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       LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


Il degrado sta distruggendo l'antica abbazia garganica. Monsignor Domenico D'Ambrosio vorrebbe utilizzare i fondi dell'8 per mille per eseguire i restauri. Certo è che, se non arriva una soluzione in tempi brevi, addio.

Il degrado di Càlena.

      

Trasformare l'antica abbazia di Càlena in un luogo aperto alla fruizione pubblica per 365 giorni all'anno, e 366 negli anni bisestili. Le due chiese, risalenti all'XI e al XIII secolo, se fossero donate dai proprietari alla comunità, potrebbero essere restaurate dall'arcivescovo D'Ambrosio con i fondi dell'8 per mille e i contributi dei fedeli.

Forse è questa la soluzione per porre la parola fine a un aspro contenzioso che vede la Comunità di Peschici contrapposta ai Martucci che, dall'inizio dell'Ottocento, hanno acquisito non chiarendo mai "come", la più prestigiosa e antica struttura benedettina del Gargano Nord (risale all'XI secolo e secondo Giannone addirittura all'872 d.C), per trasformarla in masseria.

Luoghi sacri, quelli di Càlena, da restituire alla loro antica funzione, e da riaprire finalmente al culto, come l'abbazia di Pulsano dove, dopo un lungo periodo d'abbandono, il 20 dicembre 1997 si è insediata una comunità monastica che pratica il rito latino-bizantino.

Sul resto della struttura, nessuna interferenza con i Martucci, comunque vincolati dal Ministero dei beni culturali nella ristrutturazione dei fabbricati "civili" del complesso monastico. Un vincolo integrale, esteso recentemente dalla Soprintendenza Regionale per contrastare eventuali operazioni di speculazione edilizia. 

I Martucci si sono riservati la risposta. Una risposta che non può essere elusa come accadde in passato: l'arcivescovo D'Ambrosio e tutti coloro che hanno lottato per Càlena, ne hanno il sacrosanto diritto, dopo 10 anni di "civili battaglie" per restituire dignità a un monumento nazionale. 

L'antica abbazia, lo abbiamo verificato l'8 settembre, sta cadendo proprio a pezzi. è sempre più soggetta a vandalismi e a furti: lo stemma del portale del lato sud, chiuso e interrato, mostra segni abrasivi sui simboli dei Canonici Lateranensi; è appena sparito, nella chiesa nuova, quella con la campata principale en plein air, il lastrone di pietra che chiudeva l'ipogeo della cripta. Se non si agirà nel più breve tempo possibile, la copertura lignea dell'abside crollerà (una trave di legno è in bilico); il campanile a vela, che ospita un prezioso bassorilievo di Madonna orante risalente al 1393 completamente ricoperto da vegetazione invasiva, sta lentamente sgretolandosi. La "chiesa antica", risalente all'XI secolo, segnalata da Emile Bertaux all'inizio del Novecento per una rarissima tipologia di cupole in asse, divisa in due ambienti separati, continua ad ospitare attrezzi agricoli. 

Una struttura nel complesso ormai fatiscente e che, se non vi si porrà mano in tempi brevissimi, potrebbe essere soggetta a crolli, come è successo per un solaio. Fuori dal muro di cinta sono accatastati rifiuti di ogni genere e mucchi di erba secca tagliata una volta all'anno, da un 8 settembre all'altro, per rendere accessibile l'abbazia ai fedeli che si ostinano, monsignor D'Ambrosio in testa, a improvvisare fiaccolate e a recitare rosari.

Peschici non può più assistere in silenzio alla progressiva distruzione di quello che doveva essere il suo fiore all'occhiello, "l'attrazione" culturale ed artistica del territorio. Càlena non vuole più languire nell'agonia di pietra cui è stata condannata da troppi anni. 

A noi piacerebbe che in alcuni locali a pianterreno si ricavassero un centro convegni, una biblioteca, un centro visite, e che nel chiostro si organizzassero concerti. Luoghi di aggregazione culturale che a Peschici mancano. Qualificherebbero la vita dei suoi abitanti e dei "cittadini del mondo" che la scelgono come luogo dell'anima.    

       

   

©2007 Teresa Maria Rauzino. L'articolo è stato pubblicato sul quotidiano "L'Attacco" del 12 settembre 2007.

    


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