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DE CASTRO VENANDI CUM ARTIBUS  a cura di Falco, Girifalco e Metafalco

Ci troviamo di fronte a un evento straordinario: il 31 dicembre 2005 una rinomata testata locale intitola

di Metafalco

 

Il gioiello della Puglia sembra essere definitivamente scomparso.

Avvicinandosi alla collina sulla quale, per più di ottocento anni, il castello è stato visibile anche da chilometri di distanza, oggi non si apprezza più la sagoma ottagonale che soprattutto negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé, non senza polemiche. Sulla funzione dell'edificio si sono confrontati con toni più o meno accesi storici ed esoterici, studiosi d'arte e cartomanti, tutti alla ricerca di un Federico II imperatore illuminato per il quale il castello è diventato una sorta di stella cometa che indica in questo caso non il luogo della sua nascita ma, ancora più in grande come nello stile dello Svevo, il suo passaggio su questa terra! 

Per risolvere il grave problema della scomparsa - che avrebbe comportato una perdita di introiti collegati al turismo il quale si avvale anche della popolarità del monumento sia per quanto riguarda l'Italia, ma soprattutto per i devoti fratelli comunitari tedeschi - e al fine evitare uno scandalo, sono stati stanziati dei fondi per intraprendere lavori di scavo ed eventualmente di restauro, incaricando una commissione di studiosi di spiegare le cause della straordinaria eclisse.

I lavori sono stati molto duri soprattutto per la difficoltà di individuare esattamente la collocazione dell'edificio e della sua entrata principale oramai non più visibile. Per l'individuazione è risultato imprescindibile il lavoro compiuto dagli astrologi e dagli specialisti in magnetismo che hanno individuato, sfruttando i campi elettromagnetici, l'esatta posizione della ottava sala in base alla quale è stata ricostruita la posizione del portale d'ingresso principale.

Preziose sono state anche le indicazioni fornite da una colonia di colombi che sinistramente si aggirava nei dintorni dell'edificio.

Dopo di ciò è iniziata un'imponente opera di scavo, conclusasi con successo, la quale ha portato al rinvenimento non solo di parte dell'edificio, ma anche del personale che da tempo era dato per disperso e per il quale a nulla erano valse le ricerche di parenti e amici che reclamavano i propri cari. 

Il personale liberato dal castello, trasformatosi in una trappola infernale, non è inizialmente sembrato in grado di relazionarsi con la schiera di giornalisti, forse per il lungo periodo di isolamento nel quale è vissuto per circa sei mesi.

Le prime testimonianze raccontano che le condizioni di vita all'interno dell'edificio si sono rese subito proibitive, causa il freddo e l'elevato tasso di umidità al primo sopraggiungere dei mesi autunnali. I sopravvissuti, fra cui si contano anche alcuni turisti, sostengono di non comprendere il motivo per il quale non siano state intraprese con maggiore prontezza le ricerche, perché ci siano stati ben sei mesi di incuria. Di ciò si lamentano soprattutto i visitatori, che sostengono di essere stati vittime di un disservizio e che annunciano che si rivolgeranno alle autorità competenti alle quali faranno presente di aver stilato una relazione sull'accaduto anche sul registro delle lamentele.

I turisti sostengono inoltre che buona parte della responsabilità può essere attribuita al personale il quale non ha fatto il necessario per avvisare le suddette autorità. Il personale risultava infatti sprovvisto di mezzi adeguati per comunicare con l'esterno, fatta eccezione dei cellulari personali risultati peraltro poco utili per la insufficiente ricezione e l'esaurirsi delle batterie (di ciò il personale accusa le case costruttrici dei cellulari che garantivano per le batterie al litio una durata nettamente superiore). 

Ma al di là del caso umano, sul quale si può sorvolare, la comunità scientifica sembra essere interessata a comprendere le motivazioni che hanno portato alla perdita di tracce dell'edificio. Per fare ciò è stata incaricata una commissione di esperti che solo dopo molte difficoltà ha trovato una risposta. Quale?

Guano di piccione!

Ebbene sì: sembra che da tempo una colonia di Columbae liviae (uccelli columbiformi della famiglia delle Columbidi) volgarmente denominati piccioni si fosse insediata all'interno del castello e che, trovato riparo, si sia lì riprodotta. Dato che, secondo il parere degli ecologi, la velocità riproduttiva di una specie, oltre a dipendere da caratteristiche specie specifiche, è proporzionale alla disponibilità di cibo, si spiega l'incremento fuori misura della popolazione. Inoltre è risaputo che il guano dei piccioni è altamente lesivo delle strutture in pietra per la capacità di formare composti acidi molto aggressivi. Per tali motivi, al di là delle proporzioni esilaranti del fenomeno descritto, gli esperti sono stati sorpresi dall'incuria riservata al ben noto monumento sepolto in una cloaca. 

A nulla sono inoltre valsi reclami effettuati da visitatori "colpiti e affondati" dai volatili killer nei mesi precedenti la catastrofe finale. Pagine e pagine di registri di lamentele compilate non sono state lette (che gli elementi chiave delle lamentele non siano stati compresi a causa dello stato lacunoso dei documenti dovuto alla aggressione dei succitati volatili?) o sono state ripagate con la completa indifferenza. 

Adesso, risolto l'increscioso inconveniente, ci si domanda come mai il mezzo di comunicazione oggi più utilizzato non sia servito ai malcapitati prigionieri del castello medievale a far segnalare la propria scomparsa: c'era forse un guasto alle linee telefoniche, anche queste danneggiate dai volatili? Forse, ma una mail non sarebbe comunque servita perché non esiste un collegamento internet. 

Così il castello più visitato, l'orgoglio della Puglia, il bene dell'Unesco, è rimasto per mesi sepolto nel guano, anche se guardando i lati positivi questo darà lavoro a molti bravi restauratori per le cui prestazioni saranno adesso stanziati dei fondi.

Insomma il castello verrà restaurato e ripulito, personale e turisti sono stati recuperati: tutto è bene ciò che finisce bene!

   

   

©2004 Metafalco; disegni di Girifalco

   


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