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di Linda Cavadini

Parte seconda

 

    

IL COMPLOTTO CONTRO LA SOCIETà: MUSULMANI, EBREI, LEBBROSI, ERETICI E STREGONI

Il mondo medievale è il mondo dell’ordine, è il cielo sceso in terra, riflesso della civitas Dei, è un mondo in cui non c’è spazio per la diversità.

Chiunque si opponga, o faccia semplicemente scelte diverse, per scelta o necessità, si trova a vivere ai margini della società, e spesso in momenti di profonde tensioni sociali si trova a essere perseguitato.

Tutto il Medioevo è attraversato da ondate persecutorie che pur cambiando il bersaglio (lebbrosi-ebrei-musulmani, ebrei, ebrei-streghe, streghe), sono accomunati dall’immagine ossessiva di un complotto contro la società.

Come vedremo, la strega raccoglierà totalmente l’eredità di capro espiatorio.

Nel 1321 i Lebbrosi di Francia vennero accusati di aver sparso polveri e veleno nelle fontane, nei pozzi e nei fiumi:

«In tutto il regno di Francia i lebbrosi furono condannati e imprigionati dal papa; molti furono mandati a morte sul rogo, i sopravvissuti furono reclusi nelle loro abitazioni. Alcuni confessarono di aver cospirato per uccidere tutti, sani, nobili e non, e per avere il dominio del mondo» (Chronica del monastero di santa Caterina).

Fino a quel momento, i lebbrosi avevano vissuto in istituzioni ospedaliere, amministrate da religiosi, molto aperte verso l’esterno. Il Concilio Laterano IV (1215) aveva stabilito che dovessero indossare una cappa grigia o nera, un berretto e un cappuccio e la battola di legno; i lebbrosi bianchi (distinguibili dai sani solo per la mancanza dei lobi delle orecchie e per il fiato puzzolente) dovevano portare un distintivo rosso sul petto o su una spalla.

Anche gli ebrei erano stati interessati da prescrizioni sul modo di vestire: dovevano portare sulle vesti una rotella gialla, rossa o verde.

Ebrei e lebbrosi vengono trattati in modo ambivalente, nei loro confronti fino al Trecento c’è un atteggiamento di accusa e comprensione. I lebbrosi fanno orrore perché la loro malattia è segno del peccato e sfigura le fattezze umane, tuttavia Francesco d’Assisi e Luigi IX sono presentati come santi proprio per il loro preoccuparsi dei lebbrosi; gli ebrei sono deicidi, ma degni del massimo rispetto perché condividono con i cristiani il medesimo Dio.

Cosa succede dunque nel Trecento tale da generare la leggenda del complotto contro la società ordito da lebbrosi ed ebrei su spinta di un sovrano musulmano?

«Gli ebrei allora avevano riunito alcuni capi dei lebbrosi, e, con l’aiuto del diavolo li avevano indotti ad abiurare la fede e a triturare nelle pozioni pestifere l’ostia consacrata. Un grande signore dell’Islam aveva ordito questa congiura contro i cristiani» (Genealogia comitum, Fiandre).

Nel testo qui presentato appaiono cristallizzate alcune delle tipiche imputazioni [5] fatte agli ebrei: avere rapporti col diavolo, avere spregio dell’ostia santa e preparare pozioni, tuttavia è nuova l’idea di un complotto che viene da un nemico esterno, ma che è attuato da un nemico interno.

Il Trecento è un periodo di profonda crisi di rinnovamento: nelle campagne e nelle città si agitano profondi contrasti, le monarchie nazionali vogliono abolire i poteri locali (e impossessarsi dell’oro degli ebrei è un buon modo per accumulare capitali) e c’è l’attesa di un grande rinnovamento spirituale. L’ordine, l’immobilità e l’armonia tradizionali sono minacciati da più parte, ecco perché creare un nemico, un capro espiatorio da sacrificare, un nemico interno da combattere.

Il musulmano e, a destra, l'ebreo. Sotto: l'eretico e, a destra, il lebbroso.

Quando iniziò a diffondersi il contagio della peste, nel 1348, in Francia  era ben vivo, ma aveva già valicato le Alpi, il ricordo dell’avvelenamento dei pozzi da arte dei lebbrosi e degli ebrei: fu dunque ovvio che questi ultimi diventassero i principali indiziati. La notte tra il 13 e il 14 aprile 1348 il ghetto di Tolone fu invaso, le case saccheggiate  e circa 40 persone vennero massacrate nel sonno, il 17 maggio a Barcellona, il funerale di un morto di pese degenerò nel massacro di alcuni ebrei [6].

Un evento terribile come la peste e le guerre e carestie che ne seguirono non fece che deflagrare lo strisciante odio verso gli ebrei e il formarsi nell’immaginario collettivo dell’idea di un complotto contro la cristianità, ordito dal diavolo per opera degli ebrei.

In un processo del 1466 si legge:

«In una stanza un ebreo e due ebree hanno posto una ragazza su un mucchio di paglia in fiamme, alla presenza di un mostro non ben precisato e di due rospi» (inchiesta condotta a Chambery, 1466). 

Ecco che compaiono l’idea del sacrificio umano e i rospi che sarebbero stati a lungo presenti nei processi di stregoneria. Alla tradizionale accusa di uccidere i cristiani, si somma quella di praticare magie e sortilegi.

    

IL COMPLOTTO CONTRO LA SOCIETà: GLI ERETICI

Secondo Alano da Lille il nome Catharus deriva da Catus che vuol dire gatto [7], dal momento che essi sono adoratori del demonio [8]. Questa fuorviante etimologia la dice lunga sul processo che portò gli eretici ad essere percepiti non solo come contrari alla chiesa e spergiuri, ma anche come adoratori del demonio e abominio del genere umano.

Nella cristianità orientale gli eretici furono accusati fin da subito di idolatria, cannibalismo, incesto pratiche demoniache, dice, ad esempio, Agostino di Ippona nel III secolo, in merito ai montanisti della Frigia:

«La gente dice che hanno sacramenti molto deplorevoli. Si racconta che prendono il sangue di un bambino di un anno cavandolo da piccoli tagli fatti su tutto il corpo, e allo stesso tempo producono la loro eucarestia mescolando questo sangue con la farina e facendone del pane. Se il bambino muore lo chiamano martire, ma se vive lo trattano da sacerdote».

Nel 720 i Puliciani vennnero accusati di riunirsi nelle tenebre con le madri, praticare l’idolatria, adorare il demonio in estasi e trance, impastare l’ostia con sangue di un bambino, mettere i corpi dei morti sui tetti e invocare i demoni dell’aria. Queste accuse passarono al mondo occidentale attraverso la tradizione colta: per secoli vennero copiate e lette le opere dei padri della chiesa e tale immaginario si impresse nelle menti delle elite e ritornò nelle prediche e nelle domande degli inquisitori.

Lo stereotipo sopra descritto comparve in occidente dopo il mille riferito, prima agli eretici bruciati a Orleans nel 1022, poi a catari, valdesi e Fraticelli. Gli eretici si configurano come un gruppo separato (si ritrovano in luoghi ostili e nascosti) che attenta in modo non solo simbolico all’unità e alla pace della società civile, dal momento che il loro signore è il diavolo:

«Certe notti si ritrovavano a un’ora designata portando una candela e recitando il nome dei demoni, finché all’improvviso vedevano il Diavolo discendere fra loro in forma di animale o altro» (Paolo di Chartres sui Bogomili della collegiata di Chartres, 1090).

Lo stereotipo si arricchisce di particolari, fino a codificarsi nella bolla di papa Gregorio IX del 1233:

«Dopo essersi riuniti in un nascondiglio appare un re vestito con abiti preziosi che dice di essere il re dei cieli, Lucifero. Egli ordina di rispettare sempre la sua dottrina. Immediatamente appare una cavalletta che si posa sulla bocca dei presenti, al che tutti sono sopraffatti da estasi. è il momento dell’orgia, le luci vengono spente e ognuno ha rapporti col suo vicino. […]

Quando si accoglie un neofita e lo si introduce per la prima volta nell'assemblea dei reprobi, gli appare una specie di rana; altri dicono che è un rospo. [] Il neofita, intanto, avanza e si ferma di fronte ad un uomo di un pallore spaventoso, dagli occhi neri, e talmente magro ed emaciato da sembrare senza carne e niente più che pelle e ossa. Il neofita lo bacia e si accorge che è freddo come il ghiaccio; in quello stesso istante ogni ricordo della fede cattolica scompare dalla sua mente. Poi si siedono tutti a banchettare e quando si alzano dopo aver finito, da una specie di statua che di solito si erge nel luogo di queste riunioni, emerge un gatto nero, grande come un cane di taglia media, che viene avanti camminando all'indietro e con la coda eretta. []. Poi da un angolo oscuro appare un uomo il cui corpo dai fianchi in su è brillante e luminoso come il sole, mentre nella parte inferiore è ruvido e peloso come quello di un gatto []» (dalla bolla Vox in Rama, Gregorio IX, 1233).

Oltre che demoniaci, gli eretici minano la società dalla base facendo sacrifici umani e nutrendosi di bambini. Questa accusa, fatta anche ai cristiani delle origini, va a colpire due grandi tabù: mangiare carne umane e uccidere i bambini.  

«Accendono un gran fuoco e tutti si siedono intorno ad esso. Si passano il bambino di mano in mano e alla fine lo gettano nel fuoco e lo lasciano lì finché è consumato. Poi, quando il bambino è diventato cenere fanno una sorta di pane; ognuno ne mangia un pezzo in segno di comunione» (Guilberto di Nogent sugli eretici di Soissons, XII secolo).

Al sinodo di Verona del 1184, papa Lucio III e l’imperatore Federico I decretarono la scomunica degli eretici: quelli che si rifiutavano di abiurare, dovevano essere affidati al potere civile per essere puniti [9]. In risposta ai decreti del concilio Laterano IV, che stabiliva, tra l’altro, una sorta di catalogo degli eretici, vari governanti decretarono la pena di morte per l’eresia impenitente, nel 1231 Gregorio IX e Federico II, ad esempio, promulgarono una legislazione molto dura contro gli eretici dell’impero.

All’inizio del XIII secolo la procedura inquisitoria venne utilizzata per il clero e poi utilizzata sui laici a partire dalla età del secolo. Questo è un grande cambiamento. Precedentemente la procedura era accusatoria: era a carico del singolo individuo muovere un’accusa, dimostrare la tesi e procurare testimoni. Una pratica di tal genere scoraggiava la denuncia, anche perché, in caso di mancata vittoria al processo, l’accusatore avrebbe pagato una forte multa. Con l’ordalia, inoltre, era possibile dimostrare la propria innocenza, anche a seguito di testimonianze schiacciante. Le ordalie più frequenti erano quelle dell’acqua e del fuoco: un corpo veniva immerso nell’acqua, qualora fosse andato a fondo l’imputato sarebbe risultato innocente, perché l’acqua, elemento puro, dimostrava di volerlo accogliere, in caso contrario l’acqua avrebbe fatto annegare il colpevole; la prova del fuoco consisteva nel mettere una mano su un braciere, bendarla per due settimane e, una volta tolte le bende, vedere se ci fossero o meno segni di ustione. Una pelle intonsa era chiaro segno di innocenza. Non è così impossibile che vi fossero uomini in grado di dimostrare la propria innocenza, utilizzando a loro favore l’ordalia. Insomma, accusare una persona era una pratica dispendiosa e che spesso si rivoltava contro chi la faceva.

Con il metodo inquisitorio, al contrario, era l’autorità che eseguiva indagini ufficiali e teneva processi inquisitori. Era necessaria una confessione che poteva essere estorta con la tortura (ma andava ripetuta tre giorni dopo in assenza di tortura). Se un prigioniero si proclamava innocente, poteva essere incarcerato a vita; se confessava e ritornava tra le braccia della chiesa avrebbe dovuto subire alcune punizioni e penitenze. Se però ritirava, in seguito, la sua confessione veniva considerato un eretico relapso e consegnato la braccio secolare, la Chiesa non poteva uccidere, per essere bruciato.

   

IL COMPLOTTO CONTRO LA SOCIETà: LA SETTA DEGLI STREGONI

Nel Quattrocento tutto è pronto perché si cominci a diffondere l’idea di una setta di streghe e stregoni adoratori del demonio: la figura di Satana è sempre più viva, opprimente e reale nella mente sia del popolo che della classe colta; il mondo è in fermento per cambiamenti sociali e culturali, l’epidemia di peste ha spazzato via le certezze antiche. L’accusa di apostasia collettiva, le pratiche che erano state, un tempo, attribuite solo a certi gruppi ereticali diventano un reato indipendente, non più crimen eresiae ma crimen magiae. Ecco che le accuse imputate ai lebbrosi, agli ebrei e agli eretici passano ad una fantomatica setta di stregoni: mentre gli eretici miravano a sconvolgere l’unità della chiesa, questa setta avrebbe soverchiato anche il benessere sociale. Non c’era più in ballo solo l’anima, ma anche la prosperità e la potenza degli stati.

Il Formicarius è un testo, in forma di dialogo, scritto a Basilea nella prima metà del Quattrocento; il quinto libro è dedicato alla magia e alla superstizione e alla stregoneria. Per compilarlo, l’autore si servì delle informazioni avute da un giudice e dall’inquisitore domenicano di Evian. Da quanto scritto si evince quanto il clima sia cambiato e come cominciasse a diffondersi l’idea di una setta di stregoni:

«Nella regione di Losanna alcuni stregoni hanno mangiato cucinato i loro figli e hanno evocato il demonio, apparso in forma di uomo. Chi voleva diventare suo seguace doveva rinunciare alla fede cristiana, non venerare più l’ostia e calpestare di nascosto la croce in ogni occasione possibile».

Nel 1435-1437 venne indetto un grande processo nelle valli del Vallese, in Svizzera, per estirpare la setta degli stregoni, ecco una delle confessioni:

«Il demonio appariva in forma di animale nero, talvolta orso, talvolta montone. Dopo aver rinunciato a Dio, alla fede, al battesimo e alla Chiesa imparavamo a procurare la morte e la malattia a adulti e bambini con mezzi magici. Alcuni di noi sanno trasformarsi contemporaneamente in lupi per divorare il bestiame; altri sanno diventare invisibili mangiando erbe speciali indicate dal diavolo. Ai convegni andavamo volando su bastoni e scope, ci fermavamo nelle cantine, bevevamo il vino migliore, cacavamo nelle botti» (Atti dei processi del 1435-1437 nelle valli del Vallese).

Il processo si concluse con più di 100 roghi, mentre, la persecuzione contro la setta stregonesca cominciò ad espandersi toccando il vallese e la Diocesi di Como.

La setta degli stregoni.

DONNE E STREGHE

Come abbiamo visto, nel mondo Romano la magia è femmina, e, parzialmente, può dirsi lo stesso del mondo medievale. Anzitutto è bene fare una differenza sociale: se nelle città la magia interessa soprattutto le classi colte e, lo abbiamo dimostrato, la magia più praticata è l’evocazione di demoni e la magia rituale; nelle campagne la strega è colei che fa del male al vicino. Analogamente a quello che succedeva nelle campagne dell’antica Roma, la strega o lo stregone mandano il malocchio (fascinum), portano le tempeste, fanno ammalare il bestiame, interpretano il futuro, fanno pozioni con le erbe. Così si esprime Dante nella bolgia degli indovini:

«Vedi le triste che lasciaron l’ago, / la spuola e ‘l fuso, e fecesi ‘ndivine;  / fecer malie con erbe e con imago» (Inferno, XX, vv. 121-123).

Si tratta di magie compiute singolarmente, la caccia alle streghe sarà possibile solo quando diventerà parte dell’immaginario collettivo l’idea che la strega appartenga ad una società di adoratori del diavolo, ad un organismo collettivo che mirava a ribaltare e sovvertire il cristianesimo. Oltre a mandare il fascinum le streghe popolari hanno molti punti di contatto con le striges romane: nei racconti popolari volano di notte e sono cannibali, specialmente avide di carne di neonati.

La gente credeva che le striges fossero una realtà reale e diffusa al punto che la Lex salica del VI secolo parla di riunioni di streghe con calderoni e stabilisce ammende “se una stria divorerà un uomo e si riuscirà a dimostrarlo” e fissa una multa se “una donna libera viene chiamata stria e non sia in grado di provarlo.” Tutta l’elite colta però, cercava di tenere sotto controllo questa tensione, per paura di esecuzioni sommarie e superstizioni; nel capitolare sassone di Carlomagno del 789 si dice:  

«Se qualcuno, ingannato dal diavolo, crederà, come è tradizione tra i pagani, che un uomo o una donna sia una striga e che mangi esseri umani, e per tale motivo brucerà la carne di quella persona […] sarà giustiziato».

Lo stesso Canon Episcopi ricordava ai sacerdoti dal predicare che la magia è solo un’illusione di Satana, che sa bene come ingannare le donne stolte, mostrandogli ogni genere di cose o di persone nel sonno:  

«Alcune donne scellerate, pervertite dal diavolo, sedotte dalle illusioni e dai fantasmi dei demoni che credono e sostengono di cavalcare animali di notte in compagnia di Diana, la dea dei pagani, e di una folla sterminata di donne e nel silenzio della notte profonda credono di percorrere grandi spazi della terra obbedendo ai suoi ordini come alla loro signora e di essere chiamate a servirle certe notti» (Canon Episcopi, X secolo).

Nel Medioevo alcune donne credevano di vagare di notte e di compiere atti di cannibalismo, mentre altre immaginavano, con fini benevoli,di volare sotto la guida di una regina soprannaturale. Negli atti di un processo del trecento leggiamo:

«Fin da giovane andai ogni settimana la notte del giovedì con Oriente e la sua società.

Ho reso omaggio a Oriente, non credevo che fosse peccato, dicendo “Bene stage, madonna Horiente”; Oriente rispondeva “benvenute figlie mie”. In presenza di Oriente non si nominava mai Dio. Oriente insegna le virtù delle erbe, rimedi per curare le malattie, il modo di trovare le cose rubate e di sciogliere malefizi. Oriente sa ridare la vita alle creature morte. Le sue seguaci talvolta uccidono buoi e ne mangiano le carni; poi raccoglievano le ossa e le mettevano nelle pelli degli animali uccisi. A questo punto Oriente percuoteva le pelli col pomo della sua bacchetta, e i buoi resuscitavano: ma non erano più in grado di lavorare» (Atti del processo a Sibilia di Vicomercato e Pierina Bripio a Milano, 1390).

Come si legge, due donne, Sibilia e Pierina, avevano confessato di recarsi al gioco di Diana che chiamano Erodiade o Horiente,  ed erano già state condannate come eretiche nel 1384, in seguito vennero nuovamente processate e condannate a morte in quanto relapse nel 1390. Le donne confessarono che nella società di Horiente era presente ogni sorta di animale (anche se Pierina disse che volpi e asini erano esclusi).

In tutte le culture europee è presenta questo tratto di folclore: viaggi estatici in compagnie di buone donne che danno cibo e protezione.

Ci sono le signore notturne guidate da Domina Abundantia, spirito femminile dell’abbondanza domestica. Madama Abudantia mangia e beve ciò che trova nelle case, senza mai diminuire la quantità, soprattutto se i recipienti sono stati lasciati aperti per lei, se le si impedisce di magiare e di bere, non porta l’abbondanza, ma la disgrazia.

Holda è invece un essere superiore e materno che vive in cielo ed è attiva d’inverno: i fiocchi di neve sono le piume che cadono quando si rifà il letto, viaggia nei 12 giorni che separano il natale dall’epifania e dona fecondità ai campi, può, però, diventare terribile quando vede incuria nelle case e nelle fattorie e allora guida l’esercito furioso sotto forma di una megera dal lungo naso. Si occupa della fecondità, assiste ai parti e i neonati hanno origine nei suoi posti segreti; quando fa i suoi viaggi si accompagna di un corteo di anime di morti, soprattutto bimbi non battezzati.

Le signore della notte erano note anche in Italia, dove il culto della dea Diana continuò a godere di una certa venerazione, anche dopo l’affermazione della Chiesa: nel Canadese, in Val di Fiemme, a Ferrara a Mantova c’erano la donna del bon zogo, la sapiente Sibilla, mentre a Como l’inquisitore parlò di raduni notturni chiamati “gioco della buona società”.

Varie donne processate come streghe raccontarono di essersi recate a questi cortei[10], [10]. ciò non costituì reato fino a quando vennero considerate credenze da donnette, ma a partire dalla fine del XIII secolo, questi spiriti di abbondanza subirono un processo di demonizzazione e diventarono demoni. Di conseguenza chi diceva di partecipare alle loro congreghe diventava automaticamente adoratore di Satana.

Si provi a confrontare il clima della già citata predica di Umberto da Romans:

«Alle donne povere, dei piccoli villaggi. Si noti che di solito queste donne sono molto favorevoli ai sortilegi per sé, per alcune particolari circostanze, per i figli ammalati, per proteggere i loro animali dai lupi e cose simili. Fra questo tipo di donne che credono facilmente a tal cose e in questo sono simili a Eva. […] Ce ne sono altre che fanno queste divinazioni a scopo di lucro. […] La donna non deve dedicarsi ai sortilegi, che sono forme di miscredenza, ma deve essere fedele» (Umberto da Romans, Prediche alle donne, secolo XIII).

In cui, sostanzialmente, la donna viene accusata solo di credulità, con una pagina pesantemente misogina del Malleus maleficarum:

«Femina deriva da fe e minus, perché ha meno fede e sempre meno la mantiene […]. La donna, cattiva per sua natura, cade presto nei dubbi della fede, rinnega la fede medesima ed in ciò è la base stessa dei malefici. In quanto poi alla volontà, la donna, quando è presa da odio contro qualcuno che prima amava, arde d’ira e di impazienza, e si agita e ribolle come il mare. In conclusione, tutto dipende dalla concupiscenza carnale che, nelle donne, è insaziabile, onde si danno da fare con i demoni per soddisfare la loro libidine» (Krame e Sprengen, Malleus maleficarum, 1486).

La donna, da sempre vista come essere volubile e credulone, diventa cattiva, apostata, base del maleficio, libidinosa e senza freni.

Ecco che essa diventerà la protagonista indiscussa, suo malgrado, dei roghi del XVI secolo.

    

ALCUNI PROCESSI CELEBRI: ALICE KYTELER, Kilkenny, 1324-1325

«Io non ti torturerò per uno due, tre e nemmeno otto giorni e nemmeno per poche settimane, ma per sei mesi o un anno, finché non confesserai».

Alice si sentì apostrofare in questo modo dal suo inquisitore, malgrado il divieto che impediva di ripetere la tortura. Il processo irlandese di Alice Kyteler è il primo esempio di di processo per crimine di magia rituale svolto in una setta organizzata: era una donna ricca e a seguito dei tre matrimoni, riuscì ad accumulare ancora più ricchezze. Lei e il suo figlio di primo letto si attirarono diverso odio, soprattutto da parte figli e dalle figlie che i mariti di lady Alice avevano avuto da matrimoni precedenti. Fu, allora, accusata dai figliastri di aver ucciso i loro padri, dopo averli stregati per fare in modo che lasciassero tutto al figlio di Alice; al momento dell’arresto il suo attuale marito era malato a causa, diceva l’accusa, di polveri, pillole e sortilegi che lo stavano consumando.

Il vescovo di Kilkenny all’inizio del 324 tenne un’indagine formale e trovò diversi testimoni (non doveva essere difficile visto che l’ultimo marito di Alice faceva l’usuraio e metà della nobiltà era indebitata con lui). Alice e il figlio, William, furono accusati come maghi, eretici e come capi di un gruppo eretico organizzato: insieme a loro vennero accusati altri 10 ricchi borghesi.

Alice fu accusata di:

  1. aver rinnegato la fede di Cristo

  2. aver sacrificato ai demoni che aveva smembrato e distribuito a uno spirito chiamato figlio dell’arte

  3. chiedere responsi ai diavoli

  4. aver imitato il potere della chiesa lanciando la scomunica con candele accese contro i mariti per cui chiedeva la morte, dalla testa ai piedi, per tutte quelle parti del corpo nominate, e spegneva la candela gridando Fi! Fi! Fi! Amen

  5. aver realizzato polveri, unguenti, candele con interiora di pollo sacrificate ai demoni, vermi, unghie, capelli di morto, tutto veniva bollito su un fuoco di legna di quercia dentro a un cranio di un ladro decapitato.

  6. aver avuto rapporti sessuali con un demone, sua guida infernale che appariva sotto forma di gatto, cane nero onero etiope.

Una compagna di Alice, Petronilla di Meth, fu frustata sei volte per ordine del vescovo, poi fornì pubblicamente tutti i particolari riportati e ammise di aver agito come intermediaria tra Lady Alice e il suo demone, Robina: lo aveva visto materializzarsi sotto forma di tre negri che portavano barre di ferro e avere rapporti sessuali con lei, dopo aveva asciugato il copriletto.

Con queste informazioni (si noti alcune palesemente interessate, altre estorte con la tortura) il vescovo intimò a Lady Alice di comparire davanti a lui, ma il giorno stabilito lei fuggì in Inghilterra, scomunicata. Tutti i suoi presunti seguaci vennero considerato colpevoli: alcuni,come Petronilla, furono bruciati vivi, altri, flagellati pubblicamente, altri banditi e scomunicati altri, infine dovettero indossare croci cucite sui loro abiti.

Per la prima volta nella storia europea una donna viene accusata di aver acquisito poteri magici grazie a rapporti sessuali col diavoli.

Renée Falconetti in uno dei più celebri film sulla Pulzella d'Orléans, La passione di Giovanna d'Arco, di Carl Theodor Dreyer, 1928.

ALCUNI PROCESSI CELEBRI: GIOVANNA D’ARCO, Ruen, 30 maggio 1431

Giovanna d'Arco è un mistero. In un epoca in cui le donne venivano considerate esseri con poco senno e per lo più in balia di passioni e del demonio, lei si mette alla testa di un esercito, conquista la fiducia del re di Francia, libera città assediate, fa sì che un uomo inetto diventi, solo grazie a lei, Carlo VII.

è una donna diversa, non inquadrabile nel modello di donna proposta dalla Chiesa e dalla società: il suo essere “altra” è una delle cause, assieme a quelle politiche, della sua fine drammatica.

A tredici anni dice ai genitori Jacques e Isabelle: «Sento spesso voci di santi: Michele Arcangelo, Caterina di Alessandria, Margherita di Antiochia...». Ma ne riceve, afferma, solo pie esortazioni. Invece a diciassette anni confida: «Le “voci” mi comandano di liberare la Francia!». Il padre s’infuria, lei scappa e passa per matta. Ma quando predice esattamente una sconfitta francese, i nobili della zona l’accompagnano dal re, che si trova a Chinon.

Nel 1428 abbandona il suo villaggio a Domrémy, per iniziare la missione affidatale dalle voci: riunire la Francia. La sconfitta di Azincourt (1415) aveva segnato il definitivo declino del regno francese: re CarloVI aveva perso la Normandia e Parigi, mentre la Borgogna si era alleata con gli inglesi, solo Orleans sembrava resistere.

Giovanna si rivela in questa situazione e si dedica a compiere la missione assegnatale dalle voci di santa Caterina, santa Margherita e dall’arcangelo Michele che dicono:

«Figlia di Dio, tu condurrai il delfino a Reims affinché vi sia degnamente consacrato, vai noi ti aiuteremo!».

Colma di fiducia in Dio, si mette in cammino verso Carlo VII. Nel villaggio di Sainte Catherine de Fierbois, fa una sosta e indica il punto in cui si diceva che Carlo Martello avesse sepolto la sua spada bel 732. Viene alla luce l’arma da cui Giovanna non si separerà mai, pur non usandola in combattimento.

è con questa fiducia che si rivolge a  Carlo VII, 26 anni, debole, incerto, tormentato dal sospetto di essere figlio illegittimo: questa contadina analfabeta parla al re di vittoria, indovina i suoi pensieri presenti e passati, gli annuncia castighi celesti se non avesse salvato la Francia [11].

Carlo teme che le voci di Giovanna vengano da Satana quindi la manda a Poitiers per essere esaminata da teologi e dai vescovi di Poitiers e Maguelonne, i dottori trovano in Giovanna solo bene, umiltà, vergogna e devozione.

Giovanna d’Arco ha in mente un limpido progetto, che comincia dal risanamento dell’esercito: domina e persuade i comandanti, si impone alla truppa, riporta la disciplina, parla, rimprovera, stimola. Sa che alla Francia in ginocchio occorre subito una vittoria, e si mette alla testa delle truppe che liberano Orléans dall’assedio. Ora i soldati ritrovano una dignità, contenti di obbedire a Giovanna, anche se è assai dura con chi bestemmia.  Al termine di una guerra lampo durata meno di un mese la Pulzella realizza i due scopi della sua missione: liberare Orleans e portare Carlo a Reims, dove verrà unto re di Francia il 17 luglio 1429. Così la Francia ha un vero e indiscusso re, davanti al quale numerose città ostili ora aprono le porte. È la svolta politica e militare verso la rivincita: nel 1437 Carlo VII entrerà trionfalmente a Parigi. Mentre il re prepara accordi pacifici con gli inglesi, Giovanna viene catturata a Compiègne dai borgognoni ed è venduta agli inglesi  per 10000 lire tornesi, senza che né il re né i francesi facessero nulla. Giovanna passa da una prigione all’altra e viene sottoposta a processo come strega a Rouen, davanti a un tribunale presieduto da Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais, e formato da quaranta tra inglesi e francesi anglofili.

Durante la reclusione cinque soldati la sorvegliano giorno e notte e la chiamano puttana degli armagnacchi, ha catene ai polsi e alle caviglie che la trattengono alla parete e di notte la legano al letto per paura che possa fuggire con l’aiuto del demonio.

Per verificare la sua pretesa di santità, gli inglesi impongono a Giovanna la prova della verginità da parte della duchessa di Bedford e di lady Anna Bavon.

Giovanna viene interrogata la prima volta il 21 febbraio 1431: tiene testa ai giudici, ribadisce che le “voci” non l’hanno mai ingannata. Le domande degli inquisitori tentano di saggiare la sua forza teologica, cercano di scoprire in lei fantasie morbose indegne dello strumento di Dio che dice di essere:

«San Michele vi apparve nudo?».

Così risponde, sagacemente, Giovanna:

«Credete che Dio non abbia di che vestirlo?».

Ma prostrata da giorni di interrogatori e torture, dà risposte che saranno la sua rovina:

«Vi rifiutate di sottomettervi alla Chiesa? Rifiutate di rinnegare le vostre visioni diaboliche?».

«Mi rivolgo a Dio solo. Per ciò che riguarda le mie visioni, non accetto il giudizio di nessuno».

«Ecco una frase ben grave. Tra voi e Dio c’è la Chiesa. Volete o no sottomettervi ad essa?».

Convinta dalle promesse dei giudici, firmò una ritrattazione nella quale si riconosceva strega ed eretica, ma, pentita, aveva salva la vita.

Il 28 maggio, la ragazza ritrattò la confessione, spinta dalle voci e venne condannata al rogo come relapsa.

Il 30 maggio 1431, sulla piazza principale di Ruen, presieduta da 800 soldati per allontanare la folla, Giovanna d’Arco muore a solo diciannove anni, fissando il crocifisso che il suo confessore teneva alzato davanti a lei. Nel 1455 papa Callisto III ordinò la revisione del processo, con la sua piena riabilitazione. Giovanna è stata poi beatificata da Pio X nel 1909, e canonizzata da Benedetto XV nel 1920.

  


5  L'ostinazione degli ebrei era un luogo comune, accanto all’accusa di un cattivo carattere, ci sono accuse che poi passerano anche alle streghe (il puzzar, il complotto con satana, la profanazione delle ostie…)

·         L'ebreo errante (Ahasver).

·         Gli ebrei alleati del diavolo.

·         L'odore metifico degli ebrei.

·         La carnalità ebraica.

·         Oltraggi col sangue e sacrifici rituali di bambini.

·         Profanazione delle ostie.

·         Complotto ebraico mondiale.

·         Avvelenamento dei pozzi.

·         Il parassita ebreo improduttivo.

6  Papa Clemente Vi aveva emanato una bolla che condannava la tesi del complotto ebraico, la peste, dichiarava il papa non è il frutto di azioni umane ma di congiunture astrali o del volere divino. La bolla non ebbe effetto, e il papa fu costretto a promulgarne un’altra, ancora più netta, in cui dichiarava l’innocenza degli ebrei.

7  Guglielmo d’Alvernia scrive: «A Lucifero è permesso da Dio di apparire ai suoi fedeli e adoratori sotto forma di gatto nero o di rospo: come gatto, abominevolmente, sotto la coda; come rospo, orribilmente, sotto la lingua».

8  Alano dà anche l’etimologia corretta, dal greco katharoi, puri, ma si sente in dovere di fornire anche un’etimologia, a suo dire più esaustiva delle reali azioni degli eretici.

9  Durante l’XI e il XII secolo le esecuzioni degli eretici furono quasi tutte opera dell’attività secolare o della folla. Tuttavia ci furono eccezioni, nel 1035 Ariberto di Intimiano, vescovo di Milano, fece bruciare alcuni eretici di manforte dopo averli trovati impenitenti.

10  Alcune donne dicevano di ungersi di una sostaza che le madavano in trance. Alcuni studiosi hanno abbozzato l’idea che le pozioni contenessero Atropa belladonna, datura stramonium, Hyoscyamus niger, narcotici o allucinogeni. Pur suggestiva e, in parte, plausibile, mi pare più corretto affermare che spesso le donne che raccontavano ciò o lo facevano indotte dalla tortura, o presentavano chiari segni di malattia mentale.

11  Per metterla alla prova il re fa sedere al suo posto sul trono il ciambellano, mentre Carlo se ne sta seduto al fianco travestito da dignitario. Giovanna si inginocchia davanti al vero re e gli impone di farsi incoronare a Reims

  

Parte prima

      

©2007 Linda Cavadini

   


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