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       L'Islam, 
					così come il Cristianesimo, si definisce una "Religione 
					rivelata", cioè una religione nata non dal pensiero umano ma 
					da un messaggio trasmesso direttamente dal cielo a un 
					tramite umano per la sua diffusione tra gli esseri viventi.Di conseguenza, tutto il cuore dell'Islam sta proprio in quel messaggio che la tradizione sacra vuole dettato da un arcangelo a Maometto nel corso degli anni, a partire da una prima visione rivelatrice e contenuto nel libro sacro denominato Corano. Ebbene, come avvenne il primo incontro tra il Divino e il "Sigillo dei Profeti"? Come venne inizialmente accettata la predicazione di quest'ultimo? 
 
					 Tutte le fonti a nostra disposizione ci narrano che questo agiato carovaniere della Mecca, travagliato dall'intima necessità di comprendere più a fondo la natura del Divino, era solito trascorrere lunghi periodi in totale isolamento, lontano dalla città, per dedicarsi alla meditazione [1]. 
					Proprio durante uno di questi "ritiri spirituali" sul monte 
					Hira (un'area brulla e rocciosa sulla via tra Mecca e Talib, 
					oggi chiamata anche "Jabal-al-Nur", "Montagna della Luce"), 
					effettuato nel 610 d.C. (o 612 secondo altre fonti), quando 
					aveva raggiunto l'età di quarant'anni, Mohammad ricevette, 
					secondo la tradizione [2], 
					la prima rivelazione da parte dell'Arcangelo Jibril 
					(Gabriele), che gli era apparso improvvisamente.  
					In questa prima apparizione, secondo le Hadith, Gabriele 
					ordinò a Maometto: "Iqraa", 
					che significa "leggi" o "recita". Maometto, sotto shock, 
					rispose semplicemente: "Non 
					so leggere", perché, come sappiamo, egli non aveva 
					ricevuto alcuna istruzione formale ed era, come la maggior 
					parte dei mercanti del tempo, completamente analfabeta. 
					L'angelo, allora, lo abbracciò così strettamente da fargli 
					raggiungere il limite della sopportazione e, dopo averlo 
					rilasciato, ripeté: "Iqraa". 
					La risposta di Maometto fu la stessa della precedente e 
					Gabriele lo abbracciò nuovamente e gli chiese di ripetere 
					dopo di lui la formula: "Recita! 
					In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da 
					un’aderenza. Recita, che il tuo Signore è il Generosissimo, 
					Colui che ha insegnato mediante il Calamo, che ha insegnato 
					all’uomo quello che non sapeva." 
					Da quel momento Khadijah accettò la rivelazione come verità 
					di fede, divenendo, così, la prima persona ad accettare 
					l'Islam: in seguito la tradizione vuole che sostenne il 
					marito in ogni difficoltà, in particolare durante i tre anni 
					di "boicottaggio" del clan del Profeta da parte dei Quraysh 
					pagani. Rimase la sola moglie di Maometto fino alla morte, 
					avvenuta all'età di 65 nel mese di Ramadan del 620 d.C., 
					subito dopo la revoca del boicottaggio. 
 
							
							 
							I Quraish, leader della 
							Mecca, accolsero tale predicazione con ostilità, 
							temendo che il monoteismo fosse d'intralcio alla 
							prosperità della città e ai loro commerci. I più 
							ostili (e, paradossalmente, i più vicini in termini 
							di parentela al Profeta) erano suo zio Abu Lahab e 
							la moglie.  Inizialmente alcuni leader Quraish cercarono di corrompere Muhammad con denaro e promesse di posizioni di prestigio (addirittura arrivando ad offrirgli di diventare re della Mecca) a patto che cessasse la sua predicazione ma quando si resero conto che questi metodi non avevano assolutamente presa sul Profeta, un gruppo di notabili locali cercò di convincere suo zio Abu Talib ad adottare come nipote il miglior giovane della Mecca al posto di Maometto e di consentire loro di uccidere quest'ultimo. Suo zio cercò di convincere il Profeta a smettere di predicare, ma Muhammad, secondo la tradizione, rispose: "Oh zio, se anche dovessero mettere il sole nella mia mano destra e la luna nella mia mano sinistra per farmi smettere di predicare l'Islam, non potrei mai smettere di mia volontà e continuerei a predicare finché Allah farà prevalere l'Islam o morirò" [9]. 
 
  Quando 
							la persecuzione divenne insopportabile per la 
							maggior parte dei Musulmani, il Profeta, ormai al 
							quinto anno della sua missione (615-616 d.C.), 
							consiglio ad alcuni di loro di emigrare in Abissinia 
							(l'odierna Etiopia), dove regnava come negus il 
							cristiano Ashabah: un'ottantina di persone, senza 
							contare i bambini piccoli, seguirono tale consiglio 
							e si mossero in piccoli gruppi per evitare di essere 
							scoperti. Quando, poco dopo,  i leader dei Quraish 
							scoprirono la loro fuga mandarono due inviati al 
							negus per chiedergli di scacciare i rifugiati e 
							rimandarli indietro, ma, dopo aver investigato sulla 
							fede musulmana, in particolare riguardo alle 
							rivelazioni su Gesù e Maria presenti nella sura 19 
							("Maria") del Corano, il 
							re permise loro di rimanere sotto la sua protezione 
							e concesse loro piena libertà di culto [11].Per rendere la vita del Profeta ancora più difficile i Quraish, allora, emisero un ordine di divieto totale di contatto con la sua famiglia (Bani Hashim e Muttalib): tale divieto durò per tre anni senza, però, ottenere l'effetto desiderato. Infine, poco prima che il divieto venisse revocato, il Profeta venne contattato dai capi-clan Quraish perché accettasse un compromesso in base al quale tutti avrebbero potuto praticare qualunque religione (ad esempio,   Islam 
							e idolatria) ma, sentendo questa proposta, secondo 
							le Hadith, Muhammad recitò una sura (la 109) che 
							aveva appena ricevuto e che si conclude con le 
							parole: "... Per 
							voi la vostra religione e per me la mia".La leggenda narra che il divieto venne revocato solo quando i leader Quraish scoprirono che il loro documento segreto che conteneva i termini del bando, conservato nella Ka'ba, era stato completamente mangiato dai vermi e tutto quello che ne rimaneva erano le parole di apertura "nel tuo nome, o Allah" [12] Gli anni del boicottaggio amareggiarono profondamente il Profeta, ma fu dopo la loro fine che egli provò i più grandi dolori personali, con la perdita della moglie Khadijah e dello zio Abu Talib. Dopo la morte di Khadijah, nel 620 d.C. egli sposò una vedova cinquantenne musulmana, Sawdah: lei e suo marito erano emigrati in Abissinia nei primi anni della persecuzione e, dopo la morte del marito, tornata alla Mecca ella aveva cercato rifugio da Muhammad, il quale, riconoscendo il sacrificio della donna per l'Islam, decise di sposarla. Più tardi nello stesso anno il Profeta, dopo aver ricevuto in sogno un comando divino e dopo aver ricevuto l'approvazione di Sawdah, contrasse matrimonio anche con Aisha, la figlia del suo più caro amico Abu Bakr. Dopo la morte di suo zio Abu Talib, il Profeta si spostò a  Taif 
							(circa 50 miglia a sud-est della Mecca) per cercare 
							la protezione dei clan locali ma venne rifiutato e 
							deriso e venne persino ferito dalle pietre 
							gettategli dai figli dei capi-clan locali, incitati 
							dai padri. Le Hadith vogliono che in quest'occasione 
							l'arcangelo Gabriele facesse visita al Profeta e gli 
							dicesse che gli angeli erano pronti a distruggere la 
							città se solo egli avesse chiesto ad Allah la giusta 
							punizione ma che, al contrario, Muhammad pregasse 
							solo Dio che le future generazioni di Taif potessero 
							accettare l'Islam.Subito dopo la terribile delusione a Taif, il Profeta visse le vicende di "al-Israa" e "al-Miraaj" (621 d.C.). Nella "Al-Israa", Gabriele prese il Profeta dalla moschea sacra presso la Ka'ba e lo trasportò in volo, in una sola notte, ad al-Aqsa, nella città santa di Gerusalemme.  Qui 
							Muhammad incontrò i Profeti precedenti (Abramo, 
							Mosè, Gesù e altri) e li condusse in preghiera. Dopo 
							questo evento (ovviamente gravido di conseguenze 
							future, ancora oggi in parte presenti), il Profeta 
							visse l'"Al-Miraj": fu assunto in cielo e gi vennero 
							mostrati i cieli e gl'inferi. Fu in questo viaggio 
							che gli venne prescritto di predicare le cinque 
							preghiere quotidiane obbligatorie per ogni aderente 
							all'Islam [13]. 
							Sentendo di queste esperienze (narrate nella sura 
							17), il popolo della Mecca si fece beffe del Profeta 
							ma egli poté descrivere Gerusalemme nei particolari 
							e parlare di una carovana che stava giungendo alla 
							Mecca e che arrivò poco dopo il suo racconto, 
							svergognando chi non gli credeva.
      
 NOTE 
										(1) M. 
										Lings, Muhammad: 
										His Life Based on the Earliest Sources, 
										Inner Traditions 2006, pp. 37 ss. 
								(2) Qui e in seguito la narrazione della rivelazione è ripresa dalla Hadith di Al -Bukhari. (3) Qui e in seguito ogni riferimento al Corano è tratto dalla versione italiana: H. Piccardo (a cura di), Il Corano, Newton-Compton 2010. (4) Secondo Ibn Ishaq, riportato da Ibn Isham. Cfr. F. McGrew Donner, Narratives of Islamic Origins: The Beginnings of Islamic Historical Writing, Darwin Press 1998, p. 132. (5) Al-Bukhari, citato. (6) Waraqa ibn Nawfal ibn Asad ibn ʿAbd al-ʿUzzā, cugino del padre di Khadija, era, probabilmente, un cristiano (o, certamente, un monoteista) e viene considerato il primo a certificare l'asperienza teopatica di Maometto, figurando, di conseguenza, nella categoria "eletta" dei Compagni del Profeta. Cfr.: U. Rubin, Ḥanīfiyya and Kaˁba: an Inquiry into the Arabian pre-Islamic background of dīn Muḥammad, in "Jerusalem Studies in Arabic and Islam", XIII (1990). (7) T. Winter, The Cambridge Companion to Classical Islamic Theology, Cambridge University Press 2008, p. 23. (8) A. Stern, Etymological Dictionary, ABC Press 2003, p. 467. (9) Al-Bukhari, citato. (10) A. Afsaruddin, The First Muslims: History and Memory, Oneworld 2007, pp. 83 ss. (11) M.A. Alula Al-Hashimi, The oppressed Muslims in Ethiopia, El-Hajj Malik El-Shabazz Press 1987, passim. (12) F. McGrew Donner, Citato, pp. 113 ss. (13) M. Lings, citato, pp. 173 ss.  | 
			
	
	  
	
	 
	
©2011 Lawrence M.F. Sudbury