rimane intatto fino alla costruzione della ferrovia alla fine dell'Ottocento. Nel 1672 risulta ridotto a “casa da nobile”. Nel 1865 torna di uso pubblico, subendo ulteriori adattamenti per diventare una scuola.

L'edificio, che ha ospitato fino al 1985 il museo civico di Abbiategrasso e parte degli uffici comunali, negli ultimi anni è stato oggetto di importanti interventi, prima di consolidamento e poi di recupero. Nel 1995, dopo il completamento dei lavori sui corpi nord ed est e il restauro degli affreschi e dei graffiti, nei locali ristrutturati viene insediata la biblioteca civica “Romeo Brambilla”. Nel 2002 si conclude il recupero dell'ala ovest, nei cui locali hanno sede le attività culturali e di promozione turistica del territorio e altri servizi della biblioteca, in particolare quelli destinati ai bambini. I locali sotterranei con volte in cotto, oggetto del medesimo intervento di recupero, sono particolarmente suggestivi e vengono utilizzati per mostre e rassegne, soprattutto di pittura e fotografia. Sono già stati programmati anche i lavori per la pavimentazione del cortile interno del castello e per la riqualificazione delle aree e delle piazze adiacenti il complesso monumentale».

http://www.comune.abbiategrasso.mi.it/La-Citta/Monumenti-e-musei/Il-Castello-Visconteo


Bernate Ticino (palazzo visconteo)

Dal sito www.castellidelducato.eu   Dal sito www.iluoghidelcuore.it

«Ripercorrere la storia di questo borgo, significa richiamare innanzi tutto il ruolo che, nei secoli, ha rappresentato il Naviglio Grande sul territorio. Iniziato nel 1179 dal comune di Milano, in un primo tempo per motivi difensivo-militari, assume nei secoli successivi una importanza determinante per quanto riguarda lo sviluppo dell'economia agricola lombarda, costituendo l'ossatura principale del sistema irriguo locale. Non si può far menzione del Naviglio Grande senza ricordare un altro canale importante di derivazione dal Ticino, alla cui esistenza il primo appare legato: il Ticinello. Esso ebbe, in origine, uno scopo essenzialmente militare: segnare la frontiera fra i territori di Milano e di Pavia, allora ostili. Fu iniziato verso il 1157, quando Milano, attendendo l'attacco del Barbarossa e dei Pavesi suoi alleati, fece predisporre grandi opere difensive sotto la direzione del maestro Guitelmo. Il paese è citato con il nome di Brinate in una patente dell'imperatore Enrico III del 1045. In quei tempi rappresentava un "luogo forte" munito di un castello, poiché il luogo era di passaggio verso il Ticino e verso Turbigo, per cui era militarmente importante tenere sotto controllo, mediante strutture opportune, i movimenti dei civili e dei militari. Bernate possedeva anche un "porto" che ospitava le barche usate come traghetto del Ticino; non va dimenticato infatti che il paese è assai vicino al fiume. Non si hanno notizie di un certo interesse circa il ponte di Bernate sul Ticino, che sottolinea d'altra parte il ruolo di questo contado come punto strategico di passaggio nel medioevo. Sappiamo soltanto che questo ponte fu distrutto nel 1229. ...

La parte residenziale della canonica, la cui fronte principale è rivolta verso il Naviglio, è detta anche "castello" o "Palazzo Visconti". È un tipico esempio quattrocentesco, posto agli inizi dello sviluppo della villa: rappresenta cioè una costruzione di transizione tra il castello fortificato e la villa rinascimentale di residenza. Ha infatti la pianta quadrata a cortile chiuso che lo apparenta alle costruzioni castellane ed una grande loggia aperta verso il Naviglio, come negli edifici di "villeggiatura" ed in modo simile all'aspetto primitivo di "Villa Gaia" a Robecco. Il parziale restauro di Palazzo Visconti, che fino a qualche anno fa versava in condizioni preoccupanti, è stato effettuato dalla comunità parrocchiale di Bernate Ticino, cui principalmente va il merito di aver salvaguardato un siffatto patrimonio storico-artistico».

http://www.festivaldelticino.it/content/comuni/bernate.htm


Bernate Ticino (torre di Cascina Rubone)

Dal sito www.comune.bernateticino.mi.it   Dal sito www.cascine.com

«La località Rubone è caratterizzata dalla quattrocentesca torre d'avvistamento che ancora oggi è visibile e che probabilmente è una delle strutture costruite per il controllo del Naviglio Grande. Attorno alla torre sono ancora visibili i resti dell'abitato con la presenza di un edificio di culto, che testimonia l'esistenza in questo luogo di una comunità autonoma. Si tratta della chiesa di Santa Maria della Pace, probabilmente eretta nel '500 ex novo (o forse ristrutturando una preesistente chiesa del '300 ) da Tommaso Crivelli e rimaneggiata nel '700. Nel corso degli anni l'edificio fu abbandonato e da esso fu depredato l'affresco rinascimentale raffigurante la Madonna con il Bambino, S. Agostino, a destra, e Angeli e due Santi a sinistra. Una lapide posta nella chiesetta di Rubone ricorda che nel 1816 il conte Alessandro Annoni ricostruì a proprie spese la cascina e la chiesa, liberando la località 'dall'aria malsana'. Nell'antico borgo sono stati ritrovati reperti archeologici del V secolo a.C. rispondenti alla tarda 'Cultura di Golasecca'».

http://www.comune.bernateticino.mi.it/Pagina.asp?c_Page=26


BINASCO (castello visconteo)

Dal sito www.binasco2000.com   Dal sito www.felicitaabassoconsumo.net

«Il Castello di Binasco, imponente struttura al centro del paese, presenta il tipico aspetto dei castelli viscontei di pianura. Ha pianta quadrangolare allungata, con alte mura merlate in laterizi a vista che cingono una ampia corte centrale, ed era protetto da forse quattro alte torri angolari quadrate (oggi ne rimangono solo due, oppure si stima che l'edificio possa essere rimasto incompiuto), nonché circondato da un ampio fossato, oggi riempito. L'ingresso principale è collocato in cima ad un piccolo ponte/rivelino. Il cortile presenta un porticato ed una loggia, probabilmente di epoca più tarda. Innalzato dai Visconti tra il XIII e il XIV secolo sui resti di una più antica fortificazione, il castello sorgeva al centro di un importante snodo viario tra Milano e Pavia. Nel 1418, le mura della fortezza furono testimoni di un'atroce tragedia familiare, quando Filippo Maria Visconti, sospettando di adulterio la moglie Beatrice Lascaris di Tenda, la fece decapitare al termine di un processo sommario; pare che l'episodio celasse in realtà oscuri risvolti politici. Binasco venne più volte assalita e saccheggiata; gli episodi più drammatici si svolsero nel 1658 per mano di un'armata francese, e nel 1796 ancora ad opera dei francesi, quando il Comandante Lannes, all'avanguardia delle truppe napoleoniche, ordinò il saccheggio del borgo per rappresaglia contro l'uccisione di alcuni suoi soldati, avvenuta in circostanze mai chiarite: nell'occasione, vennero trucidate quasi duecento persone, quasi tutte civili innocenti. Attualmente, il Castello ospita la sede del Comune di Binasco e di alcuni altri Enti pubblici».

http://www.icastelli.it/castle-1271618855-castello_di_binasco-it.php (a cura di Giacomo Turco)


BUCCInaSCO (castello visconteo)

Dal sito www.comune.buccinasco.mi.it   Dal sito www.parrocchiabarona.it

«Il castello di Buccinasco si presenta come un massiccio edificio monoblocco a pianta quadrata in mattoni a vista, ornato all'ingresso da un elegante colonnato a cinque campate al piano terra, sormontato da un loggiato a dieci campate al primo piano. I tre lati privi di colonnati, in virtù dell'irregolarità nella collocazione delle numerose finestre (di foggia e proporzioni anche molto diverse tra loro), mostrano i segni delle numerose trasformazioni subite nel tempo dalla fortezza. Privo di strutture difensive propriamente dette, il castello è assimilabile più ad una residenza nobiliare di campagna che ad una struttura militare. Fino a non molti decenni fa esisteva un passaggio segreto, che conduceva dai sotterranei del castello ad una vicina villa, da tempo abbattuta. Attualmente, l'edificio si presenta all'esterno ben solido e integro in tutte le sue parti, ancorché appaia alquanto trascurato; il porticato al pianterreno è utilizzato come deposito di materiali agricoli, e l'aia antistante è un parcheggio per trattori. Il nucleo originario della fortezza, che dà nome alla frazione (Buccinasco Castello) è presumibilmente di epoca Trecentesca, ma sembra essere stata rimaneggiata in età successiva. Risultano documentate almeno due visite in loco di Ludovico Visconti (il Moro), la prima delle quali nel 1463, ed è probabilmente il periodo in cui va datata la trasformazione del castello da fortilizio a residenza nobiliare di campagna, con l'aggiunta dell'elegante porticato al piano terra e del corrispondente loggiato al piano superiore».

http://www.icastelli.it/castle-1271618917-castello_di_buccinasco-it.php (a cura di Giacomo Turco)


Carpiano (castello-grangia certosina)

Dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Il castello (sec. XVI - sec. XVII) è un organismo architettonico articolato in diversi corpi di fabbrica che con i loro volumi definiscono tre corti interne: a nord il cortile principale, a ovest il cortiletto del pretore, a nord-ovest il cortiletto rustico. A sud si trova il braccio principale su due piani fuori terra, con due torri ai margini e una bassa d'ingresso, posta centralmente, che consente il passaggio carraio alla corte interna. Il braccio intermedio, posto perpendicolarmente a quello principale, tra la corte grande e il cortiletto del "pretore" è su due piani fuori terra, caratterizzato a piano terreno dal locale refettorio chiuso da volta con lunette unghiate e da un piccolo corridoio di passaggio al cortiletto del pretore con volta a botte decorata. Il braccio che a nord chiude il cortiletto è caratterizzato da balcone a ballatoio verso il cortiletto nord e termina a ovest con un grosso locale quadrato a tutta altezza al quale si appoggiano tre campate di porticato rustico».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1c020-00041/


Cassano d'Adda (castello Borromeo)

Dal sito www.vivicassano.it   Dal sito castelliere.blogspot.com

«La sua costruzione sembra risalire all’epoca carolingia, a dominio del fiume Adda. Durante il Medioevo fu oggetto di lotte tra Guelfi e Ghibellini e seguì le vicende politiche della vicina Milano, conteso tra Torriani, Visconti e Sforza. Si presenta in modo sicuramente originale, privo delle fondamentali caratteristiche che accompagnano i castelli lombardi: una sola torre, nessun merlo, nessun bastione, nessun fossato. Questa conformazione altro non è che il risultato di una plurimillenaria storia di rimaneggiamenti e di abbandoni. Il castello venne ampliato e fortificato in epoche diverse, nel XIII, XIV e XV secolo. Il complesso edificio, disposto attorno ad un cortile trapezoidale, presenta, tra le altre, una parte viscontea poi trasformata e una parte sforzesca verso il fiume, realizzata per rafforzare un punto che offriva un facile appiglio alle aggressioni nemiche. La ristrutturazione Sforzesca trasformò il fronte orientale del castello in una poderosa barriera destinata a sostener l’urto dei veneziani e delle loro artiglierie. Venne costruita così una grande muraglia affiancata alla rocca, rafforzata da contrafforti esterni e munita di retrostanti casematte, alta quanto la scarpata naturale fino al castello. Nel secolo IX la corte e il castello appartenevano agli arcivescovi di Milano, nel 1538 il feudo fu concesso da Carlo V alla famiglia D’Adda e nel 1549 divenne marchesato. Passò poi ai Castaldi, che lo tennero fino al 1752, ai Bonelli, e da questi venduto nel 1781 al marchese Gian Francesco D’Adda.

Solo con Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, l'ormai stanca ed inutilizzata fortezza ebbe nuove attenzioni da parte di architetti e ingegneri. Nel 1764, in pieno illuminismo, si fece demolire il portone del ricetto, che cingeva il borgo fortificato e si procedette ad altre opere di smantellamento. Superata la sua funzione bellica tra il XVIII e il XIX secolo, il maniero fu riadattato ad usi diversi; sede di pretura e carceri, caserma militare. Nel Novecento continuò incessante l'opera di "snaturalizzazione" del castello che finì per ospitare una filanda, sede di Pretura, officine, laboratori artigianali, malsane abitazioni. Fino ai primi anni Ottanta vi si trovava anche una frequentatissima discoteca ricordata con nostalgia dai giovani dell'epoca. Ogni ambiente della rocca finì insomma vittima dell'incuria e del più sconfortante degrado. Agli inizi degli anni Novanta si registrò un improvviso quanto inatteso colpo di spugna: si sbaraccò tutto quanto non attinente alla vetustà e alla importanza del luogo e si diede il via a lavori di restauro che restituirono, almeno esternamente, un certo decoro all'antico castello».

http://castelliere.blogspot.com/2010/11/il-castello-di-martedi-16-novembre.html


CASSINO SCANASIO (castello visconteo)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Dimora storica della famiglia Visconti di Modrone, oggi una parte del Castello è stata ristrutturata sotto l'egida delle Belle Arti. L'origine del Castello di Cassino non è di immediata datazione. Documenti risalenti all'anno mille citano, a proposito di passaggi di eredità, beni situati nel luogo di "casinae scanasane" e l'esistenza di un edificio rurale fortificato sarebbe documentata già a partire dall'XI secolo, ma la sua effettiva presenza territoriale è riconducibile alla più tarda epoca signorile. Nel '400 il Castello venne restaurato e l'intero borgo divenne una sorta di casale agricolo fortificato. Nei primi anni del XVI secolo, il complesso venne acquistato dalla famiglia Trivulzio che ne trasformò completamente l'immagine. Esso si trasformò da castrum in dimora di campagna con la costruzione delle torri cilindriche tuttora visibili. Nel 1836 fu acquistato dalla famiglia Visconti di Modrone, riacquistando importanza nel secolo XVIII, trovandosi in posizione centrale nelle grandi trasformazioni agrarie del milanese. Il Castello di Cassino è reso interessante da caratteristiche decorazioni a graffito e finestre ad archi in stile gotico. Attualmente è in fase di restauro. è situato in via Cassino Scanasio».

http://www.comune.rozzano.mi.it/index.php/cenni-storici/614-castello-di-cassino-scanasio.html


Cisliano (Torre dei Gelsi o Borgo Manzola)

Dal sito www.residenzedepoca.it   Dal sito www.ristorantetorredeigelsi.it

«Nell’antico Borgo Manzola, antico nucleo di Cisliano, si trova la neomedievale Cascina Manzola, oggi chiamata Torre dei Gelsi, che in parte è stata trasformata in ristorante. La sua esistenza si attribuisce al XVI secolo. Nel passato fu cascina fortificata a difesa del ducato di Milano» - «L'edificio della Manzola è ben delineato nelle mappe storiche di Maria Teresa (1722). Oggi l'ex maniero è stato pesantemente ristrutturato, pur mantenendo parte della decorazione tipica dell'epoca viscontea. La tipologia originaria, pertanto, può essere assimilata a quello dell'edificio abitativo alla residenza signorile (per la caccia) di tipo fortificato. La Manzola era citata già nel 1574. Una parte dell'edificio (già rimaneggiato nell'800 ) è oggi adibita a ristorante, ricavato nel corpo ovest del complesso, precedentemente adibito a stalla. Un piccolo campo da maneggio completa l'attrezzatura a servizio pubblico-privato».

http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/139462 - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-02384/


COAZZANO (castello visconteo)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Edificio d'impianto quadrangolare con cortile porticato e con loggiato aperto verso sud. Nucleo originario del complesso è la torre trecentesca, posta sul lato nord, la cui facciata è caratterizzata da un arco cieco a sesto acuto e dalle tracce del ponte levatoio, utilizzato per superere il fossato che circondava il castello. Oggi l'accesso al bene avviene attraverso un ponte in pietra a due arcate. La facciata est presenta due finestre a sesto acuto con intonaco decorato. All'interno si conservano la scala in pietra, di collegamento tra i piani della torre, due camini in pietra lavorati e la copertura con capriate in legno. Fanno parte del complesso il mulino fortificato, un edificio ad L adibito a residenza dei contadini, con una sua corte agricola, un altro edificio ad L, ad uso stalla e fienile, ed una costruzione con tracce di affresco annessa alla residenza, resti di una cappella intitolata al Crocifisso fatta erigere da Bianca di Savoia. Epoca di costruzione: prima metà sec. XIV».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-07765/


Corbetta (Castelletto o castello di Sant'Ambrogio)

Dal sito www.cdb-corbetta.org   Dal sito www.castellettocorbetta.it

  

«Il Castello rappresenta l'ultimo frammento murario di una costruzione risalente al IX secolo. I primi riferimenti al Castello si trovano in una narrazione di Wippone del 1037. Il complesso odierno presenta solo alcune parti originarie ed è il frutto di un'attenta opera di restauro dell'architetto Piero Portaluppi negli anni 1941-1942. Il colonnato interno al giardino e l'abside di una porta, provenienti da un monastero degli Stigmativi di Verona, sono risalenti al Cinquecento. Dopo aver percorso il lungo viale di ingresso incorniciato da alberi e fiori, si arriva al Castello. Una suggestiva torre e un antico portico con decori ed intarsi originali accolgono gli ospiti. Tutta la struttura è immersa all'interno di un ampio e rigoglioso parco di circa 1.000 mq puntellato da statue e sculture antiche».

http://www.castellettocorbetta.it/castello.html


Corbetta (torre medievale)

Dal sito www.let-milano.com   Dal sito www.cittaoggiweb.it

«Situata nei pressi di Villa Archinto-Pisani Dossi, questa costruzione è probabilmente ciò che resta delle antiche mura perimetrali della città di Corbetta. La torre è caratterizzata da una pianta quadrangolare, chiusa alla sommità da un tetto in tegole e decorata con un fascione di mattoni sporgenti a losanga. Nella parte immediatamente sottostante sono ancora ravvisabili tracce di una fascia rossa affrescata che si stagliava lungo tutto il perimetro dell'edificio. Nella struttura sono ancora visibili tracce di finestre ad arco acuto in cotto risalenti probabilmente al XVI secolo. La torre, utilizzata per anni come magazzino rurale, è stata recentemente acquistata dall'amministrazione comunale ed è stata oggetto di restauri che hanno consentito una riqualificazione dell'edificio e del vicino Largo Cellere».

http://www.bibliocorbetta.it/index.php/corbetta-topmenu-84?task=view&id=118


Corneliano Bertario (fraz. di Truccazzano, castello Borromeo)

Dal sito www.corneliano.com   Dal sito www.castellodicornelianobertario.it

  

«Nell’anno 1158 Federico Barbarossa, volendo passare l’Adda col suo esercito per andare ad assediare Milano, trovò il ponte di Cassano presidiato dai Milanesi: cercò allora un guado più a sud e lo trovò a Corneliano. Nella traversata del fiume – raccontano i cronisti del tempo – perse più di duecento armati. A quel tempo l’Adda formava nella zona vaste paludi note con il nome di Lago Gerundo. Quattro anni più tardi il Barbarossa tornò a Corneliano e qui si accampò per un breve periodo. Il paese di Corneliano aveva all’epoca compiuto già mille anni di vita, essendo di fondazione romana, come testimoniano anche alcuni ritrovamenti archeologici. Era sede di una “pieve” con relativa canonica. Nel Trecento le Chiese del paese erano diventate tre. Nel 1385 Barnabò Visconti, Signore di Milano, regalò all’Ospedale Maggiore una vasta proprietà agricola e boschiva in Corneliano. Negli stessi anni il Vescovo di Lodi rivendicava il suo diritto di cavare oro dalle rive dell’Adda da Corneliano Bertario alla confluenza del Po. Di quel tempo è la parte più antica del Castello: la torre quadrata sull’angolo della piazza, con le sue massicce mura larghe quasi due metri, fatte con materiali tratti da costruzioni più antiche. Nel ‘400 e ‘500 si aggiungono le altre parti: l’edificio che ospita il salone, il rivellino con le sue piccole mensole di pietra , il muro di sassi e il bastione, che proteggevano il Castello dalla parte dell’Adda. E infine le minuscole prigioni, con tre sole celle. La proprietà del Castello passa, negli ultimi secoli, dall’Ospedale Maggiore alla famiglia dei Bigli, poi ai Gallarati Scotti e infine al Borromeo».

http://www.castellodicornelianobertario.it/template.php?pag=24435


Cusago (castello visconteo)

Dal sito www.icastelli.it   Dal sito www.terredilombardia.it

  

«Noto per il suo inconfondibile torrione centrale che domina i boschi circostanti, il Castello è un edificio storico di grande importanza, residenza occasionale della Famiglia Visconti che nel vasto bosco circostante soleva organizzare lunghe battute di caccia. Il Castello Visconteo di Cusago risale agli anni compresi fra il 1360 e il 1369 quando Barnabò Visconti decise di costruire una residenza di campagna nei dintorni di Milano, utilizzata per imponenti battute di caccia nei boschi circostanti e come rifugio durante le epidemie che minacciavano la città. Il Castello rimase proprietà dei Visconti anche durante il XIV e il XV secolo, quando Gian Galeazzo e Giovanni Maria, al pari del predecessore, lo utilizzarono per la caccia a cervi, daini, cinghiali e uccelli di varie specie. Il Castello passò poi a Filippo Maria Visconti il quale, grazie ad una serie di interventi strutturali, trasformò l’edificio da residenza a vera e propria sede di governo, realizzando anche varie opere idrauliche fra cui il cosiddetto “Navilglietto” ossia un canale che collegava Cusago al Naviglio Grande all’altezza di Gaggiano, rendendo il Castello comodamente raggiungibile anche da Milano. Successivamente il Castello conobbe un periodo di declino legato alle dominazioni spagnola e francese e, nel 1525, fu ceduto Francesco II Sforza al banchiere milanese Massimiliano Stampa per far fronte alle crescenti spese richieste dalle diverse guerre che la dinastia dovette sostenere in quegli anni. In seguito il castello passò alla famiglia Casati che ne rimase proprietaria fino a che, nel XX secolo, fu acquistato dall’immobiliare Coriasco. Recentemente il Castello è stato acquistato da un gruppo di privati che si sono impegnati ad eseguire i lavori di restauro per rendere questo splendido edificio nuovamente funzionale e soprattutto visitabile.

La pianta dell’edificio, a forma quadrata con un unico torrione centrale in corrispondenza del portone di ingresso, testimonia la vocazione prevalentemente residenziale dell’edificio, nonostante le sue sembianze lo avvicinino a tipiche fortificazioni tardo medioevali. La facciata, splendida nella sua imponenza, si presenta come fortemente caratterizzata dalla torre, dalla cui cima si poteva osservare l’intero territorio circostante, e dal portone di ingresso, la cui loggetta sporgente fu aggiunta successivamente per volere di Ludovico il Moro. Le facciate laterali sono caratterizzate al secondo piano da un colonnato cieco e dal ripetersi ritmico di finestroni a pieno sesto, decorati con una cornice dipinta. Al primo piano troviamo invece finestre di dimensioni più piccole. Il Castello di Cusago è stato inserito nelle visite guidate che, nel mese di settembre, l’Istituto Nazionale dei Castelli annualmente organizza».

http://www.terredilombardia.it/cusago/cusagocastello.php


Lacchiarella (rocca viscontea)

Dal sito www.comune.lacchiarella.mi.it   Dal sito www.fotoseimagenes.com

«La storia della rocca (o rocchetta, come dicono alcuni studiosi) è strettamente collegata alle vicende del territorio milanese nel periodo, dal XIII al XV secolo, in cui fu dominato prima dai Della Torre o Torriani, poi dai Visconti ed in ultimo dagli Sforza. La sua origine è certamente più antica. Quando fu costruita la rocca di Lacchiarella? Gli storici che si sono occupati con molta serietà e con accurate ricerche di questo edificio (Teodoro Cavallotti nel 1939 e Bernadette Cereghini nel 1985) collocano la data della prima costruzione – la rocca fu distrutta e ricostruita varie volte nel corso dei secoli – verso la metà del X secolo (forse l’anno 924) e la fanno coincidere con il periodo delle invasioni degli Ungari o Magiari che erano penetrati in Italia ed avevano raggiunto Pavia. La rocca, che quasi sicuramente era affiancata da un castello e da una bicocca, faceva parte di un complesso difensivo tipico di quei lontani anni che doveva provvedere a proteggere ed accogliere, in caso di attacco dall’esterno, i contadini, gli animali e le produzioni dei campi. Lacchiarella era, infatti, e il significato del nome lo conferma, un paese agricolo autosufficiente, situato a metà strada tra Milano e Pavia, che viveva ed operava intorno al castello, oggi scomparso e che aveva nella rocca, con il suo ponte levatoio, le torri merlate ed il fossato intorno, un baluardo essenziale per la sua difesa. Se noi osserviamo la topografia e la toponomastica odierna di Lacchiarella e le confrontiamo con quelle antiche di cui disponiamo, riscontriamo la quasi perfetta corrispondenza. Il perimetro del borgo medioevale correva lungo le attuali vie Gramsci, Milite Ignoto, Carminati, Duca d’Aosta, Piave e San Michele del Carso. La piazza Cesare Fiocchi è conosciuta dai lacchiarellesi anziani come la cortazza che nei tempi remoti identificava lo spazio scoperto compreso tra il castello e la bicocca. Un ulteriore riscontro l’abbiamo dal corso d’acqua noto come Mezzabarba che, provenendo coperto da via Gramsci, costeggia infatti, sempre coperto, la via Milite Ignoto.

Le guerre iniziate dopo l’anno 1000 tra milanesi e pavesi per il possesso del territorio (queste terre di confine erano, infatti, chiamate “loci discordiae”) coinvolsero anche la zona di Lacchiarella. Infatti, nel 1061 fu combattuta una sanguinosa battaglia a Campomorto, presso Siziano, che portò alla distruzione di Decimo che all’epoca faceva parte del contado ciarlasco. La vittoria arrise, a caro prezzo, ai milanesi. Milano in quei secoli era una delle più ricche e popolose città d’Europa, la seconda forse (100.000 abitanti) dopo Parigi, il cui influsso economico, in costante ascesa, si esercitava attraverso le numerose attività manifatturiere, metallurgiche e fabbriche d’armi sul resto d’Italia e in Francia. Bonvesin de la Riva, il più importante scrittore milanese del duecento, nella sua opera De magnalibus urbis Mediolani riferisce che a Milano erano attivi 120 giureconsulti, 1500 notai, 600 messi del comune, 300 fornai, 400 macellai e 1000 venditori al dettaglio. Contava inoltre 12500 abitazioni, 200 chiese e 10 ospedali. I religiosi erano circa 10000. Ambasciatori e viaggiatori erano sorpresi ed ammirati da tanta operosità ed opulenza. Il territorio della Bassa Milanese fino al secolo XII veniva considerato una zona depressa per la sua insalubrità dovuta alla presenza di paludi ed acquitrini che lo rendevano inospitale e inadatto alla coltivazione. Nei secoli successivi, grazie soprattutto all’iniziativa di alcuni ordini monastici, in primis i Cistercensi che si erano installati a Chiaravalle nel 1135 e che avevano, con un’intelligente ed innovativa opera di irrigazione dei terreni, fu trasformato da superficie paludosa in vaste estensioni coltivabili (si pensi a Vione, confinante con Lacchiarella). Alla loro gestione provvedevano direttamente i monaci per mezzo dei fratelli conversi. Con tale sviluppo la Bassa Milanese diventò il granaio di Milano. Era il periodo in cui nella metropoli lombarda dominavano i Della Torre o Torriani, la prima delle grandi famiglie milanesi con cui dovette fare i conti la rocca di Lacchiarella».

http://www.comune.lacchiarella.mi.it/folklore/storia/rocca/rocca/


Lainate (Villa Borromeo Visconti Litta)

Dal sito www.insiemegroane.it   Dal sito www.mostra-arteenatura.it

«Villa Borromeo Visconti Litta sorge nel territorio di Lainate ed occupa una superficie complessiva di circa tre ettari. Ideatore dell'intero complesso fu Pirro I Visconti Borromeo che, ispirandosi alle ville della Toscana medicea, verso il 1585 diede una funzione prevalentemente ludica al suo possedimento lainatese sino ad allora destinato all'agricoltura. Oltre ai lavori di sistemazione architettonica del palazzo, Pirro I impostò il giardino e fece costruire il Ninfeo. Questo edificio di frescura ..., può essere considerato uno degli esempi più importanti dell'Italia settentrionale per la ricchezza delle decorazioni e la varietà dei giochi d'acqua. Il Catasto Teresiano (1721) mostra come l'impianto del complesso rimase sostanzialmente invariato fino a quella data. Il marchese Pompeo Litta ereditò la Villa nel 1750 e attuò grandi lavori di sistemazione scenografica nei giardini, moltiplicando gli effetti prospettici, creando quinte e fondali, costruendo ex novo la facciata del Ninfeo. Ebbe allora inizio il periodo di massimo splendore della villa. Agli inizi del XIX secolo, trasformata la parte nord/ovest in giardino all'inglese, ebbero grande sviluppo le sperimentazioni botaniche in serra, fino a quando il declino della famiglia Litta, parte attiva nei moti per l'Unità d'Italia, condusse alla cessione della Villa al Demanio dello Stato nel 1866. Il complesso monumentale, dopo successivi passaggi di proprietà, nel 1932 venne acquistato da Alberto Toselli che compì alcuni restauri e riattivò i giochi d'acqua. La seconda guerra mondiale segnò il decadimento totale della Villa che si protrasse sino al 1971 quando venne acquistata dall'Amministrazione Comunale di Lainate».

http://www.amicivillalitta.it/storia.htm


Legnano (castello dei Cotta, palazzo Leone da Perego)

Dal sito www.legnanoshopping.it   Dal sito www.spaziartelegnano.com

  

«Nell'area oggi occupata dal Palazzo sorgeva nell'alto medioevo il castello dei Cotta, che aveva una funzione difensiva. Nel X secolo, infatti, Legnano era coinvolta, insieme a molte altre regioni dell'Impero carolingio, dalle incursioni degli Ungari. In questo secolo quindi è ipotizzabile la nascita di questa fortificazione, il cui primo nucleo fu probabilmente una torre di avvistamento. Nel XI secolo quest'ultima fu completata dall'aggiunta di un vero e proprio palazzo fortificato, dotato di mura e di un fossato dentro il quale erano state deviate le acque dell'Olona, opera della famiglia Cotta. Questa famiglia era vassalla dell'Arcivescovo di Milano e partecipò alla lotta di quest'ultimo contro il contado del Seprio. In questo periodo storico Legnano diventò un baluardo difensivo di Milano, ruolo che conservò anche in seguito. Per questo motivo Legnano fu spesso sede di soggiorni di arcivescovi meneghini, tra cui Leone da Perego ed Ottone Visconti, diventando un punto di riferimento importante per la difesa di Milano. Accanto al castello Cotta sorsero poi altri edifici, tra cui l'originario palazzo Leone da Perego ed il palazzo Ottone Visconti. Questo agglomerato di edifici è conosciuto come Mensa Arcivescovile, e fino al 1818 era presente una costruzione, conosciuta come "porta di sotto", la quale fungeva da porta della città oltre che da collegamento tra gli edifici menzionati ed il castello Cotta. Quest'ultimo fu in seguito demolito. I resti del castello Cotta sono statti trovati nel 1951 da Guido Sutermeister durante gli scavi per la costruzione della Galleria di Legnano. Furono trovate le fondamenta di parte del palazzo e dei muraglioni difensivi. Originariamente il castello Cotta aveva forma rettangolare di dimensioni 22 m per 6,5 m. Un tempo i muri difensivi comprendevano l'area dell'attuale palazzo Leone da Perego. Della parte del castello che si estendeva su quest'ultima area non ci sono pervenuti ritrovamenti perché non sono mai stati effettuati scavi archeologici rilevanti».

http://www.legnanoshopping.it/luogo/il-castello-dei-cotta


LEGNANO (castello visconteo)

Dal sito www.archiram.com   Dal sito www.provincia.milano.it

  

«Il castello di Legnano sorge a sud della città su un'isola del fiume Olona. È conosciuto come Castrum Sancti Georgi (castello di San Giorgio) fin dal XIII secolo. Il torrione principale, dove è posto l’ingresso del castello, ha base rettangolare (9,2 per 14 m) ed è alto 16,5 m dal piano stradale. Un tempo era protetto da un ponte levatoio. Nelle mura, che descrivono un rettangolo di 80 m per 70 m, sono inserite sei torri cilindriche a difesa del Castello: originariamente erano quattro agli angoli del quadrilatero e due a metà dei lati est ed ovest. In seguito vennero demolite le due poste verso sud. Alte 12,5 m e con un diametro di 5,5 m, presentano feritoie all’altezza del camminamento di ronda e sotto il tetto delle merlature. In seguito altri edifici furono aggiunti all’interno della cinta muraria per ampliare la zona residenziale, che assunse così le caratteristiche di una abitazione signorile fortificata. Nel perimetro del castello è presente una chiesetta dedicata a San Giorgio, edificata probabilmente nel 1440 sulle vestigia di una precedente che apparteneva ad un convento di Regolari Agostiniani. Documenti in cui la chiesa attuale è citata sono datati 1580, 1640, 1686 e 1779, ed è stata utilizzata nei secoli come tomba di famiglia oltre che come luogo di culto privato. Di notevole interesse sono i soffitti a cassettoni e gli affreschi cinquecenteschi presenti nell'edificio principale. La fortificazione è sorta su un convento di Regolari Agostiniani, con annessa chiesetta dedicata a San Giorgio, la cui presenza è documentata fin dal 1231; l'edificio religioso non compare però nel registro delle chiese del Liber notitiae sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero. Il monastero possedeva molte terre coltivabili, di proprietà dei Della Torre, che si allargavano oltre Legnano fino a raggiungere Canegrate, San Vittore Olona, Villa Cortese e Dairago. I monaci, a seguito delle prepotenze subite dai potenti del luogo, abbandonarono il monastero firmando un atto di cessione datato 14 ottobre 1261. Questa zona prese quindi la denominazione di San Giorgio, che poi diede il nome al castello, ad un odierno quartiere legnanese (la Costa di San Giorgio) ed al vicino comune di San Giorgio su Legnano. Il maniero medioevale, che è stato di proprietà dei Torriani e dei Visconti, sorge in viale Toselli, fra il Parco Castello e piazza I maggio. Durante i lavori di ristrutturazione del castello sono stati scoperti dei resti appartenenti al convento.

Quando i canonici se ne andarono presso il convento esisteva una piccola costruzione, una torre, probabilmente di vedetta, per controllare la strada costeggiante l’Olona, che era strategica perché era importante via di comunicazione tra Milano e il nord ovest della Lombardia. Fu costruita probabilmente da Uberto Visconti verso il 1231. Tra il 1261 e il 1273, i Torriani, nuovi proprietari dell'edificio, costruirono due ali a destra e a sinistra della torre originaria, che furono inglobate successivamente nel castello. Nel 1277 l'edificio passò ai Visconti a seguito della sconfitta di Napo Torriani da parte di Ottone Visconti. Il castello di San Giorgio è stato di proprietà dei Visconti fino al 1437, quando l’ultimo signore della dinastia che dominava Milano, Filippo Maria, lo assegnò in dono al fedele Oldrado Lampugnani. Nel 1445 Oldrado ottenne il permesso per la fortificazione dell’edificio con torri, mura, fossato e ponte levatoio. Con questo ampliamento venne soppresso l'ingresso principale, che un tempo era sul lato di ponente, e venne costruito il nuovo e più imponente torrione d'ingresso. Il castello era adoperato da Oldrado Lampugnani più che altro come residenza estiva; tuttavia, essendo fortificato, rientrava in un sistema di strutture militari che, disposte lungo un ampio perimetro attorno a Milano, e affidate a famiglie fedeli, proteggevano la città da attacchi nemici. Persa la sua importanza strategica nei secoli successivi, il maniero è stato di proprietà dei Lampugnani fino al 1710, quando fu donato all’Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1792 fu acquistato dal marchese Carlo Cristoforo Cornaggia (famiglia benestante di commercianti di cotone, presenti a Legnano sin dal 1598. Nel 1748 ampliarono le loro proprietà acquistando il "feudo sulla Castellanza", dando alla famiglia il titolo nobiliare di Marchesi di Castellanza). Nel 1883 il castello fu trasformato in azienda agricola e convertito in alloggio per i contadini. Nel 1973 è stato acquistato dal comune di Legnano. Dopo decenni di degrado ed incuria è stato ristrutturato e riaperto al pubblico nel 2005. Dal 2007 fa parte del progetto SALe Legnano ed è sede espositiva insieme a Palazzo Leone da Perego».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Legnano


Legnano (torre Colombera)

Foto di Rossella Manzo, dal sito www.legnano.org   Dal sito it.wikipedia.org

«La Torre Colombera è un edificio storico di Legnano. È l'unica costruzione giunta sino a noi della Legnano quattrocentesca. È inglobata in una corte lombarda che sorge tra corso Garibaldi e via Del Gigante, nei pressi della chiesa di San Domenico. Conosciuta anche come "La Colombera", deve il suo nome ad uno degli impieghi che nel passato erano spesso svolti in strutture simili, vale a dire l'allevamento dei colombi. La Torre Colombera venne edificata a metà del XV secolo come casa di caccia della famiglia nobiliare dei Lampugnani. L'edificio, di forma torreggiante, è strutturato in due piani. Nel 1934 Guido Sutermeister si accorse che le pareti interne dell'edificio erano un tempo abbellite da affreschi, che erano però quasi del tutto scomparsi già all'epoca. I due locali al piano superiore erano infatti decorati, rispettivamente, da raffigurazioni collegate alla storia romana ed alla vita contadina. Il piano terra era invece ornato da affreschi riproducenti gli stemmi di alcune famiglie nobiliari dell'epoca (Lampugnani, Sesti, Visconti, Annoni, Porro e Arconti). Questi emblemi araldici erano poi inseriti all'interno di motivi decorativi. Tali affreschi furono probabilmente dipinti da Gian Giacomo Lampugnani. I resti di queste pitture vennero in un primo momento staccati dalla pareti, per poi essere ricollocati nella Torre Colombera nei punti originari insieme a degli affreschi che provenivano da alcuni palazzi rinascimentali legnanesi e che furono salvati da Guido Sutermeinster. Gli edifici nobiliari da cui provenivano queste pitture furono infatti demoliti tra gli anni trenta e gli anni settanta del XX secolo. Gli affreschi, che vennero dipinti in periodo compreso tra il XV ed il XVII secolo, furono collocati nella Torre Colombera nel 1990, cioè dopo la ristrutturazione dell'edificio. ...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Colombera_(Legnano)


Melegnano (castello mediceo)

Dal sito infoparchi.com   Foto di Paola S., dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«L'origine di questo castello riporta alla crescente potenza della famiglia Visconti, signori di Milano: nel 1243 il podestà di Milano, Cattellano Carbone, responsabile della difesa della città e della campagna circostante, ordinò la costruzione di una fortezza in Melegnano. Questa fortezza venne chiamata con il nome di receptum, un vocabolo che identifica un luogo dove si potessero raccogliere cose e persone, sia per difendersi che per attaccare. La fortezza fu chiamata anche con il nome di motta, che significa rialzo di terra formato appositamente nella pianura e munito di fosse, bastioni e torrette. La necessità della costruzione di una fortezza a Melegnano era sorta per contrastare gli assalti di Federico II, nipote di Barbarossa, che, nel tentativo di conquistare Milano, attaccava dal Ticino e dall'Adda. Milano sostenne uno sforzo assai grande negli anni 1244-1245, riuscendo a resistere al grande imperatore. Il castello di Melegnano, con pianta a U, presenta una struttura laterizia compatta e chiude con la sua monumentalità piazza della Vittoria. Il contesto circostante era caratterizzato fino agli anni '50 da prati e giardini, in quanto la sua estremità meridionale era aperta verso i campi. In origine presentava pianta quadrilatera, come era nel tipo dei castelli dei Visconti: quattro corpi di fabbrica dotati di quattro torri che serravano all'interno un ampio cortile. Oggi i corpi di fabbrica sono 3: la facciata, il lato est e il lato ovest, e rimangono due massicce torri agli angoli che hanno i lati di circa 10 metri. L'unico corpo di fabbrica che ci è giunto intero è quello che guarda la piazza e che ne costituisce la facciata. Il lato di fondo, dunque, è tutto mancante, ma certamente esisteva e fu atterrato nella settimana dal 1° al 6 marzo 1449 da Francesco Sforza, quando colpì con le macchine da guerra distruggendo due torri e le mura che erano tra le due torri. Il Castello di Melegnano si trova in prossimità del Fiume Lambro che, a dispetto dell'inquinamento delle sue acque, dà vita, lungo il suo corso, ad alcuni ambienti di notevole interesse naturalistico, individuati nel P.T.C. del Parco come aree a Parco naturale. Il castello si trova al centro dell'abitato di Melegnano, che è raggiungibile, oltre che in auto attraverso la Via Emilia, anche con la ferrovia».

http://www.provincia.milano.it/parcosud/monumenti/melegnano.html


MILANO (castello sforzesco)

Dal sito www.gruppoartema.it   Dal sito www.italissimo.de

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)  Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)

Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)   Foto di Marco Brando (https://www.facebook.com/marco.brando)  ---  Foto di Graziella Giacone (https://www.facebook.com/graziella.giacone2)

«Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come Castrum Portae Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e nei secoli ha subito notevoli trasformazioni. Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali cittadelle militari d'Europa; ora è sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica. Giovanni Visconti alla sua morte lasciò in eredità il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò. Alla morte di Matteo i due fratelli si spartirono la città e tra il 1360 e il 1370 Galeazzo Visconti fece costruire, a cavallo delle mura della città, in corrispondenza della porta detta Giovia (o Zobia) una fortificazione detta, appunto, Castello di Porta Giovia. L'edificio venne ampliato dai suoi successori: Gian Galeazzo, Giovanni Maria e Filippo Maria. Il risultato è un castello a pianta quadrata, con i lati lunghi 200 m, e quattro torri agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti, con muri perimetrali spessi 7 m. La costruzione divenne così dimora permanente della dinastia viscontea.

Nel 1447 venne distrutto dalla neo Aurea Repubblica Ambrosiana. Fu Francesco I Sforza a ricostruirlo nel 1450 per farne la sua residenza dopo aver abbattuto la Repubblica. Nel 1452 Filarete venne ingaggiato dal principe per la costruzione e la decorazione della torre mediana, che difatti tuttora viene chiamata Torre del Filarete. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece continuare i lavori dall'architetto Benedetto Ferrini. La parte decorativa fu invece affidata ai pittori del ducato. Nel 1476, sotto la reggenza di Bona di Savoia, fu costruita la torre omonima. Nel 1494 salì al potere Ludovico il Moro e il castello divenne una fastosa opera, alla realizzazione della quale furono chiamati a lavorare artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell'appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e il Bramante (forse per una ponticella per collegare il castello alla cosiddetta strada coperta), mentre molti pittori affrescarono la sala della balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Verso il 1498 nella Sala delle Asse lavorò Leonardo da Vinci, con la pittura di Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce.

Negli anni a seguire il castello fu però danneggiato dai continui attacchi che francesi, milanesi e truppe germaniche si scambiarono; fu aggiunto un baluardo allungato chiamato "tenaglia" che dà il nome alla porta vicina e progettato forse da Cesare Cesariano, ma nel 1521 la Torre del Filarete esplose,perché un soldato francese fece per sbaglio esplodere una bomba dopo che la torre fu adibita ad armeria. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora della moglie Cristina di Danimarca. Passato sotto il dominio spagnolo, il castello nel 1535 (governatore Antonio de Leyva) perse il ruolo di dimora signorile, che passò al Palazzo Ducale, e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: la guarnigione era una delle più grandi d'Europa, variabile da 1000 a 3000 uomini, con a capo un castellano spagnolo. Nel 1550 cominciarono i lavori per il potenziamento delle fortificazioni, con l'aiuto di Vincenzo Seregni: fu costruito un nuovo sistema difensiva di pianta prima pentagonale e e poi esagonale (tipica della fortificazione alla moderna): una stella a sei punte portate poi a 12 con l'aggiunta di apposite mezzelune. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza complessiva di 3 km, e coprivano un'area di circa 25,9 ettari. Le antiche sale affrescate furono adibite a falegnameria e a dispense, mentre nei cortili furono costruiti pollai in muratura. All'inizio del Seicento l'opera fu completata coi fossati, che separarono completamente il castello dalla città, e la "strada coperta".

Quando la Lombardia passò dalla Spagna agli Asburgo d'Austria, per mano del grande generale Eugenio di Savoia, il castello conservò la propria destinazione militare. L'unica nota artistica del dominio austriaco è la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dell'esercito austriaco, posta nel cortile della Piazza d'armi. Con l'arrivo in Italia di Napoleone, l'Arciduca Ferdinando d'Austria abbandonò il 9 maggio 1796 la città, lasciando al Castello una guarnigione di 2.000 soldati, sotto il comando del tenente colonnello Lamy, con 152 cannoni e buone scorte di polvere, fucili e foraggiamenti. Respinto un primo, velleitario, attacco di un gruppo di Milanesi filogiacobini, subì l'assedio francese, protratto dal 15 maggio alla fine di giugno. In un primo tempo Napoleone ordinò di ripristinarne le difese, per alloggiarvi una guarnigione di 4000 uomini. Nell'aprile 1799 questa dovette subire l'assedio delle rientranti truppe austro-russe ma, già un anno dopo, all'indomani di Marengo, il dominio francese venne ristabilito. Già nel 1796 era stata presentata una prima petizione popolare, che richiedeva l'abbattimento del castello, interpretato quale simbolo della 'antica tirannide'. Con decreto del 23 giugno 1800 Napoleone ne ordinò, in effetti, la totale demolizione. Essa venne realizzata a partire dal 1801, solo in parte per le torri laterali e in toto per i bastioni spagnoli, esterni al palazzo sforzesco, di fronte alla popolazione esultante.

Nel 1801 venne presentato dall'architetto Antolini un progetto per il rimaneggiamento del castello in forme vistosamente neo-classiche, con un atrio a dodici colonne e circondato dal primo progetto di Foro Buonaparte: una piazza circolare di circa 570 metri di diametro, circondata da una sterminata serie di edifici pubblici di forme monumentali (le Terme, il Pantheon, il Museo Nazionale, la Borsa, il Teatro, la Dogana), collegati da portici sui quali si sarebbero aperti magazzini, negozi ed edifici privati. Esso venne respinto da Napoleone, il 13 luglio dello stesso anno, perché troppo costoso e, in effetti, sproporzionato ad una città di circa 150 000 abitanti. Venne quindi ripreso in considerazione un secondo progetto, presentato dal Canonica, che limitava l'intervento alla sola parte rivolta verso via Dante (che porta comunque il nome dell'ambizioso progetto: Foro Bonaparte) mentre la vasta area retrostante venne adibita a piazza d'armi, coronata, anni più tardi, dall'Arco della Pace, opera del Cagnola, a quel tempo dedicato a Napoleone. Pochi anni a seguire, nel 1815, Milano e il Regno Lombardo-Veneto, furono annessi nell'Impero d'Austria, sotto il dominio dagli austriaci del Bellegarde e il castello arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati, divenne tristemente famoso perché durante la rivolta dei milanesi nel 1848 (le cosiddette Cinque giornate di Milano), il maresciallo Radetzky darà ordine di bombardare la città proprio con suoi cannoni.

Durante i tragici avvenimenti delle guerre d'indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi ne approfittarono per smantellare parte delle difese rivolte verso la città. Quando nel 1859 Milano è definitivamente in mano sabauda e dal 1861 parte del Regno d'Italia la popolazione invade il castello, derubando e saccheggiando in segno di rivalsa. Circa 20 anni dopo il castello è oggetto di dibattito e molti milanesi propongono di abbatterlo per dimenticare i secoli di gioco militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale estremamente lucroso: tuttavia prevale la cultura storica e l'architetto Luca Beltrami lo sottopose a un restauro massiccio, quasi una ricostruzione, che aveva come scopo far tornare il castello alle forme della signoria degli Sforza. Restauro che terminò nel 1905, quando venne inaugurata la Torre del Filarete, ricostruita in base a disegni del XVI secolo e dedicata a re Umberto I di Savoia, assassinato pochi anni prima. La torre costituisce anche il fondale prospettico della nuova via Dante. Nella vecchia piazza d'armi vengono inoltre messe a dimora centinaia di piante nel nuovo polmone verde cittadino, il Parco del Sempione, giardino paesaggistico in stile inglese. Il Foro Bonaparte è ricostruito a scopo residenziale anteriormente al castello.

Nel corso del XX secolo il castello viene danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale; negli anni novanta fu costruita in piazza castello una grande fontana ispirata ad una precedentemente installata sul posto che venne smantellata negli anni '60 durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa dopo il termine dei lavori. Nel 2005 si è concluso l'ultimo restauro di cortili e sale. Il quadrilatero attuale del castello racchiude l'ampia piazza d'armi, il corpo dell'edificio che fronteggia l'ingresso principale e la torre mediana è interrotto dalla torre di Bona di Savoia. Antistante vi è il fossato morto, parte dell'antico fossato medievale in corrispondenza del quale sono le fondazioni del castello di porta Giovia. Una porta introduce al cortile della Corte Ducale, di forma rettangolare e con un porticato sui tre lati. Dal lato opposto vi è invece la Rocchetta, la parte del castello più inespugnabile nella quale gli Sforza si rifugiavano in caso di attacco. Il complesso del castello è al centro di un fossato, racchiuso dentro delle mura rinascimentali e allargato posteriormente (il cosiddetto barco). Questa espansione verso la campagna era chiamata Ghirlanda (fu abbattuta da Beltrami) e collegata al castello interno da altri rivellini e da un barbacane, ancora oggi visibili ma in rovina, così come parte della Ghirlanda (protetta negli angoli da massicce torri)».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Sforzesco


MILANO (mura e porte medievali)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Le porte e le pusterle milanesi rispondevano ad una precisa tipologia, con dimensioni tendenzialmente coincidenti: le prime, aperte lungo le vie principali della città, presentavano due fornici affiancati da due torri, chiuse fino ad una certa altezza quindi aperte dal lato della città, ad uso dei difensori; le pusterle, erette lungo le vie secondarie, avevano invece un solo fornice sovrastato da una torre quadrata e chiuso da cancelli o saracinesche ferrate. Porta Nuova presenta ai lati due basse torri quadrate rivestite in materiale lapideo (originario sul lato esterno, di rifacimento ottocentesco quello interno); i due fornici centrali, a tutto sesto lungo l'intradosso e ogivali lungo l'estradosso, sono sottolineati da un'alta ghiera di conci marmorei e caratterizzati dall'elegante paramento in marmo a bande bicrome - ceppo e serizzo -, forse proveniente dalla corrispondente porta della cinta massimianea. Porta Ticinese presenta attualmente un solo fornice, probabilmente a seguito delle modifiche apportate nel Trecento da Azzone Visconti; le torri, a pianta quadrata, sono state snaturate da aperture moderne al pari di quelle della Porta Nuova. Il fornice ha imposte in blocchi di serizzo e ghiera sagomata e sporgente, con profilo a tutto sesto. In generale l'insieme è assai problematico in seguito ai pesanti restauri di Camillo Boito, eseguiti intorno al 1860. Le statue del tabernacolo sono copie degli originali trecenteschi, oggi ricoverati presso il Castello Sforzesco. La pusterla di S. Ambrogio, di cui restava soltanto la torre destra, fu riscoperta durante una campagna di scavi nel 1936 e ripristinata nelle parti mancanti. Si tratta dell'unica pusterla nota a doppio fornice, probabilmente perché collocata in una zona di particolare rilievo, tra le basiliche di S. Ambrogio e S. Vittore. La torre originaria è rivestita da blocchi in pietra a bugnato fino all'altezza dei fornici, quindi in laterizio; originale anche il pilastro in serizzo posto tra i due fornici. Le statue del tabernacolo sono opera di un intenso maestro campionese attivo intorno al 1360 che si caratterizza per il vigoroso plasticismo del modellato e il forte richiamo ai modi di Giovanni di Balduccio.

L'arco verso la campagna della pusterla dei Fabbri ha linea a tutto sesto, eleganti cornici d'imposta sormontate da due interessanti testine scolpite e ghiera ogivale profilata. Demolita nel 1900, la pusterla presentava come di consueto un unico fornice sovrastato da una torre a base pressoché quadrata, mentre l'apertura verso la città era a tutto sesto. Gli studiosi hanno più volte osservato l'eleganza e la classica sobrietà delle porte, che si ispiravano chiaramente a modelli antichi, romani, nel ribadire la continuità con una cultura cui la città risorta intendeva rapportarsi; esse avevano così ad un tempo valore di opere di fortificazione e di decoro urbano. È stato inoltre sottolineato come, per i forti valori geometrici e l'uso dell'arco acuto, le porte e le pusterle erette a partire dal 1171 costituiscano un vero e proprio unicum in età comunale. La ricca decorazione scultorea voluta da Azzone Visconti per i tabernacoli delle porte urbiche sopravvive solo in parte: le Civiche Raccolte d'Arte del Castello Sforzesco conservano i due gruppi di cinque statue - la Madonna col Bambino e quattro santi, protettori dei relativi quartieri - che ornavano le Porte Ticinese e Orientale, oltre ad alcuni pezzi provenienti da Porta Comasina e da Porta Romana; la Madonna col Bambino di Porta Vercellina si trova oggi nella chiesa di S. Nicolao. L'impresa decorativa fu affidata a Giovanni di Balduccio, che vi lavorò contemporaneamente alla realizzazione dell'Arca di san Pietro Martire in S. Eustorgio. Nonostante sia largo, nel complesso, l'intervento della bottega del pisano, i volti di alcune di queste figure sono delineati con grande intensità e finezza di modellato.

Fino al XII secolo l'unica cinta difensiva di Milano era costituita dalle antiche mura romane di età repubblicana e dal successivo ampliamento di epoca massimianea, restaurato e rinforzato in alcuni punti nel IX secolo. A metà del XII secolo fu realizzato un sistema di terrapieni con larghi fossati e porte lignee che prese il nome di "cinta dei terraggi". Dopo un lungo assedio, Milano si arrese tuttavia al Barbarossa nel 1162; quando, cinque anni più tardi, i milanesi fecero ritorno in città celebrarono la loro vicenda nei rilievi di Porta Romana (oggi al Castello Sforzesco). Nel 1171 cominciò la ricostruzione della cinta difensiva più esterna: furono rifatti il fossato e il terrapieno e le diciannove porte esistenti vennero edificate in pietra. Intorno al 1329 Azzone Visconti promosse il rafforzamento della cinta muraria e alcuni anni più tardi le porte urbiche e le pusterle furono provviste all'esterno di tabernacoli contenenti gruppi di statue a tutto tondo di carattere votivo. Delle diciannove porte e pusterle principali erette a partire dal 1171 restano oggi in loco soltanto porta Nuova, porta Ticinese e la pusterla di S. Ambrogio (le ultime due cospicuamente restaurate), mentre l'arco verso la campagna della pusterla dei Fabbri è stato ricostruito nelle sale del Castello Sforzesco».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00072/?view=ricerca&offset=38


MILANO (palazzo Reale)

Dal sito maoplanet.wordpress.com   Dal sito www.milanodabere.it

«è uno splendido edificio che si trova accanto al Duomo. Antica reggia di sovrani, Palazzo Reale è uno dei monumenti più importanti di Milano, indissolubilmente legato alla città e alla sua storia. Sede del governo della città già dal basso Medioevo, esso rafforzò il suo ruolo di centro politico con l’avvento delle signorie dei Torriani, dei Visconti e degli Sforza. Teatro di una fastosa vita di corte, d’investiture e di ricevimenti solenni, nella seconda metà del Settecento, sotto il dominio austriaco, il palazzo fu rivestito d’ornamenti e decorazioni che s’ispiravano al barocchetto teresiano. Verso la fine dello stesso secolo avvenne la grande trasformazione neoclassica attuata da Giuseppe Piermarini. Da allora fu palazzo di regnanti, da Maria Teresa a Napoleone, da Ferdinando I ai Savoia re d’Italia. Illustri artisti celebrarono le glorie di re e imperatori e arricchirono il palazzo di magnifiche opere d’arte. I bombardamenti del 1943 danneggiarono gravemente l’edificio: interi ambienti furono distrutti e con essi il loro contenuto, mentre gli arredi e gli ornamenti superstiti furono trasferiti in altre sedi e mai più ricollocati. Da tempo sono in corso lavori di restauro e d'ampliamento, che restituiranno alla città un Palazzo Reale rinnovato e valorizzato, vero e proprio polo museale di grande respiro, adeguato ai più rigorosi standard internazionali. La creazione del Museo della Reggia, l'espansione del Civico Museo d'Arte Contemporanea (CIMAC), la creazione di spazi espositivi per piccole e grandi mostre temporanee sono le tappe di questo grande progetto che arricchisce Milano di un eccezionale luogo di cultura».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/milano/palazzo-reale-milano/


Ozzero (palazzo Cagnola, torre spagnola ottagonale)

Dal sito www.comune.ozzero.mi.it   Dal sito www.naviglilombardi.it

«è un edificio dove la famiglia Cagnola cominciò a risiedere nel 1600, ben prima che il marchese Luigi (1762-1833) passasse alla storia dell'architettura per i suoi interventi d'edilizia civile a Milano (Porta Ticinese, l'Arco della Pace) e a Vienna. Particolarmente degno di nota è l'ampio cortile interno, dominato da una torre ottagonale detta "Torre spagnola". La costruzione della torre ottagonale di Ozzero risale alla dominazione spagnola sul Ducato di Milano, sancita dal trattato di Cambrai del 1529; la permanenza degli spagnoli nei territori del milanese si protrasse fino agli inizi del 1700. Nata come avamposto militare per la difesa del territorio, la torre veniva utilizzata dai militari per controllare che non arrivassero invasori dalle sponde del Ticino. Il salone sottostante era il luogo in cui vivevano i soldati quando non erano occupati nei turni di guardia in cima alla torre. Prima di accedere al salone è possibile osservare il pozzo dal quale veniva attinta l’acqua necessaria per la vita quotidiana dei militari. Al suo interno vi è ancora un grosso vaso utilizzato come riserva d’acqua nei casi di carenza dovuta all’abbassamento delle falde acquifere. La parte superiore della Torre era raggiungibile mediante una scala elicoidale che scorreva lungo le pareti interne; è ancora possibile notare in alcuni punti nelle pareti delle nicchie che venivano utilizzate per facilitare il passaggio dei soldati quando si incrociavano. La struttura interna attuale è il risultato delle modifiche apportate da Luigi Cagnola durante i lavori di trasformazione del Palazzo in residenza estiva. La Torre è stata così adattata alle esigenze dei nuovi proprietari per diventare un belvedere dal quale, si diceva, era possibile nelle limpide giornate di primavera, scorgere addirittura il Duomo di Milano. Purtroppo tra la fine dell’800 e la metà del 900 la Torre rimane abbandonata a se stessa subendo un notevole degrado. Grazie al Comune di Ozzero con l’intervento della sovrintendenza alle belle arti di Milano, inizia la ristrutturazione per il recupero della Torre tra il 1970 e il 1980 diventando l’attuale sede dell’Amministrazione Comunale. Durante i lavori di ristrutturazione è stata rinvenuta all’interno del pozzo una statua in gesso, attribuita al Cagnola, ora visibile all’ingresso della Torre. Inoltre nel salone è stata rinvenuta all’interno di una nicchia la data 1671 che si presume possa essere la data di costruzione. Oggi il palazzo è sede del Municipio.».

http://www.comune.ozzero.mi.it/conoscere-ozzero/2-pagine-sito/46-palazzo-cagnola


Ozzero (resti del castello, villa Bianchi Calvi)

Dal sito www.comune.ozzero.mi.it   Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.comune.ozzero.mi.it

«L'orizzonte di Ozzero è segnato della bianca torre poligonale della Villa Bianchi Calvi detta il Castello. Già citato nel 1034 nel testamento dell'arcivescovo Ariberto d'Intimiano. Situato su una collinetta in posizione dominante sul borgo, vi è il castello quattrocentesco di origine viscontea, ove sono ancora visibili nella struttura dell’edificio le fortificazioni a pianta quadrangolare. In seguito, scomparsa la necessità difensiva che lo aveva originato, è diventato un palazzo residenziale di stile barocco. Di proprietà privata, visibile solo dall'esterno» - «Situato su un'altura di forma circolare prospiciente la valle del Ticino, ai margini Nord-occidentali del centro storico del paese, il complesso sorge sul luogo dell'originario castello quattrocentesco di Ozzero, di cui rimangono oggi i resti della muratura perimetrale quadrangolare e dei basamenti delle due torri meridionali sporgenti. Il complesso, caratterizzato da un portale scenografico che sottolinea l'ingresso dal paese alla corte, si articola intorno ad un cortile sagomato trapezoidale, affacciandosi verso la valle attraverso una serie di archi. Incorporata nel lato orientale si trova la cappella della famiglia realizzata nel 1726. Nel Novecento venne infine aggiunta, sul lato settentrionale, la torretta esagonale con belvedere di gusto neogotico».

http://www.comune.ozzero.mi.it/conoscere-ozzero/2-pagine-sito/49-villa-bianchi-calvi - http://www.lombardiabeniculturali.it...


Peschiera Borromeo (castello Borromeo)

Dal sito www.tripadvisor.it   Dal sito www.castelloborromeo.it

«Il castello Borromeo di Peschiera è il più antico possedimento lombardo dei Borromeo, famiglia originaria di San Miniato in Toscana. I Borromeo, che esercitavano l’arte dei mercanti e dei banchieri, trasferendosi in Lombardia avevano sviluppato le loro attività commerciali e finanziarie anche all’estero tanto che, nel 1435, il Banco Filippo Borromeo & Compagni istituì una filiale a Londra per incrementare i traffici con quella piazza. Nel 1432, Vitaliano Borromeo ottiene dal duca Filippo Maria Visconti che lo teneva in grande stima, il diritto di fortificare Peschiera che, nata come costruzione rurale (cascina), assume così l’aspetto di castello. San Carlo Borromeo (1538 - 1584) fu proprietario di Peschiera dal 1562 al 1567, anno in cui vi rinunziò a favore di suo zio Giulio Cesare.  Nell’ultimo ventennio del XVI secolo, il castello di Peschiera fu interamente restaurato da Renato, figlio di Giulio Cesare e fratello di quel Federico che, divenuto cardinale, è ricordato dal Manzoni ne I promessi sposi. Fu Renato ad imprimere all’edificio il suo presente carattere residenziale a discapito di ogni precedente aspetto militaresco. Il castello Borromeo è uno dei pochi tuttora circondato da un fossato pieno d’acqua così come era stato scavato più di cinque secoli fa».

http://www.castelloborromeo.it/history.html


Robecco sul Naviglio (castello o palazzo Archinto)

Dal sito www.milanoggi.it   Dal sito www.prolocorobecco.org

«Spesso identificato con il nome di Castello, il palazzo prospetta di fronte al portone di Villa Gandini. Fu il sogno irrealizzato del nobile banchiere Carlo Archinto cui non mancavano i desideri di grandezza ma che finì in bancarotta prima che il progetto venisse ultimato. Oggi infatti solo le incisioni di Marc'Antonio Dal Re (1726) possono documentare l'ardita costruzione, iniziata a cavallo tra il XVII ed il XVIII secolo su disegni di Carlo Federico Pietrasanta: doveva essere un complesso di quattro grandi palazzi, con un nucleo centrale elevato di cinque piani e quattro ali laterali uncinate della medesima altezza (le due rivolte verso il Naviglio erano concluse da quattro torri merlate); verso il paese una grande esedra avrebbe dovuto accogliere le carrozze, verso il naviglio due pontili, di cui uno coperto, i barconi provenienti dalla città. Di tutto ciò rimane oggi solo il blocco terminale di una delle quattro ali, con le due torri merlate, recentemente restaurato con una grandiosa opera che ha riportato la costruzione ad un antico splendore. Attualmente il palazzo ospita la biblioteca comunale ed il locale Museo del Naviglio Grande».

http://it.wikipedia.org/wiki/Robecco_sul_Naviglio


Rosate (castello)

Dal sito www.provincia.milano.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Del Castello di Rosate ci sono oggi soltanto resti nel verde pubblico. Fu costruito tra il 1323 ed il 1329 dai Torriani ma con l'avvento dei Visconti perse la sua funzione difensiva. è una costruzione in mattoni ed intonaco, caratterizzata da una torretta a tre piani con una grande finestra ad arcate multiple in cotto e merlatura ghibellina. Sono ancora presenti gli scassi per i bolzoni del ponte levatoio».

http://www.inmilano.com/arte-cultura-milano/castello-di-rosate


San Colombano al Lambro (castello Belgioioso)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.viewphotos.org

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Marco Corrìas (alias Marc Pevèn) (https://www.facebook.com/marco.longobardo.169i

«Trascurando la preesistente fortificazione, si può sicuramente affermare che l’attuale impianto, sia pure considerato come solo tracciato, sia opera del Barbarossa. Questi, durante la sua seconda calata in Italia, distrusse il castello di S. Colombano (come del resto la maggior parte di quelli esistenti in Lombardia); ma nel 1164, riconosciuta l’importanza che il luogo ricopriva nel territorio per la sua particolare conformazione morfologica e per la posizione intermedia nella direttiva viaria Milano-Piacenza, decise di riedificarlo, per utilità del suo impero: e vi aggiunse, per utile personale, una grande borgata denominata "Magnum suburbium" , munita di mura merlate, terraggio e fossa esterna. Si devono pure al Barbarossa le grandiose dimensioni del castello, la perfetta regolarità simmetrica e l’ampiezza delle strade del borgo (situazione anomala nelle tipologie in uso a quei tempi); la costruzione, nel ricetto ad ovest, del "Magnum palacium" o "Grande Palazzo" (di cui sono ancora visibili le fondazioni), adibito a residenza imperiale; la costruzione, nel ricetto ad oriente, del Palazzo dei Vicarj e Rettori della terra di S. Colombano, ossia l’autorità comunale politica ed ecclesiastica del borgo. Si suppone che a dirigere i lavori di ricostruzione del castrum sia stato Tito Muzio Gatta, architetto cremonese al seguito del Barbarossa, che qualche anno prima aveva delineato le mura della nuova Lodi. Non si hanno precise notizie circa i tipi di fortificazione e loro distribuzione in questo primo impianto, ma si intuisce comunque che quest’ultimo fosse convenientemente attrezzato di strutture complementari. Agli inizi del dominio visconteo avvennero operazioni trasformative miranti a limitare l’importanza militare del Castello. Comunque, visto l’utilizzo che la signoria viscontea attribuiva alla rocca (prigione di Stato), dove nel 1338 fu imprigionato Lodrisio Visconti, dobbiamo considerare che anche il Castello fosse comunque in condizioni di sicurezza. La signoria viscontea contribuì, su tutto il territorio interessato dal suo dominio, ad una notevole fioritura castellana. L’impronta della nuova architettura fortificata ebbe ovviamente maggiore intensità nei nuovi impianti, pur non trascurando la trasformazione di fortificazioni esistenti: in tale caso rientrò S. Colombano, interessato da molteplici modifiche, talmente radicali da far considerare questo castello come una "nuova costruzione" più che una riedificazione. ...

Il castello di S. Colombano nasce essenzialmente dall’accoppiamento di una rocca ed un ricetto; più precisamente si tratta di un castello-recinto posto su due corti diverse, delle quali la più alta a destinazione militare e la più bassa a destinazione civile, in particolare con funzione di ammasso di riserve agricole (ricetto). I tratti di mura situati sui lati maggiori del castello sono posti a mezza costa del colle; il tracciato non è rettilineo, ma scandito da torri sporgenti all’esterno. Su tali lati le cortine sono alte, a differenza dei tratti corti (nord e sud) dove la comune presenza del fossato e, tra le torri d’ingresso e quella de’ Gnocchi anche del terraggio, non richiese identica soluzione; anche le mura che dividevano il ricetto dalla rocca erano alte a dimostrazione del significato di ridotto militare di quest’ultima. La configurazione del tracciato è tipica del castello-recinto nella parte bassa, ben presto trasformato in vero ricetto con la presenza continua di capanni in legno e muratura per le scorte alimentari, oltre alla "canepa" sotto la Torre de’ Gnocchi.

La rocca di pianta trapezoidale dimostra ancor oggi la sua antica potenza, dovuta innanzitutto alla posizione privilegiata della quota, con il pendio circostante che ne attenua la vulnerabilità, oltreché la considerazione nella quale era tenuta nei tempi passati. Inoltre va considerato che, mentre agli inizi del 1400 molti fortilizi vennero adattati alle nuove tecniche militari (apparato a sporgere, ecc.), situazione riscontrabile nella Torre d’ingresso e Castellana del ricetto, non si ritenne opportuno intervenire in tal senso anche alla rocca; il motivo di questa mancata trasformazione è da ritenersi sia stata la già sufficiente condizione di sicurezza della rocca. Le cortine, pur presentando alla vista esterna le medesime caratteristiche (ad esclusione della diversa altezza) in tutto il castello, quali la merlatura ghibellina, il cotto come materiale di costruzione, il basamento scarpato con redondone, si possono classificare di tre tipi, diversificandosi per il sistema costruttivo usato e per la diversa utilizzazione delle stesse, e cioè: cortina contraffortata con archi in mattoni paralleli al senso di percorrenza, con superiore strada carrabile; cortina caratterizzata da un eccessivo spessore di muro, destinato a sopperire all’eccessiva altezza; cortina ricavata mediante il progressivo allargarsi della sommità del muro verso l’interno. A conclusione va ricordato che tra la Torre d’ingresso e la Torre de’ Gnocchi, esisteva inizialmente solo un basso muro munito all’interno di terraggio, sul quale scorreva una strada di collegamento.

Un’altra caratteristica sono le 18 torri di cui il castello era inizialmente munito e che risolvevano appieno gli scopi che l’architettura castellana aveva loro assegnato. La torre de’ Gnocchi costituisce il nucleo più antico del castello. Le torri, come le cortine, si presentano con merlature ghibelline e base scarpata, la cui intersezione è sottolineata dal redondone che, seguendo parallelamente il naturale ascendere del terreno, riesce ad imprimere una nota esornativa a tutto l’impianto. Il castello di S. Colombano era dotato di passaggi sotterranei, intesi come vani disponibili, e di passaggi. Questi ultimi, presenti esclusivamente nella parte bassa del castello, erano situati sia in corrispondenza delle case del ricetto ad est destinati a cantina, sia nella zona ovest Esistevano infatti, come oggi del resto, la serie di locali con volte a crociera che definivano l’area del grande palazzo del ricetto, edificato dal Barbarossa, e quelli in corrispondenza delle due torri de’ Gnocchi e Castellana, tra i quali si distingue per importanza architettonica il "cantinone" o "canepa", ambiente tipico dell’architettura gotica profana lombarda, che presenta analogie con la "sala di giustizia" della rocca di Angera ed alcune navate mediane di chiese cistercensi. In quanto ai percorsi sotterranei, che dovevano essere numerosi e comunicanti le varie parti del castello, va ricordato che la gran parte furono distrutti, riempiti o murati in epoca certosina, al fine di rendere il castello privo di qualsiasi interesse militare difensivo.

L’utilizzo del fossato invaso d’acqua, nel primitivo sistema difensivo, non ebbe largo sviluppo; motivo di questo scarso utilizzo furono le difficoltà di mantenere un costante livello d’acqua e la già sufficiente sicurezza assicurata del fossato asciutto. Nel castello di S. Colombano erano presenti entrambi i tipi: la rocca era dotata, sia verso il ricetto a nord che verso la collina a sud di fossato asciutto, con ponti levatoi ulteriormente protetti da rivellini; attorno alle mura del ricetto, invece, sorgeva un fossato: esso riceveva le acque dai due colatori discendenti dalle valli laterali ed era costantemente alimentato. Di questo fossato è attualmente visibile solo il perimetro del tratto verso il borgo, dato che il fossato vero e proprio fu colmato nel 1585.

Il castello di S. Colombano ha sempre avuto una posizione predominante nella vita comunale, pur non essendo sempre il polo centrale. A differenza della maggior parte dei castelli, che non ebbero grande connessione con la città in quanto vissero una vita propria, questo ha sempre condizionato San Colombano in modo diretto, fino alla fine del Settecento quando, trasformato in villa residenziale, perse gran parte della sua influenza, per poi riacquistarla quando fu ceduto alla Parrocchia. La disposizione stessa del Comune risente di tali connessioni; infatti la piazza del borgo è situata proprio di fronte alla torre d’ingresso al ricetto, ospitando anche la chiesa parrocchiale. Il mercato, che tuttora si svolge in via Mazzini e fino a qualche anno fa in via Belgioioso, frontalmente al castello, ebbe fin da tempi lontani, per concessione del Barbarossa, ubicazione prospiciente la torre de’ Gnocchi. L’esistenza del ricetto, rarissimo in Lombardia, denota la completa partecipazione della popolazione medioevale alla vita del castello, inteso quale luogo di sicurezza e di sopravvivenza. All’interno del ricetto sorse nel 1593 il Monte di Pietà, prima forma organizzata di credito del paese; dal 1416, per molti periodi, la torre de’ Gnocchi fu sede del Consiglio Generale del Comune, ed in seguito ospitò sia il Prefetto che il Consiglio Comunale (la prefettura di San Colombano comprendeva ai tempi una zona assai vasta del territorio lodigiano). Inoltre il castello rappresentò sempre la residenza del feudatario o del potente, ai quali la popolazione doveva obbedienza e denari; nel periodo di proprietà dei certosini, che pur esercitavano funzione di feudatari, gli abitanti del Comune spesso si rivolsero ai religiosi per ottenere favori, esenzioni o intercessioni presso il Senato di Milano.

Esaurita la funzione difensiva del castello, quest’ultimo vide diminuire anche la sua influenza. Nel secolo XVIII, con l’instaurarsi di un nuovo ordinamento politico-sociale, il castello perse anche il suo significato emblematico, trasformandosi in residenza privata e cessando quindi definitivamente di influenzare la vita della città. L’industrializzazione del secolo XIX poi, operò un profondo divario tra la ormai statica vita del castello e il dinamico sviluppo del Paese (pur considerando San Colombano quale centro agricolo, nel quale l’industrializzazione non sconvolse, come in altre città, le abitudini e la mentalità stessa degli abitanti). I cambi di proprietà degli anni ’50 non modificarono tale divario tra le due funzioni. Per quanto riguarda la rocca e l’antico ricetto, ormai in gran parte trasformato, dobbiamo valutarne il completo e definitivo distacco, giacché la proprietà privata pretende appieno i propri diritti di autonomia, non permettendo neppure la sola visione dell’antica fortificazione. ...».

http://it.wikipedia.org/wiki/San_Colombano_al_Lambro


Settimo Milanese (Palazzo d'Adda)

Dal sito www.prolocosettimomilanese.it   Dal sito www.fotoseimagenes.com

«L’attuale sede municipale è il palazzo che i conti d’Adda si fecero edificare tra Cinquecento e Seicento, con aggiunte nel pieno XVII secolo tra cui il palazzo detto Granaio, leggermente più a nord (vedi apposito paragrafo). Il palazzo padronale ha la tipica forma a U delle ville di campagna lombarde, con un nobile porticato con colonne in granito in facciata. Al pian terreno le sale sono decorate con affreschi tardomanieristi a grottesche, imponenti soprattutto nel salone d’onore, oggi aula consiliare. Più enigmatica la decorazione di una sala appartenente all’ala privata del palazzo, preceduta da un portico barocco, che nel soffitto presenta agli angoli i Quattro Elementi, armonizzati da Apollo al centro. Al piani superiore le vaste sale sono decorate nella fascia sotto al soffitto da raffigurazioni allegoriche e campestri, seicentesche, molto danneggiate dal tempo. Notevoli le travature lignee. L’edificio è preceduto da una piazzetta, chiamata anticamente il Pasqué, e seguito da un giardino all’inglese: nel Sei-Settecento esso era molto più vasto dell’attuale e comprendeva peschiere, frutteti e aiuole, nella forma del giardino all’italiana. Il palazzo era solitamente abitato dai proprietari durante le vacanze autunnali; solo il conte Francesco II (morto nel 1644) vi risiedette stabilmente. In seguito divenne abitazione dei fittabili, poi scuola e municipio. I conti d’Adda vi ospitarono, tra gli altri, il cardinale Federico Borromeo, mentre talvolta, durante l’inverno, concessero il salone per le assemblee della comunità; vi fu ospite di passaggio, negli anni Trenta, la principessa Mafalda di Savoia».

http://www.prolocosettimomilanese.it/sitoproloco/palazzi.html


Settimo Milanese (Palazzo Granaio)

Dal sito www.prolocosettimomilanese.it   Dal sito www.lacittadeibambini-settimomilanese.mi.it

«Palazzo Granaio è un edificio storico del XVII secolo, posto al centro di Settimo Milanese. Costruito accanto al prestigioso Palazzo D'Adda e affacciato sul suo parco, Palazzo Granaio era originariamente utilizzato come deposito padronale per il grano, per l'allevamento dei bachi da seta e come cantina per il vino. Un'antica leggenda vuole che nel Palazzo vi trovasse dimora un potente mago che rapiva le ragazze del paese, secondo un cliché abbastanza diffuso nei paesi lombardi e che può essere ciò che resta dell’antica sottomissione ai signori e proprietari dei secoli passati e per questo l'edificio era chiamato popolarmente la Cà del Mago. Attualmente Palazzo Granaio si presenta come un'originale articolazione di ambienti accoglienti, di varie ampiezze e pregio architettonico in grado di soddisfare esigenze diverse. Gli spazi si sviluppano sui tre piani del Palazzo e complessivamente definiscono un'area coperta di 1500mq, che danno luogo alle attività di ristorazione, pub-birreria, promozione artistica e culturale».

http://www.prolocosettimomilanese.it/sitoproloco/palazzi.html


TOLCINASCO (castello)

Foto di Maria Tamborra   Dal sito www.greenpassgolf.net   Foto di Maria Tamborra

«Il Castello è sito nel territorio tra Mirasole e Pieve, la sua costruzione fu ad opera della famiglia D’Adda. La sua struttura mostra una originaria destinazione a granaio, realizzata attraverso una struttura portante che si apre in un grande arco che consentiva il transito dei carri e la loro sistemazione in locali situati al piano superiore, con pavimento in pendenza per far scorrere il grano verso il basso. Da molti viene definito il più bell’esempio di cascinale fortificato della Bassa Milanese, al castello rurale si accompagna una corte agricola fortificata. Il complesso si compone di una “rocchetta” isolata e di un cascinale, munito di quattro torri agli angoli, tipico elemento utilizzato all’epoca per poter dare una continuazione visiva tra cascina e castello. Tale costruzione fa si che venga creata un’ampia corte rustica tra il cascinale e il castello, quasi per affermare l’intenzione di legare strettamente i due elementi architettonici, anche nell’ideale continuazione visiva e funzionale. Grazie a delle ricerche catastali che sono state fatte negli anni ’70 attraverso una mappa del 1722 viene evidenziato il persistere delle forme planimetriche in essere da oltre un quarto di millennio, questo testimonia il sorgere della curtis fortificata e del castello in contemporanea.

È bello pensare che la casata dei D’Adda abitò questo castello durante i loro soggiorni milanesi, nei quali mantenevano rapporti commerciali per tutta la Lombardia e durante l’assenza dei padroni la vita procedeva indisturbata: i contadini lavoravano la terra circostante e allevavano gli animali nella tranquillità della campagna del 500. Il castello è sempre stato proprietà dei D’Adda dal 500 in poi, prima dal ramo dei D’Adda Salvaterra ed in seguito a quello dei Conti Turati, poi ai Dozzio ed infine ai Capitani D’Arzago. Fino agli anni Ottanta del Novecento la corte è stata sempre utilizzata, poiché i terreni son stati coltivati o dedicati alla coltura delle risaie, in seguito la proprietà è stata venduta e risistemata per far si che si trasformasse in un campo da golf. Grazie alla risistemazione del territorio circostante anche il castello è ritornato al suo antico splendore».

http://www.icastelli.it/castle-1264547465-castello_di_tolcinasco-it.php (a cura di Chiara Curti)


TREZZO SULL'ADDA (castello Visconti)

Dal sito www.geolocation.ws   Dal sito www.ecodibergamo.it

  

«Vera e propria fortezza inespugnabile, il Castello di Trezzo d'Adda fu costruito nella forma che oggi conosciamo verso la fine del XIV secolo. Circondato per tre lati dal fiume, il castello era difeso via terra da imponenti mura e da una torre a pianta quadrata alta più di quaranta metri. Il vero capolavoro ingegneristico però era l’ardito ponte ad una sola arcata che collegava le due sponde dell’Adda, di cui oggi sono visibili solo la spalla e l’attacco: il ponte infatti fu inutilmente distrutto dopo soli trent’anni dal Carmagnola durante un assedio nel 1416. La posizione, altamente strategica grazie ad una doppia ansa dell’Adda, era già conosciuta da tempo: secondo la tradizione in quel punto sorgeva una rocca appartenuta alla regina Teodolinda e durante la sua discesa in Italia nel 1158 lo stesso imperatore Barbarossa ne sfruttò le qualità militari, costruendo qui la sua sede imperiale. La storia del castello però è intimamente legata alle vicende del suo costruttore, Barnabò Visconti. Signore crudelissimo, utilizzava la sua fortezza per i suoi maggiori piaceri: feste lussuriose che non raramente terminavano con la morte cruenta delle sue numerose amanti, e battute di caccia al cinghiale che coinvolgevano i suoi cinquemila cani (dalla sorte dei quali dipendeva la vita dei contadini di Trezzo). Fu proprio in questo castello che Barnabò trovò la morte: imprigionato nelle sue stesse segrete, fu ucciso dal nipote e rivale Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano.

Negli anni successivi il castello non perse il suo ruolo strategico, posto com’era sull’Adda, confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, divenendo vera e propria emanazione della corte milanese. Durante la dominazione spagnola furono adeguate le mura al progresso militare del tempo, così da rendere la fortezza impenetrabile anche di fronte ad un cannoneggiamento.  Anche Napoleone Bonaparte ne riconobbe l’importanza militare, quando durante la sua campagna in Italia ordinò “di dar mano senza ritardo alla fortificazione di Trezzo sull’Adda”. Nella prima metà dell’Ottocento il castello divenne proprietà privata e svuotato del suo ruolo strategico subì una sistematica distruzione: i blocchi squadrati di ceppo furono smantellati e venduti per la costruzione dell’Arena di Milano, mentre alcuni frammenti decorativi furono impiegati negli edifici annessi alla Villa Reale di Monza. Nel 1891 il castello fu acquistato dall’industriale tessile Cristoforo Benigno Crespi: l’antica fortezza ormai in rovina divenne così parte integrante dell’imponente centrale idroelettrica Taccani. Il castello ebbe un ruolo non secondario anche durante la Seconda Guerra Mondiale: qui infatti si rifugiavano i trezzesi durante i bombardamenti, e proprio tra queste mura si svolsero drammatiche battaglie tra partigiani e truppe naziste. Il castello godette anche di una certa fama letteraria, quando Giovanni Battista Bazzoni pubblicò nel 1826 uno dei primi romanzi storici italiani d’imitazione scottiana, Il Castello di Trezzo, che narra mescolando fatti storici e fantasia le vicende di Barnabò Visconti. ...».

http://www.italiadiscovery.it/news/lombardia/milano/trezzo_sull_adda/il_castello_di_trezzo_d_adda/1003.php


Truccazzano (il Torrettone)

Dal sito www.truccazzanopro.altervista.org   Dal sito http://web.tiscali.it/archeogaem/interv_eff_torrett.htm

«Lungo la strada che conduce a Rivolta d´Adda esiste un rudere di Castello detto "il Torrettone" che si fa risalire al X secolo. Fu costruito su di un ciglione e guardava la zona dell´antico Lago Gerundo le cui ultime paludi sembra siano state prosciugate da Federico Barbarossa» - «Andando da Truccazzano a Rivolta d'Adda, proprio dove la golena dell'antico "lago Gerundo" lambiva la costa rialzata del territorio milanese, si erge, massiccio, questo fortilizio di controllo. Nella tradizione popolare, è chiamato anche "Torre del Barbarossa": in questo punto dell'Adda, infatti, Ladislao, re di Boemia, e Corrado, duca di Dalmazia, vassalli di Federico di Hohenstaufen, tentarono il guado per aggirare i difensori milanesi, che tenevano saldamente, poco più a monte, il castello di Cassano. Qualche secolo dopo, vi pernottò, ferito e in catene, il terribile Ezzelino da Romano, quando, dopo l'infausta battaglia di Cassano, venne tradotto nel castello di Soncino per quello che fu il suo ultimo viaggio».

http://www.comune.truccazzano.mi.it/Articoli/Conoscere-Truccazzano/458-Cenni-Storici.asp - http://web.tiscali.it/archeogaem/interv_eff_torrett.htm


Turbigo (castello visconteo)

Dal sito www.portalealtomilanese.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

  

«Le prime notizie in merito all'esistenza del castello risalgono al IX secolo. La struttura, a pianta quadrangolare, è in ciottoli di fiume, pietra squadrata e mattoni; edificato intorno a una torre presumibilmente romana, porta lo stemma dei Visconti. Conquistato e parzialmente demolito nel Duecento, poi nuovamente ricostruito, nel 1569 passò alla famiglia Gallarati, con la giurisdizione di tutto il territorio, e nel 1591 arrivò il casato piacentino dei Landi. Il complesso si struttura attorno a un'ampia corte quadrata con ala porticata sullo sfondo, che presenta un cornicione a sguscio con oculi, dovuto ad interventi cinque-secenteschi atti a trasformare il castello in residenza signorile. Attualmente si presenta in forme trecentesche grazie all'intervento di restauro attuato nel 1922 dall'architetto Carlo Bonomi di Turbigo. Il maniero, un tempo presidio strategico dei Visconti, è attualmente una residenza privata e non è visitabile. Per accedervi si può salire la ripida via della Chiesa, oppure la scenografica scalinata che da via Vittorio Veneto porta direttamente al terrazzamento. Da qui si gode un bel panorama su tutto il paese e il suo circondario. Notevole è il parco circostante...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Turbigo#Il_Castello


Zivido (castello)

Dal sito www.montessorionline.it   Dal sito www.montessorionline.it

«Le parti più antiche dovrebbero essere del '300, ma ben poco rimane: sostanzialmente parte della torre quadrangolare, attorno alla quale nel Quattrocento e nel Cinquecento furono costruiti i corpi di fabbrica circostanti, poi notevolmente rimaneggiati. Delle due corti, così formatesi, la minore, delimitata da semplice parete muraria di chiusura, prospetta sulla via, mentre la maggiore è rivolta a ovest, verso la via Emilia. Il castello è compreso nella schedatura condotta per l'Ufficio dei Beni Culturali Ecclesiastici della diocesi di Milano nella segnalazione di opere da restaurare, nel recentissimo repertorio, dedicato alla Lombardia da salvare. La torre s'innalza su planimetria quadrangolare. Qualche cosa di antico, e di fortificato, può ritrovarsi nel notevole spessore delle murature. Tuttavia, è molto difficile riconoscere con esattezza qualche traccia di epoca medioevale. Da riferirsi all'età iniziale potrebbe, forse, essere la sottile cornicetta decorativa superiore; ottenuta mediante il lieve sporto dei mattoni, la cornicetta ripete una decorazione simile al cosiddetto motivo a "dente di sega", diffusissimo nei castelli rurali di pianura. è verosimile che, alla pari dei castelli di pianura risalenti ad età viscontea, anche quello di Zivido fosse, agli inizi, semplicemente costruito in mattoni, materiale più immediatamente disponibile, scelta tesa a ridurre al massimo l'incidenza dei costi di trasporto.

Nel 1515, nel corso della Battaglia dei Giganti, il castello di Zivido fu quasi completamente distrutto. Oltre alla torre, l'incendio che fu allora appiccato dovette risparmiare, almeno in parte, alcuni fra i corpi di fabbrica aggiunti nel Quattrocento. Il castello fu ricostruito nel secolo seguente: una ristrutturazione di notevole vastità, dato che i materiali costruttivi, in particolare i mattoni e le malte, risultano molto omogenei. Costruiti più unitariamente appaiono i corpi di fabbrica compresi dalla torre all'androne: disposte su planimetria complessivamente ad "L", intorno all'antica torre, le murature svelano uno spessore maggiore delle altre innalzate nel castello. Sul prospetto della corte grande appare, sulla parete verso l'androne, inserito entro la muratura, l'antico profilo di un porticato, di cui restano quattro archi a sesto leggermente acuto, già sostenuti da serie di colonnine di pietra. La critica ha oscillato, per la datazione di questo avanzo di porticato, dal medioevo al quattrocento. Il tema del cortile con arcate, interno ad una residenza castellana, è frequente in quelle dimore di campagna che ripropongono motivi caratteristici dei palazzi di città, come il notissimo modello di palazzo Borromeo a Milano.

Se già dal 22 giugno 1251 è menzionata, nel borgo di Zivido, la presenza dei Brivio, mancano, purtroppo altre notizie relative non solo al castello, ma anche al passaggio di proprietà alla medesima famiglia, sino al documento del 9 luglio 1575. Già ristrutturato, e non più allo stato di rovina, doveva essere il castello nel 1575, quando era distinta la "casa da gentilhuomo" dal "castelletto". L'antica destinazione, cioè, si era ormai trasformata, come di consueto nelle architetture fortificate, essendosene conclusa la funzione difensiva. Con lo stesso intento era stato riadattato, poco lontano da Zivido, anche il castello di Melegnano, che era stato accordato sin dal 1513 da Massimiliano Sforza, quale feudo proprio, alla medesima casata dei Brivio, ma poi donato da Francesco II Sforza nel 1532 al Medeghino. Come nella residenza di Melegnano, anche quanto restava del castello di Zivido fu allora rielaborato per la trasformazione a residenza di campagna, secondo un progetto architettonico cinquecentesco.

Verso il borgo di Zivido, la torre, dove campeggia il rilievo marmoreo con lo stemma della famiglia proprietaria, veniva trasformata, al pari di numerosissimi esempi contemporanei, in colombaia. Sulla via, la piccola corte è chiusa da alta parete in muratura decorata. Così verso il borgo l'aspetto esterno del castello, con la torre squadrata, anteriormente delimitata dalla liscia parete muraria, tende a bloccarsi in una forma geometrica assai compatta e con scarsa comunicativa con l'esterno, come in molti castelli non solo della zona, vedi quello di Melegnano, ma anche nella pianura lombarda. Sulla corte maggiore e sul giardino, più tardi compreso, con disegno a grandi aiuole, nell'illustrazione sulla mappa catastale del 1722, prospetta una loggetta trifora, forse di età rinascimentale e qualche porta con cornici in cotto lavorate.

Le due facciate del castello di Zivido, insieme al giardino, fanno pensare alle descrizioni di ville con appartamenti e alloggiamenti signorili "da' Prencipi, tutti delitiosi, con fonte, peschiere, boschetti, lamberinti (= labirinti), pergolati". Dal grande cortile retrostante, si entra nell'ampia cantina o caneva, che ripete l'articolazione strutturale dell'androne: voltata a botte su sei lunette. Piu tardo, fra sei e settecento sembra invece, databile il grande portale, che immette nell'androne ad arco strombato, tipico della campagna lombarda. Ancora nel '700, la mappa catastale del 1722 illustra il castello con planimetria simile a quella novecentesca e con l'ampio giardino, un tempo sopravanzante lo stesso castello, sino all'attuale via Gorki, comprendendo, cioè, il fabbricato a nord est, allora destinato ad osteria: il giardino vi appare come articolato intorno a due grandi aiuole, ciascuna con disegno floreale specularmente simmetrico; il giardino prospettava, a sua volta, sull'aperta campagna, verso la via Emilia. 

Apparentemente priva di trasformazioni particolari rispetto al '700, è la planimetria del castello, come rappresentata nelle mappe catastali, rispettivamente del 1866 e del 1897.  Quindi, ormai in tempi recenti, nel 1982 la famiglia proprietaria donava il castello a suore che, attualmente, gestiscono un asilo infantile. Attualmente tutta l'area immediatamente circostante il nucleo centrale del castello è fatta oggetto di massicci interventi di "ristrutturazione" o di completo rifacimento del tessuto urbano, con cambiamento delle funzioni d'uso».

http://www.montessorionline.it/LavMed003/Zivido/Castello.htm


   
     

      

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