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DE CASTRO VENANDI CUM ARTIBUS  a cura di Falco, Girifalco e Metafalco

di Girifalco


Una nuvola bianca, una nuvola nera, silenti e goffe avanzano in un umido primissimo pomeriggio afoso di agosto.

Le osservo, da lontano, affacciato alla finestra della sala al primo piano, quella posizionata sopra il portale di ingresso.

Le osservo con attenzione, preoccupazione e breve inquietudine.

La nuvola bianca con la nuvola nera si dirigono verso di me, falco sicuro all’interno di questo castello indifeso.

Non ci sono alberi a proteggerlo con un’ombra amica (quelli che ci sono sembrano dei malconci spaventapasseri!), non ci sono (ora intendo!) mura ad assicurargli un minimo di difensivo affetto, non ci sono cupole (e non vi erano neanche prima!) a riparare almeno il cortile, non ci sono (più!) focosi cavalieri ardenti chiamati, solo dal loro personale orgoglio, a difenderlo ora da attacchi nemici scintillanti di spade, ora da tristi assalti, studiati a tavolino, con ingiuriosa ignoranza e con scandaloso disinteresse culturale.

Il cammino delle minacciose nuvole si snoda nel percorso tortuoso costruito a bella posta per rendere mistico quel castello. Incespicano, ripartono insieme, si inseguono con irritante falsità, ridono.

Le pietre, i sassolini, le piante che attirano fastidiose api, appiccicose coccinelle, succose vipere, chiassosi insetti non riescono a rovinare lo scatto delle foto.

Il flash lampeggia invano sotto quel sole accecante e davanti a questi sposi vestiti ed acconciati come se fossero delle mongolfiere in partenza per una gara.

Il castello sempre come sfondo, sempre come controfigura, sempre come cornice del loro amore; i suoi muri caldi (ma quando?) proteggeranno il loro sincero sentimento, le sue torri gnomoniche (?) scandiranno le stagioni della loro vita, la sua antica ed acquosa vasca (ma quale?) benedirà il loro futuro, l’amore di Federico per le sue donne (ma dove?) sarà il sigillo del loro amore, i fiori scolpiti sotto il timpano, come una cascata morbida e dolce, scivoleranno sugli sposi che, gioiosi, benediranno la cultura di quell’imperatore così moderno (che significa moderno?) e così amante delle religioni (di chi?), così aperto alla cultura (eh?) – mentre Kantorowicz si contorce nella tomba – così bravo a costruire un castello del genere (fatto pietra dopo pietra proprio da lui!), il leone, superstite, garantirà la loro serenità, il portale su cui i veggenti leggono il nome dell’imperatore rappresenterà l’ingresso, il passaggio verso una vita nuova… peccato, però, che dovendo pagare l’ingresso, gli sposi locali non si siano mai degnati di attraversare quel portone per annusare almeno un po’ la cultura custodita da quei muri!

Un’arpa fantasma accompagna ignara i miei dissacranti versi stile dolce-stil-novo dei poveri ma, anche e sicuramente, sentite, genuine , ispirate e squisite poesie per gli esoterici sentimentali!

Il primo rullino finisce e gli sposi si guardano per la prima volta con uno sguardo spontaneo, seccato quindi.

Pausa, break di riflessione (chissà quale, comunque!) e si riprende con un nuovo cheese. Ciak si gira e si gira sul serio su quel casalingo set; un girotondo infantile fa volteggiare la sposa sugosa, abbondante e panciuta e lo sposo sudato, sciolto ed agile come una mazza da scopa. La nuvola bianco-scintillante come la neve che cade da quelle parti e la nuvola nera con una cravatta verde- muschio-Castel del Monte (mai sentito? Ignoranti!) si divertono, si posizionano dove il mastro fotografo, senza grazia, ordina loro.

I curiosi turisti spiano da fuori campo la scena della fortunata sit-com ed io compiango il povero castello ridotto a cartolina, morto nella sua anima, ammutolito dalla stupidità e dalla inconcludente e dissacrante boria, e stremato da tanta superficialità lui chiude gli occhi – pardon! – le finestre.

    

©2004 Girifalco testo e disegno

   


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