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LA CASA EDITRICE

HUBERT HOUBEN (a cura di), L'Ordine teutonico nel Mediterraneo, Mario Congedo Editore, Galatina (Lecce) 2004.

Atti del Convegno internazionale di studio, Torre Alemanna (Cerignola) - Mesagne - Lecce, 16-18 ottobre 2003.

Contributi di G. Andenna, B. Bompi, P. Cierzniakowski, P. Dalena, M.-L. Favreau-Lilie, C. D. Fonseca, H. Houben, N. Jaspert, A. Kiesewetter, T. Kraemer, R. Licinio, K. Toomaspoeg, B. Vetere.

GIACOMO ANNIBALDIS

 

Ordini cavallereschi

 

Editi gli «Atti»

 

  

  

   

   
C'è nebbia persistente ogniqualvolta si parli e si discuta di Ordini cavallereschi, di quei religiosi-militari che popolano tanti romanzi storici
venati di mistero e di fantasy, frati ospedalieri e armati che pure scrissero una pagina importante del Mediterraneo medievale (e oltre). Non di rado l'opinione comune - ma direi anche quella non comune - non riesce a distinguere tra i cavalieri di Malta e i Templari, tra i cavalieri del Santo Sepolcro e i Gerosolomitani, tra i Teutonici e i cavalieri di Santa Caterina del Sinai... Cosimo Damiano Fonseca, per fornire una «idea del composito universo» degli ordini cavallereschi, ci rimanda a un elenco della fine del Seicento, compilato a Venezia da Bernardo Giustiniani
(che era un confratello dei Cavalieri angelici aureati constantiniani di S. Giorgio!), nel quale si enumerano ben ventisette ordini cavallereschi.

In realtà dall'ultimo decennio del secolo scorso si è risvegliato un rinnovato interesse per la storia di questi Ordini anche nel Mezzogiorno d'Italia. Soprattutto in Puglia, dove insegna, all'Università di Lecce, lo storico Hubert Houben, che è fondatore e direttore del Centro Studi sulla Storia dell'Ordine Teutonico nel Mediterraneo. E dove anche l'archeologia sta contribuendo a chiarire e a documentare la presenza e l'influenza di questi religiosi-militari. Basterebbe, a proposito dei Teutonici, rimandare al sito di Torre Alemanna presso Cerignola, una delle sedi pugliesi dell'Ordine che ha restituito affreschi, tombe e vasellame rinascimentale e seicentesco di grande rilievo, illuminando così materialmente i già conosciuti documenti sulle proprietà, sulle finalità e gerarchie religiose.

L'anno scorso un convegno, organizzato appunto da Hubert Houben e itinerante tra Torre Alemanna, Mesagne e Lecce, aveva fatto il punto sull'«Ordine Teutonico nel Mediterraneo». I convegnisti avevano scandagliato le attività e la presenza dei teutonici non solo in Italia, ma anche in Terrasanta (M. L. Favreau-Lilie), in Grecia e in Armenia (A. Kiesewetter), in Spagna (N. Jaspert), in Francia (T. Kraemer). Ora gran parte di quegli interventi sono diventati un volume prezioso: L'Ordine Teutonico nel Mediterraneo, sempre a cura di Houben (Congedo ed.).

Tutto questo fervore di ricerca storica è dettato non solo dalla volontà di scoprire un «soggetto» del nostro passato rimasto in ombra, ma anche dalla esigenza di liberare i Teutonici da un pregiudizio infamante: quello di essere stati i «bisnonni di Hitler». Come ricorda Houben (e giustamente ne polemizza), la croce nera dello stemma teutonico fu usata nel 1813 come modello per la «croce di ferro», un'onorificenza escogitata per i soldati prussiani che combatterono contro Napoleone, e rimasta in uso anche durante la prima e seconda guerra mondiale, suggerendo una simbolica continuità tra i cavalieri Teutonici, la Prussia e il nazismo (pregiudizio avvalorato anche dal fatto che i castelli dell'ordine furono usati come centri di formazione dell'élite nazista, ricorda Houben). Furono soprattutto i polacchi a corroborare questo nesso: storici come Karol Gorski e scrittori come Henryk Sienkiewicz scrissero e avvalorarono la tesi di una sostanziale affinità tra i religiosi e i fanatici nazisti. D'altronde pagine contro i Teutonici si possono leggere anche nell'opera La mia Europa del premio Nobel lituano-polacco recentemente scomparso Czeslaw Milosz.

L'Ordine dei Teutonici fu fondato come confraternita ospedaliera ad Acri in Terrasanta nel 1190, e si mutò in ordine religioso-militare otto anni dopo. Uno dei più celebri maestri della congregazione fu senza dubbio Ermanno di Salza, sotto la cui guida si ebbe la maggiore diffusione. Ermanno riuscì nel miracolo diplomatico di ottenere il favore non soltanto di Federico II di Svevia, ma anche dei papi Onorio III e Gregorio IX. In questo periodo l'ordine ottenne «magnifiche donazioni». Soprattutto in Puglia: dove l'insediamento fu capillare. Dalla prima sede di Brindisi a quella di Barletta, e poi da Mesagne a Torre Alemanna/Corneto, nonché Ginosa. Una fitta rete concentrata maggiormente lungo la costa adriatica e in Capitanata. Che tuttavia, nel XIV secolo, dopo il trasferimento della casa madre da Acri a Venezia e da Venezia in Prussia, cominciò a sfaldarsi.

Particolarmente documentata dalle fonti storiche (e ora anche da quelle archeologiche) è la sede di Torre Alemanna, il cui nome parla chiaro sullo stanziamento teutonico. Un approfondito saggio di Raffaele Licinio trama la vita e le opere dell'ordine, cioè la produzione agricola e pastorale che ferveva nelle masserie daunie e in altri beni rurali, le cui risorse non erano solo destinate all'autoconsumo quanto all'esportazione per i bisogni della confraternita in Palestina e poi in Germania.

Un'attività sulla quale incombe il quesito: i Teutonici «con le loro attività produttive e finanziarie hanno forse dato anche uno stimolo all'economia» del Mezzogiorno medievale (Houben)? Ovvero innestarono nella storia del Sud «il ruolo della dipendenza da decisioni e interessi economici esterni, il peso, in altri termini, della perdita di autonomia gestionale del modello produttivo» (Licinio)? Quesito lasciato ancora nel
mistero: come è giusto che sia per questi cavalieri venuti dal freddo.

 

 

 

Giacomo Annibaldis

 

 

 
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da "La Gazzetta del Mezzogiorno" dell'8/9/2004

 

  

 

 

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