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Paradossalmente,
pur avendo gli Abbasidi ottenuto inizialmente il potere
sfruttando la rabbia per le disuguaglianze sociali contro i
non-arabi presenti nell'impero omayyade, per ironia della sorte
durante il loro governo arabizzarono quasi completamente i
territori conquistati: con lo sviluppo culturale che favorirono,
ben presto l'arabo divenne lingua non solo burocratica in ogni
area ma molte persone di diverse nazionalità e religioni
cominciarono a parlare in arabo anche nella loro vita
quotidiana. Conseguentemente, a poco a poco, numerose risorse
culturali provenienti da altre culture cominciarono ad essere
tradotte in arabo e si andò sviluppando una identità unica
islamica e una cultura omogenea e onninglobante che se, da un
lato, portò ad un livello di civiltà e di conoscenza che è stata
in seguito considerato una meraviglia in Europa, dall'altro,
cercando progressivamente di eliminare le disomogeneità presenti
all'interno dell'impero, portò ad una reazione di quei gruppi
che non volevano perdere la propria identità radicale
[1].
Fu in questo senso che gli Abbasidi
finirono per trovarsi in disaccordo con i Musulmani sciiti, la
maggior parte dei quali avevano inizialmente sostenuto la loro
guerra contro gli Omayyadi. Durante il periodo di ascesa al
potere, infatti, sia gli Abbasidi che gli Sciiti rivendicavano
la legittimità dal legame familiare con Maometto che doveva
caratterizzare il califfato ma, una volta sul trono, gli
Abbasidi abbracciarono l'Islam sunnita e negarono ogni sostegno
alle convinzioni degli Sciiti.
Il tentativo di imporre un certo
grado di ortodossia sunnita finì per inimicare alla dinastia
regnante i Kharigiti berberi, particolarmente noti per
l'adozione di un approccio radicale, che li aveva portati
addirittura a dichiarare che gli altri musulmani erano
miscredenti e quindi degni di morte
[2],
ma soprattutto gli Sciti nord africani.
Se il Marocco si era reso
indipendente dall'Impero abbaside, nella vicina Tunisia
Nonostante lo scontro
continuo con i puristi teologici, certamente l'emirato
aghlabita fu uno dei più illuminati della storia araba,
con un intenso lavoro per sviluppare l'irrigazione delle
zone più desertiche e per valorizzare gli edifici
pubblici e le moschee del regno ma, in ogni caso, fu
anche continuamente tormentato da rivolte e sedizioni
interne. In particolare sotto l'emiro Ziyadat Allah I
(817-838) la crisi sociale arrivò al suo culmine con
una rivolta di truppe arabe che, scoppiata nel 824, non
venne sedata fino 836, quando fu necessario chiedere
l'aiuto delle tribù berbere per porre fine al conflitto.
Per molti versi la conquista
della Sicilia bizantina, a partire dall'827, sotto
l'emirato di Asad ibn al-Furat, nacque proprio da un
tentativo di mantenere le truppe ribelli sotto controllo
dando loro un obiettivo di conquista e territori da
saccheggiare. La conquista fu, comunque, estremamente
lenta: solo nel 902 l'ultimo avamposto bizantino fu
preso definitivamente e la Sicilia divenne base per
incursioni nel resto dell'Italia meridionale che si
susseguirono a cadenza regolare per buona parte del X
secolo. In realtà, però, gli Aghlabiti ebbero sempre ben
poco potere sugli invasori della Sicilia: proprio dal
momento che gran parte delle truppe inviate a occupare
l'isola veniva scelta tra coloro che si dimostravano più
riottosi al governo dei successori di al-Aghlab, a poco
a poco la corte di al-Abbasiyya finì per perdere il
controllo delle forze arabe in Sicilia e una nuova
dinastia, i Kalbiti, provenienti dalle fila proprio di
uno dei
Paradossalmente, però,
proprio mentre perdeva la Sicilia il regno aghlabita
raggiunse il suo apogeo sotto Ahmad ibn Muhammad
(856-863). La provincia di Ifriqiya, che era sempre
stata un centro di significativo potere economico grazie
alla sua agricoltura fertile, aiutata dalla espansione
del sistema di irrigazione romano, divenne il punto
focale del commercio tra il mondo islamico, Bisanzio e
l'Italia, in particolare per quanto riguarda il
lucrativo commercio degli schiavi. Conseguentemente
Kairuan divenne il più importante centro di
apprendimento nel Maghreb, in particolare nel campo
della teologia e diritto, e un luogo di ritrovo per i
poeti. provenienti da tutto quell'Impero, che, però, di
fatto, non aveva assolutamente più alcun potere su tutta
l'area nordafricana
[6].
Se
gli Abbasidi già a metà del nono secolo avevano
effettivamente perduto il controllo di buona parte
dell'area occidentale dell'Impero, poco dopo
cominciarono a non avere più potere anche su zone più
vicine al centro del loro dominio, quando anche i
Tulunidi si resero praticamente indipendenti da Bagdad.
In realtà, storicamente si può affermare che furono
proprio i Tulunidi a divenire la prima dinastia
indipendente islamica d'Egitto (868-905 d.C), quando si
staccarono dall'autorità centrale in modo sempre più
netto, aprendo la strada a tutti gli smembramenti
successivi. Sì è già detto che, nel IX secolo, i
conflitti teologici del mondo islamico, non disgiunti da
una certo grado di conflittualità interna alla dinastia
regnante, avevano già reso il controllo delle zone
periferiche dell'impero sempre più tenue se non
inesistente, ma tali perdite sembravano giustificarsi
sia per differenze religiose (gli Idrissidi) che per la
sottomissione formale dei califfi resisi indipendenti (Aghlabiti).
In questo quadro, ben più problematica risultò l'ascesa
dei Tununidi, in una zona fondamentale come quella
egiziana, con Ahmad Ibn Tulun.Ahmad era nato a Baghdad nel 835, figlio di uno schiavo turco inviato dal governatore di Bukhara al califfo abbaside al-Ma'mun intorno al 815-16. In quel periodo erano numerosi gli schiavi turchi reclutati per servire come ufficiali militari e il padre di Ahmad giunse a ricoprire il ruolo di capo della guardia privata del califfo. Dopo un trasferimento a Samarra nel 850, ibn Tulun ricevette un intenso addestramento militare, non disgiunto dallo studio teologico e, imparentatosi con la famiglia di un influente generale turco, dopo aver prestato servizio in campagne militari contro l'Impero Bizantino a Tarso, il giovane ufficiale si guadagnò il favore del Califfo al-Musta'in, che lo diede in sposo ad una sua concubina dalla quale aveva avuto un figlio, Khumarawaih. Nell'868, il califfo al-Mu'tazz nominò il patrigno di Ahmad governatore d'Egitto e questi, a sua volta, inviò il figliastro come suo reggente. Al suo arrivo
in Egitto, Ibn Tulun trovò che la capitale, al-Fustat,
fondata da Amr ibn al-'As nel 641, era troppo piccola
per accogliere i suoi eserciti e decise di creare una
nuova città, Madinat al-Qatta'i, per servire come sua
capitale. Inizialmente, il dominio di Ibn Tulun
sull'Egitto fu caratterizzato da una lotta per il
controllo delle finanze del paese contro il capo del
consiglio degli affari finanziari, Ibn al-Mudabbir,
inviso alla popolazione locale a causa dei livelli
elevati di tassazione, in particolare contro i cittadini
non musulmani. Usando la sua influenza a corte Ibn-Tulun
riuscì a farlo rimuovere nel giro di quattro anni e ciò
gli guadagnò un forte consenso presso la popolazione,
cosicché, dopo aver formato un esercito di 100.000
uomini per aiutare il califfo di Bagdad contro il
governatore della Siria che si era ribellato, allorché
la ribellione degli Zanji, un gruppo di schiavi neri che
avevano preso il controllo di Bassora e della
maggioranza del sud dell'Iraq, dirottò gran parte delle
risorse del califfato in quelle zone, nel 874, Ibn Tulun
approfittò del caos che si era venuto a creare per
rompere le relazioni con Bagdad e dichiarare
l'indipendenza
[7].Fino all'877 il califfo Al-Mu'tadid non ebbe la possibilità di inviare forze armate per riprendere il controllo dell'Egitto e quando ciò avvenne il tentativo risultò in una disfatta. Nell'882 al-Tulun arrivò addirittura a offrire protezione al califfo al-Mu'tamid in Egitto contro il tentativo di usurpazione del trono da parte di suo fratello Al-Muwaffaq e, alla sua morte, nell'884 Ahmed potè lasciare il trono al figlio Khumarrawahi, che mancava del carisma e dell'astuzia del padre ma che ottenne il riconoscimento dei Tulunidi come legittimi governanti e lo status della dinastia come "vassalla al califfato". Dopo la morte di Khumarawaih, i suoi successore furono governanti inetti, che permisero ai loro soldati turchi e agli schiavi neri di gestire gli affari dello stato, cosicché nel 905, i Tulunidi non furono in grado di resistere a un'invasione da parte delle truppe abbasidi, che restaurarono il dominio califfale diretto [8]. La falla era, però, ormai aperta e, ben presto, avrebbe portato all'affondamento della nave abbaside. NOTE:
(1) H. Kennedy,
When
Baghdad Ruled the Muslim World: The Rise and
Fall of Islam's Greatest Dynasty, Da
Capo Press 2006, pp. 274-279.
(2) J.T. Kenney, Muslim Rebels: Kharijites and the Politics of Extremism in Egypt, Oxford University Press 2006, pp. 8-14. (3) M. Zeghal, Islamism in Morocco: Religion, Authoritarianism, and Electoral Politics, Markus Wiener Publishers 2008, pp.31 ss. (4) D. Nicolle, A. McBride, The Moors: The Islamic West 7th-15th Centuries AD, Osprey Publishing 2001, passim. (5) B.M. Kreutz, Before the Normans: Southern Italy in the Ninth and Tenth Centuries, University of Pennsylvania Press 1996, pp. 56 ss. (6) G. Petrie, Tunis, Kairouan & Carthage, Forgotten Books 2012, pp. 186 ss. (7) J. Zaydan, Ahmad ibn Tulun, Dar al-Hilal 1984, passim. (8) G. Mamdoh Ma'amon, Tulunid Dynasty & Ikhshidid Dynasty, Nahdet Misr 2009, passim. |
©2013 Lawrence M.F. Sudbury