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| MEDIOEVO ERETICALE | 
 | a cura di Andrea Moneti | 
 
Guglielma la Boema è stata una
  delle principali protagoniste dell’eresia mistica femminile. A Milano venne
  venerata come una santa. Non ci ha lasciato nulla di scritto e di lei sappiamo
  ben poco. Le uniche notizie ci giungono dagli atti del processo. Da questi si
  apprende che era figlia del re di Boemia Premislao I e di Costanza
  d’Ungheria (questo è quello
  che di lei raccontava, anche se va
  detto che gli storici non sono concordi su questo fatto). Giunse a Milano
  intorno al 1260 con un bambino. Divenne un’oblata, cioè una laica che
  viveva nel vicino monastero di Chiaravalle. Aiutando i poveri e i malati, la sua parola e il suo esempio
  conquistarono un folto gruppo di seguaci che, per la maggior parte
  appartenevano a famiglie milanesi importanti, prime fra tutte quelle dei
  Torrioni e dei Visconti. Anche i monaci del monastero di Chiaravalle e le suore di
  Santa Caterina in Brera arrivarono a proporla, dopo la sua morte, avvenuta il 24
  agosto 1281, santa e la cappella di Chiaravalle, in cui venne sepolta, divenne
  un luogo di culto.
La sua storia, i suoi atti, fanno
  pensare che fosse una seguace del movimento del Libero Spirito, diffuso in
  Germania, nella Francia settentrionale e nei Paesi Bassi. Questo movimento
  sosteneva che Dio poteva essere ricercato in sé stessi, negando di fatto il
  ruolo di intermediazione delle gerarchie ecclesiastiche. Guglielma arrivò, in
  particolare, a sostenere che Dio poteva essere trovato nel corpo di una donna
  alla stessa stregua di un uomo. Quella di Guglielma è una visione
  profondamente innovatrice del ruolo della donna. Contesta apertamente la
  cultura dominante maschile che addossava a Eva e, di conseguenza alle donne,
  la colpa di aver allontanato l’uomo da Dio. Vuole annullare la discriminante
  della differenza sessuale. Non era un’ammissione da poco se consideriamo il
  fatto che predicava in una società fortemente patriarcale, dove la donna
  svolgeva un ruolo di secondo piano.
Pur avendo scarsissime notizie sul
  conto di Guglielma, dalle deposizioni dei suoi seguaci sappiamo che arrivò a
  proporre l’idea di una incarnazione femminile di Dio, pur rifiutando
  l’identificazione della sua persona con lo Spirito Santo. Furono i suoi
  fedeli, i Guglielmiti, formati soprattutto da donne, a spingere in questa
  direzione, annunciando che sarebbe risorta all’inizio del nuovo secolo. Tra
  i principali promotori per la sua santificazione ricordiamo Andrea Saramita,
  un gioachimita millenarista tra i fedeli più intimi di Guglielma, e,
  soprattutto, la monaca Maifreda da Pirovano, appartenente all’ordine delle
  umiliate e imparentata con i Visconti, che esasperò le valenze femminili
  della sua esperienza religiosa. Guglielma era
  ancora in vita, quando il Saramita cominciò a diffondere la voce che fosse
  l’incarnazione dello Spirito Santo, esattamente come Cristo l’incarnazione
  del figlio di Dio, cosa che, invece, la boema negò sempre. Il Saramita
  raccolse intorno a sé un folto numero di fedeli con l’obiettivo di
  organizzare i seguaci di Guglielma in un vero e proprio ordine religioso.
  Arrivò a comporre addirittura quattro nuovi Vangeli e ad affermare
   che Guglielma fosse incarnazione dello Spirito Santo e Maifreda il
  suo vicario nel mondo e che, per questo, doveva divenire papessa e rilevare il
  potere papale.
Nonostante questi elementi di
  rottura, gli aspetti salienti della predicazione di Guglielma furono altri. La
  boema prima, Maifreda poi, condannarono, infatti, l’accusa di inferiorità
  della donna che da sempre la Chiesa muoveva contro l’universo femminile, fin
  dai primi secoli cristiani. Il corpo femminile, accettato e tollerato solo in
  quanto mezzo insostituibile per la procreazione, diveniva un mezzo di salvezza
  e di redenzione. E, in quanto tale, poteva incarnare lo Spirito Santo, perché
  Dio ha creato l’uomo e la donna come due esseri di pari dignità, pur nella
  differenza sessuale. Ciò che più stupisce nella vicenda di Guglielma è che
  una visione di tale portata venne condivisa anche da molti uomini, in genere
  mariti e parenti, coinvolti dalla profonda spiritualità delle loro compagne.
  Un altro elemento di contrasto con le gerarchie ecclesiastiche era che
  Guglielma sosteneva (o sostenevano i suoi seguaci) che era venuta per portare
  la salvezza a coloro che erano fuori della Chiesa, specialmente gli Ebrei, a
  prescindere dalla Mediazione di Cristo. Questo perché il Sacrificio di Cristo
  non era stato sufficiente e una parte dell’umanità era rimasta fuori dal
  percorso di salvezza e redenzione cristiana.
Tre anni dopo la morte di
  Guglielma, nel 1284, il culto di “santa” che aleggiava intorno alla sua
  figura, attirò l’attenzione dell’Inquisizione, che interrogò alcuni
  aderenti alla setta, arrivando a estorcere una confessione, seguita da abiura.
  Nel 1300 l’inquisitore Guido da Coccolato indisse un nuovo processo che si rivelò quello decisivo. I principali
  rappresentanti del movimento vennero condannati al rogo, compresa la
  riesumazione del cadavere di Guglielma, che era stato seppellito in una
  cappella dell’abbazia di Chiaravalle.
L’episodio scatenante di questa
  recrudescenza da parte degli inquisitori fu un episodio clamoroso. Nella
  domenica di Pasqua del 1300 (10 aprile), secondo la denuncia di alcuni
  testimoni, Maifreda da Pirovano, che si sentiva la sua erede spirituale,
  celebrò una messa, in qualità di sacerdote e Papessa. Durante la cerimonia i
  suoi seguaci le baciarono mani e piedi e, cosa che fece ancor più scalpore,
  la guglielmita celebrò la messa con ostie consacrate, esercizio vietato alle
  donne.
Maifreda, Andrea Saramita e altri
  tre seguaci, che erano già stata processati, furono riconosciuti eretici
  impenitenti e relapsi e condannati al rogo. Venne riesumato il corpo della
  Boema, i suoi resti mortali mandati al rogo e la sua tomba distrutta. Dopo questo
  evento il movimento venne disperso e scomparve dallo scenario medievale
  milanese e lombardo. Le fiamme cancellarono la possibilità di riscrivere la
  storia della salvezza e della redenzione al femminile, per relegare nuovamente
  e definitivamente la donna a un ruolo subalterno.
©2006 Andrea Moneti