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           MEDIOEVO ERETICALE

    a cura di Andrea Moneti


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Thomas Müntzer

    

L’Anabattismo: la Riforma “radicale”

Il termine “anabattista” venne usato per la prima volta da Ulrico Zwingli (significa letteralmente “ribattezzatore”). Il movimento anabattista (detto anche della Riforma radicale) proveniva dalla Svizzera e dalla Germania meridionale, ma gli esempi più eclatanti avvennero in Germania settentrionale ed in Olanda. Il movimento, conobbe vari filoni che comunque presentavano i seguenti elementi comuni: una sfiducia verso l'autorità civile e religiosa, il battesimo degli adulti, la comunanza dei beni, l'importanza attribuita al pacifismo. Oltre a Lutero, Zwingli e Calvino, la Riforma partorì altre figure di riformatori e teologi che si distinsero per il loro acceso estremismo e entusiasmo religioso: Carlostadio, Capitone, Bucero, Ecolampadio. Ma il loro radicalismo non giunse a mettere in dubbio la struttura sociale del tempo. Così non fu per il movimento anabattista dissidente nei confronti del messaggio e della struttura teologica-ecclesiastica dei riformatori e la gerarchia cattolica, e non a caso i suoi componenti furono considerati eretici sia dai cattolici che dai luterani.

Il nome di “anabattisti” dato ai seguaci di varie comunità religiose svizzere e tedesche stava a indicare quelle persone che ritenevano non valido il battesimo ricevuto da bambini e che si facevano ribattezzare da adulti, raggiunta la piena consapevolezza. A partire dal 1520, la diffusione di queste comunità fu rapida: dalla Svizzera e dalla Germania meridionale e occidentale verso il 1525-1530 passarono a tutta la Germania, ai Paesi Bassi, all'Italia e all'Europa orientale. Solo la violenta repressione messa in campo sia dai riformati che dai cattolici riuscì ad avere la meglio sul movimento, costringendo i superstiti o a esiliare in zone periferiche dell'Europa (Polonia, Boemia, Transilvania), o a nascondere la loro fede raggruppandosi di piccoli gruppi. Le idee del movimento anabattista rivestono notevole importanza per l'elaborazione del principio di tolleranza e per il rifiuto dello Stato come fondato sulla violenza. I pensatori di maggior rilievo furono oltre a Thomas Müntzer (1485-1525), di cui ancora oggi si discute se fu veramente anabattista, Konrad Grebel (1498-1526), Hans Denck (morto nel 1527), Balthasar Hubmaier (1485-1528), tutti morti perseguitati. Stessa fine anche per Michael Sattler autore, nel 1527, della cosiddetta Confessione di Schleitheim, dove vennero definite le dottrine fondamentali degli anabattisti (arso sul rogo nel maggio dello stesso anno).

Come i luterani anche gli anabattisti insistevano sull'importanza della fede personale in Dio opponendosi a ogni ritualismo, ma, a differenza degli altri gruppi riformati, rifiutavano la violenza e l'istituzione delle chiese di stato, organizzandosi in comunità di convertiti dal nuovo battesimo con connotazioni fortemente egalitaristiche e antigerarchiche. Forti della loro condizione di veri credenti, puri e incontaminati, gli anabattisti rifiutavano di riconoscersi cittadini d'uno Stato e di riconoscere a esso un qualsiasi potere in materia religiosa. Ogni cosa legata al potere dello Stato era rifiutata: la guerra, le magistrature, le convenzioni sociali. Soprattutto il rifiuto della violenza, come elemento della fede cristiana, quindi la guerra e la violenza, in cui vedevano il motivo del perpetuarsi dello Stato. Per essi contava solo la forza spirituale: le persecuzioni non li spinsero quasi mai a prendere le armi per difendersi. L’importanza data al ruolo della coscienza nella fede si concretizzava nella tolleranza, respinta da tutte le altre confessioni religiose in lotta tra di loro. L'appartenenza alla comunità religiosa era una scelta del tutto libera. Delle scritture riconoscevano come sacri solamente i Vangeli, e di questi solo le parole pronunciate direttamente da Cristo; una particolare importanza aveva il Discorso della montagna (o delle Beatitudini. Anche se le concezioni sociali delle varie comunità anabattiste non erano omogenee, presentavano comunque tutte delle caratteristiche comunistiche.

Nella Cronaca di Sebastiano Frank leggiamo in proposito: «Alcuni si reputano santi e immacolati. Questi avevano tutto in comune. .Altri mettono in comune solo quanto basta a che nessuno sia nel bisogno. Tra di loro comparve una setta che voleva rendere comuni le donne, come pure ogni proprietà». In un altro passo, in un libro di Bullinger, scritto nel XVI, è scritto che gli anabattisti: «Affermano seriamente che nessuno deve possedere nulla, che tutte le proprietà e i beni devono essere comuni in modo che non si possa essere a un tempo cristiani e ricchi». Ogni credente era ispirato dallo Spirito Santo e poteva parlare e predicare in nome suo, come meglio credeva poiché direttamente ispirato da Dio e dallo Spirito. Non riconoscevano l'autorità del Papa e credevano che la salvezza dell'anima fosse possibile anche al di fuori della Chiesa cattolica, sostenendo il sacerdozio universale. Rifiutavano anche la costituzione di chiese strettamente legate allo stato e sottomesse a una rigida ortodossia, come invece auspicava Lutero. Il maggior teorico del rifiuto di una chiesa in tal maniera “riformata” in Germania fu Sebastian Franck (1499 - 1542): sacerdote cattolico, passato alla riforma di Lutero, che abbandonò per darsi a una vita umile, ma libera. Nel 1524, a Norimberga si tenne una grande riunione segreta cui presero parte Denck e Hut, due dei più importanti teorici del movimento anabattista.

Molti furono catturati, ma Denck riuscì a fuggire in Svizzera. Là ebbe luogo una nuova riunione dei “fratelli” di vari paesi, in cui fu deciso di procedere a un secondo battesimo pubblico. La decisione fu messa in pratica a Zurigo e a San Gallo, come reazione ad una decisione di censura del Consiglio di Zurigo presieduto da Zwingli, senza comunque riuscire a imporsi all'interno del movimento riformista (soprattutto grazie all'opposizione di Zwingli). Molti degli anabattisti svizzeri esiliarono in Boemia, fondendosi con i fratelli boemi. Là dettero vita a grandi comunità basate sui loro principi collettivisti, dove fu introdotta la comunione dei beni. In Tirolo l'anabattismo fu introdotto dal cappellaio Jakob Hutter, bruciato sul rogo nel 1536 per ordine del futuro imperatore Ferdinando I. I suoi seguaci furono espulsi e si rifugiarono in Moravia, dove rimasero fino alla guerra dei Trent'anni (1618-1648), dopo la quale intrapresero una serie di migrazioni che li portarono in Moravia, Transilvania, fino a giungere negli Stati Uniti (Sud Dakota), dove tutt’ora vivono le loro comunità. In Germania, invece, l'anabattismo, che si era contraddistinto per il suo atteggiamento pacifista, cominciò ad assumere un carattere sempre più rivoluzionario.

In Turingia, al confine con la Boemia, il centro del movimento divenne la città di Zwickau, dove svolsero la loro attività rivoluzionaria i cosiddetti profeti di Zwickau, capeggiati dall’anabattista Klaus Storch, che ebbe strette relazioni anche con Thomas Müntzer. Essi credevano di essere gli eletti di Dio e, a imitazione di Cristo, Storch si circondò di dodici apostoli. Questi “profeti” predicavano l'invasione dei turchi, il regno dell'Anticristo, lo sterminio degli empi e dei potenti, l’annullamento dei legami matrimoniali, la comunione dei beni e l'avvento del regno millenario di Dio. Dopo i fatti di Mulhausen, quando Thomas Müntzer prese il potere della città, la partecipazione degli anabattisti alla guerra contadina non fece che inasprire ancora di più la repressione contro di loro. In tutta la Germania centrale e meridionale dilagarono le persecuzioni di contro gli anabattisti, accompagnate da orrende brutalità. Sotto Ferdinando d'Asburgo le repressioni furono sistematiche e feroci. Ai condannati (con processi sommari) venivano strappati pezzi di carne con tenaglie roventi per poi venire bruciati sul rogo; solo a chi ritrattava veniva tagliata la testa. Il duca di Sassonia condannava all’affogamento coloro che esprimevano semplicemente delle idee vicine a quelle anabattiste. Unica voce di una certa tolleranza religiosa fu quella di Filippo d'Assia, che quando fu costretto a perseguitarli, si limitò per lo più a espellerli dal suo territorio.

Dopo tutti questi fatti, nei “sinodi” anabattisti diminuì l'influenza del moderato Denck, mentre occupò un ruolo di primo piano l’ex discepolo di Müntzer, Hans Hut, che predicava l’instaurazione di una totale comunione dei beni terreni, prefiggendosi di “sterminare tutti i poteri e i signori” (comunque la maggior parte dei membri della “Fratellanza” non era a conoscenza dei piani più radicali, rivelati solo a una ristretta cerchia di adepti, detti “i sapienti”). Nel 1534-35 questa atmosfera di attesa sfociò in un nuovo tentativo di rivoluzione anabattista nell'Europa settentrionale, il cui gesto più famoso fu l’occupazione della città di Munster. Per molti anni, infatti, nella Germania del nord erano confluiti numerosi anabattisti perseguitati nella Germania centrale e del sud. Sfruttando i forti contrasti esistenti tra cattolici e luterani, gli anabattisti, guidati da Melchior Hofmann, Jan Matthys e Jan Bockelson, detto Giovanni di Leida, riuscirono a prendere la maggioranza nel consiglio municipale di Munster, imponendo il controllo sulla città. Tutti quelli che rifiutavano di aderire al movimento furono espulsi dalla città dopo essere stati spogliati di tutti gli averi. Ogni proprietà nella città fu collettivizzata, obbligando tutti a consegnare i propri averi. Fu abolito l’uso del denaro e fu anche introdotta la poligamia con l’abolizione dei vincoli matrimoniali. Munster divenne un centro di diffusione dell'anabattismo; da qui partivano predicatori per la Germania, la Danimarca e l'Olanda esortando ad accorrere in aiuto di Munster.

Il vescovo Waldeck, che aveva la giurisdizione della città, e i principi vicini, capitanati da Filippo, langravio d'Assia (1504-1567), spaventati da questi avvenimenti, raccolsero un esercito, composto sia da cattolici che luterani, e circondarono la città. L'assedio si protrasse per più di un anno (ben 14 mesi). Nel frattempo, nella città, Jan Bockelson era stato eletto re di Munster, che ribattezzò la “Nuova Gerusalemme”. In questo periodo gli anabattisti fecero scoppiare altre rivolte in tutta la Germania settentrionale e in Olanda, riuscendo persino a impadronirsi per breve tempo del municipio di Amsterdam. Tuttavia tali e tanti furono gli eccessi compiuti dagli anabattisti a Munster, con il risultato di isolarli dal resto del territorio, che le forze dei principi e del vescovo riuscirono ad avere al meglio. Nel giugno del 1535 la città fu occupata e Bockelson e altri capi anabattisti furono giustiziati. I loro corpi, posti in gabbie, furono appesi al campanile della chiesa di S. Lamberto. Quasi tutta la popolazione fu  massacrata.

Dopo la caduta di Munster tra gli anabattisti si creò di nuovo la scissione tra moderati ed estremisti. Nel 1536, a Buchholz, in Westfalia, si riunì un “sinodo” che sancì la divisione del movimento in due partiti. Quello di Battenburg che sosteneva di proseguire l’esperienza degli anabattisti di Munster (ovvero continuare a combattere con le armi nella certezza che il Regno di Dio è prossimo), e quello di Phillips (esattamente su posizioni opposte). La corrente di Phillips prese il sopravvento, isolando la fazione più estremista, e incominciò da quel momento l’allontanamento degli anabattisti da ogni attività sociale e rivoluzionaria sul continente. I loro rappresentanti più radicali emigrarono attraverso l’Olanda in Inghilterra che poi, all'inizio del XVII secolo, si fusero con il preesistente movimento dei lollardi. La rivoluzione inglese del 1648 coincise con un ritorno di fiamma del movimento anabattista e altre sette collegate. Verso la metà del XVII secolo si diffuse in Inghilterra la setta dei ranters, che aveva una dottrina molto simile a quella dei “fratelli del libero spirito”. Tra i nuovi gruppi conobbe un una certa risonanza  quello dei mennoniti, guidati dal riformatore olandese Menno Simons emigrati negli Stati Uniti, in Pennsylvania (gli amish ancora caratterizzati da una strettissima osservanza biblica, che li porta a rifiutare qualsiasi modernità, come automobili, telefoni, televisori e lampadine elettriche).

 

La rivolta dei cavalieri

 

La Riforma, che nelle intenzioni di Lutero avrebbe dovuto avere solo un carattere religioso, presso le classi sociali più disagiate si trasformò in un movimento di carattere sociale. Come i contadini, i servi della gleba e la società urbana, aderirono agli appelli dei vari predicatori per una migliore giustizia, anche i cavalieri e la piccola nobiltà, che attraversavano, nella prima metà del XVI secolo, un periodo di profonda crisi sociale ed economica, accolsero la Riforma per avventarsi sulle grandi proprietà e sui territori della Chiesa. Le ragioni della loro decadenza erano molteplici e suscitavano sentimenti di rivalsa politica. In primo luogo l’introduzione di nuove tecniche belliche, come la polvere da sparo e delle armi da fuoco, avevano reso obsoleto il loro impiego in battaglia. Gli eserciti imperiali avevano subito delle profonde modifiche privilegiando il ruolo della fanteria pesante a discapito delle milizie a cavallo. A questo va aggiunta l’ ascesa della nuova e dinamica borghesia cittadina che, nel tempo, aveva eroso molti dei privilegi della piccola aristocrazia terriera, che ora si trovava relegata in una posizione economica e sociale subordinata.

 

I cavalieri videro, quindi, nel movimento riformatore e nell’ondata anti-romana che si era sollevata in Germania a seguito della predicazione di Lutero, un mezzo utile per riconquistare le posizioni politiche ed economiche perdute poiché si prestava all’usurpazione dei possedimenti dei grandi potentati laici ed ecclesiastici. A capo della rivolta si posero Ulrich Von Hutten (1448-1523), umanista, autore di opere di carattere morale contro la corruzione del clero, e Franz von Sickingen (1481-1523), cavaliere tedesco di fede luterana. I cavalieri tedeschi iniziarono così, nel 1522, una serie di scontri e saccheggi il cui unico scopo era quello di spogliare chiese, conventi e castelli, accanendosi contro i grandi feudatari, laici ed ecclesiastici. Lutero prese le distanze da questo movimento e rifiutò qualsiasi sostegno ai cavalieri. Nel 1523 l'esercito dei cavalieri pose l'assedio a Treviri, importante sede arcivescovile, ma i principi tedeschi dell'Assia e del Palatinato, coalizzati in una Lega, corsi in aiuto dell'arcivescovo, batterono le forze avversarie e soffocarono nel sangue la rivolta dei cavalieri. Sickingen morì per le ferite riportate in combattimento, mentre Hutten, riuscito a sfuggire alla vendetta dei grandi feudatari, riparò a Zurigo, presso Zwingli, dove morì di sifilide nello stesso anno (1523).

 

La guerra dei contadini

L'insurrezione contadina che sconvolse la Germania nel 1525 non fu isolata, ma la precedettero una serie di insurrezioni di portata più limitata, scoppiate nella valle del Reno e nei villaggi del Württemberg negli anni 1493, 1502, 1513 e 1514. Inizialmente le sommosse si diffusero nelle regioni meridionali, dove l'oppressione feudale, laica ed ecclesiastica, era più forte. Il primo atto di rilievo avvenne alla fine del 1524, quando, nella città di Willingen, il magistrato, dopo false promesse, fece piombare sugli insorti l'esercito. La reazione dei contadini non si fece attendere e numerosi castelli e monasteri venenro occupati e saccheggiati. Uno degli elementi più importanti della rivolta fu la stesura dei Dodici Articoli, a Memmingen, nel marzo del 1525, da parte del laico Sebastian Lotzer (un pellicciaio) e il pastore Christoph Schappeler, ispirati dalla predicazione e dalle attese escatologiche di Thomas Müntzer (un predicatore ex-seguace di Lutero trasformatosi in un rivoluzionario radicale, che annunciava lo sterminio degli empi, credeva nella rivelazione diretta da parte di Dio e sosteneva prossime la fine del mondo e la rigenerazione dell’umanità intera). Alla base delle rivendicazioni c’era una netta restrizione del regime feudale esistente e la realizzazione di una sorta di democrazia sociale, reclamando, ad esempio, una redistribuzione delle terre meno iniqua, la fine delle corvées e di imposte esose e ingiuste, la parziale eliminazione e la comunalizzazione delle decime ecclesiastiche, i cui proventi sarebbero stati utilizzati esclusivamente per mantenere il parroco (le eventuali eccedenze sarebbero state distribuite ai poveri), l'uso libero delle terre comuni (per la caccia, la pesca, il pascolo, ecc.). Si chiedeva anche la libera elezione del parroco da parte dei villaggi e l'abolizione della pena di morte.

La vera novità dei Dodici Articoli stava nel fatto che mentre nelle rivendicazioni precedenti ci si rifaceva all'antico diritto consuetudinario, adesso invece ci si appellava al “diritto divino”, secondo il quale l'intera società sarebbe dovuta essere riformata in base alle Scritture. La classificazione della guerra come rivolta contadina non permette, però, di cogliere l'ampiezza della sua base sociale. Il sollevamento, infatti, non fu affatto una ribellione della sola popolazione rurale, ma coinvolse anche la società urbana. Tra i partecipanti alla rivoluzione (che si definivano una “fratellanza cristiana”) troviamo, infatti, non soltanto alcuni nobili (principalmente con funzioni di capi militari), ma anche molti borghesi, che si allearono coi contadini per contrastare i governi delle loro città (alcuni storici preferiscono sostituire la definizione di “guerra dei contadini” con quella di “rivoluzione dell’uomo comune”).

In brevissimo tempo il movimento di rivolta si estese a quasi tutti i territori - signorie nobiliari, territori ecclesiastici, zone dipendenti da città imperiali - nell'area compresa fra Turingia e Lorena a nord, Tirolo e Confederazione svizzera. a sud. La sua vasta risonanza si può spiegare solo con l'affinità tra le rivendicazioni e il messaggio della Riforma (specialmente la Riforma di impronta zwingliana e anabattista che prospettavano una società futura di ispirazione cristiana, ugualitario-collettiva). I Dodici articoli vennero inviati a Lutero. Nell'aprile 1525 rispose con lo scritto Esortazione alla pace sui dodici articoli dei contadini della Svevia, rivolgendosi ai principi e ai signori feudali cui rimproverava il loro atteggiamento bellicoso, invitando, però, i contadini a essere pazienti e a non usare mezzi violenti. In un primo momento guardò con favore alle rivendicazioni dei contadini, che, in parte, traevano ispirazione dalla sua Riforma. Quando, però, si rese conto che stava prendendo ovunque piede la ribellione e che predicatori estremisti come Müntzer avevano il sopravvento, reagì esortando i principi al massacro. Il suo linguaggio si fece allora di una violenza estrema; in un opuscolo del 1525 scrisse infatti: «Perciò, cari signori, liberate, salvate, aiutate e abbiate misericordia della povera gente; ma ammazzate, scannate, strangolate quando potete; e se ciò facendo sopraggiungerà la morte, buon per voi, non potreste incontrare mai morte più beata, perché morite in obbedienza alla parola ed al comando di Dio».

I primi veri scontri si nella primavera del 1525, quando gli eserciti della Lega sveva, una federazione militare tra i principi e le città imperiali della Germania sud-occidentale, si mossero contro i rivoltosi che, pur essendo male armati e organizzati, seppero difendersi egregiamente contro gli eserciti della reazione. In Svevia, Franconia e Turingia vennero distrutte svariate centinaia di castelli e monasteri. In Franconia e nell'Alta Svevia gli eserciti imperiali ebbero, però, la meglio (battaglia di Leipheim, 4 aprile 1525). Fu poi la volta della Sassonia e della Turingia, dove le forze contadine (circa 8.000 uomini) erano guidate da Müntzer. A causa della scarsa preparazione militare e organizzativa dei contadini, i lanzichenecchi, dotati di una superiore tecnica militare, guidati da Filippo d'Assia, Giorgio di Sassonia ed Enrico di Braunschweig (principe luterano il primo, cattolici gli altri due), il 15 maggio 1525, ebbero facilmente la meglio nella battaglia di Frankenhausen. Vi morirono più 5.000 contadini; venne catturato lo stesso Müntzer, poi torturato e decapitato dal boia a Mühlhausen il 27 maggio.

 

Nella repressione che seguiva le operazioni militari, vennero massacrati migliaia e migliaia di contadini (decine di migliaia) Lutero, nel testo Una terribile storia e un giudizio di Dio sopra Thomas Müntzer, considerò l'eccidio un segno della giustizia divina. Seguì una durissima reazione da parte dei principi e, dopo quella terribile primavera del 1525, il movimento contadino perse terreno. Altre fiammate rivoluzionarie, comunque con notevoli punte di organizzazione politico-militare, si ebbero in zone marginali dell’Impero, tra le quali il Tirolo, dove emerse la figura di Michael Gaismair. La rivolta dei contadini determinò gravi divisioni all'interno del movimento riformatore ponendo Lutero in una posizione molto scomoda. Esso, infatti, venne condannato dai ceti più deboli che lo considerarono un traditore e, in conseguenza di ciò, molti furono quelli che abbracciarono il credo anabattista già professato da Müntzer.

 

 

Thomas Müntzer: il martello di Dio

Nacque nel 1490 ca. a Stolberg, da una famiglia benestante e studiò a Lipsia e a Francoforte. Diventato un canonico regolare agostiniano, nel 1519 aderì alla Riforma. Conobbe Martin Lutero, con il quale rimase in contatto epistolare, così come con gli altri principali riformatori. Nel Maggio 1520, raccomandato proprio da Lutero, Müntzer fu chiamato a Zwickau, una ricco centro della Sassonia, vicino al confine con la Boemia, che aveva basato il suo sviluppo sull’estrazione mineraria dell'argento, per sostituire il precedente pastore della Chiesa di Santa Maria, Johannes Egranus. La sua retorica si rivelò fin dal principio forte e radicale; durante le sue prediche si scagliò con violenza contro i monaci francescani locali. Il 26 Dicembre 1520, una folla eccitata da un sermone di Müntzer contro i frati e i preti, quasi lapidò a morte un prelato. Per questo episodio, il 16 Maggio 1521 il consiglio cittadino decise di espellere da Zwickau Müntzer, nonostante disordini di piazza. Müntzer si recò a Praga, dove continuò nelle sue prediche sempre più radicali, ma senza riuscire a fare presa sui praghesi, già abituati a sentire simili prediche dai taboriti, circa cento anni prima. Lasciò la città e, passati alcuni mesi inattivo, riuscì a convincere Lutero a raccomandarlo per la posizione di pastore della chiesa di San Giovanni ad Alstedt, vicino ad Eisleben in Sassonia, dove iniziò a predicare dalla Pasqua 1523. Qui, dopo aver sposato l'ex suora Ottilie von Gersen, svolse un'intensa attività liturgica e riformatrice. Müntzer si batté per una facile comprensione delle Scritture da parte delle masse popolari e per la loro emancipazione. Officiò la messa in lingua tedesca e pubblicò un nuovo libro di preghiere contenente liturgie per tutti i sacramenti, suscitando un'adesione popolare vastissima. Ristrutturò anche l'organizzazione della chiesa, ma soprattutto fondò la Lega degli Eletti, una sorta di comunità di santi, senza preti, principi, nobili, abolendo la proprietà privata.

La Lega si distinse in atti di violenza, come il saccheggio e l'incendio di alcuni conventi, e Müntzer ebbe forti contrasti con il signore locale, il Conte Ernst II di Mansfeld. I principi di Sassonia, Federico III, detto il Saggio e il fratello Giovanni,  cominciarono a preoccuparsi seriamente della piega che stavano prendendo gli avvenimenti. Giovanni si recò, su incarico di Federico e insieme a altri notabili, ad indagare il comportamento di Müntzer; questi tenne, davanti al principe, il 13 Luglio 1524, un apocalittico sermone, pubblicato poi come Sermone ai principi di Sassonia sullo spirito della rivolta. In questo sermone Müntzer pose il problema della legittimità dell'autorità politica: un principe è legittimo solo se usa la spada di Davide per ristabilire e difendere una comunità cristiana autentica. In caso contrario, il suo potere è usurpato e un cristiano ha il diritto all'insurrezione. In un’ottica di questo genere, per realizzare in terra del Regno di Dio, ogni compromesso con il potere temporale, con i signori della terra, significava l'abbandono della fede, la corruzione del peccato.

La Chiesa, che si era integrata in uno Stato che preservava la disuguaglianza secondo una gerarchia autoritaria, aveva tradito la sua funzione salvatrice. Müntzer sosteneva, quindi, che il fine ultimo della Chiesa era quello di instaurare una comunità umana egualitaria, incoraggiando il sacrificio e l'amore, opponendosi, con la violenza, se necessario, a tutti coloro che ostacolavano l'attualizzazione del Vangelo. Affermò anche la riforma radicale, partita da Alstedt, doveva espandersi in tutto il mondo, massacrando tutti coloro che vi si opponevano, minacciando gli stessi suoi attoniti astanti, se non avessero aderito a questa crociata. Federico decise di convocare Müntzer a Weimar per ulteriori spiegazioni, dove ribadì le sue tesi davanti al duca e fece ritorno ad Alstedt. Il duca fece pressioni sul consiglio cittadino di Alstedt perché egli venisse espulso dalla città, ma inaspettatamente, senza attendere l'ingiunzione dei magistrati, Müntzer lasciò Alstedt la notte del 7 Agosto 1524, abbandonando moglie, figli e proprietà per recarsi a Mühlhausen (in Turingia), dove un altro predicatore radicale, Heinrich Pfeiffer, stava cercando di imporre una Lega degli Eletti. I nobili locali, allarmati da quello che era successo a Alstedt, li fecero cacciare da una compagnia di lanzichenecchi. Si recarono, quindi,  a Norimberga, dove Müntzer fece pubblicare da uno stampatore, probabilmente il futuro anabattista Hans Hut, uno dei suoi più violenti opuscoli contro Lutero, Apologia ben fondata e risposta alla carne senza spirito che vive mollemente in Wittenberg.

Tra Müntzer e Lutero nacque un'aspra e irrisolvibile polemica religiosa e politica. Müntzer e i suoi seguaci, infatti, rimproveravano a Lutero di non far nulla per combattere l'Anticristo e di non far nulla per realizzare sulla terra in concreto il Regno di Dio. Gli rimproveravano inoltre di essere uno strumento dell'autorità dei principi tedeschi dimenticandosi delle rivendicazioni dei poveri. Le autorità locali reagirono espellendo i due predicatori, arrestando lo stampatore e mandando al rogo il libello. Müntzer si recò in Svizzera, dove incontrò il riformatore zwingliano Ecolampadio e l’anabattista Hubmaier, e ritornò poco dopo a Mühlhausen, dove, nel frattempo, il partito radicale di Pfeiffer aveva preso il controllo della città. I due armarono i loro seguaci ed espulsero gli oppositori. Müntzer si fece coinvolgere dalla rivolta contadina, che ormai si estendeva in gran parte delle terre tedesche, e, fortemente influenzato da idee millenaristiche e sull’avvento ormai prossimo dell’Apocalisse, si definì il martello di Dio.

Da tutta la Germania arrivarono esaltati, disperati, ma anche piccoli eserciti organizzati. All'inizio di Maggio 1525 i rivoltosi arrivarono fino al numero di 10.000 persone e si accamparono intorno a Frankenhausen, una città conquistata dagli insorti di Mühlhausen. Il nuovo principe di Sassonia, Giovanni, succeduto nel frattempo al fratello, detto il Risoluto (1525-1532), dette l'incarico di reprimere la rivolta a Filippo, langravio di Hesse che, forte di un esercito di 5.000 soldati, 2.000 cavalieri e vari pezzi di artiglieria, si portò a Frankenhausen. Prima di dare vita alla battaglia Filippo cercò di convincere i contadini ad arrendersi e di consegnare Müntzer. Ma quest'ultimo chiamò a raccolta i suoi e fece una memorabile arringa, promettendo di catturare la palle di cannoni con il proprio mantello e garantendo l'incolumità dalle pallottole per i propri seguaci (il resto lo fece un arcobaleno, simbolo dei rivoltosi, che apparve in cielo, proprio in quel momento). I contadini respinsero le condizioni di Filippo, il quale attaccò il 15 maggio 1525. Fu una carneficina: 5.000 rivoltosi furono immediatamente massacrati dai soldati meglio addestrati, e successivamente ne furono uccise altre migliaia in tutta la Germania. Müntzer, vista la sconfitta irreparabile, fuggì per nascondersi in una soffitta in Frankenhausen, dove, però fu trovato dai soldati in un letto, con le coperte tirate sopra la testa. Tentò di dichiararsi estraneo ma vennero trovati i suoi appunti nella stanza. Fu quindi consegnato a Filippo di Hesse, che lo inviò al Conte di Mansfeld. Questi lo fece torturare tutta la notte ed il giorno successivo Müntzer firmò una piena confessione. Il 24 maggio 1525, l'esercito occupò Mühlhausen e il 26 maggio Müntzer, Pfeiffer e altri capi rivoltosi furono decapitati in piazza. Prima della sua morte, Müntzer ritrattò le sue idee e fece la comunione. Martin Lutero disse di lui «chiunque abbia visto Müntzer può dire di aver visto il diavolo incarnato nella sua furia più feroce».

      

    

©2005 Andrea Moneti

     


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