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     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


  


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Le scuole mediche


Scuola di Cnido

Particolare fu l'interesse di questa scuola per l'anatomia, anche se pressocché ignota; la terapia era poco sviluppata: si basava essenzialmente su latte, siero e succhi di alcune piante (euforbia, elleboro come cardiotonico e diuretico, scammonea e coloquintide come purganti drastici, oltre ai semi di dafne, detti anche granelli cnidici, come revulsivo). Fra i medici di questa scuola possono essere ricordati CTESIA ed EURIFONE13.


Scuola di Coo

Nasce qui il concetto di clinica e della conseguente diagnosi. Il medico è uomo, e la sua opera non ha sfumature soprannaturali, mistiche, astratte o filosofiche. La medicina deve essere una ricerca continua, serena e disinteressata alla quale bisogna dedicarsi solo per amore di essa e della natura umana, ed è basata sull'osservazione diretta del malato. La patologia è per la prima volta intesa come affezione generale e non limitata ad un organo singolarmente14.


Ippocrate

Ippocrate nacque a Coo (460 a.C.) da una famiglia di medici e, secondo la tradizione, discendeva direttamente da Asclepio; dopo aver trascorso la giovinezza viaggiando allo scopo di approfondire le conoscenze e perfezionare la sua istruzione soprattutto in campo medico, tornò in patria per dedicarsi all'insegnamento e per mettere a frutto tutto ciò che aveva appreso.

Fig. 8. Il padre della medicina in un dipinto bizantino

Il "Padre della Medicina", chiamato "Il Grande" da Platone, ebbe plausibilmente una vita molto lunga (104 anni?) e lasciò molteplici scritti che non solo definirono le fasi della malattia ed eventuali rimedi15, ma furono utilizzati quali schema, precisa indicazione e pressocché indiscusso complesso di informazioni mediche (comprendendo semeiotica, prognosi e terapia) per i secoli successivi16.

I medici ippocratici furono ben coscienti dei limiti della conoscenza teorica e misero perciò in primo piano l'importanza dell'esperienza personale, accumulata con l'esercizio del mestiere, ma anche, e soprattutto, quella derivata dai soggiorni in altri paesi, dove le malattie presentavano caratteristiche differenti.

La medicina ippocratica si impose in tutta la Grecia sulle altre alternative terapeutiche più primitive, legate prevalentemente alla magia, anche se molti erano in realtà i medici che ancora usavano combinare le due pratiche, unendo alla somministrazione del farmaco l'uso irrazionale di formule magiche e incantesimi. In generale, i Greci non trascuravano infatti mai di ricorrere alle forze soprannaturali, verso le quali nutrivano un profondo rispetto, motivato dalla convinzione che il divino facesse parte della natura, del mondo reale.

L'insieme dei libri che sono attribuiti ad Ippocrate va sotto il nome di Corpus Hippocraticum o Collectio Hippocratica: si tratta di 53 opere per un totale di 72 libri che probabilmente furono scritti tra il VI e il IV secolo a.C. e furono raccolti dai bibliotecari alessandrini nel III secolo a.C.

A sinistra, fig. 9. Ippocrate.

 

 

A destra, fig. 10. Corpus Hippocraticum, frontespizio dell'edizione del 1555.

Le opere del Corpus possono essere divise a seconda del loro contenuto in diversi gruppi in: libri a contenuto etico; libri di clinica e patologia; libri di chirurgia; libri di ostetricia, ginecologia e pediatria; libri di anatomia e fisiologia; libri di terapeutica e dietetica.

Antica medicina, uno dei più famosi testi del Corpus Hippocraticum, conduce una serrata polemica metodologica contro la "nuova medicina" ispirata alla filosofia italica.

Nei libri vengono inoltre descritte e quasi stigmatizzate le seguenti
17:

La figura del medico: l'unione del perfetto uomo con il perfetto studioso: calma nell'azione, serenità nel giudizio, moralità, onestà, amore per la propria arte e per il malato. Ogni interesse personale passa in secondo piano. Solo errori di lieve entità sono considerati. Il suo abito, infine, deve essere decoroso ed il suo aspetto denotare salute.

La patologia (v. fig. 17)
Era la natura stessa con la sua capacità curativa ad intervenire nel tentativo di ristabilire l'equilibrio tramite l'espulsione degli umori in eccesso per mezzo di urina, sudore, pus, espettorato e diarrea. Se invece la malattia risultava più forte del processo autoriparativo dell'organismo il paziente moriva. Per poter essere eliminati, gli umori dovevano prima essere modificati con un processo che Ippocrate definiva di "cottura". Il periodo intercorrente tra questo processo e la guarigione prendeva il nome di "crisi". Le patologie più conosciute dalla scuola di Coo furono: la polmonite, la pleurite, la tubercolosi (ma con un concetto ben differente da quello attuale), la rinite, la laringite, la diarrea, alcune malattie del sistema nervoso, l'epilessia, il tetano.

La clinica
L'epoca ippocratica segna la nascita della clinica intesa come studio dei segni e dei sintomi osservabili sul paziente. Vi sono 406 aforismi che racchiudono in frasi brevi e coincise tutte le osservazioni e le esperienze del maestro di Coo. Assai particolareggiata e minuziosa era inoltre l'anamnesi e la prognosi si basava sullo studio degli esiti delle varie patologie: essa era considerata infausta se si notavano fattori quali disturbi visivi, sudore freddo, anemizzazione delle mani, cianosi delle unghie e stato di agitazione.

La chirurgia
La scuola di Ippocrate disponeva di uno strumentario abbastanza fornito comprendente coltelli e bisturi di varie forme e dimensioni. Gli interventi più frequentemente eseguiti erano la riduzione di lussazioni e di fratture, la trapanazione del cranio e la cura dei piedi torti. Assai particolareggiata era inoltre la tecnica delle fasciature.

La terapia
Varie erano le piante usate come farmaci; tra le più importanti ricordiamo: l'elleboro nero e la scilla (cardiotonici e diuretici), la coloquintide (purgante drastico), il veratro bianco (antireumatico, ipotensivo, contro le affezioni cutanee), l'issopo (espettorante), il giusquiamo (antidolorifico, sedativo), l'oppio, la mandragora e la belladonna (narcotici, analgesici locali), la ruta (abortivo), la menta (stomachico). Venivano inoltre praticati salassi, cure idroterapiche, inalazioni, irrigazioni e lavaggi vaginali.

La dietetica
Lo scopo ultimo era il ripristino dell'equilibrio degli umori tramite la prescrizione di cibi che, a seconda dei casi, erano umidi, caldi, freddi, o asciutti. Si consigliavano la tisana, cioè un decotto di orzo macinato, e l'idromele, una bevanda data dalla fermentazione di acqua e miele.

Rimane onnicomprensivo sui dettami, tutt'oggi ritenuti validi e condivisi dalla classe medica, il suo celebre Giuramento18.

 

Il dogmatismo post-ippocratico

La scuola dogmatica, che vide come maggiori esponenti DIOCLE di Caristo (grande studioso di anatomia) e PRASSAGORA di Coo (famoso per i suoi studi di semeiotica), ebbe il merito di riconoscere il valore dell'esame del polso. Tra i dogmatici va ricordato anche il filosofo PLATONE che in due delle sue opere (il "Timeo" e il "Simposio") traccia una visione d'insieme sul livello della medicina a quei tempi. La fine di questa scuola si può collocare intorno al 310 a.C., quando la filosofia stoica vi si infiltrò alterandone i principi e mutandone la fisionomia: la dialettica e la speculazione astratta sostituirono infatti l'osservazione dei reali fenomeni patologici.

A sinistra, fig. 11. Aristotele Busto, Museo Nazionale delle Terme, Roma.

 

A destra, fig. 12. Platone.

Molteplici furono di seguito gli esponenti di spicco della scuola ippocratica e si distribuirono nei luoghi in cui nacque e prosperò la "civiltà medica": dalla Grecia antica alla Roma Imperiale e si possono citare i Centri più importanti: assieme al già citato Crotone, Agrigento, Locri e poi Alessandria, Pergamo, Rodi, Roma stessa, dove si fondarono altre scuole di pensiero e di pratica medica19.

 

La scuola di Alessandria20

Iniziano studi sistematici su sezioni anatomiche e comincia la pratica della vivisezione su animali. Prima della scuola di Alessandria fu però il filosofo ARISTOTELE (384-322 a.C.), definito da molti come il fondatore dell'anatomia comparata, ad intraprendere questo genere di studi fondendo scienza e filosofia in ragionamenti basati sui suoi famosi sillogismi: studiò a fondo l'anatomia con particolare attenzione per il sistema nervoso e per il cuore.

Il modo con cui spiegò i processi vitali è tipicamente sistematico e quindi scientifico, ma i principi esplicativi derivano più dalla sfera concettuale che dalla natura stessa
21. Parimenti, la fisiologia aristotelica sebbene altamente impregnata dei supremi principi, è orientata verso l'osservazione. 

Alessandria fu indubbiamente il più importante centro culturale del IV secolo a.C., e la medicina, come tutte le altre scienze e discipline, raggiunse un elevato grado di specializzazione dando il primo impulso all'anatomia patologica. 

EROFILO di Calcedone viene in genere considerato il fondatore dell'anatomia; si distinse per le precise descrizioni del cervello e del sistema nervoso centrale, dell'occhio e del nervo ottico, distinse i vasi sanguigni dai nervi e dai tendini, i nervi sensori dai nervi motori. Descrizioni accurate dette pure dell'anatomia degli organi genitali.

ERASISTRATO di Chio (304-250 a.C.), proveniente da una famiglia di medici, dopo aver studiato (ad Atene e Alessandria) i testi dei suoi predecessori, elabora una sua dottrina, secondo la quale il corpo umano è composto di atomi e animato dal calore proveniente dall'esterno. Fu uno dei più famosi esponenti di questa scuola: mise in dubbio la teoria umorale e ipotizzò che la causa delle malattie fosse da ricercarsi in un'alterazione dei vasi o dei tessuti; scoprì i vasa vasorum, studiò le valvole cardiache, la vena e l'arteria polmonare, il fegato, il cervello ed il cervelletto.


La scuola empirica

Si sviluppò tra il 270 e il 220 a.C. grazie all'iniziativa di FILINO di Coo e SERAPIONE di Alessandria all'interno della stessa scuola alessandrina. L'esperienza si basava essenzialmente su tre punti: l'autopsia (cioè la diretta osservazione), l'historicon (la storia delle osservazioni proprie e altrui), l'analogia (il confronto). Si distinsero nella chirurgia (soprattutto cura di lussazioni e fratture, cataratta e calcoli), nel trattamento delle ferite e nella tecnica delle fasciature; ritenevano che al medico interessa non la causa ma la cura della malattia, non come si digerisce ma ciò che è digeribile. 

ROMA

Come professione, la medicina non era più considerata in Grecia di quanto lo fosse a Roma22.

I medici erano di base degli artigiani che probabilmente godevano di qualche considerazione presso i loro clienti, ma non erano parte della élite socio-politica. Molti erano schiavi Greci liberati, ed in effetti essendo la qualità di cura ed il successo terapeutico così bassi, c'era un notevole scetticismo sulla loro capacità. 

Anche Gargilio Marziale, nel III secolo, ricordava (Prefatio, 7) che «Alcuni medici chiedono un prezzo eccessivo per la maggior parte delle inutili medicine e droghe, ed altri nel loro mestiere cercano di trattare malattie che essi ovviamente non capiscono». Analoghi appunti di scherno vengono ritrovati nei celebri Epigrammi (1.47; 5.9 e 8.74). 

Fig. 13. Statuetta romana. Il serpente è stato sempre simbolo di guarigione. Era associato con la rigenerazione (a causa del mutar pelle) e quindi di auto-cura. Il dio Esculapio si accompagna spesso ai serpenti, usati nei riti di guarigione.


La medicina a Roma per i primi secoli fu quasi esclusivamente magica. Soltanto agli dèi veniva attribuita la facoltà di guarire.

Di seguito sono riassunte le principali caratteristiche della medicina romana23.

Condizioni igienico-sanitarie nell'epoca romana
Fin dai tempi della repubblica iniziò la costruzione di acquedotti, bagni e piscine, si presero provvedimenti atti a risanare luoghi malsani, si fecero studi per scegliere i luoghi dove costruire insediamenti urbani, vennero emanate vere e proprie ingiunzioni legali al fine di moderare l'alimentazione e di evitare malattie. CELSO, ad esempio, si dilunga parecchio su questo argomento nelle sue opere evidenziando particolarmente l'importanza della dieta, della moderazione nei rapporti sessuali, della necessità di scegliere un clima conveniente e di dedicarsi all'esercizio fisico ed ai bagni. Tra gli aspetti di maggior rilievo trattati dall'igiene romana vanno ricordati l'igiene dell'acqua, quella mortuaria, quella alimentare e l'esercizio fisico.

L'epidemiologia
Si pensava alla costituzione epidemica dell'atmosfera causata dagli eccessi di calore, umidità, secchezza e freddo; si sospettava poi che una qualche sostanza velenosa non bene identificata (ma che si pensava provenire dalla putrefazione dei cadaveri insepolti) potesse penetrare nell'organismo principalmente attraverso le vie respiratorie. Non mancavano però interpretazioni assolutamente fantastiche: le pestilenze potevano avere origine tellurica (il veleno esalava dalla terra dopo i terremoti), religiosa e astrologica. Contro di esse si accendevano grandi fuochi in cui venivano bruciati fiori profumati ed unguenti aromatici in modo tale da rinnovare e purificare l'aria.

L'ospedalità a Roma
Bisogna ricordare la presenza dei valetudinaria, cioè infermerie private dove i patrizi erano soliti curare i propri famigliari e gli schiavi. Qui trovavano impiego sia medici che infermieri (servi a valetudinario). Inoltre erano famose le medicatrinae adiacenti al tempio di Esculapio, sull'isola Tiberina, dove gli ammalati erano tenuti sotto la diretta osservazione di medici e dei loro discepoli.

L'insegnamento della medicina
All'inizio l'istruzione in questo ambito fu affidata al pater familias poi alle tabernae e infine a varie scuole private. Non era previsto alcun esame di idoneità alla professione: l'abilitazione veniva attestata dal giudizio insindacabile del maestro. In seguito la teoria era trattata nelle biblioteche e nelle scholae medicorum, mentre le lezioni pratiche in cui si apprendevano i rudimenti della semeiotica, della clinica e della chirurgia venivano impartite nei valetudinari e durante le visite private che il maestro faceva nelle case dei suoi clienti. In realtà la prima testimonianza di una cattedra statale di medicina si ebbe sotto l'impero di Alessandro Severo nel III secolo d.C., e in seguito Giuliano l'Apostata decretò nel IV secolo d.C. la legge sull'idoneità dei medici stabilendo un programma di studi comprensivo di frequenze obbligatorie. 

La medicina militare
Nell'esercito romano c'era un medico per ogni coorte e due per quella in prima linea. Dipendevano dal praefectus castrensis e da un medico capo che spesso era anche il medico personale dell'imperatore, ma non potevano passare al rango di ufficiali in quanto non partecipavano direttamente alle battaglie. L'assistenza ai feriti veniva prestata direttamente sul campo, all'aperto; per i casi più gravi c'era il valetudinarium in castris, una sorta di ospedale da campo che poteva contenere fino a 200 pazienti e in cui trovavano impiego anche infermieri, massaggiatori ed inservienti.

 

Celso e Plinio

Il più illustre scrittore medico latino fu sicuramente AULO CORNELIO CELSO (14 a.C. – 37 d.C.)24, vissuto a Roma al principio dell’era volgare. I suoi scritti De artibus e De re medica costituiscono la prima storia organica della medicina. Troviamo i termini greci tradotti in latino e tale nomenclatura rimase quella ufficiale per circa due millenni. Celso divise l’opera a seconda delle cure usate per la guarigione delle malattie: Dietetica, Farmaceutica e Chirurgia.

Fig. 14. Cornelio Celso

Per quanto riguarda patologia ed eziologia, Celso si atteneva agli insegnamenti ippocratici. Febbre, sudore, eccessiva salivazione e stanchezza sono indicati quali sintomi di gravi malattie. 

Altri segni di patologia speciale sono: emorragia dalla bocca, orina densa, sangue nell'orina, dolori renali, vomito, poliuria, emoftoe, sputo purulento, sete, diarrea., ecc.

Le terapie  attentamente descritte, comprendono: salasso, dieta, cataplasmi ma anche diuretici, bagni caldi, proibizione di cibi salati ed eccitanti.

L'igiene, l'idroterapia, la farmacologia (con rimedi di purganti, sudoriferi, diuretici, vomitivi, narcotici, ecc.) sono parimenti indicate e consigliate a seconda dei loro effetti.

Celso descrisse la trapanazione cranica, la paracentesi, la cucitura dell'intestino, il cancro, le ragadi, l'atresia vulvare, l'ascesso, l'oculistica, la ricostruzione plastica ed in particolare la chirurgia vescicale.

Accanto a Celso può essere ricordato CAIO PLINIO SECONDO (23-79 d.C.)25, perché la sua opera fu testo di medicina per secoli.

Uno dei suoi pregi maggiori è la citazione di molte fonti nel testo, così che venga descritto un quadro fedele della medicina del suo tempo.

In particolare può essere ricordata la descrizione della medicina di origine vegetale, animale o minerale. La terapia è spesso indicata e talvolta raccomandata.


13 Castiglioni, op. cit., pp. 126-130.

14 Ibidem.

15 Cosmacini, op. cit, pp.  60-62.

16 Castiglioni, op. cit, pp. 135-139.

17 Ivi, pp. 142-158; W. Loeffler, Ippocrate fondatore della medicina scientifica, Symposium CIBA, 7 (5), 1959, pp. 194-204.

18 Giuramento di Ippocrate: «Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. 
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro».

19 Cosmacini, op. cit, pp. 67-68.

20 Castiglioni, op. cit., pp. 166-170.

21 H. E.Rothschuh, I processi vitali nella concezione di Aristotele e Galeno, Rivista CIBA, anno VIII, 1954, n. 48, pp. 1578-1581.

22 Castiglioni, op. cit., pp. 181-188.

23 H. Gossen, Il medico nell'antica Roma. Metodi terapeutici. Superstizioni mediche. L'igiene, Rivista CIBA, anno VII, 1953, n. 41, pp. 1350 -1375.

24 Castiglioni, op. cit., pp. 188-193.

25 Ivi, pp. 193-194.

  

  

©2003 Raimondo G. Russo

   


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