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di Lawrence M.F. Sudbury

      

MuhammadAl di là di qualsiasi considerazione teologica (che, comunque, come ovvio, risulta centrale nello studio della vita del Profeta dell'Islam), è impossibile non notare come Maometto si configuri storicamente non solo come un grande leader religioso, ma anche come un accorto e lungimirante politico e un ottimo stratega militare.
Questi elementi appaiono immediatamente evidenti se analizziamo brevemente il decennio, assolutamente fondamentale per il successo della predicazione musulmana, che va dal 620 al 630, cioè dal periodo immediatamente precedente all'Egira (o, più propriamente, "Hijra"), la fuga di Muhammad dalla Mecca a Medina, e la conquista della Mecca da parte dei Musulmani.
 
  • L'HIJRA

Mecca - MedinaNonostante la durissima persecuzione da parte dei clan meccani contro l'Islam e il clan del suo Profeta, la fama della predicazione musulmana si stava rapidamente diffondendo nella Penisola Araba e, pariteticamente, il prestigio personale di Maometto stava velocemente crescendo. Questi elementi, non disgiunti probabilmente dalla volontà di surclassare la Mecca come centro religioso e commerciale [1], spinsero Yathrib (in seguito rinominata Medina -  "La Città"), una città a nord della Mecca abitata inizialmente da tre tribù di esuli ebrei e due tribù arabe, ad inviare una delegazione composta dai rappresentanti dei dodici clan più importanti dell'oasi dal Profeta per chiedergli di trasferirsi e di fungere da arbitro "super partes" nelle frequenti dispute inter-tribali che affliggevano la comunità. In realtà, la data dei primi contatti tra clan di Yathrib e Musulmani non è certa, sussistendo già dal 614-5 un discreto flusso migratorio ("Piccola Egira"), evidentemente voluto da Maometto stesso, di fedeli islamici meccani verso il centro commerciale settentrionale, ma, certamente, fu nel 620, dopo che la battaglia di Bu'ath, che aveva coinvolto tutti i clan medinesi e che si era risolta in un inutile bagno di sangue rendendo evidente che le vecchie concezioni tribali di faida non erano più praticabili, che al Profeta fu rivolta la richiesta di trasferirsi promettendogli, in cambio, una totale accettazione della sua fede all'interno della comunità e una protezione contro ogni nemico "come se egli fosse un membro di ogni clan di Yathrib" [2].

Il Profeta, inizialmente, preferì restare alla Mecca ma ordinò ai suoi seguaci a emigrare a Medina tanto che praticamente tutti i suoi seguaci si spostarono, per lo più segretamente e a piccoli gruppi, nell'oasi settentrionale.Medina Secondo la tradizione fu proprio a seguito di questa strisciante migrazione che i leader Quraish decisero di eliminare Muhammad fisicamente ma il Profeta, venuto a conoscenza del complotto, con l'aiuto del cugino Ali, riuscì a ingannare i Meccani che lo sorvegliavano e a fuggire segretamente nella città settentrionale: era, secondo il computo del  califfo Umar ibn al-Khattab (basato su una scansione temporale di tipo perfettamente lunare), il 1° muharram dell'anno 622, corrispondente al 16 luglio, giorno 1 dell'anno 1 dell'era islamica (sebbene, in realtà, storicamente è più probabile che l'Egira si svolgesse tra il 26 safar - 9 settembre - e il 12 Rabi' I - 24 settembre) [3].

Appena giunto a Yathrib Maometto, come gli era stato richiesto dai capiclan locali, mise mano alla redazione di un documento denominato "Costituzione di Medina", «che stabilisce una sorta di alleanza o federazione tra le otto tribù ora residenti nella città e i musulmani emigrati dalla Mecca  e che specifica i diritti e i doveri di tutti cittadini e il rapporto tra le diverse comunità» [4] Egira(comprese quella musulmana, gli Ebrei e gli altri "popoli del Libro"). è in questo scritto che troviamo per la prima volta il concetto di "umma", cioè della comunità di tutti i credenti affratellati dalla fede in Allah ma è interessante notare che, sebbene la "Costituzione" assumesse, ovviamente, una prospettiva principalmente religiosa, essa era anche modellata su considerazioni pratiche e, sostanzialmente, conservava le forme giuridiche delle antiche tribù arabe, adottando, però, alcune caratteristiche del culto ebraico e dei suoi costumi, come il digiuno nel giorno dello Yom Kippur (secondo Alford Welch, ad esempio,  fu la pratica ebraica di avere tre preghiere quotidiane a portare alla introduzione della preghiera islamica di mezzogiorno, mentre in precedenza Muhammad teneva le preghiere solo alla mattina e alla sera, così come l'uso ebraico a indurre alla prima "qibla", il rituale di pregare con la fronte rivolta a Gerusalemme, sebbene usanze similari circolassero già in precedenza in Arabia [5]). 
Il primo gruppo di pagani convertiti all'Islam a Medina venivano dai clan che non aveva prodotto grandi leader per se stessi ma aveva sofferto per colpa dei leader bellicosi di altri clan, ma, in seguito, l'Islam venne accettato da tutta la popolazione, con solo alcune eccezioni, grazie, a quanto scrive Ibn Ishaq, all'influenza di Saad ibn Mua'dh, uno dei più importanti leader tribali dell'oasi.
In questo periodo si cominciano a delineare anche i rapporti tra l'Islam e le altre religioni: nel corso del proselitismo meccano Maometto aveva visto i Cristiani e gli Ebrei (entrambi definiti come "Gente del Libro") come alleati naturali, parte delle religioni abramitiche, che condividevano il nucleo principe dei suoi insegnamenti e lo avevano anticipato con la loro accettazione e il loro sostegno all'insegnamento divino. In quest'ottica, nella Costituzione di Medina, il Profeta aveva chiesto agli Ebrei lealtà politica in cambio di autonomia religiosa e culturale sebbene i clan ebraici si fossero sempre tenuti lontani dall'Islam, con ben poche conversioni al loro interno. Fu, probabilmente questo perdurante rifiuto che fece sì che l'atteggiamento di Maometto nei confronti di Cristiani ed Ebrei cambiasse notevolmente. Afferma Norman Stillman: «Durante questo periodo fatale e carico di tensione dopo l'Egira, quando Muhammad incontrò contrasto, ridicolo e rifiuto da pare degli studiosi ebrei a Medina, egli venne ad adottare una visione radicalmente più negativa dei Popoli del Libro che avevano ricevuto in precedenza le Scritture; questo atteggiamento si stava già evolvendo nel terzo periodo meccano quando il Profeta è diventato più consapevole della antipatia tra Ebrei e Cristiani e dei contrasti e delle lotte tra i membri della stessa religione» [6].
 

  • LE OSTILITA'
Dal punto di vista economico la situazione dei Musulmani a Medina non era certo delle migliori, essendo essi, in fin dei conti, degli sradicati senza alcun lavoro: anche per la necessità di fornire sostentamento alle famiglie, oltre Battaglia di Badrche per il desiderio di vendicarsi contro i loro persecutori, essi diedero luogo ad una serie di raid contro le carovane meccane, iniziando un conflitto armato contro i Quraish pagani della Mecca con il beneplacito del Profeta (che autorizza gli attacchi nel Corano, alla Sura 22), con l'obiettivo sia di acquisire ricchezza, potere e prestigio, sia, soprattutto, di indurre la Mecca alla sottomissione alla nuova fede. 
Nel marzo del 624, Maometto stesso guidò circa trecento guerrieri in un raid contro una carovana di mercanti della Mecca, organizzando un agguato presso la località di Badr. Venuti a conoscenza del piano, i capi carovanieri, però, riuscirono ad eludere i Musulmani e i meccani inviarono un contingente militare ad intercettare le truppe del Profeta. Lo scontro tra le due forze, passato alla storia come "la battaglia di Badr", vide i Musulmani, guidati da Muahammad e da Abu Bakr, pur in inferiorità numerica (erano circa un terzo dei meccani), vittoriosi e portò all'uccisione di 45 Quraish (contro solo 14 Musulmani), tra i quali molti importanti capitribù (fra cui uno dei più feroci oppositori dell'Islam, Abu Jahal) e alla cattura di circa 70 prigionieri [7]. 
Nelle settimane successive molti  meccani furono costretti a recarsi a Medina per riscattare i prigionieri di Badr e, essendo molti di questi ultimi di famiglia benestante, l'intera operazione fruttò ai fedeli di Maometto una somma considerevole. Coloro che non erano abbastanza ricchi o influenti vennero liberati senza riscatto, a patto che ponessero termine ad ogni persecuzione anti-islamica mentre solo due prigionieri (tra i quali l'influente leader Uqba ibn Abu Mu'ayt) vennero giustiziati perché erano coloro che avevano personalmente tentato di uccidere Maometto alla Mecca.
Maometto a MedinaLa vittoria di Badr, oltre a venir vissuta dai Musulmani come una conferma del favore divino, ebbe importanti risvolti politici: grazie al bottino ottenuto i seguaci del Profeta assursero ad un ruolo di primo piano nella comunità di Medina, tanto da potersi vendicare, con il benestare di Maometto, contro i loro oppositori, uccidendo Asma bint Marwan e Abu 'Afak (che aveva composto versi insultanti contro la nuova fede) per aver violato la "costituzione di Medina" senza che i clan dei due osassero reclamare vendetta (e anzi, molti del clan Marwan, che precedentemente si erano convertiti all'Islam in segreto, poterono ora professare apertamente il loro credo), da metter fine ad ogni opposizione all'Islam nella città e da porre il loro leader alla guida dell'oasi.
è in questo periodo che Maometto espulse da Medina i Banu Qaynuqa, una delle tre principali tribù ebraiche insediate nell'area. è incerto se le ragioni di tale provvedimento siano state di natura politica o religiosa ma appare probabile che si trattasse di motivazioni di entrambi i generi dal momento che gli Ebrei erano scettici sulla possibilità di un profeta non-ebreo (nonostante Maometto avesse risposto che anche Abramo non era ebreo) e in molte occasioni avevano espresso preoccupazioni circa la possibile incompatibilità tra Corano e Torah (nonostante il Profeta avesse dichiarato di voler ripristinare il monoteismo puro, inquinato da contaminazioni successive) e, conseguentemente avevano iniziato, secondo alcuni studiosi come Peters, ad «essere segretamente conniventi con i nemici di Maometto alla Mecca per rovesciarlo» [8]. 
Dopo Badr, comunque, il Profeta era abbastanza potente da cominciare a tessere una rete di alleanze con un certo numero di tribù beduine per proteggere la sua comunità dagli attacchi dalla parte settentrionale di Hejaz e per creare un fronte compatto contro i meccani, con i quali era ormai guerra aperta. Per mantenere la loro prosperità economica, infatti, questi ultimi avevano la necessità di ripristinare il loro prestigio, incrinato dalla sconfitta. A questo scopo avevano immediatamente compiuto un piccolo raid su Medina, utile più che altro a riacquistare fiducia e conclusosi senza un vero combattimento. Nei mesi successivi, Maometto rispose, con l'aiuto dei suoi nuovi alleati bedu, con alcuni attacchi alle carovane ed è a questo punto che il leader meccano Abu Sufyan ibn Harb raccolse un esercito di Uhudtremila uomini e partì all'attacco di Medina. Fortunatamente un esploratore di Muhammad avvistò il contingente e avvisò i tempo i Musulmani, che si riunirono in un consiglio di guerra. Le opinioni sul miglior sistema di difesa apparvero immediatamente contrastanti: Muhammad e molti dei leader islamici suggerivano che sarebbe stato più sicuro combattere all'interno di Medina e sfruttare le roccaforti cittadine, pesantemente fortificate, ma i Musulmani più giovani sostenevano che i meccani stavano distruggendo i loro raccolti e che asserragliarsi nelle roccaforti avrebbe distrutto il prestigio della nuova fede. Alla fine questo secondo partito prevalse e Maometto guidò le sue forze verso la montagna di Uhud dove erano accampati i meccani. Qui, il 23 marzo 624, la battaglia ebbe inizio: anche se l'esercito musulmano ebbe la meglio nel primo scontro, un atto di indisciplina da parte degli arcieri che improvvisamente si erano riposizionati senza attendere gli ordini dei loro comandanti portò ad una sconfitta tattica dell'esercito del Profeta, con 75 musulmani uccisi, senza, tuttavia, che i meccani riuscissero a raggiungere il loro obiettivo di distruggere l'esercito islamico e occupare Medina (anzi, dopo lo scontro, a causa delle perdite militari, del morale basso e della possibilità dei Musulmani di asserragliarsi in città i meccani si ritirarono subito) [9]. In ogni caso, la "battaglia di Uhud" segnò il punto più basso della parabola medinese del Profeta (che nella sura "Al-i-Imran" indica la sconfitta come una punizione per la disobbedienza dei fedeli ai suoi comandi): in città i suoi detrattori ripresero forza e, immediatamente dopo la battaglia, il leader meccano  Abu Sufyan cercò di sfruttare l'occasione proponendo (spesso a suon di tangenti e promesse di bottino) alleanze alle grandi tribù nomadi dislocate a nord e ad est di Medina. I due anni successivi, di conseguenza, furono dedicati da Maometto a evitare come meglio poteva la formazione di alleanze contro di lui, sia con ambasciate, sia con reazioni violente contro chiunque manifestasse intenzioni ostili contro l'Islam. Un esempio in questo senso è fornito dall'assassinio, ordinato direttamente dal Profeta, di Ka'b ibn al-Ashraf, un membro della tribù ebraica dei Banu Nadir che era fuggito da Medina alla Mecca e con le sue poesie  aveva contribBattaglia delle fosseuito a risvegliare nei meccani dolore, rabbia e desiderio di vendetta dopo la battaglia di Badr e, circa un anno dopo, dall'espulsione degli Ebrei Banu Nadir da Medina.  Nonostante i suoi sforzi, comunque, e sebbene fosse in grado di aumentare le proprie forze e mantenere molte tribù all'interno della confederazione islamica, gli sforzi del Profeta per impedire una alleanza contro Medina non ebbero completamente successo: Abu Sufyan, con l'aiuto dei Banu Nadir, riuscì a formare un esercito di circa 10.000 uomini da opporre ai 3.000 di Muhammad e si preparò ad un nuovo attacco. A questo punto Maometto, dietro suggerimento di Salman, un convertito persiano, adottò una nuova forma di difesa, sconosciuta in Arabia a quel tempo: i Musulmani scavarono trincee ovunque intorno a Medina per impedire alla cavalleria di attaccare in campo aperto. Questa tattica si dimostrò vincente quando i meccani, il 31 marzo 627, misero Medina sotto assedio e costrinse i nemici dell'Islam, non preparati contro fortificazioni di quel genere, a ritirarsi dopo sole due settimane. Durante questa "battaglia delle fosse" (così definita nel Corano alla sura 33),  la tribù dei Banu Qurayza, l'ultima importante tribù ebraica di Medina, venne accusata di Vendita di Ebrei come schiavitradimento e, dopo il ritiro delle truppe di Abu Sufyan, venne assediata e vinta: tutti gli uomini, a parte alcuni che si convertirono all'Islam, furono decapitati, mentre tutte le donne e bambini furono ridotti in schiavitù. Riguardo alle ragioni di un trattamento così spietato, molti storici arabi e biografi di Maometto  vollero, in seguito, vedere l'episodio come un richiamo alle punizioni vetero-testamentarie contro coloro che rifiutavano gli antichi Profeti e come un atto voluto da Dio contro chi trasgrediva il Suo volere, ma numerosi storici occidentali (ad esempio Peters e Welch [10]) hanno parlato di un atto straordinario e prettamente politico (non legato ad alcun precetto coranico) di rappresaglia contro coloro che non si sottomettevano ai voleri del Profeta proprio in un momento in cui i Musulmani vivevano il momento più pericoloso (e di maggiori difficoltà economiche) della loro breve storia e avevano bisogni di una totale coesione ideologica intorno al loro leader.
In ogni caso, durante l'assedio di Medina i meccani avevano raggiunto il culmine della loro pressione per distruggere la comunità musulmana e il loro fallimento in questo senso determinò una significativa perdita di prestigio per i Quraish, che nei mesi successivi, persero gran parte dei loro volumi di scambio con la Siria. Approfittando di ciò, Maometto intraprese due spedizioni verso il nord che si è conclusero senza combattimenti ma con la conversione di un buon numero di tribù alla nuova fede. Proprio mentre era di ritorno da una di queste due spedizioni, sua moglie Aisha venne accusata di adulterio ma il Profeta annunciò di aver ricevuto una rivelazione (sura An-Nur) e laEsercito musulmanoscagionò completamente, istituendo, con l'occasione, il precetto secondo il quale qualunque accusa di adulterio debba sempre essere sostenuta da quattro testimoni oculari [11].
Il rafforzamento successivo della coalizione musulmana e la perdita di prestigio dei meccani portarono a conseguenze notevoli. Anche se il Corano comandava la Hajj (il pellegrinaggio alla Mecca), i Musulmani non avevano a lungo potuto attendere a questo precetto a causa della inimicizia dei Quraish ma nel mese di Shawwal del 628, Maometto ordinò ai suoi seguaci di procurarsi animali sacrificali e di fare i preparativi per un pellegrinaggio ("umrah") alla Mecca, dicendo che Dio gli aveva promesso la realizzazione di questo obiettivo in una visione in cui egli si radeva la testa dopo il completamento dell'Hajj. Secondo Lewis, Muhammad si sentiva, a questo punto, forte abbastanza per tentare un attacco alla Mecca ma essendo chiaro che il tentativo sarebbe stato prematuro trasformò l'operazione in un pellegrinaggio di pace, mentre Watt pensa, invece che il Profeta volesse dimostrare ai meccani che l'Islam non rappresentava una minaccia per il prestigio del loro santuario e che esso rappresentava una religione completamente araba [12].
Quali che fossero le motivazioni dei 1.400 pellegrini medinesi, i Quraish inviarono un contingente di 200 cavalieri per fermarli  ma Maometto, percorrendo una strada più lunga, eluse le truppe che gli erano state mandate contro, fino a giungere ad al-Hudaybiyya, appena fuori dalla Mecca. A questo punto furono intrapresi negoziati tra leader meccani e leader musulmani per il libero passaggio dei pellegrini ma, proprio mentre le trattative erano in corso, si sparse la voce che uno dei negoziatori musulmani, Uthman Ibn Affan, era stato ucciso dai Quraish. Muhammad, allora, con un proclama invitò i pellegrini a sottoscrivere un impegno a non fuggire nel caso di una evoluzione bellica della situazione (il cosiddetto "Pegno della Albero"). Fortunatamente la notizia della morte di Uthman si rivelò infondata e fu, conseguentemente, possibile proseguire le negoziazioni fino alla stipula di un trattato decennale Area di Hudaybiyyah("trattato di Hudaybiyyah") con il quale le due parti (Musulmani e Quraish) s'impegnavano (con i loro alleati) a desistere da ogni ostilità, veniva permesso, l'anno seguente, a Muhammad e ai suoi seguaci di compiere l'Hajj con una evaquazione di tre giorni della Mecca da parte di Quraish e il Profeta si impegnava a rispedire alla Mecca tutti i fedeli (minori o di sesso femminile) che si erano recati a Medina  senza il consenso dei loro protettori.
In realtà, molti Musulmani non furono soddisfatti dei termini del trattato ma la tradizione islamica, alimentata dalla sura coranica Al-Fath ("la Vittoria"), vedrà la sua firma come una grande vittoria di Muhammad, finalmente riconosciuto su un piano di parità dai Quraish e capace di dimostrare ai meccani come i rituali del pellegrinaggio potessero essere incorporati nella nuova religione da lui creata [13].
 
  • LA CONQUISTA DELLA MECCA
Armata di MaomettoDopo la firma del trattato, Muhammad organizzò una spedizione contro l'oasi ebraica di Khaybar, nella quale si erano rifugiati i Banu Nadir che incitavano le tribù confinati a riprendere le ostilità contro i Musulmani: probabilmente si trattava, da parte sua, di una manovra per sviare l'attenzione dei fedeli da quello che sembrava essere il risultato inconcludente della tregua di Hudaybiyya, che minacciava d'intaccare il crescente prestigio di Muahammad, il quale, nel frattempo, era giunto ad inviare lettere a molti governanti del mondo (dall'imperatore bizantino Eraclio a Cosroe di Persia, dal re dello Yemen all'imperatore etiope), chiedendo loro di convertirsi all'Islam. [14]
Negli anni successivi alla tregua di Hudaybiyya, Muhammad inviò poi le sue forze contro gli arabi di Mu'tah in Transgiordania in quanto secondo la tradizione essi aveva ucciso l'inviato di Maometto ma, per alcuni mesi, questa fu la sola operazione militare musulmana. Due anni dopo la firma della tregua, però, i Banu Bakr, alleati dei Quraish, con la partecipazione anche di alcuni elementi meccani, attaccarono la tribù dei Khuz'aah, che aveva rapporti amichevoli con i Musulmani. Muhammad inviò immediatamente alla Mecca un messaggio che conteneva tre condizioni, richiedondo ai Quraish di accettare almeno una di esse. Egli chiese:
1) che i Quraish rompessero ogni legame con i Banu Bakr;
2) o che pagassero un prezzo per il sangue dei Khuz'aah;
3) o che dichiarassero nulla  la tregua di Hudaybiyya.
Francobollo commemorativo della presa della MeccaI meccani risposero che avrebbero accettato solo la terza condizione ma ben presto si resero conto del loro errore e inviarono Abu Safyan a rinnovare il trattato Hudaybiyya. Ora, però, la loro richiesta venne rifiutata da Maometto che iniziò a prepararsi per una campagna. 
 Nel 630, il Profeta marciò su Mecca con una forza enorme, che si dice composta da più di diecimila uomini e, con perdite minime, prese il controllo della città. Subito dichiarò l'amnistia per i reati passati, tranne che per dieci uomini e donne che lo avevano deriso e preso in giro con canti e versi (e anche alcuni di questi furono successivamente graziati). La maggior parte dei meccani si convertì prontamente all'Islam, e Maometto ordinò la distruzione di tutte le statue di divinità arabe dentro e intorno alla Kaaba, senza alcuna eccezione [15]. 

 


NOTE:
 
(1) O.F. Aksoy, The Blessed Cities of Islam: Mecca-Medina, Tughra Books 2008, p. 73.
(2) A. Welch, Understanding the Qur'an, Edinburgh University Press 2008, pp. 19-21

(3) Y. Emerick, The Life and Work of Muhammad, Alpha 2002, pp. 107 ss.
(4) Qui e in seguito cfr.: M. Lecker, Constitution of Medina: Studies in Late Antiquity and Early Islam, Vol. 23, The Darwin Press Inc. 2004, pp. 26 e passim.

(5) A. Welch, Citato, pp. 134 ss.
(6) N. Stillman, Jews of Arab Lands: A History and Source Book, The Jewish Publication Society 1998, p. 216.
(7) Qui e in seguito cfr.: M.A.Bashumail, The Great Battle of Badr, Kazi Pub. Inc.1984, passim.
(8) F. E. Peters, Islam, a Guide for Jews and Christians, Princeton University Press 2005, p. 240.

(9) A. Kathab, The Battles of Badr & Uhud, Ta-Ha Publishers Ltd. 2007, pp. 68 ss.
(10) Citati, rispettivamente pp. 287 ss. e pp. 142 ss.
(11) N. Abbott, Aisha: The Beloved of Mohammed, Saqi Books 1998, p. 174 ss.
(12) B. Lewis, The Arabs in History, Oxford University Press 2002, pp. 196 ss. e W. M. Watt, Muhammad: Prophet and Statesman, Oxford University Press 1974, pp. 202-204.
(13) Y. Emerick, Citato, pp. 283 ss.
(14) M. A. Cook, Muhammad, Oxford University Press, p. 82
(15) T. Ramadan, Muhammad, Kiaros 2009, pp. 206 ss. 

 
    
 

      

©2011 Lawrence M.F. Sudbury

 


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