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LE CASTELLA DI ISOLA CAPO RIZZUTO, CASTELLO ARAGONESE

a cura di Vito Bianchi

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Vedute del fortilizio.

 

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Le Castella


 

 

        


Epoca: XIII-XVI secolo.

Conservazione: buona.

Visitabilità: discreta.

     

La storia del castello.

Adagiato in una posizione di enorme spettacolarità, attorniato dall’azzurro del mare e del cielo su un isolotto di roccia che un cordone ombelicale di terra pare legare alla costa, il fortilizio di Le Castella è certamente uno dei castelli più affascinanti non solo del Mezzogiorno d’Italia, ma anche dell’intera Penisola. Il suo nucleo primigenio risale con ogni probabilità all’età angioina, a cui sarebbe riconducibile la massiccia torre cilindrica che svetta sul resto della fortezza, cresciuta per successive aggregazioni struttive fino all’epoca vicereale. L’originario impianto castellare sarebbe pertanto da riferire alla seconda metà del XIII secolo. La sua fondazione rientrava, presumibilmente, nella politica di rafforzamento del litorale attuato dagli Angioini al momento dell’acquisizione del regno meridionale, e serviva principalmente alla protezione del golfo di Capo Rizzuto. In effetti, all’indomani della battaglia di Benevento (che nel 1266 aveva sancito la sconfitta definitiva di Manfredi e la fine della dominazione sveva), una catena di fortilizi, nuovi o ricostruiti, era stata imposta al Meridione, e oltre al territorio interno aveva finito per orlare anche l’arco costiero di Puglia e Calabria, a sostegno dell’espansione angioina verso i Balcani (che condurrà nel 1272 alla fondazione del Regno d’Albania). La rivolta dei Vespri Siciliani del 1282 aveva poi convinto Carlo d’Angiò a intensificare l’erezione di rocche e a ristrutturare i vecchi castelli, nella previsione del sanguinoso e violento conflitto con gli Aragonesi. 

La fortezza di Le Castella passò quindi in mano aragonese sul declinare del Quattrocento. Nel 1496 venne assegnata da Federico d’Aragona ad Andrea Carafa, che la restaurò fra il 1510 e il 1526. Per circa quarant’anni, le difese di Le Castella costituirono un inespugnabile baluardo a guardia della costa calabrese. Nel 1536, però, il castello dovette subire l’assalto e il saccheggio da parte del corsaro algerino Khai-ad-din, soprannominato il «Barbarossa». Nella circostanza, venne catturato Giovanni Dionigi Galeni di Isola. Strana la sua storia: da essere prigioniero dei musulmani passò a potentissimo comandante della flotta ottomana e, col nome turco di Uccilaì, divenne addirittura governatore di Algeri, Tripoli e Tunisi. Le traversìe per Le Castella, tuttavia, non si erano concluse: ancora alla metà del Cinquecento, la fortezza fu infatti nuovamente attaccata e depredata, ad opera del pirata turco Dragut. D’altronde, fra XVI e XVII secolo, il litorale suditalico si era munito di un’ininterrotta serie di torri d’avvistamento e castelli marittimi, proprio per fronteggiare le incursioni musulmane, e il fortilizio di Le Castella non poté che rivestire, naturalmente, un simile ruolo, non fosse altro che per la sua dislocazione. 

La paura dei Turchi era sempre presente, e il tragico massacro perpetrato da Achmet Pascià, detto lo «Sdentato», a Otranto nel 1480, non aveva fatto altro che alimentare il terrore suscitato dai figli di Allah. Per la verità, non è che sul fronte opposto fossero tutte rose e fiori: le analoghe torri costiere che vennero edificate fra il Marocco e l’Albania raccontano di come anche le popolazioni islamiche fossero terrorizzate dai raid delle marinerie occidentali. Venuta meno la minaccia di scimitarre e mezza luna, il forte di Le Castella perse progressivamente l’importanza strategica e militare. Nel tempo ha così convertito un po’ le sue funzioni, e si è in un certo senso “riciclato”, usando il suo l’innegabile fascino per attirare non più ciurme turchesche, ma enormi torme turistiche.

   

La struttura del castello.

La scenografica architettura della fortezza di Le Castella si presenta attualmente come un agglomerato di fasi edilizie sovrapposte le une alle altre in epoche diverse. L’elemento che unifica i differenti rimaneggiamenti è comunque dato dall’uso della tipica pietra locale, impiegata in ogni intervento costruttivo del castello. Il fortilizio risulta parzialmente diroccato, ma è pur sempre leggibile nell’insieme delle linee che ne caratterizzano la struttura. Inoltre, un recente restauro ha contribuito a recuperare la bellezza del complesso e a valorizzare gli elementi architettonici che lo compongono. Pur fra alterne vicende, l’originario torrione cilindrico della fortezza calabrese dovette rimanere sostanzialmente inalterato per tutta la durata del regno angioino, nonostante alcuni lievi ritocchi alla parte alta. 

Il dongione è diviso in tre piani, collegati da una scala a chiocciola che si conserva intatta nella grossa parete perimetrale. Alla base della torre, una cavità era destinata alla raccolta e alla conservazione delle acque piovane. Con l’avvento definitivo degli Aragonesi, nella seconda metà del Quattrocento, al castello venne aggiunta un’ulteriore e bassa cortina muraria, di andamento poligonale, destinata a resistere alle bordate delle armi da fuoco, che divenivano di giorno in giorno sempre più sofisticate e potenti. Al Cinquecento, invece, possono essere datati i bastioni angolari di forma pentagonale, appartenenti alla consuetudine costruttiva spagnola, che fecero della fortificazione di Le Castella un vero e proprio forte bastionato. L’apparato difensivo era completato da apprestamenti minori, come una strada d’accesso protetta, che si lascia intuire in vari punti del fortilizio. Le mareggiate hanno poi “mangiato” nei secoli un antico camminamento, che collegava l’isoletta fortificata alla fascia costiera. Tuttavia, nessuna tempesta ha mai potuto intaccare la magnifica imponenza di un castello assolutamente unico e suggestivo.

    

Per saperne di più:

L. Santoro, Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Milano 1982; F. Conti, Castelli e rocche. Le fortificazioni italiane del Medioevo e del Rinascimento, Novara 1999; V. Bianchi, Il castello. Un’invenzione del Medioevo, Milano 2001.

    

 

   

©2001-2012 Vito Bianchi. Le immagini sono tratte nell'ordine da ugomarisaweb.forumcommunity.net, digilander.libero.it/reins04 e da www.ilgiramondo.net. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

    


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