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Parte seconda
IL
COMPLOTTO CONTRO LA SOCIETà: MUSULMANI, EBREI, LEBBROSI, ERETICI E STREGONI Il mondo medievale
è il mondo dell’ordine, è il cielo sceso in terra, riflesso della
civitas Dei, è un mondo in cui non c’è spazio per la diversità. Chiunque si opponga, o faccia semplicemente scelte diverse, per scelta o
necessità, si trova a vivere ai margini della società, e spesso in
momenti di profonde tensioni sociali si trova a essere perseguitato. Tutto il Medioevo è attraversato da ondate persecutorie che pur cambiando il bersaglio (lebbrosi-ebrei-musulmani, ebrei, ebrei-streghe, streghe), sono accomunati dall’immagine ossessiva di un complotto contro la società. Come vedremo, la strega raccoglierà totalmente l’eredità di capro espiatorio. Nel 1321 i Lebbrosi di Francia vennero accusati di aver sparso polveri e
veleno nelle fontane, nei pozzi e nei fiumi: «In tutto il regno di Francia i lebbrosi furono condannati e imprigionati dal papa; molti furono mandati a morte sul rogo, i sopravvissuti furono reclusi nelle loro abitazioni. Alcuni confessarono di aver cospirato per uccidere tutti, sani, nobili e non, e per avere il dominio del mondo» (Chronica del monastero di santa Caterina). Fino a quel momento, i lebbrosi avevano vissuto in istituzioni
ospedaliere, amministrate da religiosi, molto aperte verso
l’esterno. Il Concilio Laterano IV (1215) aveva stabilito che
dovessero indossare una cappa grigia o nera, un berretto e un
cappuccio e la battola di legno; i lebbrosi bianchi (distinguibili dai
sani solo per la mancanza dei lobi delle orecchie e per il fiato
puzzolente) dovevano portare un distintivo rosso sul petto o su una
spalla. Anche gli ebrei
erano stati interessati da prescrizioni sul modo di vestire: dovevano
portare sulle vesti una rotella gialla, rossa o verde. Ebrei e lebbrosi vengono trattati in modo ambivalente, nei loro
confronti fino al Trecento c’è un atteggiamento di accusa e
comprensione. I lebbrosi fanno orrore perché la loro malattia è
segno del peccato e sfigura le fattezze umane, tuttavia Francesco d’Assisi e Luigi IX sono presentati come santi proprio per il loro
preoccuparsi dei lebbrosi; gli ebrei sono deicidi, ma degni del
massimo rispetto perché condividono con i cristiani il medesimo Dio. Cosa succede dunque nel Trecento tale da generare la leggenda del
complotto contro la società ordito da lebbrosi ed ebrei su spinta di
un sovrano musulmano? «Gli ebrei allora avevano riunito alcuni capi dei lebbrosi, e, con
l’aiuto del diavolo li avevano indotti ad abiurare la fede e a
triturare nelle pozioni pestifere l’ostia consacrata. Un grande
signore dell’Islam aveva ordito questa congiura contro i
cristiani»
(Genealogia comitum, Fiandre Nel testo qui presentato appaiono cristallizzate alcune delle tipiche
imputazioni
[5]
fatte agli ebrei: avere rapporti col diavolo, avere spregio
dell’ostia santa e preparare pozioni, tuttavia è nuova l’idea di
un complotto che viene da un nemico esterno, ma che è attuato da un
nemico interno. Il Trecento è un periodo di profonda crisi
di
rinnovamento: nelle campagne e nelle città si agitano profondi
contrasti, le monarchie nazionali vogliono abolire i poteri locali (e
impossessarsi dell’oro degli ebrei è un buon modo per accumulare
capitali) e c’è
l’attesa di un grande rinnovamento spirituale. L’ordine,
l’immobilità e l’armonia tradizionali sono minacciati da più
parte, ecco perché creare un nemico, un capro espiatorio da
sacrificare, un nemico interno da combattere. Il musulmano e, a destra, l'ebreo. Sotto: l'eretico e, a destra, il lebbroso. Quando iniziò a
diffondersi il contagio della peste, nel
Un evento terribile come la peste e le guerre e carestie che ne
seguirono non fece che deflagrare lo strisciante odio verso gli ebrei
e il formarsi nell’immaginario collettivo dell’idea di un
complotto contro la cristianità, ordito dal diavolo per opera degli
ebrei. In un processo del 1466 si legge: «In una stanza un ebreo e due ebree hanno posto una ragazza su un mucchio
di paglia in fiamme, alla presenza di un mostro non ben precisato e di
due rospi»
(inchiesta condotta a Chambery,
Ecco che compaiono l’idea del
sacrificio umano e i rospi che sarebbero
stati a lungo presenti nei processi di stregoneria. Alla tradizionale
accusa di uccidere i cristiani, si somma quella di praticare magie e
sortilegi.
IL COMPLOTTO CONTRO
LA SOCIETà: GLI ERETICI Secondo Alano da
Lille il nome Catharus deriva da Catus che vuol dire gatto
[7],
dal momento che essi sono
adoratori del demonio
[8]. Questa fuorviante etimologia
la dice lunga sul processo che portò gli eretici ad essere percepiti
non solo come contrari alla chiesa e spergiuri, ma anche come
adoratori del demonio e abominio del genere umano. Nella cristianità
orientale gli eretici furono accusati fin da subito di idolatria,
cannibalismo, incesto pratiche demoniache, dice, ad esempio, Agostino
di Ippona nel III secolo, in merito ai montanisti della Frigia: «La gente dice che hanno sacramenti molto deplorevoli. Si racconta che
prendono il sangue di un bambino di un anno cavandolo da piccoli tagli
fatti su tutto il corpo, e allo stesso tempo producono la loro
eucarestia mescolando questo sangue con la farina e facendone del
pane. Se il bambino muore lo chiamano martire, ma se vive lo trattano
da sacerdote». Nel 720 i Puliciani
vennnero accusati di riunirsi nelle tenebre con le madri, praticare
l’idolatria, adorare il demonio in estasi e trance, impastare
l’ostia con sangue di un bambino, mettere i corpi dei morti sui
tetti e invocare i demoni dell’aria. Queste accuse passarono al
mondo occidentale attraverso la tradizione colta: per secoli vennero
copiate e lette le opere dei padri della chiesa e tale immaginario si
impresse nelle menti delle elite e ritornò nelle prediche e nelle
domande degli inquisitori. Lo stereotipo sopra descritto comparve in occidente dopo il mille
riferito, prima agli eretici bruciati a Orleans nel 1022, poi a
catari, valdesi e Fraticelli. Gli eretici si configurano come un
gruppo separato (si ritrovano in luoghi ostili e nascosti) che attenta
in modo non solo simbolico all’unità e alla pace della società
civile, dal momento che il loro signore è il diavolo: «Certe notti si ritrovavano a un’ora designata portando una candela e
recitando il nome dei demoni, finché all’improvviso vedevano il
Diavolo discendere fra loro in forma di animale o altro»
( Lo stereotipo si
arricchisce di particolari, fino a codificarsi nella bolla di papa
Gregorio IX del 1233: «Dopo essersi riuniti in un nascondiglio appare un re vestito con abiti
preziosi che dice di essere il re dei cieli, Lucifero. Egli ordina di
rispettare sempre la sua dottrina. Immediatamente appare una
cavalletta che si posa sulla bocca dei presenti, al che tutti sono
sopraffatti da estasi. è
il momento dell’orgia, le luci vengono
spente e ognuno ha rapporti col suo vicino.
[…] Quando si accoglie un neofita e lo si introduce per la prima volta
nell'assemblea dei reprobi, gli appare una specie di rana; altri
dicono che è un rospo. […] Oltre che demoniaci, gli eretici minano la società dalla base facendo
sacrifici umani e nutrendosi di bambini. Questa accusa, fatta anche ai
cristiani delle origini, va a colpire due grandi tabù: mangiare carne
umane e uccidere i bambini. «Accendono un gran fuoco e tutti si siedono intorno ad esso. Si
passano il bambino di mano in mano e alla fine lo gettano nel fuoco e
lo lasciano lì finché è consumato. Poi, quando il bambino è
diventato cenere fanno una sorta di pane; ognuno ne mangia un pezzo in
segno di comunione»
(Guilberto di Nogent sugli eretici
di Soissons, XII Al sinodo di Verona del 1184, papa Lucio III e l’imperatore
Federico I decretarono la scomunica degli eretici: quelli che si
rifiutavano di abiurare, dovevano essere affidati al potere civile per
essere puniti [9]. In risposta ai decreti del concilio Laterano IV, che stabiliva,
tra l’altro, una sorta di catalogo degli eretici, vari governanti
decretarono la pena di morte per l’eresia impenitente, nel 1231
Gregorio IX e Federico II, ad esempio, promulgarono una legislazione
molto dura contro gli eretici dell’impero. All’inizio
del XIII secolo la procedura inquisitoria venne utilizzata per il
clero e poi utilizzata sui laici a partire dalla età del secolo.
Questo è un grande cambiamento. Precedentemente la procedura era
accusatoria: era a carico
del singolo individuo muovere un’accusa, dimostrare la tesi e
procurare testimoni. Una pratica di tal genere scoraggiava la
denuncia, anche perché, in caso di mancata vittoria al processo,
l’accusatore avrebbe pagato una forte multa. Con
l’ordalia,
inoltre, era possibile dimostrare la propria innocenza,
anche a seguito di testimonianze schiacciante. Le ordalie più
frequenti erano quelle dell’acqua e del fuoco: un corpo veniva
immerso nell’acqua, qualora fosse andato a fondo l’imputato
sarebbe risultato innocente, perché l’acqua, elemento puro,
dimostrava di volerlo accogliere, in caso contrario l’acqua avrebbe
fatto annegare il colpevole; la prova del fuoco consisteva nel mettere
una mano su un braciere, bendarla per due settimane e, una volta tolte
le bende, vedere se ci fossero o meno segni di ustione. Una pelle
intonsa era chiaro segno di innocenza. Non è così impossibile che vi
fossero uomini in grado di dimostrare la propria innocenza,
utilizzando a loro favore l’ordalia. Insomma, accusare una persona
era una pratica dispendiosa e che spesso si rivoltava contro chi la
faceva. Con il metodo inquisitorio, al contrario, era
l’autorità che eseguiva indagini ufficiali e teneva processi
inquisitori. Era necessaria una confessione che poteva essere estorta
con la tortura (ma andava ripetuta tre giorni dopo in assenza di
tortura). Se un prigioniero si proclamava innocente, poteva essere
incarcerato a vita; se confessava e ritornava tra le braccia della
chiesa avrebbe dovuto subire alcune punizioni e penitenze. Se però
ritirava, in seguito, la sua confessione veniva considerato un eretico
relapso e consegnato la braccio secolare, la Chiesa non poteva
uccidere, per essere bruciato.
IL COMPLOTTO CONTRO
LA SOCIETà:
Nel Quattrocento tutto è pronto perché si cominci a diffondere
l’idea di una setta di streghe e stregoni adoratori del demonio: la
figura di Satana è sempre più viva, opprimente e reale nella mente
sia del popolo che della classe colta; il mondo è in fermento per
cambiamenti sociali e culturali, l’epidemia di peste ha spazzato via
le certezze antiche. L’accusa di apostasia collettiva, le pratiche che erano state, un tempo, attribuite solo a certi gruppi
ereticali diventano un reato indipendente, non più crimen eresiae ma
crimen magiae. Ecco che le accuse
imputate ai lebbrosi, agli ebrei e agli eretici passano ad una
fantomatica setta di stregoni: mentre gli eretici miravano a
sconvolgere l’unità della chiesa, questa setta avrebbe soverchiato
anche il benessere sociale. Non c’era più in ballo solo l’anima,
ma anche la prosperità e la potenza degli stati.
Il
Formicarius è un testo, in forma di dialogo, scritto a Basilea nella
prima metà del Quattrocento; il quinto libro è dedicato alla magia e
alla superstizione e alla stregoneria. Per compilarlo, l’autore si
servì delle informazioni avute da un giudice e dall’inquisitore
domenicano di Evian. Da quanto scritto si evince quanto il clima sia
cambiato e come cominciasse a diffondersi l’idea di una setta di
stregoni: «Nella
regione di Losanna alcuni stregoni hanno mangiato cucinato i loro figli e hanno evocato il demonio, apparso in
forma di uomo. Chi voleva diventare suo seguace doveva rinunciare alla
fede cristiana, non venerare più l’ostia e calpestare di nascosto
la croce in ogni occasione possibile». Nel 1435-1437 venne indetto un grande processo
nelle valli del Vallese, in Svizzera, per estirpare la setta degli
stregoni, ecco una delle confessioni: «Il
demonio appariva in forma di animale nero, talvolta orso, talvolta
montone. Dopo aver rinunciato a Dio, alla fede, al battesimo e alla
Chiesa imparavamo a procurare la morte e la malattia a adulti e bambini con mezzi magici. Alcuni di
noi sanno trasformarsi contemporaneamente in lupi per divorare il
bestiame; altri sanno diventare invisibili mangiando erbe speciali
indicate dal diavolo. Ai convegni andavamo volando su bastoni e scope,
ci fermavamo nelle cantine, bevevamo il vino migliore, cacavamo nelle
botti» Il processo si concluse con più di 100 roghi, mentre, la persecuzione contro la setta stregonesca cominciò ad espandersi toccando il vallese e la Diocesi di Como. La
setta degli stregoni. DONNE E STREGHE Come abbiamo visto, nel mondo Romano la magia
è femmina, e, parzialmente, può dirsi lo stesso del mondo medievale.
Anzitutto è bene fare una differenza sociale: se nelle città la
magia interessa soprattutto le classi colte e, lo abbiamo dimostrato,
la magia più praticata è l’evocazione di demoni e la magia
rituale; nelle campagne la strega è colei che fa del male al vicino.
Analogamente a quello che succedeva nelle campagne dell’antica Roma,
la strega o lo stregone mandano il malocchio (fascinum), portano le
tempeste, fanno ammalare il bestiame, interpretano il futuro, fanno
pozioni con le erbe. Così si esprime Dante nella bolgia degli
indovini: «Vedi le triste che lasciaron l’ago, Si
tratta di magie compiute singolarmente, la caccia alle streghe sarà
possibile solo quando diventerà parte dell’immaginario collettivo
l’idea che la strega appartenga ad una società di adoratori del
diavolo, ad un organismo collettivo che mirava a ribaltare e
sovvertire il cristianesimo. Oltre a mandare il fascinum le streghe
popolari hanno molti punti di contatto con le striges romane: nei
racconti popolari volano di notte e sono cannibali, specialmente avide
di carne di neonati. La gente credeva che le striges fossero una
realtà reale e diffusa al punto che la Lex salica del VI secolo parla di
riunioni di streghe con calderoni e stabilisce ammende
“se una stria
divorerà un uomo e si riuscirà a dimostrarlo” e fissa una multa se
“una donna libera viene chiamata stria e non sia in grado di
provarlo.” Tutta l’elite colta però, cercava di tenere sotto
controllo questa tensione, per paura di esecuzioni sommarie e
superstizioni; nel capitolare sassone di Carlomagno del 789 si dice: «Se qualcuno, ingannato dal diavolo, crederà, come è
tradizione tra i pagani, che un uomo o una donna sia una striga e che
mangi esseri umani, e per tale motivo brucerà la carne di quella
persona […] sarà giustiziato». Lo stesso Canon Episcopi ricordava ai
sacerdoti dal predicare che la magia è solo un’illusione di Satana,
che sa bene come ingannare le donne stolte, mostrandogli ogni genere
di cose o di persone nel sonno: «Alcune donne scellerate, pervertite dal diavolo, sedotte dalle
illusioni e dai fantasmi dei demoni che credono
e sostengono di cavalcare animali di notte in compagnia di
Diana, la dea dei pagani, e di una folla sterminata di donne e nel
silenzio della notte profonda credono di percorrere grandi spazi della
terra obbedendo ai suoi ordini come alla loro signora e di essere
chiamate a servirle certe notti»
(Canon Episcopi, X secolo Nel Medioevo alcune donne credevano di vagare
di notte e di compiere atti di cannibalismo, mentre altre
immaginavano, con fini benevoli,di volare sotto la guida di una regina
soprannaturale. Negli atti di un processo del trecento leggiamo: «Fin
da giovane andai ogni settimana la notte del giovedì con Oriente e la
sua società. Ho
reso omaggio a Oriente, non credevo che fosse peccato, dicendo “Bene stage, madonna Horiente”; Oriente rispondeva “benvenute figlie
mie”. In presenza di Oriente non si nominava Come si legge, due donne, Sibilia e Pierina,
avevano confessato di recarsi al gioco di Diana che chiamano Erodiade
o Horiente, ed erano già
state condannate come eretiche nel In tutte le culture europee è presenta questo tratto di folclore: viaggi estatici in compagnie di buone donne che danno cibo e protezione. Ci sono le signore notturne guidate da Domina Abundantia, spirito femminile dell’abbondanza domestica. Madama Abudantia mangia e beve ciò che trova nelle case, senza mai diminuire la quantità, soprattutto se i recipienti sono stati lasciati aperti per lei, se le si impedisce di magiare e di bere, non porta l’abbondanza, ma la disgrazia.
Holda
è invece un essere superiore e materno che vive in cielo ed è attiva
d’inverno: i fiocchi di neve sono le piume che cadono quando si rifà
il letto, viaggia nei 12 giorni che separano il natale dall’epifania
e dona fecondità ai campi, può, però, diventare terribile quando
vede incuria nelle case e nelle fattorie e allora guida l’esercito
furioso sotto forma di una megera dal lungo naso. Si occupa della
fecondità, assiste ai parti e i neonati hanno origine nei suoi posti
segreti; quando fa i suoi viaggi si accompagna di un corteo di anime
di morti, soprattutto bimbi non battezzati. Le signore della notte erano note anche in
Italia, dove il culto della dea Diana continuò a godere di una certa
venerazione, anche dopo l’affermazione della Chiesa: nel Canadese,
in Val di Fiemme, a Ferrara a Mantova c’erano la donna del bon zogo,
Varie
donne processate come streghe raccontarono di essersi recate a questi
cortei[10],
[10].
ciò non costituì reato fino a quando vennero considerate credenze da
donnette, ma a partire dalla fine del XIII secolo, questi spiriti di
abbondanza subirono un processo di demonizzazione e diventarono
demoni. Di conseguenza chi diceva di partecipare alle loro congreghe
diventava automaticamente adoratore di Satana. Si provi a confrontare il clima della già
citata predica di Umberto da Romans: «Alle
donne povere, dei piccoli villaggi In cui, sostanzialmente, la donna viene
accusata solo di credulità, con una pagina pesantemente misogina del
Malleus maleficarum: «Femina deriva da fe e minus, perché ha meno fede e sempre meno
la mantiene […] La donna, da sempre vista come essere volubile
e credulone, diventa cattiva, apostata, base del maleficio,
libidinosa e senza freni. Ecco che essa diventerà la protagonista
indiscussa, suo malgrado, dei roghi del XVI secolo.
ALCUNI PROCESSI CELEBRI: ALICE KYTELER, Kilkenny, 1324-1325 «Io non ti torturerò per uno due, tre e nemmeno otto giorni e nemmeno per poche settimane, ma per sei mesi o un anno, finché non confesserai». Alice si sentì apostrofare in questo modo dal
suo inquisitore, malgrado il divieto che impediva di ripetere Il vescovo di Kilkenny all’inizio del 324 tenne un’indagine formale e trovò diversi testimoni (non doveva essere difficile visto che l’ultimo marito di Alice faceva l’usuraio e metà della nobiltà era indebitata con lui). Alice e il figlio, William, furono accusati come maghi, eretici e come capi di un gruppo eretico organizzato: insieme a loro vennero accusati altri 10 ricchi borghesi. Alice fu
accusata di:
Una
compagna di Alice, Petronilla di Meth, fu frustata sei volte per ordine
del vescovo, poi fornì pubblicamente tutti i particolari riportati e
ammise di aver agito come intermediaria tra Lady Alice e il suo
demone, Robina: lo aveva visto materializzarsi sotto forma di tre
negri che portavano barre di ferro e avere rapporti sessuali con lei,
dopo aveva asciugato il copriletto. Con queste informazioni (si noti alcune palesemente interessate, altre estorte con la tortura) il vescovo intimò a Lady Alice di comparire davanti a lui, ma il giorno stabilito lei fuggì in Inghilterra, scomunicata. Tutti i suoi presunti seguaci vennero considerato colpevoli: alcuni,come Petronilla, furono bruciati vivi, altri, flagellati pubblicamente, altri banditi e scomunicati altri, infine dovettero indossare croci cucite sui loro abiti. Per la prima volta nella storia europea una donna viene accusata di aver acquisito poteri magici grazie a rapporti sessuali col diavoli. Renée Falconetti in uno dei più celebri film sulla Pulzella d'Orléans, La passione di Giovanna d'Arco, di Carl Theodor Dreyer, 1928. ALCUNI
PROCESSI CELEBRI: GIOVANNA D’ARCO, Ruen, 30 maggio 1431 Giovanna
d'Arco
è un mistero. In un epoca in cui le donne venivano
considerate esseri con poco senno e per lo più in balia di passioni e
del demonio, lei si mette alla testa di un esercito, conquista la
fiducia del re di Francia, libera città assediate, fa sì che un uomo
inetto diventi, solo grazie a lei,
Carlo VII. è
una donna diversa, non inquadrabile nel modello di donna proposta
dalla Chiesa e dalla società: il suo essere “altra” è una delle
cause, assieme a quelle politiche, della sua fine drammatica. A
tredici anni dice ai genitori Jacques e Isabelle: «Sento spesso
voci di santi: Michele Arcangelo, Caterina di Alessandria, Margherita
di Antiochia...». Ma ne riceve, afferma, solo pie esortazioni.
Invece a diciassette anni confida: Nel
1428 abbandona il suo villaggio a Domrémy, per iniziare la missione
affidatale dalle voci: riunire
Giovanna
si rivela in questa situazione e si dedica a compiere la missione
assegnatale dalle voci di santa Caterina, santa Margherita e
dall’arcangelo Michele che dicono: «Figlia
di Dio, tu condurrai il delfino a Reims affinché vi sia degnamente
consacrato, vai noi ti aiuteremo!». Colma
di fiducia in Dio, si mette in cammino verso Carlo VII. Nel villaggio
di Sainte Catherine de Fierbois, fa una sosta e indica il punto in cui
si diceva che Carlo Martello avesse sepolto la sua spada bel 732.
Viene alla luce l’arma da cui Giovanna non si separerà mai, pur non
usandola in combattimento. è con questa fiducia che si rivolge a Carlo VII, 26 anni, debole, incerto, tormentato dal sospetto di essere figlio illegittimo: questa contadina analfabeta parla al re di vittoria, indovina i suoi pensieri presenti e passati, gli annuncia castighi celesti se non avesse salvato la Francia [11]. Carlo
teme che le voci di Giovanna vengano da Satana quindi la manda a
Poitiers per essere esaminata da teologi e dai vescovi di Poitiers e
Maguelonne, i dottori trovano in Giovanna solo bene, umiltà, vergogna
e devozione. Giovanna d’Arco ha in mente un limpido progetto, che comincia dal risanamento dell’esercito: domina e persuade i comandanti, si impone alla truppa, riporta la disciplina, parla, rimprovera, stimola. Sa che alla Francia in ginocchio occorre subito una vittoria, e si mette alla testa delle truppe che liberano Orléans dall’assedio. Ora i soldati ritrovano una dignità, contenti di obbedire a Giovanna, anche se è assai dura con chi bestemmia. Al termine di una guerra lampo durata meno di un mese la Pulzella realizza i due scopi della sua missione: liberare Orleans e portare Carlo a Reims, dove verrà unto re di Francia il 17 luglio 1429. Così la Francia ha un vero e indiscusso re, davanti al quale numerose città ostili ora aprono le porte. È la svolta politica e militare verso la rivincita: nel 1437 Carlo VII entrerà trionfalmente a Parigi. Mentre il re prepara accordi pacifici con gli inglesi, Giovanna viene catturata a Compiègne dai borgognoni ed è venduta agli inglesi per 10000 lire tornesi, senza che né il re né i francesi facessero nulla. Giovanna passa da una prigione all’altra e viene sottoposta a processo come strega a Rouen, davanti a un tribunale presieduto da Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais, e formato da quaranta tra inglesi e francesi anglofili. Durante
la reclusione cinque soldati la sorvegliano giorno e notte e la
chiamano puttana degli armagnacchi, ha catene ai polsi e alle caviglie
che la trattengono alla parete e di notte la legano al letto per paura
che possa fuggire con l’aiuto del demonio. Per
verificare la sua pretesa di santità, gli inglesi impongono a
Giovanna la prova della verginità da parte della duchessa di Bedford
e di lady Anna Bavon. Giovanna
viene interrogata la prima volta il 21 febbraio 1431: tiene testa ai
giudici, ribadisce che le “voci” non l’hanno mai ingannata. Le
domande degli inquisitori tentano di saggiare la sua forza teologica,
cercano di scoprire in lei fantasie morbose indegne dello strumento di
Dio che dice di essere: «San Michele vi apparve nudo? Così
risponde, sagacemente, Giovanna: «Credete che Dio non abbia di che vestirlo?». Ma
prostrata da giorni di interrogatori e torture, dà risposte che
saranno la sua rovina: «Vi rifiutate di sottomettervi alla Chiesa? Rifiutate di rinnegare le vostre visioni diaboliche?». «Mi rivolgo a Dio solo. Per ciò che riguarda le mie visioni, non accetto il giudizio di nessuno». «Ecco
una frase ben grave. Tra voi e Dio c’è
Convinta
dalle promesse dei giudici, firmò una ritrattazione nella quale si
riconosceva strega ed eretica, ma, pentita, aveva salva la vita Il
28 maggio, la ragazza ritrattò la confessione, spinta dalle voci e
venne condannata al rogo come relapsa. Il
30 maggio 1431, sulla piazza principale di Ruen, presieduta da 800
soldati per allontanare la folla, Giovanna d’Arco muore a solo
diciannove anni, fissando il crocifisso che il suo confessore teneva
alzato davanti a lei. Nel 1455 papa Callisto III ordinò la revisione
del processo, con la sua piena riabilitazione. Giovanna è stata poi
beatificata da Pio X nel 1909, e canonizzata da Benedetto XV nel 1920.
5
L'ostinazione degli ebrei era un
luogo comune, accanto all’accusa di un cattivo carattere, ci sono
accuse che poi passerano anche alle streghe (il puzzar, il complotto
con satana, la profanazione delle ostie…) ·
L'ebreo errante (Ahasver). ·
Gli ebrei alleati del
diavolo. ·
L'odore metifico degli
ebrei. ·
La carnalità ebraica. ·
Oltraggi col sangue e
sacrifici rituali di bambini. ·
Profanazione delle
ostie. ·
Complotto ebraico
mondiale. ·
Avvelenamento dei pozzi. · Il parassita ebreo improduttivo. 6 Papa Clemente Vi aveva emanato una bolla che condannava la tesi del complotto ebraico, la peste, dichiarava il papa non è il frutto di azioni umane ma di congiunture astrali o del volere divino. La bolla non ebbe effetto, e il papa fu costretto a promulgarne un’altra, ancora più netta, in cui dichiarava l’innocenza degli ebrei. 7 Guglielmo d’Alvernia scrive: «A Lucifero è permesso da Dio di apparire ai suoi fedeli e adoratori sotto forma di gatto nero o di rospo: come gatto, abominevolmente, sotto la coda; come rospo, orribilmente, sotto la lingua». 8 Alano dà anche l’etimologia corretta, dal greco katharoi, puri, ma si sente in dovere di fornire anche un’etimologia, a suo dire più esaustiva delle reali azioni degli eretici. 9 Durante l’XI e il XII secolo le esecuzioni degli eretici furono quasi tutte opera dell’attività secolare o della folla. Tuttavia ci furono eccezioni, nel 1035 Ariberto di Intimiano, vescovo di Milano, fece bruciare alcuni eretici di manforte dopo averli trovati impenitenti. 10 Alcune donne dicevano di ungersi di una sostaza che le madavano in trance. Alcuni studiosi hanno abbozzato l’idea che le pozioni contenessero Atropa belladonna, datura stramonium, Hyoscyamus niger, narcotici o allucinogeni. Pur suggestiva e, in parte, plausibile, mi pare più corretto affermare che spesso le donne che raccontavano ciò o lo facevano indotte dalla tortura, o presentavano chiari segni di malattia mentale. 11 Per metterla alla prova il re fa sedere al suo posto sul trono il ciambellano, mentre Carlo se ne sta seduto al fianco travestito da dignitario. Giovanna si inginocchia davanti al vero re e gli impone di farsi incoronare a Reims. |
©2007 Linda Cavadini